Divina Commedia/Inferno/Canto XXXI: differenze tra le versioni
Contenuto cancellato Contenuto aggiunto
m +àncora |
Correzione via bot |
||
Riga 1:
{{Qualità|avz=100%|data=18 maggio 2008|arg=Poemi}}{{IncludiIntestazione|sottotitolo=[[Divina Commedia/Inferno|Inferno]]<br />Canto trentunesimo|prec=../Canto XXX|succ=../Canto XXXII}}
''Canto XXXI, ove tratta
▲''Canto XXXI, ove tratta de' giganti che guardano il pozzo de l'inferno, ed è il nono cerchio.''
<poem>
Una medesma lingua pria mi morse,
sì che mi tinse
e poi la medicina mi riporse; {{r|3}}
così
prima di trista e poi di buona mancia. {{r|6}}
Noi demmo il dosso al misero vallone
su per la ripa che
attraversando sanza alcun sermone. {{r|9}}
sì che
ma io
tanto
che, contra sé la sua via seguitando,
dirizzò li occhi miei tutti ad un loco. {{r|15}}
Line 35 ⟶ 30:
Poco portäi in là volta la testa,
che me parve veder molte alte torri;
Ed elli a me: "Però che tu trascorri
Line 42 ⟶ 37:
Tu vedrai ben, se tu là ti congiungi,
quanto
però alquanto più te stesso pungi". {{r|27}}
Poi caramente mi prese per mano
e disse: "Pria che noi siam più avanti,
acciò che
sappi che non son torri, ma giganti,
e son nel pozzo intorno da la ripa
da
Come quando la nebbia si dissipa,
lo sguardo a poco a poco raffigura
ciò che cela
così forando
più e più appressando
fuggiemi errore e cresciemi paura; {{r|39}}
però che, come su la cerchia tonda
Montereggion di torri si corona,
così la proda che
torreggiavan di mezza la persona
Line 69 ⟶ 64:
Giove del cielo ancora quando tuona. {{r|45}}
E io scorgeva già
le spalle e
e per le coste giù ambo le braccia. {{r|48}}
Natura certo, quando lasciò
di sì fatti animali, assai fé bene
per tòrre tali essecutori a Marte. {{r|51}}
E
non si pente, chi guarda sottilmente,
più giusta e più discreta la ne tene; {{r|54}}
Line 87 ⟶ 82:
La faccia sua mi parea lunga e grossa
come la pina di San Pietro a Roma,
e a sua proporzione eran
sì che la ripa,
dal mezzo in giù, ne mostrava ben tanto
di sovra, che di giugnere a la chioma {{r|63}}
tre Frison
però
dal loco in giù
"Raphèl maì amècche zabì almi",
Line 101 ⟶ 96:
cui non si convenia più dolci salmi. {{r|69}}
E
tienti col corno, e con quel ti disfoga
Cércati al collo, e troverai la soga
che
e vedi lui che
Poi disse a me: "Elli stessi
questi è Nembrotto per lo cui mal coto
pur un linguaggio nel mondo non
Lasciànlo stare e non parliamo a vòto;
ché così è a lui ciascun linguaggio
come
Facemmo adunque più lungo vïaggio,
vòlti a sinistra; e al trar
trovammo
A cigner lui qual che fosse
non so io dir, ma el tenea soccinto
dinanzi
dal collo in giù, sì che
si ravvolgëa infino al giro quinto. {{r|90}}
"Questo superbo volle esser esperto
di sua potenza contra
disse
Fïalte ha nome, e fece le gran prove
quando i giganti fer paura
le braccia
E io a lui: "
che de lo smisurato Brïareo
esperïenza avesser li occhi mei". {{r|99}}
presso di qui che parla ed è disciolto,
che ne porrà nel fondo
Quel che tu
ed è legato e fatto come questo,
salvo che più feroce par nel volto". {{r|105}}
Line 153 ⟶ 148:
come Fïalte a scuotersi fu presto. {{r|108}}
Allor
e non
Noi procedemmo più avante allotta,
Line 163 ⟶ 158:
"O tu che ne la fortunata valle
che fece Scipïon di gloria reda,
recasti già mille leon per preda,
e che, se fossi stato a
mettine giù, e non ten vegna schifo,
dove Cocito la freddura serra. {{r|123}}
Line 178 ⟶ 173:
Ancor ti può nel mondo render fama,
se
Così disse
le man distese, e prese
{{
disse a me: "Fatti qua, sì
poi fece sì
{{§|Garisenda|Qual pare a riguardar la Carisenda
Line 195 ⟶ 190:
tal parve Antëo a me che stava a bada
di vederlo chinare, e fu tal ora
Ma lievemente al fondo che divora
Line 207 ⟶ 202:
===== Altri progetti =====
{{Interprogetto|etichetta=Inferno - Canto trentunesimo|w=Inferno_-_Canto_trentunesimo}}
[[en:The Divine Comedy/Inferno/Canto XXXI]]
|