Fu il fuoco o l'acqua che sotterrò Pompei ed Ercolano?/Lettera seconda: differenze tra le versioni

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Devo solo in questo luogo osservare, che non avendo essi potuto immaginarsi essere tutto il circondario d'Ercolano ''un [[:w:Pianura alluvionale|terreno di alluvioni]]'', conforme vedremo in seguito; e costretti di non ammettere essere venute fuse e liquide in tutto quel tratto di terreno, le materie volcaniche e non volcaniche, che oggi vi vediamo (perché così tutto il tratto suddetto si dovrebbe ora vedere coperto di lave, ciò che non si verifica affatto); i dotti Accademici, i quali da un'altra parte han confuso la pomice e le ceneri volcaniche ''colle diverse sostanze, dalle quali Ercolano si ritrova coperto'', si sono ritrovati nella necessità di supporre esser uscito dal Vesuvio un torrente «infocato bensì, ma non liquido e fuso, che scorrendo giù pel declivio del monte, arrivò sino al mare, cuoprendo Ercolano, ed il suo circondario.»
 
Per quel che poi riguarda Pompei, gli [[:w:Accademia Ercolanese|Accademici Ercolanesi]] ammettono, con gli antichi scrittori, la pioggia delle ceneri e delle pomici, ch'essi chiamano ''grandine''. Difatti i signori Accademici si esprimono così<ref>''Cap. V. §. V. pag. 28. Cum igitur de veterum Pompeiorum situ tam certa sint, quam certissima, nostri erat pensi ut investigaremus quousque mare ad urbem adcesserit, et qua parte fluvius praeterfueret, antequam horribilis illa pumicum grando portum, sinumque obcaecaret, et primaevum fluminis alveum ita oppleret, ut porro in humiliorem humum repelleret Scaphatum usque.</ref>: «Tali cose dunque intorno al sito dell'antica Pompei
 
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{{Indent|0|essendo vere, che anzi verissime, era nostro dovere di esaminare, quanto il mare fosse lontano dalla città, e per qual luogo scorreva il fiume prima che quella terribile grandine di pomice avesse ripieno il porto ed il [[:w:Golfo di Napoli|golfo]], e prima che col riempimento del primo letto del fiume lo avesse scacciato via in un terreno più basso verso [[:w:Scafati|Scafati]].»}}
{{Indent|0|Pompei »}}
 
[[:w:Giuseppe Maria Galanti|Galanti]] (''Descrizione di Napoli e suoi contorni pag. 326'') si esprime come segue «La stessa eruzione che abbatté Ercolano, seppellì ancora Pompei [...] Una pioggia dunque di materie, volcaniche cadde inopinatamente su di quella città „ infelice. Tutti gli abitanti non poterono scappare, poiché in tutte le case si ritrovano, de' scheletri d'uomini e di donne colle anella, pendenti,e braccialetti d' oro.»
 
[[:w:Domenico Romanelli|Romanelli]] (''Viaggio a Pompei, a [[:w:Paestum|Pesto]], e ad Ercolano'') ch'egli fa stampare adesso che sto scrivendo, in molti luoghi del suo libro ripete la distruzione d'Ercolano e di Pompei dalla pioggia delle ceneri e del lapillo, uniformandosi a tutti gli altri scrittori. Non citerò le sue parole, perché sarei troppo prolisso;
 
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