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ATTO PRIMO. 15 |
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■ i questo spirito che è con noi muto, parlerà con luL Ac- |
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consentite che gli diciamo quello che è avvenuto come |
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i ci impone di fare il nostro amore e il nostro dovere? |
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MARCELLO. Di buon grado, facciamolo; so dove potremo |
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trovarlo questa mattina per parlargli in libertà. (Escono.) |
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SCENA IL |
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La stessa. — La Sala del Consiglio. |
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t l |
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Entrano i1 Re, la Regina, Amleto, Nenie, Laerte, Voi- |
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Ì ( timando, Cornelio e SIGNORI DEL sk:ourro. |
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Re. Signori, quantunque la ricordanza della morte del |
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i ,•nostro amato fratello Amleto sia ancora si fresca che sarebbe conveniente che i nostri cuori restassero sepolti nel dolore, e che la mestizia si stendesse a tutto il regno, pure la ragione ha cosi combattuto colla na- |
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I. tura, che il nostro dolore è fattopiù. saggio, e pen-- |
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) sando a lui possiamo non dimenticare noi stessi. Per- ciò, regina, un tempo sorella nostra, erede di questo Stato bellicoso, e'fil mescolando al sorrisa le lacrime. con una gioja non serena, accoppiando l'allegria ai fu- nerali, gli accenti di morte ai canti dell' imeneo, la- sciandoci andare ugualmente alla giocondità ed alla angoscia, che noi vi togliemmo in isposa; e in ciò fare ci attenemmo anche, o signori, ai vostri savi suggerimenti. Grazie a voi tutti. — Ora è mestieri sappiate che il giovine Fortebraccio, avendoci in poco conto, o immaginando che per la morte del nostro innato fratello, lo Stato sia venuto a rovina, pascendosi dí vana larve di grandezza, non ha mancato di infestarci con un messaggio, col quale dimanda la restituzione delle terre che suo padre perde e che giustamente furono date al nostro prode fratello. — Tanto per lui. — Venendo adesso a noi ed al motivo che qui vi raduna, dirò, elte abbiamo scritto al re di Norvegia, zio del giovine Fortebraccio, che impotente e ridotto al letto conosce forse appena i disegni di suo nipote, di impedire a questi di procedere più oltre, e lo ammoniamo che le leve, e la congregazione delle schiere, e tutti gli altri provvedimenti si fanno fra i suoi sudditi; voi, buon Cornelio, e voi, Voltimando, deputiamo a recare i nostri saluti al vecchio re; non dandovi per trat- tare con esso poteri più ampli di quelli che si regi- strano su questi fogli. — Addio, e fate in guisa che la vostra sollecitudine attesti il vostro zelo. |
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