Cinesi, scuola e matematica: differenze tra le versioni

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{{Intestazione
NOTA: siccome non capisco come funziona questo sito, intanto metto qui il testo grezzo, ma è meglio che lo leggiate su [http://books.google.it/books?id=SFsI7tXkD-kC&printsec=frontcover&dq=cinesi,+scuola+e+matematica&ei=bnZyS4SWBpLOzQSZ_PzDBQ&cd=1#v=onepage&q=&f=false Googlelibri] o che lo scarichiate gratuitamente da [http://www.lulu.com/product/scarica/cinesi-scuola-e-matematica/6282910 lulu.com]. In futuro spero di essere più abile.
| Nome e cognome dell'autore =Giovanni Giuseppe Nicosia
 
| Titolo =Cinesi, scuola e matematica
Giovanni
| Iniziale del titolo =C
| Anno di pubblicazione =2010
| Eventuale secondo anno di pubblicazione =
| Lingua originale del testo =
| Nome e cognome del traduttore =
| Anno di traduzione =
| Progetto = Matematica
| Argomento = Sociologia/Matematica
| URL della versione cartacea a fronte =
| prec = {{{prec|}}}
| succ = {{{succ|}}}
}}
 
Nota: il testo è stato spostato in [[/Sandbox]] conservando in questa pagina l'indice. I capitoli possono essere creati copiando nelle rispettive sottopagine il testo memorizzato in quella pagina. --[[User:Alex brollo|Alex brollo]] ([[User talk:Alex brollo|disc.]]) 09:22, 15 feb 2010 (CET)
 
== '''G I O V A N N I G I U S E P P E N I C O S I A
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Sitografia
 
{{:Cinesi, scuola e matematica/Sandbox}}
 
 
 
 
 
 
 
'''Presentazione
'''
Agli insegnanti di matematica che hanno a che fare con studenti cinesi nelle nostre scuole italiane quando gli si chiedono informazioni sulle performance dei cinesi rispondono: “Sono bravi in matematica!”.
Ma questo da solo non basta a spiegare il tutto. Cosa significa essere bravi in matematica?
Giovanni Giuseppe Nicosia cerca di fornire delle spiegazioni del problema guardandolo dal punto di vista dell’insegnante che ha in classe studenti cinesi.
Le nostre classi sono oramai quasi tutte multiculturali da Nord a Sud della penisola.
In effetti, da numerosi studi di ricerca condotti anche dal gruppo di ricerca che coordino sappiamo che le conoscenze aritmetiche ed algebriche sono quelle che hanno risultati migliori da parte dei cinesi e questo è legato alla lingua scritta cinese.
In questo volume viene messo ben in evidenza tutto l’aspetto aritmetico con particolare riferimento al calcolo ed ai suoi algoritmi.
Le numerose schede comparative tra algoritmi di calcolo cinesi ed occidentali fanno di questo volume un ausilio all’insegnante di matematica italiano.
Il lavoro fatto va nella direzione di cercare di capire il sistema di riferimento “culturale” dell’altro.
Nel passato la romanità prima e la chiesa cattolica dopo hanno sempre ripreso i sistemi di riferimento culturali dei popoli con i quali si veniva in contatto.
Oggi forse questa buona tradizione si va perdendo. Questo volume vuole essere un contributo in questa direzione.
 
Filippo Spagnolo
 
 
 
 
0 Introduzione
0.1 Il nemico, l’altro o uno di noi?
Globalizzazione, immigrazione, Cina: ecco tre parole che da qualche anno ricorrono sulle prime pagine dei giornali italiani, suscitando interesse, perplessità o paura. Esse si riferiscono a fenomeni e idee che hanno grande influenza sulla situazione di ciascuno di noi attraverso meccanismi economici, sociali e culturali che, però, solitamente sfuggono alla nostra percezione diretta. Ecco perché si tratta di temi sovraccarichi, sui quali pesano diversi equivoci, alimentati sia dalle paure generate della fase di crisi economica, sociale e culturale del nostro Paese, sia dalla scarsità di informazioni e di analisi. Quest’ultima se da un lato viene via via mitigata dall’apparire di studi attendibili e dall’immensa disponibilità di dati offerta dai nuovi canali informativi e tecnologici, dall’altro è continuamente rinvigorita dall’azione propagandistica di gruppi interessati all’esclusione dei nuovi elementi sociali ed economici concorrenti quali l’immigrato lavoratore, l’imprenditore di origine straniera, la potenza economica nemica, ma anche la persona che viene inclusa nell’assistenza da parte dei servizi pubblici, il bambino di genitori stranieri cui assegnare un posto all’asilo, lo studente che parla poco italiano e che necessita di attenzioni specifiche da parte degli insegnanti…
Stereotipi di chiara matrice xenofoba vengono diffusi nell’opinione pubblica italiana incontrando purtroppo un successo proporzionale alla gravità della crisi economica, con l’obiettivo di mascherarne i reali meccanismi. I tanti problemi della popolazione vengono interpretati con schemi che li riconducono a conflitti tra gruppi socio-culturali diversi.
Così ad esempio il genitore il cui figlio non viene accettato all’asilo nido perché non ci sono abbastanza posti, anziché protestare contro la pubblica amministrazione che non fornisce servizi e strutture adeguate, viene indotto ad odiare la famiglia di origine straniera i cui bambini sono stati inclusi perché rispondono maggiormente ai requisiti economici.
Per quel che riguarda la scuola, istituzione democratica fondamentale di inclusione sociale, sempre più falcidiata da riforme che ne minano la stessa sopravvivenza, la situazione di crisi, di origine prettamente istituzionale, viene talora mascherata con l’insorgenza di necessità nuove, in parte reali ma senza dubbio sovrastimate, legate all’integrazione di allievi di cultura e lingua diverse da quelle italiane. Come potrà mio figlio imparare qualcosa se gli insegnanti debbono dedicare tutto il loro tempo e le loro energie agli allievi stranieri che non parlano una parola di italiano?
Non un pensiero, in questo schema, viene dedicato alla possibilità che una tale situazione possa essere risolta positivamente con mezzi adeguati (insegnanti in numero sufficiente e con una preparazione specifica, laboratori,…) che in effetti non sempre vengono forniti da chi di dovere. Nessun sospetto che il fatto stesso di venire a contatto con una qualche diversità possa fare bene al citato figliolo, aprendogli orizzonti insospettati ed arricchendolo di elementi nuovi.
Negli stereotipi e nei detti popolari diffusi in Italia il cinese è il simbolo stesso della lingua incomprensibile, della cultura indecifrabile, della comunità impenetrabile. Mentre l’economia mondiale è scossa dall’epocale risveglio della potenza cinese e dalle sue enormi contraddizioni, di fronte al disgregarsi delle istituzioni culturali e sociali dell’Occidente l’immigrato cinese costituisce il simbolo perfetto per la costruzione di un nemico collettivo.
Ma di contro c’è una forza tanto irrefrenabile quanto quella che porta alla disgregazione della composita società italiana verso gruppi sempre più differenziati: quella del dialogo e delle relazioni tra uomini e tra gruppi umani. Quando i bisogni ci uniscono, quando i nostri bambini giocano insieme negli asili e nei parchi, quando ci frequentiamo ed interpretiamo a turno ruoli di utente ed erogatore di un servizio o cliente e venditore (io sono il tuo fruttivendolo e tu il mio cliente, tu sei il mio professore di matematica ed io il tuo allievo, prima io faccio una cosa per te poi tu ne fai una per me), quando facciamo la stessa fila nello stesso poliambulatorio o prendiamo la stessa multa dallo stesso vigile, ecco che allora scopriamo che l’arricchimento culturale reciproco non è solo un sottoprodotto della globalizzazione. Condividendo situazioni concrete scopriamo che nei nostri scambi condividiamo anche linguaggi comuni e che per capirci ne abbiamo creati di nuovi.
 
