Nuova Cronica/Libro undecimo: differenze tra le versioni

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|Nome e cognome dell'autore=Giovanni Villani
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|Anno di pubblicazione=1348
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I
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Nel detto anno MCCCXXXIII si piuvicò per papa Giovanni apo Vignone, con tutto che più di due anni dinanzi l’avesse conceputo e trovato, l’opinione della visione dell’anime quando sono passate di questa vita, cioè ch’egli sermonò in piuvico concestoro per più volte dinanzi a tutti suoi cardinali e prelati di corte che niuno santo, eziandio santa Maria, non può perfettamente vedere la beata speme, cioè Iddio in trinitade, la qual’è la vera deitade, ma dicea che·ssolo possono vedere l’umanità di Cristo la quale prese della vergine Maria; e·lla detta visione imperfetta dicie che durerebbe infino al chiamare dell’angelica tromba, ciò fia quando il figliuolo di Dio verrà a giudicare i vivi e’ morti, dicendo a’ beati: «Venite benedicti patris mei, percipite regnum, etc.»; e de converso, cioè a’ dannati: «Ite maladetti in ignem etternum»; d’allora inanzi per gli beati perfettamente sarà in loro la visione chiara della vera e infinita deità; e così sarà il contradio delle pene de’ dannati, che sì come per lo merito del bene fare infino al detto giorno la loro beatitudine fia imperfetta e non compiuta, così dicie e s’intendea del male avere fatto la pulizione e·lla pena e ’l supplicio essere imperfetti. Onde nota che non mostrava per lo suo oppinione che inferno sia infino al dire della parola «Ite maladitti etc.». Questo suo oppenione provava e argumentava per molte autorità e detti di santi; la quale quistione dispiaceva alla maggiore parte de’ cardinali; nondimeno e’ comandò loro e a tutti i maestri e prelati di corte sotto pena di scomunicazione che ciascuno studiasse sopra la detta quistione della visione de’ santi, e facessene a·llui relazione, secondo che ciascuno sentisse o del pro o del contro, tuttora protestando che infino allora nonn-avea diterminato ad alcuna delle parti, ma ciò che-nne dicea e proponea era per via di disputazione e d’esercizio di trovare il vero. Ma con tutte le sue protestagioni di certo si dicea e vedea per opera ch’egli sentiva e credeva al detto oppinione; però che qualunque maestro o prelato gli recava alcuna autorità o detto di santi che in alcuna parte favorasse il detto suo oppinione, il vedea volentieri, e gli faceva grazia d’alcuno benificio. Il quale oppinione sermonandolo a Parigi il ministro generale de’ frati minori, il quale era del paese del papa e sua criatura, fu riprovato per tutti i maestri di divinità di Parigi, e per gli frati predicatori e romitani e carmelliti, e per lo re Filippo di Francia il detto ministro fu forte ripreso dicendogli ch’egli era eretico, e che s’egli non si riconoscesse del detto errore, il farebbe morire come paterino, però che suo reame non sostenea nulla resia; ed eziandio se ’l papa medesimo ch’avea mosso il detto falso oppinione il volesse sostenere, il riproverebbe per eretico, dicendo laicamente, come fedele Cristiano, che invano si pregherebbono i santi, o avrebbesi speranza di salute per gli loro meriti, se nostra Donna santa Maria e santo Giovanni e santo Piero e Paolo e gli altri santi non potessono vedere la deità infino al dì del giudicio, e avere perfetta beatitudine in vita etterna; e che per quella oppinione ogni indulgenza e perdonanza data per antico per santa Chiesa, o che si desse, era vana; la qual cosa sarebbe grande errore e guastamento della fede cattolica. E convenne che innanzi si partisse il detto ministro sermonasse il contradio, dicendo che ciò ch’avea detto era in quistionando, ma la sua credenza era quella che santa Chiesa era consueta di credere e predicare. E sopra ciò il re di Francia e lo re Ruberto ne scrissono a papa Giovanni riprendendolo cortesemente, che con tutto che ’l detto oppinione sostenesse in quistionando per trovare il vero, non si convenia a papa di muovere le quistioni sospette contra la fede cattolica, ma chi le movesse dicidere e istirpare. Della qual cosa molto furono contenti la maggiore parte de’ cardinali, i quali ripugnavano il detto oppinione. E per questa cagione il re di Francia prese grande audacia sopra papa Giovanni e no·llo richiedea di quella grazia o cosa ch’egli domandasse, ch’egli osasse disdire. E fu grande cagione perché papa Giovanni condiscese al re di Francia in dargli intendimento della signoria d’Italia e dello imperio di Roma per gli trattati mossi per lo re Giovanni, come in alcuna parte avemo fatta menzione, e faremo per lo ’nanzi. Il sopradetto oppinione si quistionò in corte mentre che papa Giovanni vivette, e poi per più d’uno anno; alla fine si dichiarò e fu riprovato, come innanzi leggendo si potrà trovare. Lasceremo della detta quistione, ch’assai n’avemo detto, e torneremo a nostra materia de’ fatti della nostra città di Firenze per contare d’una grande aversità e pericolo di diluvio d’acqua che venne in quegli tempi in quella, la quale è bene da farne distesa memoria, che fu delle maggiori novità e pericolo che mai ricevesse la città di Firenze dapoi ch’ella fu rifatta. E però cominceremo in raccontando quello diluvio il XII libro, però che ne pare che si convenga, però che fu quasi uno rimutamento di secolo della nostra città.
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