Rime (Alberti)/12: differenze tra le versioni
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Riga 5:
non tenete ascosa
la dolce fiammetta
che sì ben
in alma gentile.{{R|5}}
Né sia uom tanto vile
Riga 16:
acquisti per grande uso.
Sai chi rimane escluso?
el troppo savio e
il superbo,
e chi non sa soffrire.
Però pigliate ardire,
su, avanti, avanti,
suoni, danze, canti{{R|20}}
e triunfi
e così tale onore,
cenni, atti e risi,
Riga 33:
palpeggiar dita e altrove{{R|30}}
coperto e bellamente.
Così chi
or usi leggiadria.
E chi vorria
in luogo sì giulivo
e sì ornato?
Riga 43:
e non disiasse amare{{R|40}}
a tutta briglia?
Chi pur
e
è come chi ha spento
il lume a mezzo
Chi pur
di tanti io vorrei,
io farei,
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è uno pezzo di bue,{{R|55}}
e pàrli esser più di due
ed è meno
non gli parlare a digiuno,
che non ha mente.
E chi
o nello amar è lento,
è uno portento
svelto fuor
ed è monco
ed è sinestro legno
a maneggiarlo,
ed ha nel cuore un tarlo
che
e
gli rode e sbarba
tal che non gli garba
gentilezza.
Ma
a seguir
e le dolzi torme
che amor guida,
Riga 82:
di tal cova,
perché troppo li giova{{R|80}}
l’udire
e
amorose maniere,
ed usar fra le schiere
Riga 96:
a mezzo un fonte,
dove sono sconte
tutte
ed ha in ogni vetta
fronde vezzose e belle
Riga 103:
e che ornan suo biltade{{R|100}}
di cortesia.
Ivi
ogni vil pensiere,
ed è mestiere
Riga 109:
e non fare stime
di quel che non dà laude.
Ivi
ed è onorato,
non chi è fortunato{{R|110}}
Riga 116:
accumulato avere,
ma ben chi pò capere
e fra gli uomini degni
che non sono schifati,
né han divieto
dal santo ceto{{R|120}}
degl’immortali.
Ivi si prendon ali
a seguire ogni impresa,
e hane suo voglia incesa
a
Hen, che un tal cuore erto
superchia ogni gran cosa.
Riga 132:
pigliate ardire,
su, seguire, seguire{{R|130}}
l’arte e l’officina
con che amor affina
ogni cor frale.
Di grado in grado sale
e non
dove è tenzone.
E perché?
Riga 145:
Ma non si vuole acquistare
grado in donna altiera,
o
a chi la trassina.{{R|145}}
Ella rompe e sfascina
ogni amorosa impresa,
e sta sempre tesa
a vincer
colle sanne pronte,{{R|150}}
colle ciglia grottose,
colle mani sdegnose.
Uh! oh!
Lascialo star quel testo
pien di bizzaria.{{R|155}}
Riga 161:
e fra i diti mignoli
mostrarli il dito grosso.
in sul naso e gli occhi infiati;
adentro un mezzo miglio;
e par
quale è scrignuta,
monca o sciancata,
Riga 184:
dite: chi ne vuole?
e date altrui cazzuole
coll’occhietto.
Ma io me ne diletto,
e compro il temporale{{R|185}}
per tanto quanto
di merce a merce.
Bufole chiazzate e lerce,
trombe fesse e vane,
gite a
per li spedali.
E
che avete gentilezza,
fuggite chi amor sprezza
in bella etate,{{R|195}}
e voi stesse ornate
e
che ogni bellezza avanza,
e gite in danza{{R|200}}
Riga 207:
Vostri lacci e legami
non sia pompa né superbia{{R|205}}
ma sien risin vezzosi
dove stieno nascosi
Riga 214:
di spiritelli accesi,
mai sian discortesi
a chi
Quel che un bel viso onora
non è il brasil né
né iscolorire el pelo;
anzi è amar chi
e
un porger
E
con cenni e con sospiri
soffri per voi martiri
Riga 231:
Chi in voi riposa
ogni suo voglia e spene,
al ben servire?
la pena amorosa.
E soffre ogni cosa
chi un bel viso mira,{{R|235}}
perché indi
al cor non so che dolce
che spesso lo soffolce
a mezzo il cielo.
Non teme caldo né gelo{{R|240}}
di quello che nasce
infra
e
le lodi
che quanto el miri più fiso,
tanto vie men ti sazi.
Ivi son gemme e topazi
che sprendon più che
Rose, gigli, viole{{R|250}}
son belle in verde prato,
Riga 256:
è via più bello.