 
0.2 Strumenti per la diversità culturale
Una delle situazioni più temute dagli insegnanti è quella di ritrovarsi in classi piene zeppe di studenti appartenenti a culture assai diverse da quella italiana, che parlino lingue sconosciute, con i quali sia difficile comunicare, entrare in relazione e a maggior ragione sviluppare un lavoro didattico efficace. A far paura è soprattutto la mancanza di strumenti di conoscenza e d’azione adeguati.
Questo libro si occupa della cultura matematica cinese in tre diversi aspetti legati reciprocamente:
• quello delle comunità di cultura cinese in Italia;
• quello della tradizione matematica cinese;
• quello della sensibilità matematica diffusa oggi in Cina e della scuola cinese contemporanea.
L’impostazione è quella etnomatematica per cui vedansi (D’Ambrosio 2002 e 2006).
Spunti per attività didattiche sono disseminati in tutto il testo, che quindi ambisce ad essere uno strumento, oltre che di conoscenza, anche d’azione didattica.
 
 
0.3 Ringraziamenti
Non avrei mai potuto realizzare questo libro senza:
1) l’aiuto e lo sprone dei professori Bruno D’Amore e Martha Fandiño Pinilla, fervidi promotori di iniziative culturali di vario tipo e miei maestri ormai da anni;
2) la generosissima disponibilità del professor Giorgio Tomaso Bagni, discutendo col quale è nata l’idea stessa di questo studio e le cui osservazioni, sempre nodali e precise, ne hanno costituito buona parte della sostanza e della bibliografia; immenso è il rammarico della sua scomparsa così prematura;
3) la collaborazione del professor Filippo Spagnolo, direttore del GRIM di Palermo, che ha gentilmente analizzato il testo proponendone modifiche e sviluppi sostanziali alla luce della grandissima esperienza del suo gruppo nel campo della cultura matematica cinese e dei suoi rapporti con le culture occidentali;
4) le osservazioni, le correzioni, gli spunti, le indicazioni bibliografiche e la gentile disponibilità di Bernadette Capriz, Benedetto Di Paola, Federico Fontana, Minshan Lee, Maria Omodeo, Wang Dis;
5) i materiali di ottima qualità che un esercito di anonimi studiosi rende disponibile gratuitamente a chiunque nell’enciclopedia democratica Wikipedia;
6) la pazienza, il sostegno affettuoso e l’allegria di Jeanine Soares, Antonio e Rodrigo Nicosia che in questi due anni di lavoro hanno contribuito, ognuno a suo modo ma in misura decisiva, alle condizioni al contorno.
Ringrazio tutti di vero cuore.
 
0.4 Contatti
Chi potesse gentilmente segnalare errori od imprecisioni o volesse essere informato su eventuali sviluppi di quanto contenuto in questo libro, può scrivermi all’indirizzo di posta elettronica: gg.nicosia@gmail.com .
 
 
Giovanni Giuseppe Nicosia
 
 
 
1 Studenti e famiglie di cultura cinese in Italia
 
1.1 La presenza di immigrati di cultura cinese in Italia
 
1.1.1 Il flusso migratorio
La presenza di immigrati di origine cinese in Italia risale ai primi del secolo scorso. Il flusso è sempre aumentato sino alla situazione attuale. La seguente tabella riporta alcuni dati ufficiali.
 
 
maschi femmine totale % su totale
residenti % su totale
stranieri
Italia 76.739 68.146 144.885 0,25 4,93
Toscana 13.353 11.581 24.934 0,69 11,57
Prato – provincia 5.899 5.047 10.946 4,47 46,89
Prato – comune 5.441 4.636 10.077 5,43 50,97
Firenze – provincia 6.041 5.233 11.274 1,16 16,07
Firenze – comune 2.146 1.844 3.990 1,09 12,27
Lombardia 17.496 15.818 33.314 0,35 5,00
Milano – provincia 10.044 9.084 19.128 0,49 6,55
Milano – comune 7.392 6.631 14.023 1,08 8,65
Lazio 4.633 4.244 8.877 0,16 3,23
Roma – provincia 4.265 3.879 8.144 0,20 3,57
Roma – comune 3.865 3.499 7.364 0,27 4,70
Emilia Romagna 8.794 7.755 16.549 0,39 5,21
Bologna – provincia 1.667 1.543 3.210 0,34 4,88
Bologna – comune 1.020 975 1.995 0,53 6,58
 
Cittadini della Repubblica Popolare Cinese residenti in Italia ed in alcune regioni, province e comuni italiani al 31 Dicembre 2006. Rielaborazione su dati dell’ISTAT.
 
Non sono ben quantificabili i flussi clandestini di manodopera cinese legati a diverse attività illegali ma solitamente la consistenza di questi fenomeni, senza dubbio tristemente reali, è solitamente sovrastimata dall’opinione pubblica nazionale spesso sobillata da media xenofobi. Nel suo romanzo-inchiesta Gomorra lo scrittore R. Saviano (2006) parla anche di un traffico illegale in uscita di immigrati cinesi morti verso la Cina, ma tale denuncia ha suscitato vive proteste da parte di diversi rappresentanti di comunità cinesi delle città italiane ed è stata smentita da ricerche nei cimiteri dei centri maggiori, ove sono sepolte persone di origine cinese in proporzioni coerenti con la presenza cinese nelle zone di afferenza (Casti, Portanova, 2008). In ogni caso quella cinese è una delle più importanti voci dell’immigrazione in Italia ed in moltissimi altri Paesi.
 
1.1.2 Le motivazioni della migrazione
Dalla Cina si migra per ragioni fondamentalmente economiche cioè per cercare condizioni di vita e di lavoro migliori. La valutazione della riuscita di tale ricerca segue parametri talora poco comprensibili per chi non è di cultura cinese: è esperienza ricorrente quella di sentire dei cinesi che si dichiarano contenti di situazioni abitative e ritmi di lavoro insostenibili per la maggior parte delle altre persone. Un’altra motivazione è quella del ricongiungimento dei nuclei familiari.
Una terza motivazione decisamente minoritaria è legata a ragioni politiche. Assai pochi di quelli che sono fuggiti dalla Repubblica Popolare Cinese (中华人民共和国 Zhōnghuá Rénmín Gònghéguó) sono finiti in Italia. Si registrano pochi cittadini di Hong Kong (香港 Xiānggǎng) scappati al momento dell’annessione alla Repubblica Popolare Cinese per paura di cambiamenti in senso autoritario e pochissime altre persone provenienti da altri Paesi di cultura cinese. Si tratta comunque di un’esigua minoranza anche perché la Repubblica Italiana ha storicamente assunto posizioni di sistematico rifiuto verso i rifugiati dall’Asia orientale. Nel seguito, dunque, per immigrati cinesi si intendono cittadini della Repubblica Popolare Cinese.
 
