Poemi conviviali/Poemi di Psyche/I Psyche: differenze tra le versioni
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O Psyche, tenue più del tenue fumo
la gente dice che la casa è vuota;
più lieve della lieve ombra che il fumo
disegna in terra nel vanire in cielo:
sei prigioniera nella bella casa
pur lieve sì che non se
ma pur vi sei, nella ben fatta casa,
ché se
E vi sfaccendi dentro e vi sospiri
sempre soletta, ché non hai compagne
altre che voci di cui tu sei
ignude voci che con un sussulto
sorgere ammiri su da te,
voci segrete a cui tu servi, o Psyche.
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bicorne, irsuto; e sui due piè di capro
sempre impennato, come a mezzo un salto.
E tu ne temi,
impazïente, e sempre ulula e corre;
e spesso guazza nel profondo fiume,
come la pioggia, e spesso crolla il bosco,
al par del vento; e non è mai
che tu non
Pan multiforme. Eppur talvolta ei soffia
dolce così nelle palustri canne,
che tu
sì, ma che è dolce, perché fu già pianto
e perse il tristo nel passar dagli occhi
la prima volta. E tu ripensi a quando
vergine fosti ad
data per moglie, crudel mostro ignoto.
E sempre al buio tu con lui giacesti
Riga 42:
vigile nel suo sonno alto di fiera,
accesa la tua piccola lucerna,
guardasti; e quella belva era
E lo sapesti solo allor che sparve,
E nella casa di ben fatta argilla,
dove sei schiava delle voci ignude,
sempre
con te. Tu piangi, quando Pan, la notte,
fa dolcemente sufolar le canne;
piangi
nella tua casa, dove più non tieni
posto, che
che
la stilla che non ti volea cadere.
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le più; ma più di tutte una che sempre
contende e grida, ad ogni tuo sospiro
verso
Quella non
è, sì, che
e ti consola, e teco piange, e parla
così sommessa che tu credi a volte
che sia meschina prigioniera
E tu devi,
far tanti mucchi, e sceverare i grani
veccie, i bislunghi pippoli di rena.
E come fine polvere di ferro
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dei papaveri. E tu, Psyche, tu gemi
trepida, inerte; e poi con le tue dita
del papavero immemore, e in un giorno
tanti ne cogli, quanti appena udresti
cantare nella secca urna
E piangi, ed ecco vengono le figlie
dalla pineta dove a Pan selvaggio
frangean tra gli aghi dei pinastri il suolo.
Non so chi disse alle operaie nere
di Pan la cosa. Ma si fa
un brulichìo per
e sgorgano esse a frotte dai minuti
lor collicelli, mentre Pan
E salgono alla casa, onda su onda,
fila incessante di formiche, ed opre
vengono a te; ma prima i grani
pesi, e i bislunghi pippoli di vena
portano, due di loro uno di quelli;
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E il molle sonno tu lo chiami, o Psyche,
dacché di quelle voci una, la voce
che non
"Vil fanticella, prendi questa brocca
e va per acqua al nero fonte; al fonte
di cui sgorga
al fiume morto. Esci per poco, e torna."
E tuo mal grado, o schiavolina, andasti
con la tua brocca di cristallo al fonte;
e là vedesti, su la grotta, il drago,
e tu chiudesti, o Psyche, i tuoi, da lungi
rabbrividendo; ed ecco, non veduto,
uno ti prese
che piena in mano dopo un
e dileguò. Tu lentamente a casa
tornavi smorta, e con un gran sospiro,
apristi gli occhi, e nel cristallo puro
tu guardasti
e vi vedesti il vortice del nulla,
e ne tremasti. E Pan allora un dolce
canto soffiò nelle palustri canne,
che tu piangesti a quel pensier di morte
come piangevi per desìo
lo stesso pianto, così dolce, o Psyche!
Ma pur ne tremi, o Psyche, ancora, e mesta
invochi il sonno, perché a te nasconda
Ma delle voci di cui tu sei schiava,
quella che
ecco che ti favella e ti consola:
"Povera Psyche, io so
Oh!
Di là,
fiume sotterra, troverai
Tremi?
che tutti imbarca, e non fa male a Psyche!
E
ciò
Pallida Psyche, prendi tra le labbra
che sembrano due petali appassiti
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tienla, così, che te la prenda il cane,
né tu lo senta; e chiudi gli occhi, e dormi.
Appena desta, rivedrai
Tu la focaccia prendi su, col miele,
tu chiudi nelle labbra scolorite
ti porta via. Per dove passi,
passa, non più che
Ma tu non dormi; e lievemente il vecchio
ti prende il piccolo obolo di bocca;
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anche senti un latrato, solitario;
e tremi tanto, che di man ti sfugge
ah! la focaccia, e fa un tonfo
morta del fiume. Ed anche tu vi cadi,
cadi nel queto vortice del nulla.
Ma Pan il gregge pasce là su
del morto fiume. Non udivi il suono,
là, della vita? Tremuli belati
e cupi mugli, il gorgheggiar
tra foglie verdi, e sotto gravi mandre
lo scroscio vasto delle foglie secche.
E ti cullava nella vecchia barca
un canto lungo, che da te più sempre
nella dimenticata fanciullezza.
Pan! era Pan! Egli ti porge un braccio
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Quali alte grida là dal mondo! Quali
tristi lamenti intorno alla tua casa,
il tenue fumo, alla tua casa vuota
di cui sparve il celeste alito in cielo.
Riga 194:
nel morto fiume il vecchio che tragitta
tutti di là. Ti cerca, acre fiutando,
ciò
O Psyche! o Psyche! dove sei? Ma forse
nelle cannucce. Ma chi sa? Tra il gregge.
O nel vento che passa o nella selva
che cresce. O sei nel bozzolo
forse racchiusa, o forse ardi nel sole.
Ché Pan
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