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{{Pt|[[Pagina:Sotto_il_velame.djvu/203|&nbsp;I]]|*[[Sotto il velame/Le rovine e il gran veglio/I|Capitolo I]]}}. La porta aperta e le rovine sono effetti della stessa causa: riflettono, le tre rovine, le tre disposizioni. Ed esse servono ai vivi come la porta aperta. {{Pt|[[Pagina:Sotto_il_velame.djvu/212|—&nbsp;II]]|*[[Sotto il velame/Le rovine e il gran veglio/II|Capitolo II]]}}. Perché dalla terza Dante non scende, ma risale. {{Pt|[[Pagina:Sotto_il_velame.djvu/217|—&nbsp;III]]|*[[Sotto il velame/Le rovine e il gran veglio/III|Capitolo III]]}}. Che cosa è il Veglio e la fessura. <ref>A pag. 199 aggiungi le cit. riguardanti l’espressione «natura umana» da Par. Vll 85, XIII 86. Cfr. pag. 307.</ref> È la vulneratio di Beda, che si esplica in quattro ferite, alle quali equivalgono i tre fiumi i quali sono in relazione con le tre rovine. {{Pt|[[Pagina:Sotto_il_velame.djvu/226|—&nbsp;IV]]|*[[Sotto il velame/Le rovine e il gran veglio/IV|Capitolo IV]]}}. E l’Acheronte è in relazione con la porta aperta. Ed è, l’Acheronte, la morte causata dal peccato originale, ossia l’ignoranza e la difficoltà. {{Pt|[[Pagina:Sotto_il_velame.djvu/230|—&nbsp;V]]|*[[Sotto il velame/Le rovine e il gran veglio/V|Capitolo V]]}}. In esse è involto tutto il peccar degli uomini, onde l’inferno tutto equivale al limbo e al vestibolo, come alla selva. Ma la redenzione di che effetto fu? {{Pt|[[Pagina:Sotto_il_velame.djvu/234|—&nbsp;VI]]|*[[Sotto il velame/Le rovine e il gran veglio/VI|Capitolo VI]]}}. Lo Stige si fa melma e la pieta di Dante cessa. Lo Stige è concupiscenza e infermità. Infermità e quella dei peccatori della palude, sì degli orgogliosi e sì dei tristi, che peccarono contro la fortezza, e sono audaci e timidi. {{Pt|[[Pagina:Sotto_il_velame.djvu/242|—&nbsp;VII]]|*[[Sotto il velame/Le rovine e il gran veglio/VII|Capitolo VII]]}}. Accidiosi tutti e due: non, color cui vinse l’ira, rei d’ira peccato, ma incontinenti della passione ira. Chè ira è passione che può condurre sì al bene e sì al male, come vogliono i Peripatetici e non vogliono gli Stoici. Quando conduce al bene, si dice ''ira per zelum'' e genera fortezza. E di fortezza danno prova Dante e Virgilio, e di non fortezza i fangosi. {{Pt|[[Pagina:Sotto_il_velame.djvu/254|—&nbsp;VIII]]|*[[Sotto il velame/Le rovine e il gran veglio/VIII|Capitolo VIII]]}}. L’esempio di fortezza per la giustizia è qui dato da un eroe, non da Virgilio stesso la cui fortezza è inferiore; da un eroe, da un eroe di Virgilio, da un eroe esperto di quel cammino, da un eroe del limbo. <ref>A pag. 236 e a pag. 242 aggiungere l’espressione di Virgilio a Catone: Minos me non lega. Purg. I. 77.</ref> È Enea; e perché. {{Pt|[[Pagina:Sotto_il_velame.djvu/270|—&nbsp;IX]]|*[[Sotto il velame/Le rovine e il gran veglio/IX|Capitolo IX]]}}. Gli eresiarche son colpevoli di ignoranza attuale, come d’ignoranza originale sono offesi quelli del limbo. Contro essa val la prudenza. La violenza e la bestialità sono una cosa. La bestialità punita entro Flegetonte è più propriamente che le altre specie, contro la giustizia, e perciò ''malizia'', terza delle ferite di Beda. Come si governi, quanto a pietà, il Poeta in questo cerchietto di mezza incontinenza e mezza malizia. {{Pt|[[Pagina:Sotto_il_velame.djvu/286|—&nbsp;X]]|*[[Sotto il velame/Le rovine e il gran veglio/X|Capitolo X]]}}. II volgere a destra significa premunirsi con la sapienza di Dio, giudice, contro l’ignoranza volontaria degli uomini. La vergogna, in Malebolge, deriva dalla depravazione dell’intelletto. {{Pt|[[Pagina:Sotto_il_velame.djvu/296|—&nbsp;XI]]|*[[Sotto il velame/Le rovine e il gran veglio/XI|Capitolo XI]]}}. La pietà del Poeta e l’ira