1.1.3 Zone e culture d’origine
La maggior parte di questi migranti proviene dalle regioni dello Zhèjiāng (浙江) ed in particolare dai dintorni della megalopoli di Wēnzhōu (温州), località tra le più ricche del Paese. Le speciali politiche economiche dei tardi anni settanta e le riforme degli anni novanta del secolo passato vi hanno insediato importanti imprese industriali (specialmente tessili), manifatturiere e commerciali a vocazione globale tali da aumentare notevolmente il benessere diffuso in una zona che già nel passato poteva vantare livelli di vita migliori del resto del Paese in ragione dell’elevata qualità delle sue produzioni agricole e seriche. Tale ricchezza, però, è distribuita in modo da non soddisfare le aspirazioni di una consistente parte dei quasi 47 milioni di abitanti della regione, che è relativamente piccola (circa 100.000 Km2) ed ha un’altissima densità di popolazione. In particolare la diseguaglianza più notevole consiste nell’altissima concentrazione della ricchezza nella capitale rispetto al resto del territorio. Molti abitanti di quest’ultimo non trovano modo di inserirsi nei flussi economici che portano al capoluogo e decidono di intraprendere lunghi viaggi all’estero alla ricerca di condizioni migliori. Le rimesse degli immigrati costituiscono un ulteriore fattore di incremento economico.
Cose simili si possono dire anche del Fújiàn (福建), regione costiera che confina con lo Zhèjiāng e da cui pure provengono molti immigrati.
I cinesi in Italia hanno origini e caratteristiche abbastanza omogenee. Ciò non deve far pensare che anche in generale il popolo cinese e la Cina abbiano quell’unità culturale e linguistica che un luogo comune a lungo diffuso in Europa e le pretese della propaganda patriottica delle autorità cinesi tentano di accreditare. Certo molte cose accomunano quest’enorme comunità umana costituita da un miliardo e mezzo di persone che abitano un paese tanto vasto e variegato, ma ci sono differenze che neppure i millenni di unificazione politica, interrotti solo in stagioni storiche relativamente brevi sebbene molto tumultuose, sono riuscite ad appianare. Tali differenze sono linguistiche, culturali, religiose… e possono essere molto importanti, sfociando talora in conflitti.
Ad esempio in campo religioso: se da un lato la cultura confuciana permea un po’ tutti gli ambienti col suo culto per l’obbedienza all’autorità, il rispetto per gli anziani ed i riti dedicati agli antenati, d'altro canto in Cina sono professate massicciamente molte altre religioni tra cui il Buddismo (150 milioni di seguaci), l’Islàm (50 milioni, alcuni dei quali lamentano condizioni di gravissima oppressione), il Taoismo (30 milioni), il Cristianesimo (40 milioni tra le varie confessioni e chiese, di cui 5 milioni cattolici in gran parte costretti ad un’illegalità catacombale e divisi tra una chiesa papista ed una fedele alle autorità statali), ed il Buddismo tibetano (2 milioni circa che vivono tra grandissime restrizioni causate dalla questione dell’irredentismo teocratico delle regioni tibetane e dalla durissima repressione dello Stato). Ci sono poi anche minoranze religiose perseguitate come eversive e costrette alla clandestinità.
Una questione dibattuta è quella della lingua, con le autorità cinesi che preferiscono parlare di dialetti e molti studiosi che riconoscono tra le diverse parlate regionali variazioni più radicali e sottolineano fenomeni che nella maggior parte dei Paesi europei farebbero parlare apertamente di bilinguismo. Ad esempio in alcune zone del Paese la televisione è sottotitolata perché, mentre la scrittura è uguale in tutta la Cina, nessuno colà capirebbe la Lingua comune (普通话 pǔtōnghuà) che è la lingua ufficiale della Repubblica Popolare Cinese.
Nello Zhèjiāng, che è una regione montuosa ove facilmente nel passato le comunità potevano restare isolate, nel corso dei secoli sono fiorite varianti linguistiche e culturali molto diversificate. La lingua più parlata è il dialetto wú (吴方言 wú fāngyán) in moltissime varianti locali, valle per valle. Quella dello wú è la seconda famiglia linguistica in Cina, parlata da circa 80 milioni di persone in tutta la zona sudorientale del Paese e dalla maggior parte degli immigrati cinesi in Italia. Nello Zhèjiāng sono parlati anche dialetti appartenenti a gruppi diversi.
 
1.1.4 Progetti migratorii e comunità
Gli immigrati cinesi che si stabiliscono in Italia solitamente vi restano per molto tempo, in molti casi fino alla più tarda età. Molti immigrati di prima generazione giunti alla vecchiaia od in prossimità della morte preferiscono essere riportati nel Paese d’origine. Non sempre cercano il contatto con l’ambiente sociale italiano e addirittura non è infrequente incontrare immigrati cinesi che hanno difficoltà linguistiche anche serie in italiano pur dopo anni di permanenza in Italia. In generale quelli di seconda generazione, che frequentano la scuola, guardano le televisione ed in generale sono maggiormente sollecitati dal contesto, tentano maggiormente di integrarsi pur mantenendo un fortissimo legame con la comunità cinese.
Un po’ in tutta Italia si sono costituite comunità floridissime che costituiscono un punto d’appoggio fondamentale per la maggior parte degli immigrati. Esse forniscono una struttura di inserimento lavorativo e sociale. Alcune di esse hanno avuto sino a tempi recenti un atteggiamento chiuso privilegiando il consolidamento di relazioni interne e la costituzione di ruoli e gerarchie ignote all’esterno. I fattori fondamentali di coesione di queste comunità sono due valori che gli immigrati cinesi sentono decisamente:
1. la lingua, che va mantenuta viva nella quotidianità familiare per trasmettere le tradizioni ed è il principale strumento delle costruzioni identitarie collettive;
2. i forti legami solidaristici e le gerarchie familiari e claniche su cui si impernia anche l’organizzazione economica più tipica degli immigrati cinesi: l’impresa familiare.
Comunità di individui e soprattutto famiglie hanno permesso agli immigrati cinesi di creare nuovi spazi di occupazione ed impresa con la costituzione di aziende piccole e medie (ristoranti, laboratori di pelletteria ed abbigliamento, negozietti, centri servizi…). In questi ambienti si parla soprattutto cinese e si viene introdotti come dipendenti, interlocutori economici o talora anche come clienti solo dietro presentazione da parte di persone di fiducia. Tale coesione rischia di essere un fattore di isolamento. Un immigrato cinese può vivere la maggior parte del suo tempo in un mondo di relazioni, agenzie e servizi parallelo a quello generale.
Oggi anche questo sta cambiando nel senso che, se i legami interni alle comunità restano fondamentali, ci sono notevoli segnali di apertura ed interesse verso l’esterno. Ad esempio ci sono aziende di imprenditori cinesi, specialmente quelle di successo, che diventando più grandi cominciano ad assumere personale di origine diversa, italiani compresi. Lavoratori dipendenti ed imprenditori cinesi sono sempre più presenti anche in settori economici nuovi.
 
1.1.5 Dialogo ed integrazione
Fino a pochi anni fa i tantissimi cinesi che vivevano in molti dei quartieri periferici delle città italiane erano praticamente invisibili. Al di fuori dei ristoranti o dei negozi di merci esotiche li si incontrava solo a scuola, nei poliambulatori e nelle altre sedi dei servizi pubblici. Da qualche anno l’integrazione è maggiore e si vedono anziani cinesi nei parchi con i nipotini o ragazzi di origine cinese nei luoghi di aggregazione giovanile. Ad esempio ci sono ragazzi di famiglia cinese che si iscrivono nelle squadre di calcio dei quartieri. L’opera di diverse associazioni culturali permette oggi a tutti i cittadini di avvicinarsi alle imponenti realizzazioni di una delle culture più antiche della storia umana. Le attività commerciali gestite da imprenditori cinesi sono oggi per la maggior parte aperte ad una clientela generica. In questo cambiamento deve aver pesato il notevole lavoro dei mediatori culturali e dei centri interculturali mobilitati in politiche di integrazione con la collaborazione di tanti enti locali, nonché un atteggiamento di apertura delle stesse autorità della Repubblica Popolare Cinese che oggi tentano di stabilire buone relazioni diplomatiche e culturali con la maggior parte dei Paesi e delle popolazioni. La scuola è stata il primo teatro degli avvenimenti che lo hanno permesso. Gli studenti di tutte le origini che si incontrano nelle classi delle scuole italiane, dalle materne alle superiori, hanno costituito relazioni trasversali importanti e legami forti.
Come ulteriori fattori di integrazione si può pensare, insieme a quegli imprenditori cinesi che hanno riscosso successo commerciale, anche ai molti studenti di origine cinese che hanno terminato con successo gli studi superiori e si sono inseriti nei diversi posti di lavoro qualificato offerti dal mercato italiano. Il numero oggi esiguo di laureati di origine cinese nelle università italiane è destinato a crescere, così come avvenuto in altri Paesi. Con esso anche quello degli immigrati in posizioni professionali sempre più importanti e nevralgiche per la società italiana. Il processo è ancora in corso e la scuola ne rimane uno dei campi più importanti.
 
