Fu il fuoco o l'acqua che sotterrò Pompei ed Ercolano?/Lettera seconda: differenze tra le versioni

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{{Indent|0|il circondario d'ErodanoErcolano è un [[w:Pianura alluvionale|terreno d'alluvione]], N.d.A.), «non già da una materia liquida, che scorre a guisa di torrente, e che poi repentinamente si consolida (''cioè le lave''), ma da un volume infocato di lapilli, di pomici e di ceneri, che scorrendo precipitosamente in giù pel declivio del monte, pervenne sino al mare, siccome qui appresso verrà da noi insegnato, qual volume col passar del tempo si rappigliò in una pietra tufacea, che vien oggi volgarmente chiamata ''pappamonte''. Difatti questa tal materia, dalla quale vediamo coperto Ercolano, s'incontra in tutto il circondario, allorchè vi si fanno degli scavamenti.»}}
 
Ed in seguito delle lettere di [[:w:Gaio Plinio Cecilio Secondo|Plinio il giovane]] a [[:w:Publio Cornelio Tacito|Tacito]], che parla della cenere caduta sulle navi, i signori Accademici conchiudono così<ref>''Cap. XI. §. X. pag. 70. E quibus verbis manifesto eruimus igneum illum torrentem, a quo Herculanum et adjacens Retina periere, cinere et ignitis lapidibus constitisse, quorum leviores vento impulsi supervolarunt, et navibus inciderent, major vero pars spissitudine sua gravior, praeceps per decliva volveretur ad mare usque, adeout vadum subitum efformaret, et lilora<!--Ctrl--> navibus obstarent ob montis ruinam.''</ref>: «Da quali parole si deduce manifestamente, che quel torrente di fuoco, che distrusse Ercolano e la vicina Retina, era formato da ceneri e lapilli infocati, de' quali i più leggieri, spinti dal vento, caddero sulle navi, la più gran parte, poi, come più