Io ho visto ausello
con versi arditi
lodare,
Riga 268:
e gloriosi;{{R|265}}
ma non son sì famosi
Ed ho visto inserta
gemma
ma un risin gentile
con uno aere umile
l’abatte,
e stanno quatte, astratte,
muse, ninfe e dei{{R|275}}
Riga 282:
adunque per vincer prova,
di quel che poi vi giova{{R|280}}
Sai chi è che pregio convince?
Non chi mantien contesa,
Riga 289:
che altri si stoglia
dallo avezzato amore;
ma ben
a saziare,{{R|290}}
a superchiare
Riga 302:
ma non me lo crede.{{R|300}}
Ben sai che la fede
e
non può essere svolta
più che altri si voglia;
Riga 316:
il soggiogarsi a tanti,
dargli allegrezza e pianti,{{R|315}}
altro
Né par che mai si sbrocchi
stral
deh! né anche in cor vile
indi si scarchi,{{R|320}}
e con sì vivi marchi
al cuor
che per sdegno né per onta
mai si sforma.
Riga 339:
gite, onorate{{R|335}}
questa festa.
perché il suo amante è altrove,
dicami dove,
Riga 352:
come altre volte spesso,
forse anche adesso
donne, il non sapere
contentare voi stesse,
Riga 366:
trionfo e gloria
al già vinto Romano?
Fu
del pronto Orazio,
che in tempo al Curiazio{{R|365}}
Riga 389:
tesoro sì caro,
perché gli è troppo avaro{{R|385}}
E poi che
donne, e non torna mai,
oimè! che doglie e guai,
Riga 396:
oimè! anzi fiacca
el ricordarsi,
l’incolparsi:
e gastigarsi dapoi,
e gustar gli errori suoi,
Riga 406:
ove non giova{{R|405}}
né forza né prova
di saper,
Oimè, oimè, che affanno!
oimè che doglia!
Riga 415:
Che pur pensate,
che vi tenete a bade,{{R|415}}
ora che
a triunfar
A che tenere in cuore
quel che vi strugge
e che vi cuopre
e tolvi ardire,
e potevi scoprire
Riga 425:
Io so aver misura
nel parlar,{{R|425}}
nell’andar
e nello star muto,
e insieme essere astuto,
nescio e pronto;
e voluntier
ove creda servire
ciascuno, svilire
Riga 448:
e più cianciera,
che della grata schiera
e avari{{R|450}}
servigi e doni,
Riga 454:
fruttan merti,
né possono star coperti
sotto
che non perda un gran brano
Anche, e donde
si porge più grato
e più accertato{{R|460}}
il bene servire,
che quando
di sua opera e forza
un piacer che caccia e amorza,
Riga 476:
di chi amor sente,{{R|475}}
e cercasse far contente
infra sospir son gite ratenute,
sbigottite, sparute,{{R|480}}
Riga 486:
il piacer che contenta{{R|485}}
chi sua fiamma ralenta
per lo servir
che sia di colui
che
e più là non aspetta{{R|490}}
che insino che gli esca
Riga 498:
meno incivile,
men discortese e vile
chi
che chi
E di questo pur beato
mi comandiate
Riga 513:
parole, doni,
che son gli sproni
che
insieme stringe
col desto ricordarsi
che pasce amore,
Riga 530:
e colei di costui,
e prima e poi,
e stesse in
or sorridendo,
or dolze premendo
gli occhi e la voce,
quale a chi pur cuoce
ancora
e come a poco a poco
usciron da entro al core
sospiri pien
queti queti e fucati,
e come con gli occhi ornati{{R|540}}
quel che
s’atterroe,
e ben mille fiate si scambioe
il bel colore al viso,{{R|545}}
Riga 561:
in fronte lieta,
come or turba or queta{{R|560}}
le ciglia e
con bella arte, e finse
non sapere,
Riga 570:
fuggir e aver pietade,
poi che si sente amare.
E perché
d’altrui l’accende,
ove suo voglia pende
in poco spazio
Riga 577:
di tarde speme{{R|575}}
e teme,
e
impiuta, combattuta, atterrata
infra sospiri accolti
avesse
non so dove.
Mai sì, donne, questo mi move
Riga 588:
magnificare
chi ama ardito,
che già chi
ne gode,
e acquistane lode{{R|590}}
chi con fè serve.
E
ogni ora più che non sole
sotto un velato sole
cor a me nascoso{{R|595}}
mai fa esser piatoso
</poem>
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