 
1.2 Gli studenti di cultura cinese nelle scuole italiane
La seguente tabella riassume la presenza di studenti stranieri ed in particolare cinesi nell’anno scolastico 2005-2006.
 
Ordine scolastico Studenti stranieri % su totale
studenti Studenti cinesi % su totale
studenti
Infanzia 81.577 5,0 3.225 0,20
Primaria 164.177 6,0 7.397 0,27
Secondaria I grado 96.611 5,5 6.791 0,39
Secondaria II grado 82.318 3,1 4.748 0,18
Totale 424.683 4,8 22.161 0,25
 
Studenti con cittadinanza non italiana e studenti cinesi nell’anno scolastico 2005-2006. Elaborazione su dati del Sistema Informativo del Ministero della Pubblica Istruzione.
 
La massima diffusione di studenti di cultura cinese si ha nelle province di Prato, Firenze, Milano e Roma, ma la presenza riguarda ormai tutto il Paese, in grandi e piccoli centri di tutte le regioni.
Al momento in cui entrano in contatto col sistema educativo italiano, solitamente ad un’età da scuola primaria, questi studenti possono presentare un livello di scolarizzazione assai variegato.
L’atteggiamento delle famiglie nei confronti della scuola è spesso in relazione con i rapporti tra comunità cinese e contesto sociale generale. In ogni caso si può presumere che gli studenti di cultura cinese e i loro genitori nutrano sulla scuola grandi aspettative anche in ragione di un atteggiamento di grande rispetto verso le istituzioni culturali e le figure di riferimento generalmente diffuso nella cultura confuciana.
Va inoltre ricordato che ormai da decenni in molti così detti “Paesi emergenti” le competenze in matematica, informatica ed inglese possono aprire possibilità per cambiamenti di status notevoli. Le aspettative delle famiglie su queste materie oltre che sulla lingua cinese sono notevoli.
Nel seguito si illustrano alcune delle caratteristiche della scuola e della cultura matematica cui tali aspettative sono rivolte allo scopo di capire quale scuola e quale matematica possono avere in mente studenti e famiglie di cultura cinese. Ad ogni idea di scuola e di matematica possono corrispondere atteggiamenti emotivi e comportamenti cognitivi diversi. Si vedranno differenze talora notevoli di cui l’insegnante accorto potrà tenere conto nella preparazione delle attività didattiche rivolte a classi in cui siano presenti studenti di cultura cinese.
2 La scuola nella Repubblica Popolare Cinese.
 
2.1 Valori fondanti
La scuola cinese è rivolta ad una formazione globale dell’individuo in cui si insiste molto sugli aspetti morali, etici, civici e sui valori sociali ed ambientali. Essa eredita fortissimi dibattiti ideologici legati sia alla cultura confuciana, sia al recente passato socialista che ha lasciato oggi un marcato sentimento patriottico. Si tratta quindi di una scuola assai caratterizzata dai valori che permeano la cultura cinese e da quelli promossi dalle autorità, specialmente nelle materie di contenuto più esplicitamente educativo, nella storia, nella geografia e nelle scienze sociali. I cinesi vengono educati ad amare la loro cultura, il loro Paese ed il loro popolo. Anche il lavoro e la collettività sono valori che la tradizione pedagogica cinese mette in grande risalto anche dopo i recenti cambiamenti sociali ed economici in senso liberista. L’individualismo in Cina non ha trovato la rilevanza che ha nei Paesi a capitalismo maturo quindi, ad esempio, l'obiettivo dello sviluppo dell’autonomia personale non ha l’importanza che gli viene attribuita nella letteratura pedagogica italiana. Per educare all’idea che il lavoro sia un elemento importante della vita si prevedono attività manuali (lavori artigianali, lavori agricoli, pulizie della scuola e delle zone limitrofe) già dalla fine delle elementari e almeno per tutta la durata delle medie. In qualche caso tale esperienza è più importante e serve addirittura al finanziamento della scuola. Un altro interesse assai marcato della scuola cinese è quello per la scienza, intesa sia come studio della natura, sia come prerequisito per le realizzazioni tecniche e tecnologiche, che recentemente hanno suscitato molto apprezzamento.
 
2.2 Il sistema scolastico
La Repubblica Popolare Cinese ha un sistema nazionale di educazione pubblica diffuso in tutto il suo territorio. Esso opera dal 1950 ed è quello con la maggiore utenza al mondo. Secondo fonti ministeriali reperibili su siti ufficiali il 90% degli abitanti delle aree popolate della Cina ha oggi accesso ad un’educazione obbligatoria di nove anni. In tempi sorprendentemente brevi, partendo da una situazione decisamente grave, questo sistema ha ridotto l’analfabetismo a meno del 5% (il grado di alfabetizzazione è calcolato in base al numero di caratteri ideografici conosciuti). Ogni anno esso educa e forma 60 milioni di professionisti di medio od alto livello, 400 milioni di lavoratori di scolarizzazione media o superiore, 250 milioni di studenti distribuiti nei tre livelli (elementare, medio e superiore), con un indice di crescita annua doppio rispetto a tutti i sistemi scolastici del mondo. La scolarizzazione elementare raggiunge il 98,9%, quella media il 94,1% (dati disponibili sul sito telematico del Ministero dell’Educazione della repubblica Popolare Cinese).
A fronte di questi dati va però detto che il nuovo corso liberista degli ultimi anni sta creando nuove difficoltà agli abitanti delle zone rurali più remote ed arretrate, tra cui ad esempio la concentrazione delle scuole nei centri maggiori che, se da un lato consente allo Stato di risparmiare risorse in strutture e personale, dall’altro priva del servizio scolastico in loco popolazioni per lo più assai povere che non sono in grado di provvedere a costi di trasporto e sussistenza fuori sede.
Il sistema è articolato in scuole materne, scuole primarie o elementari, scuole medie inferiori e superiori (“culturali” ossia generiche, professionali, commerciali, magistrali od agrarie), “scuole chiave” (versioni d’eccellenza di tutte le precedenti), collegi preparatori e varie istituzioni per l’istruzione universitaria e parauniversitaria (scuole di alta formazione professionale). Ci sono poi scuole speciali per disabili di vario tipo, in particolare per ciechi e per sordi, e molte istituzioni per l’educazione degli adulti.
La scuola primaria comincia a sei o sette anni.
 
 
Età
d’entrata Ordine Durata Obbligo Gratuità Scolarizzazione
2 - 4 Materna ? no quasi ?
6 o 7 Primaria 6 si si 99%
12 Media inferiore 3 si quasi 80%
15 Media superiore 3 no no 80%
18 Università no no 2%
 
Elaborazione su dati del Ministero dell’Educazione della repubblica Popolare Cinese. La scolarizzazione è calcolata sul totale dei cittadini delle età corrispondenti ai rispettivi ordini scolastici
 
Questo schema vige più che altro nelle grandi aree urbane. Alcune province rurali prevedono invece 5 anni di scuola primaria e 4 di media inferiore mentre in altre zone si ha un’unica scuola unificata di 9 anni, a discrezione delle autorità locali. L’obbligo scolastico è comunque di 9 anni. Lo studio infrauniversitario dura 12 anni. Anche sull’età di entrata effettiva ci sono variazioni rispetto a quella legale perché molte famiglie di ambiente rurale preferiscono mandare i figli a scuola qualche anno dopo.
Si tratta prevalentemente di scuole statali benché esistano dai primi anni ’80 istituti privati legati soprattutto a grandi imprese che fondano insediamenti produttivi nuovi o che gestiscono grandi aree di territorio. La gestione delle scuole elementari compete alle autorità regionali o municipali, salvo quelle scuole che sono annesse ai complessi produttivi pubblici.
Secondo il Programma di Sviluppo delle Nazioni Unite nel 2003 l’alfabetizzazione in Cina era del 90,8%. La disparità storicamente assai forte tra i generi in questo campo si evidenziava in una differenza di più di dieci punti percentuali tra il dato dei maschi (95,1%) e quello delle femmine (86,5%), che segnava comunque un grosso progresso rispetto ad un passato recente. Le dimensioni del sistema scolastico cinese nel 2003 erano quelle riassunte nella seguente tabella:
 
