Mantova e Urbino/II. 1490-1501: differenze tra le versioni

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S<sup>r</sup> Laurentius de Medicis.</div>
 
Le ragioni politiche per cui in quell'anno il Gonzaga stimò opportuno rivolgersi a quei Medici nemici a Piero s'intendono facilmente (vedi <small>LITTA</small>, ''Famiglie'', Medici, tav. <small>XII</small>, e <small>{{AutoreCitato|Gino Capponi|CAPPONI}}</small>, ''{{TestoCitato|Storia della Repubblica di Firenze}}'', <small>III</small>, 4 e 39). Giovanni de' Medici (il futuro padre di Giovanni da le Bande Nere), delegato dal fratello, veniva a Mantova alla fine di febbraio (Vedi lettera di Lorenzo 23 febbraio '94). Il 2 marzo Isabella comunicava al marito: "El mag.<sup>co</sup> Johanne di Medici è venuto questa mattina quà a disnar: l'ho facto allogiare in corte et .... dopo disnare è venuto a visitarme, io l'ho acarezato et factoli vedere la camera et Triumphi .... et anche la nostra puttina" (Copialett. L:<small>IV.</small>). I ''Trionfi'' sono naturalmente quelli del Mantegna. Quanto al "ritratto al naturale della città di Parigi", nominato nella lettera di Lorenzo, sarà agevole vedervi uno di quei disegni topografici, di cui i Gonzaga amavano tanto ornare le pareti dei loro palazzi (cfr. <small>LUZIO</small>, in ''Archivio storico dell'arte'', <small>I</small>, 276 e segg.). Per avere il disegno di Parigi nel 1497 il Marchese si rivolse a Giovanni Bellini (<small>LUZIO</small>, ibid., p.277). Anche Isabella, molto più tardi (nel 1523) desiderava disegni di Costantinopoli e del Cairo. <small>BERTOLOTTI</small>, ''Architett., ingegn. e matemat. in relaz. coi Gonzaga'', Genova, 1889, p. 28; estratto dal ''Giornale Linguistico''.</ref>; ma avrebbe di gran lunga preferito un maschio<ref>Vedi nel lib. <small>IV</small> del copialettere d'Isabella le lettere alla sorella ed al padre, 1 e 2 gennaio '94. Nella prima dice "L'haverà inteso como ho parturito una putta, la quale insieme cum mi sta bene, avenga che la non sia stata secondo el mio desiderio. Pur doppo cussì è piaciuto a Dio l'haverò cara". Maggiore fu il suo dispiacere allorchè il 13 luglio 1496 partorì una seconda femmina, nella quale rinnovò il nome della madre del marito, Margherita (v. copialettere, lib.<small>VI</small>). Il Marchese quella volta mostrò prendersela con più spirito della moglie, poichè rallegrandosi il 29 luglio del parto felice, aggiungeva: "Nè accade che per essere stata femmina noi nè altri ne restino freddi, però che se mai patre si chiamò contento di figlia, noi se chiamiamo et di questa et de l'altra, sperando che N.S. Dio, como ne ha concesso de le femine, ne darà ancora de li maschi, et noi siamo ben acti a posserne fare". La piccola Margherita, ciò nonostante, pensò meglio di volarsene al cielo la notte che precedette il 23 settembre, ond'è che i genealogisti ignorarono affatto la sua esistenza. Il buon Capilupo la lodava molto, e il 21 luglio, scrivendo al Marchese, dicevagli: "questa putina ... è nasciuta più bella che non fece la ill<sup>ma</sup> M<sup>a</sup> Eleonora et ha qualche similitudine di V.Ex.". Leonora cominciava già ad invidiarla e sfoggiava, con compiacenza dei circostanti, il suo spirito infantile.</ref>. Nonostante i dolori morali sopravvenuti negli ultimi tempi della gravidanza, il parto riuscì felice se non agevole<ref>Il 2 febbraio 1494 la Marchesa rimanda a Ferrara una ''pietra de Aquila'' e scrivendo al Prosperi dice che sebbene quella pietra la si vanti "molto a proposito a facilitare il parto", non ha punto mostrato per lei "la virtù sua", perchè "nui senza grandissima difficultà non se ne scaricassimo". (Copialett., lib.<small>IV.</small>). Ciònonpertanto non intepidì la fede di Isabella in quel genere di pietre, dacchè sul principio della seconda gravidanza (19 dic. '95) partecipava al marito: "De le due petre de l'Aquila che ho, una ne porto de continuo adosso, l'altra mando a la Ex. V. secundo che me la recercha". La credenza superstiziosa nei vantaggi, per le partorienti, della cosidetta ''pietra aquilina'' o ''etite'' vive ancor oggi tra i nostri volghi. Quel curioso amuleto suole essere una pietra vuota di dentro, che ne contiene un'altra. Cfr. <small>{{AutoreCitato|Caterina Pigorini-Beri|C. PIGORINI-BERI}}</small>, ''{{TestoCitato|Costumi e superstizioni dell'Appennino Marchigiano}}'', Città di Castello, 1889, p. 268-70. Tale credenza trovasi pure oggi nel Veneto ed in Sicilia e fu dottrina medica nei secoli scorsi, come ci scrive il dotto quanto gentile dottore G. Pitrè. Cfr. <small>F. MARZOLO</small>, ''I pregiudizi in medicina'', Milano, 1879, p. 25: "L'etite, o pietra dell'aquila, ha virtù di facilitare il parto e d'impedire l'aborto, a seconda che si applica alla parte inferiore o superiore del corpo".</ref>; onde nel gennaio del 1494 Elisabetta, rimessa di nuovo in salute, riprese la via di Urbino<ref>Vedi ''Diario ferrarese'', in ''R.I.S.'', <small>XXIV</small>, 287. Nel dicembre '93 era andato a prenderla Guidubaldo.</ref>.
 
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