Rime e ritmi/Alla città di Ferrara: differenze tra le versioni
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I.
Ferrara, su
ad incontrar le Muse pellegrine arrivanti,
e allinearon elle gli emuli viali
storïando la tomba di Merlino profeta,
come, o Ferrara, bello ne la splendida ora
ama il memore sole tua solitaria pace!
Non passo i luminosi misteri vïola né voce
corre
de gli uccelli su
Come
ne le scendenti spire de la conchiglia
ndo
dal grande océano
cosí per le tue piazze dilette dal sole, o Ferrara
il nuovo peregrino tende le orecchie e ode
processïone e canto
Chi è, chi è che viene? Con piangere dolce di
flauti,
tra nuvola di cigni volatiti da
ecco il Tasso. Lampeggia, palazzo spirtal
manti,
e tu, fatta ad accôrre sol poeti e duchesse,
o porta
Ei fugge i colli dove monacale tedio il consunse,
ei chiede i luoghi dove gioventù gli sorrise.
Castello
abbasso i ponti, leva
torna.
Non Alfonso caduco ali mova a
mova
Leönora, matura vergine
ma Parisina ardente dal sangue natal di Fran-
cesca,
che del vago Tristano legge gli amori e
ma, posando la destra
verde vestito; parla di Cesare al Guarino.
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miran le genti.
e crebber pioppe, sibilando
sciolte le chiome?
lai lunghi il re
tra le populee meste fronde e
de le sorelle
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e abbandonata la dogliosa terra
seguí le belle sorridenti in cielo
stelle
Perpetuo quindi un gemito vagava
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lungo ululando in negre vesti, o sopra
i calvi dossi a
in solchi per il desolato lago
sedean cantando
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lugubremente dove Argenta siede
oggi. Né ancora Dïomede avea
di
Spina pelasga. Ahi nome vano or suona!
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Salve, Ferrara! Dove stan le belle
torri
eran paludi e i Lingoni coloni
davan le reti
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si come i Liguri avi da le belve
ne le disperse stazion lacustri,
qui confuggiro e ripararon
seme di Roma.
Salve, Ferrara,
ultima nata, creatura nova
de
dolore umano!
Poi che di sangue vínilo rinfusa
pugne cercando e libertà, trovasti
risse e tiranni, a
aquila, vieni! -
chiarnasti. E venne. Ah ponte di Cassano,
ah rive
ringuainando placido la spada
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itale insegne!
le marchesane udian Isotta e i fieri
giovani Orlando,
un mesto suon di rapsodia veniva
giú
venía
e le viole
tacean ; la dama sospirava, in alto
guardava il sire.
E a te, Ferrara, come già
sostanza i fiumi ti recár tributo,
onde tu stesti nel gran piano e saldo
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a te da i monti a te da le colline
e la bollente
materia umana.
A te gli Strozzi vennero da
tósco parlando e ti cantár latina;
e gli Arïosti da Bologna, accorta
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con il tuo fiume, o fetontea Ferrara,
ampio, seren, perpetuo, sonante,
III.
Ahi ahi
la preda
la lupa vaticana
De la bocca agognante con
turbato
rinda
con
Salgono su per
bionde
maliarde sorprese dal lusingato amore:
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Tutte fuggir le belle davanti a la lupa, che tetra
digrina i bianchi denti, mette ululati e avanza.
Tutti
e dileguâr fantasmi per le insorte tenèbre.
La lupa con un guizzo del rabido artiglio la
bianca
aquila ghermí al petto, la straziò ne
Maledetta sie tu, maledetta sempre, dovunque
gentilezza fiorisce, nobiltade apre il volo,
sii maledetta, o vecchia vaticana lupa cruenta;
maledetta da Dante, maledetta
Tu lo spegnesti, tu; malata
Pallido, grigio, curvo, barcollante, al braccio il
sostiene
un alto prete rosso di porpora e salute.
0 Garibaldi, vieni!
con la virtú
Corra nobile sangue
risorti da Camillo per la Solima nostra.
Che
di Giano,
fortezza
onde io, Ferrara, madre de
questo vindice canto su
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