Scuole ed Istituzioni Numero Insegnanti Studenti Studenti
per insegnante
Materne 116.390 613.000 20 milioni 33
Primaria 425.846 5,7 milioni 116.8 milioni 20
Media (inf. e sup.) 79.490 4,5 milioni 85.8 milioni 19
Medie specializzate 3.065 199.000 5 milioni 25
Istituti agrari e tecnici 6.843 289.000 5,2 milioni 18
Altre medie speciali 1.551 30.000 365.000 12
Università 1.552 725.000 11 milioni 15
 
Elaborazione su dati disponibili sul sito telematico del Programma di Sviluppo delle Nazioni Unite
 
Si noti che il rapporto numerico tra studenti ed insegnanti è in alcuni casi migliore di quello di alcuni Paesi europei benché gli investimenti pubblici nel settore dell’istruzione siano rimasti sino a tempi recenti piuttosto bassi. Le scuole chiave sono scuole d’eccellenza cui accedono solo gli studenti col miglior profitto. Esse hanno la priorità nelle assegnazioni di insegnanti e risorse e propongono programmazioni speciali. Sono una piccola percentuale del totale delle scuole e non sono diffuse in tutto il territorio nazionale. Oggi tendono a scomparire nella loro specificità con l’emergere del regime di mercato. Si distinguono anche un centinaio di università chiave il cui accesso è regolato da esami assai selettivi.
 
2.3 Le attività didattiche
L’anno scolastico delle scuole elementari e medie dura da settembre a luglio. Ci sono 34 settimane di lezioni e 5 settimane di attività diverse (comunitarie, tradizionali,…) o dedicate al ripasso e agli esami. L’anno scolastico nella scuola superiore dura nove mesi ed è solitamente suddiviso in due semestri. Eccezioni notevoli riguardano le scuole ubicate in aree rurali, che possono presentare un orario organizzato in base alle necessità dei lavori agricoli. Ci sono vacanze in estate ed una pausa di un mese nell’epoca del capodanno, verso febbraio. Le lezioni si tengono dal lunedì al sabato distribuite in un monte ore tra le 23 e le 27, più 5 ore extracurricolari. Ogni ora si compone di 45 minuti di attività didattiche e 10 di pausa. Si danno compiti a casa.
Nelle scuole superiori le classi sono anche di una cinquantina di studenti. Generalmente (Han, 2001) ogni insegnante di matematica insegna al più in due classi. La scuola inizia alle 8,00. Alle 11,30 c’è una pausa di due ore e mezza per il pranzo e poi altre due ore di lezioni, sino alle 15,40. Segue un’altra ora di doposcuola per attività di studio e compiti. Gli studenti escono normalmente verso le 16,40. Gli insegnanti arrivano a scuola almeno 15 minuti prima delle 8,00 ed escono verso le 17,00.
La lingua d’insegnamento è il cinese mandarino comune (普通话 pǔtōnghuà), ma nelle zone in cui sono presenti forti minoranze linguistiche si insegnano anche le lingue locali. L’insegnamento dell’inglese è stato recentemente portato alle elementari in tutte le scuole, dopo una fase in cui ciò era caratteristica esclusiva delle scuole chiave. I programmi sono nazionali ma presentano variazioni in relazione ai diversi regimi orari ed ai modelli localmente adottati.
La lingua cinese e la matematica occupano un posto di rilievo all’interno del curriculum, arrivando ad occupare da sole anche il 40% dell’orario alle elementari ed alle medie ed oltre il 50% in certe scuole superiori. Molto peso hanno anche le scienze (fisica, chimica, biologia, geologia), una lingua straniera, che nella maggioranza dei casi è l’inglese, ed in certe scuole addirittura due. Seguono poi storia, geografia, politica, musica, disegno, arti ed educazione fisica. In qualche scuola si offrono anche corsi di tipo tecnico o professionale oppure altre attività extracurricolari.
Le valutazioni consistono in verifiche formative mensili ed un esame a metà dell’anno, utile per programmare gli interventi di recupero. I risultati sono espressi in centesimi. Un esame a fine anno misura i livelli di competenza in cinese e matematica. Chi non lo passa deve ripetere l’anno. La scuola cinese è molto selettiva: l’esame di quinta, al termine delle elementari, determina l’inserimento degli allievi nelle “scuole chiave” oppure in scuole di livello inferiore. Al termine delle medie i ragazzi e le ragazze si possono iscrivere a scuole superiori di tipo professionale o culturale cui si accede dopo severissimi esami di ammissione e che durano 3 anni. L’accesso all’università non dipende dal tipo di scuola frequentato ma dall’esito di esami ancor più severi.
Le decisioni ministeriali in merito alla didattica ed ai curricoli hanno importanza determinante in tutti i campi dell’istruzione. Persino le università, nella loro articolazione di corsi di laurea, corsi post-laurea (master e dottorati), ed altre attività di alta qualificazione sono orientate in modo assai più direttivo che in Italia. Lo stesso è per la ricerca.
 
2.4 L’utenza ed il finanziamento
In Cina un diplomato delle scuole superiori è considerato una persona istruita. La selettività dell’accesso all’istruzione universitaria implica una valutazione delle diverse scuole nei termini di quanti studenti riesce a rendere all’altezza degli esami di ammissione. Dopo una storia assai burrascosa, in cui si sono confrontate le tendenze elitariste e quelle egualitarie più estreme, l’accesso all’istruzione nella Cina di oggi è sostanzialmente piramidale, cioè larghissimo nei ranghi inferiori e ristrettissimo in quelli superiori, anche in ragione di una disponibilità di risorse economiche assai scarsa in relazione alle necessità della sua utenza. È vero però che da una decina d'anni lo stato investe nell’educazione somme sempre crescenti.
L’istruzione obbligatoria è gratuita per i primi cinque dei nove anni in cui è prevista. Poi per il resto dell’obbligo può essere soggetta a contributi integrativi differenziati localmente per coprire alcune spese. Fanno eccezione alcune aree rurali sottosviluppate in cui le scuole (anche le elementari) si finanziano facendo lavorare gli studenti per alcune ore alla settimana in diverse attività remunerative (soprattutto nella produzione artigianale ma talora anche in qualche fase di lavorazione industriale esternalizzata dalle aziende limitrofe). È in questo modo e con i contributi delle famiglie che colà si pagano gli stipendi degli insegnanti.
L’istruzione non obbligatoria è a pagamento. Benché appartengano in maggior parte allo Stato od ad enti locali (municipalità o province) le scuole, specialmente le superiori, beneficiano di politiche di decentramento gestionale ed economico per cui sono libere di fissare gli importi delle tasse scolastiche ovvero farsi finanziare da ditte pubbliche o private. Per l’istruzione non obbligatoria, benché viga oggi un rigido sistema di mercato, sono previsti finanziamenti pubblici che coprono una certa percentuale delle spese sostenute dai singoli cittadini. Per garantire alle famiglie a basso reddito l’accesso all’istruzione superiore ci sono inoltre provvidenze pubbliche, posti di lavoro riservati a studenti all’interno di strutture scolastiche od universitarie ed esenzioni fiscali. Questo porta ad espandere l’utenza della scuola cinese. C’è poi un ricco mercato di finanziamenti privati e prestiti per le spese dell’istruzione. I libri sono a carico delle famiglie ma per la scuola dell’obbligo il prezzo è controllato dallo Stato. È peraltro usuale che in realtà gli studenti non li comprino per cui gli insegnanti ne copiano ampi brani alla lavagna.
Il governo ha l’obiettivo di estendere l’istruzione superiore in modo assai significativo: dal 2020 13.500 persone ogni 100.000 avranno almeno una laurea e 31.000 un diploma superiore, mentre l’analfabetismo dovrà ridursi a meno del 3%. La durata degli studi sarà in media di 11 anni contro gli 8 di oggi.
Il livello di integrazione dei disabili nella scuola cinese non è molto alto. Ci sono 1.540 scuole speciali e più di 1.000 scuole professionali per disabili cui sono iscritti 375.000 studenti. Inoltre 3.000 istituti di istruzione e formazione di vario tipo ammettono studenti disabili. Operano inoltre quasi 2.000 organizzazioni per la riabilitazione funzionale con quasi 100.000 studenti.
Cresce ogni anno il numero degli studenti cinesi impegnati in programmi di scambio con istituzioni culturali di altri Paesi. La Cina è il Paese che ha il maggior numero al mondo di studenti all’estero. Essi poi solitamente ritornano a terminare gli studi in Cina. Dalla fine degli anni settanta si calcola siano partiti e ritornati circa 700.000 studenti in programmi di scambio con un centinaio di Paesi. Da tempi più recenti sono moltissimi anche gli studenti stranieri nelle università cinesi.
 