{{Pt|[[Pagina:Sotto_il_velame.djvu/203|&nbsp;I]]|*[[Sotto il velame/Le rovine e il gran veglio/I|Capitolo I]]}}. La porta aperta e le rovine sono effetti della stessa causa: riflettono, le tre rovine, le tre disposizioni. Ed esse servono ai vivi come la porta aperta. {{Pt|[[Pagina:Sotto_il_velame.djvu/212|—&nbsp;II]]|*[[Sotto il velame/Le rovine e il gran veglio/II|Capitolo II]]}}. Perché dalla terza Dante non scende, ma risale. {{Pt|[[Pagina:Sotto_il_velame.djvu/217|—&nbsp;III]]|*[[Sotto il velame/Le rovine e il gran veglio/III|Capitolo III]]}}. Che cosa è il Veglio e la fessura. <ref>A pag. 199 aggiungi le cit. riguardanti l’espressione «natura umana» da Par. Vll 85, XIII 86. Cfr. pag. 307.</ref> È la vulneratio di Beda, che si esplica in quattro ferite, alle quali equivalgono i tre fiumi i quali sono in relazione con le tre rovine. {{Pt|[[Pagina:Sotto_il_velame.djvu/226|—&nbsp;IV]]|*[[Sotto il velame/Le rovine e il gran veglio/IV|Capitolo IV]]}}. E l’Acheronte è in relazione con la porta aperta. Ed è, l’Acheronte, la morte causata dal peccato originale, ossia l’ignoranza e la difficoltà. {{Pt|[[Pagina:Sotto_il_velame.djvu/230|—&nbsp;V]]|*[[Sotto il velame/Le rovine e il gran veglio/V|Capitolo V]]}}. In esse è involto tutto il peccar degli uomini, onde l’inferno tutto equivale al limbo e al vestibolo, come alla selva. Ma la redenzione di che effetto fu? {{Pt|[[Pagina:Sotto_il_velame.djvu/234|—&nbsp;VI]]|*[[Sotto il velame/Le rovine e il gran veglio/VI|Capitolo VI]]}}. Lo Stige si fa melma e la pieta di Dante cessa. Lo Stige è concupiscenza e infermità. Infermità e quella dei peccatori della palude, sì degli orgogliosi e sì dei tristi, che peccarono contro la fortezza, e sono audaci e timidi. {{Pt|[[Pagina:Sotto_il_velame.djvu/242|—&nbsp;VII]]|*[[Sotto il velame/Le rovine e il gran veglio/VII|Capitolo VII]]}}. Accidiosi tutti e due: non, color cui vinse l’ira, rei d’ira peccato, ma incontinenti della passione ira. Chè ira è passione che può condurre sì al bene e sì al male, come vogliono i Peripatetici e non vogliono gli Stoici. Quando conduce al bene, si dice ''ira per zelum'' e genera fortezza. E di fortezza danno prova Dante e Virgilio, e di non fortezza i fangosi. {{Pt|[[Pagina:Sotto_il_velame.djvu/254|—&nbsp;VIII]]|*[[Sotto il velame/Le rovine e il gran veglio/VIII|Capitolo VIII]]}}. L’esempio di fortezza per la giustizia è qui dato da un eroe, non da Virgilio stesso la cui fortezza è inferiore; da un eroe, da un eroe di Virgilio, da un eroe esperto di quel cammino, da un eroe del limbo. <ref>A pag. 236 e a pag. 242 aggiungere l’espressione di Virgilio a Catone: Minos me non lega. Purg. I. 77.</ref> È Enea; e perché. {{Pt|[[Pagina:Sotto_il_velame.djvu/270|—&nbsp;IX]]|*[[Sotto il velame/Le rovine e il gran veglio/IX|Capitolo IX]]}}. Gli eresiarche son colpevoli di ignoranza attuale, come d’ignoranza originale sono offesi quelli del limbo. Contro essa val la prudenza. La violenza e la bestialità sono una cosa. La bestialità punita entro Flegetonte è più propriamente che le altre specie, contro la giustizia, e perciò ''malizia'', terza delle ferite di Beda. Come si governi, quanto a pietà, il Poeta in questo cerchietto di mezza incontinenza e mezza malizia. {{Pt|[[Pagina:Sotto_il_velame.djvu/286|—&nbsp;X]]|*[[Sotto il velame/Le rovine e il gran veglio/X|Capitolo X]]}}. II volgere a destra significa premunirsi con la sapienza di Dio, giudice, contro l’ignoranza volontaria degli uomini. La vergogna, in Malebolge, deriva dalla depravazione dell’intelletto. {{Pt|[[Pagina:Sotto_il_velame.djvu/296|—&nbsp;XI]]|*[[Sotto il velame/Le rovine e il gran veglio/XI|Capitolo XI]]}}. La pietà del Poeta e l’ira