2.5 Arretratezza rurale e formazione a distanza
Come in altri campi, anche in quello dell’efficacia del sistema scolastico si rileva un certo divario tra le aree cittadine e quelle rurali, che sono generalmente più arretrate. Dato che la maggior parte della popolazione vive nelle campagne, quivi si trovano il 95% delle scuole elementari, l’87% delle medie inferiori ed il 71% delle superiori. L’obbligo scolastico coinvolge circa 160 milioni di studenti nelle aree rurali. In quelle meno sviluppate il governo è a più riprese intervenuto con programmi speciali ed ingenti finanziamenti straordinari. Ci sono ad esempio scuole che hanno programmazioni didattiche speciali e ritmi di lavoro compatibili con quelli dei lavori agricoli. L’abbandono scolastico in questo contesto è comunque piuttosto alto.
Tra i provvedimenti governativi è notevole l’istituzione di una gigantesca struttura multimediale per la formazione a distanza specialmente in campo tecnico ed agronomico basata su trasmissioni radiofoniche, televisive e satellitari ed articolata su più di 3.000 sedi locali. In circa venti anni essa ha addestrato ed educato più di 100 milioni di persone. Si tratta del maggiore programma di formazione a distanza del mondo. Esso è oggi sostenuto anche da finanziamenti privati di grossi gruppi finanziari. I suoi principali utenti sono studenti che vivono in zone remote poco collegate col resto del Paese e, specialmente a livello universitario, lavoratori o semplicemente studenti che non sono riusciti a superare i difficili esami d’accesso ad altre università. Le nuove tecnologie basate sulle reti telematiche offrono oggi sviluppi importanti.
 
2.6 Gli insegnanti
Nelle concezioni più diffuse in Cina gli insegnanti hanno un ruolo chiave nella tenuta della società e nel raggiungimento dei suoi fini. Il loro ruolo è quindi carico di responsabilità maggiori che in Italia perché lo Stato affida loro il compito cruciale di tramandare i valori fondamentali di un’educazione assai ideologizzata. In generale hanno minore autonomia in confronto ai colleghi italiani, ma godono di uno status di maggiore rispetto da parte di studenti e famiglie anche per effetto delle istanze della cultura confuciana. I giorni rivoluzionari degli anni sessanta, quando la contestazione del sistema da parte di masse giovanili sconvolse le scuole e ne ribaltò le gerarchie, sono ormai de tutto cancellati. L’autorità dell’insegnante è perentoria. Nelle zone rurali non è infrequente che gli insegnanti vivano in un’ala della scuola in cui lavorano e siano a stretto contatto con le comunità ai cui ragazzi insegnano.
La formazione degli insegnanti elementari avviene in scuole superiori magistrali cui si accede attraverso un esame di ammissione (Wang, 2001). Il corso dura tre anni e prevede lo studio di lingua cinese, matematica, musica, arte ed alcune tecnologie informatiche. La formazione pedagogica e didattica più che allo studio teorico è affidata ad esperienze di tirocinio: nell'arco di circa sei mesi gli aspiranti insegnanti osservano nel contesto di scuola alcuni insegnanti già formati al lavoro, fanno esperienze controllate di insegnamento, correggono compiti e possono persino avere contatti con i genitori degli studenti.
Per insegnare alle scuole medie e superiori occorre frequentare scuole speciali universitarie o para universitarie (Wang, 2001) (Han, 2001). Come in tutti i corsi di livello universitario, vi si accede per duri esami. Gli aspiranti insegnanti di matematica ricevono qui un’istruzione di alto livello con maggiore approfondimenti teorici rispetto ai loro colleghi dei politecnici o delle facoltà scientifiche in generale. Anche in questo percorso formativo ci sono tirocinii a scuola di un paio di mesi, in cui si osserva e poi si procede ad insegnare. Su questa esperienza bisogna relazionare in apposite tesine (Wang, 2001).
La collaborazione tra docenti nelle scuole superiori cinesi è molto marcata ed essi passano gran parte del loro tempo a confrontare metodi di insegnamento e risultati con colleghi della stessa materia o di materie diverse (Han, 2001). Ci sono anche laboratori in cui insegnanti di matematica e di lingua lavorano insieme. I professori di una materia in una stessa scuola insegnano con orari quasi sovrapponibili. Quando non sono impegnati in classe, in media per 4 ore al giorno, preparano le attività didattiche, correggono i compiti e gestiscono i problemi di condotta dagli studenti.
I genitori possono essere ricevuti quasi in ogni momento. Non ci sono psicologi scolastici, tutores o specialisti di relazioni umane: i responsabili delle realizzazioni e dello sviluppo mentale, morale ed intellettuale degli studenti sono gli insegnanti.
La formazione in servizio è articolata per distretti o per scuole e le viene dedicata una mezza giornata ogni settimana. In questo periodo non ci sono lezioni. Queste attività sono gestite da insegnanti con un ruolo di responsabili dell’aggiornamento e si svolgono prevalentemente come lezioni basate esclusivamente sul curriculum standard in uso, che è quello su cui gli insegnanti preparano le attività didattiche. Un responsabile dell’aggiornamento può contattare un esperto od un docente della scuola per tenere un corso. Si tratta comunque di insegnanti o di persone che hanno una buona esperienza di insegnamento. Nel caso della matematica sono molto apprezzati gli insegnanti con una buona preparazione in didattica disciplinare. Questi corsi non danno luogo a retribuzioni supplementari o titoli speciali ma sono semplicemente una normale parte della professione docente.
 
 
 
 
 
3 Temi ed aspetti della tradizione matematica cinese
 
 
3.0 Intenti di questo capitolo e del prossimo
Per farci un’idea di quali possano essere le aspettative degli studenti di cultura cinese e delle loro famiglie in campo matematico e sui contenuti disciplinari possiamo esaminare alcuni temi classici della tradizione matematica cinese. Vediamo qui in particolare il popolarissimo esempio dei quadrati magici ed una compendiosa rassegna storica. Nel capitolo successivo vedremo alcuni sistemi di rappresentazione e di calcolo storicamente diffusi e tuttora usati in Cina.
 
 
3.1 Simbologia e matematica dei quadrati magici
 
3.1.1. Le origini mitiche
La storia della matematica in Cina è antica quasi quanto la cultura cinese. Lo sviluppo precocissimo di attività agricole ed artigianali ha posto le basi per lo studio delle quantità, delle forme, dei sistemi di misura, del calcolo, delle modalità di inferenza e di tutte le attività matematiche. Un’ulteriore spinta all’elaborazione di soluzioni matematiche venne posta dalla costituzione sulla fine del II millennio p.E.v.di ampi apparati statali con i loro problemi amministrativi e fiscali. L’elemento che la tradizione mette in maggiore relazione con lo sviluppo della matematica è la gestione delle acque, aspetto centrale di tutta la produzione agricola e dell’economia esattamente come in Egitto od in Mesopotamia.
Un mito riportato in fonti del VII secolo p.E.v. che racconta l’origine del quadrato magico del fiume Luò (洛书 Luò Shu) (Nicosia, 2008) è a questo proposito decisamente rivelatore. Il leggendario eroe Yǔ il Grande (大禹 Dà Yǔ), incaricato di fermare le terribili inondazioni che sconquassavano il mondo, riuscì nell’impresa con una massiccia opera di canalizzazioni (di cui esistono documentazioni storiche) con la quale le acque furono disciplinate e sfruttate per l’irrigazione dei campi. Per questo venne creato imperatore e fondò la dinastia Xià (夏朝 Xià cháo, 2100 – 1600 p.E.v.), prima casa regnante ereditaria. Essa dette inizio alla registrazione storica in Cina. Gli dei, per aiutare Yǔ ad imbrigliare le acque gli avevano fornito alcuni strumenti magici e l’aiuto di due animali mitologici: un drago che poteva risanare la terra ed una gigantesca tartaruga emersa dalle acque del fiume Luò che poteva calmare le piene e che aveva sul carapace un disegno simile a questo:
 
Da Wikipedia con licenza di libero uso
 
I disegnini di linee e punti rappresentano numeri e quindi il disegno generale può essere decodificato in numerali indoarabi come:
 
4 9 2
3 5 7
8 1 6
 
Questo è appunto il quadrato magico del fiume Luò. Esso presenta notevoli simmetrie e regolarità:
 vi compaiono tutti i numeri naturali da 1 a 9 disposti in modo che, nelle righe e nelle colonne esterne numeri pari i dispari siano alternati;
 i numeri dispari cosituiscono una croce che richiama il segno numerale con cui nel disegno originale si rappresenta il 5 centrale;
 sommando due numeri che si trovino in caselle opposte rispetto al centro, come 4 e 6, 3 e 7, o 9 ed 1, si ottiene sempre 10;
 la proprietà più importante, tipica dei quadrati magici, è che sommando i numeri che compaiono riga per riga, colonna per colonna o lungo ciascuna delle sue diagonali si ottiene sempre 15 (la costante magica), che è il numero dei giorni di ogni mese del calendario solare tradizionale.
 
Quest’ultima caratteristica collega questo schema a significati di ordine cosmico, sistematicità e regolarità. Il controllo umano sulle acque è il trionfo di un ordine vantaggioso sulle caotiche potenze naturali ed è significativamente rappresentato con una simbologia ad alto contenuto matematico, la cui sintassi risiede nell’aritmetica. Cercando un corrispettivo nella cultura greca si può pensare ad Odisseo, che acceca e vince il Ciclope, forza bestiale ed incontrollabile anch’essa legata all’acqua (Polifemo è protetto da Nettuno), per mezzo del suo ingegno, della tecnica della produzione del vino, dell’inganno semantico legato al nome Nessuno e del gesto del fuoco (il palo infilzato nell’occhio viene rigirato così come si rigira strofinando il bastoncino sulla catasta di legnetti e pagliuzze per accendere il fuoco). Nel contesto cinese è, però, più esplicito il riferimento al ruolo preponderante della conoscenza scientifica e matematica, che serve effettivamente alla gestione dei flussi idrici, alla previsione delle piene ed alle canalizzazioni. È interessante notare che l’opera di canalizzazione delle acque dei grandi fiumi cinesi continua tuttora con i mezzi tecnici che le scienze contemporanee mettono a disposizione.
Le storie di Yǔ, personaggio che riunisce ingegno, tenacia e virtù civili, sono ricche di riferimenti numerici. Dato che al momento in cui partì per combattere le inondazioni era sposato da soli cinque giorni, decise di chiamare il figlio che la moglie attendeva con l’insolito nome di Qi (啟), che nel cinese dell’epoca significava 5. La leggenda mette in risalto che la sua avventura durò 13 anni, durante i quali si racconta che si avvicinò a casa sua solo 3 volte, ma non entrò per paura che questioni personali come le doglie della moglie la prima volta, i primi passi del figliolo la seconda, e gli inviti di quest’ultimo la terza, lo distogliessero dall’impresa di salvare il suo popolo dall’annegamento. L’uso di simbologie matematiche testimonia l’alta opinione dedicata a questa scienza nella cultura cinese.
 
3.1.2 L’uso simbolico in Cina e fuori
Per la sua grande carica simbolica il quadrato del fiume Luò è stato collegato esotericamente ad alcune arti divinatorie come l’astrologia, la geomanzia e l’interpretazione dell’I Ching (易經 Yì Jīng).
Nella forma di quadrato di lato “nove unità” è stato anche usato come schema di base in architettura. Città, quartieri ed edifici di particolare importanza sono stati costruiti su sua ispirazione, un po’ come per la proporzione in rapporto aureo in Grecia. Ad esempio ci sono costruzioni classiche quadrate e modulari col giardino al centro, in cui la larghezza dei muri è nove volte la loro altezza, disposte in isolati a blocchi quadrati anche essi modulari di nove per nove con reticoli regolari di stradine.
Anche in altre culture si trovano quadrati magici connessi con usi liturgici (ad esempio nell’India vedica), pratiche divinatorie (antico Egitto), simbologie mistiche (Europa paleocristiana e mondo islamico). Non sempre sembra possibile pensare ad un collegamento con i quadrati magici cinesi e si possono ipotizzare sviluppi indipendenti. La cultura cinese è quella in cui essi hanno avuto più successo anche come passatempo arguto.
Attraverso la mediazione araba i quadrati magici cinesi giunsero nell’Europa rinascimentale. Ne fu appassionato studioso Luca Bartolomeo de’ Pacioli (1446 – 1517), frate francescano, grande matematico nonché grande teorico del disegno geometrico ed anatomico e degli scacchi, che aveva interessi anche sulle arti divinatorie e sui simboli esoterici. Anche qui i quadrati magici rimasero legati alla divinazione ed a strane ritualità. Alcuni di essi, che avevano per lati o per costanti magiche dei numeri associati numerologicamente a simboli particolari, furono collegati con i segni dell’astrologia e con gli oggetti del cielo.
 
3.1.3 Melencolia I
La capacità simbolica di questi schemi di numeri ha affascinato, oltre maghi e ciarlatani, anche gli artisti. Uno dei primi quadrati magici di lato 4 raffigurati in Europa è quello che compare nell’incisione Melencolia I dell’artista tedesco Albrecht Dürer (1471 – 1528), che peraltro è testimoniato in fonti cinesi del XIII secolo. In un angolino di questa stampa compare il seguente quadrato magico normale di lato 4:
 
16 3 2 13
5 10 11 8
9 6 7 12
4 15 14 1
 
La costante magica 34 si ha sommando:
 (come da definizione) gli elementi di ciascuna riga, di ciascuna colonna e di ciascuna delle due diagonali;
 gli elementi di ognuno dei sottoquadrati esterni di lato 2 di caselle adiacenti e del sottoquadrato centrale;
 gli elementi delle quattro caselle angolari;
 
16 3 2 13 16 3 2 13 16 3 2 13
5 10 11 8 5 10 11 8 5 10 11 8
9 6 7 12 9 6 7 12 9 6 7 12
4 15 14 1 4 15 14 1 4 15 14 1
 
 gli elementi delle quattro caselle esterne non angolari appartenenti a righe adiacenti; così anche per gli elementi delle quattro caselle esterne non angolari appartenenti a colonne adiacenti;
 
16 3 2 13 16 3 2 13
5 10 11 8 5 10 11 8
9 6 7 12 9 6 7 12
4 15 14 1 4 15 14 1
 
 gli elementi di quattro caselle di cui una angolare e che appartengano a due righe adiacenti ed a due colonne distanti una casella; ovvero gli elementi di quattro caselle di cui una angolare e che appartengano a due colonne adiacenti ed a due righe distanti una casella;
 
16 3 2 13 16 3 2 13 16 3 2 13 16 3 2 13
5 10 11 8 5 10 11 8 5 10 11 8 5 10 11 8
9 6 7 12 9 6 7 12 9 6 7 12 9 6 7 12
4 15 14 1 4 15 14 1 4 15 14 1 4 15 14 1
 
 
16 3 2 13 16 3 2 13 16 3 2 13 16 3 2 13
5 10 11 8 5 10 11 8 5 10 11 8 5 10 11 8
9 6 7 12 9 6 7 12 9 6 7 12 9 6 7 12
4 15 14 1 4 15 14 1 4 15 14 1 4 15 14 1
 
 
 gli elementi di quattro caselle di cui una sia d’angolo e che appartengano a due righe ed a due colonne distanti una casella;
 
 
16 3 2 13 16 3 2 13 16 3 2 13 16 3 2 13
5 10 11 8 5 10 11 8 5 10 11 8 5 10 11 8
9 6 7 12 9 6 7 12 9 6 7 12 9 6 7 12
4 15 14 1 4 15 14 1 4 15 14 1 4 15 14 1
 
 
 gli elementi di caselle esterne non angolari simmetriche rispetto alle diagonali; ovvero gli elementi di caselle di cui due angolari e due centrali simmetriche rispetto alle diagonali (la somma delle diagonali è un caso particolare di questa regola);
 
 
16 3 2 13 16 3 2 13 16 3 2 13 16 3 2 13
5 10 11 8 5 10 11 8 5 10 11 8 5 10 11 8
9 6 7 12 9 6 7 12 9 6 7 12 9 6 7 12
4 15 14 1 4 15 14 1 4 15 14 1 4 15 14 1
 
 
 gli elementi di caselle esterne non angolari scelte percorrendo il quadrato dalla prima in senso orario e cambiando sempre riga e colonna;
 
 
16 3 2 13 16 3 2 13
5 10 11 8 5 10 11 8
9 6 7 12 9 6 7 12
4 15 14 1 4 15 14 1
 
 gli elementi di caselle disposte secondo diversi altri schemi, come ad esempio i seguenti:
16 3 2 13 16 3 2 13 16 3 2 13 16 3 2 13
5 10 11 8 5 10 11 8 5 10 11 8 5 10 11 8
9 6 7 12 9 6 7 12 9 6 7 12 9 6 7 12
4 15 14 1 4 15 14 1 4 15 14 1 4 15 14 1
 
In questo quadrato inoltre:
 compaiono tutti i numeri naturali da 1 a 16 con disposizione alternata di pari e dispari nelle colonne e righe esterne, ma non in quelle interne e nelle diagonali;
 i numeri 15 e 14 che occupano le due caselle inferiori centrali compongono la data di incisione: 1514, il che dimostra che questo quadrato magico non è stato copiato da una fonte casuale, ma è stato scelto o più probabilmente fabbricato dall’autore volontairamente.
 
Quest’enigmatica composizione è ricca di riferimenti sacri ed esoterici e vi compaiono oggetti strani dal chiaro carattere simbolico, alcuni dei quali fanno riferimento alla matematica: un curioso solido irregolare, una sfera, alcuni strumenti per il disegno geometrico,… Sul loro significato e sul senso di tutta l’opera la discussione è ancora aperta. Quel che è certo è che l’autore conosceva i quadrati magici (anche se non è detto che conoscesse tutte le loro proprietà di quello che raffigurò), aveva una buona competenza scientifica relativa almeno al disegno geometrico e non disdegnava contatti col mondo dell’esoterismo e dei simboli.
 
 
Scheda
I quadrati magici
Enunciati ed argomentazioni seguono le forme di matrice greco-araba oggi accettate internazionalmente e non sempre coerenti con la tradizione culturale cinese.
 
Definizioni:
a) un quadrato magico è una tabella quadrata di numeri naturali che sommati per riga, per colonna o lungo ciascuna delle due diagonali danno sempre lo stesso valore;
b) il numero di elementi di ogni lato della tabella viene detto suo lato;
c) il valore che si ottiene da dette somme si dice costante magica.
 
Il quadrato magico del fiume Luò:
 
4 9 2
3 5 7
8 1 6
 
ha lato 3 e la sua costante magica è 15:
4 + 9 + 2 = 3 + 5 + 7 = 8 + 1 + 6 = 4 + 3 + 8 = 9 + 5 + 1 = 2 + 7 + 6 = 4 + 5 + 6 = 2 + 5 + 8 = 15
 
4 9 2 15
3 5 7 15
8 1 6 15
15 15 15 15 15
 
Teorema:
1) un quadrato magico di lato n contiene n2 numeri; un quadrato magico che contiene h numeri ha lato , che è un numero naturale.
 
Ad esempio il quadrato magico del fiume Luò contiene i 9 numeri da 1 a 9.
 
Definizione:
d) un quadrato magico di lato 1 si dice banale.
 
Teorema:
2) un quadrato magico banale è costituito da un solo numero; esso coincide col valore della sua costante magica.
 
Definizione:
e) un quadrato magico non banale è un quadrato magico che non è banale, cioè che ha lato n >2;
 
Tutti i quadrati magici di cui si parla qui sono non banali per cui questo aggettivo verrà solitamente omesso.
 
Definizione:
f) un quadrato magico normale di lato n è un quadrato magico che riporta tutti i numeri naturali da 1 a n2 in modo che ogni numero vi compaia una sola volta.
 
Quindi quello del fiume Luò è un quadrato magico normale. Eccone invece due non normali:
 
1 0 1 0
3 3 1 0 1 0
3 3 0 1 0 1
0 1 0 1
 
Teoremi:
3) non esistono quadrati magici normali di lato 2; il più piccolo ha dunque lato 3;
4) la costante magica di un quadrato magico normale di lato n vale .
 
Dimostrazione:
la somma di tutti gli elementi del quadrato è la somma di tutti i numeri naturali da 1 ad n2. Un teorema di aritmetica ci assicura che tale somma vale . A noi interessa la somma degli elementi di una sola riga od una sola colonna, che sappiamo essere costante: essa sarà la somma di tutti gli elementi del quadrato diviso il numero delle righe, ossia il lato: . Con qualche passaggio si ottiene: .
Come dovevasi dimostrare.
 
Nel caso del quadrato magico del fiume Luò si ha effettivamente: .
In questo caso si può anche calcolare la costante magica più semplicemente come somma dei 9 elementi divisa per le 3 righe: .
In termini più astratti si può parlare di una funzione tra lati e costanti magiche: .
 
Teorema:
5) dato un quadrato magico, se ne possono ottenere almeno altri 7 con rotazioni e riflessioni.
 
Ecco tutti i quadrati magici che si possono ottenere in tal modo dal quadrato del fiume Luò:
 
4 9 2 8 3 4 6 1 8 2 7 6
3 5 7 1 5 9 7 5 3 9 5 1
8 1 6 6 7 2 2 9 4 4 3 8
4 3 8 2 9 4 6 7 2 8 1 6
9 5 1 7 5 3 1 5 9 3 5 7
2 7 6 6 1 8 8 3 4 4 9 2
 
Teorema:
6) ogni quadrato magico normale di lato 3 è ottenuto dal quadrato magico del Fiume Luò per rotazioni o riflessioni; altrimenti detto: non ci sono altri quadrati magici di ordine 3 se non quelli che si possono ottenere dal quadrato magico del Fiume Luò.
 
Ciò lo rende in qualche modo unico. Si può introdurre nell’insieme dei quadrati magici normali di lato n una relazione di equivalenza, dicendo che due quadrati si equivalgono se si possono ottenere uno dall’altro per rotazioni o riflessioni. In tal modo l’insieme dei quadrati magici nornali di lato n viene suddiviso in classi di equivalenza, cioè insiemi di quadrati equivalenti tra loro. Il teorema 6 dice che l’insieme dei quadrati magici normali di lato 3 contiene una sola classe di equivalenza.
Quelli rappresentati sopra sono quindi tutti i quadrati magici normali di lato 3.
 
Teoremi:
7) dato un quadrato magico (normale o meno), se ne può ottenere un altro sommando ad ogni numero uno stesso numero naturale k;.
8) se k > 0 il quadrato magico così ottenuto non è normale;
9) se il quadrato magico di partenza ha lato n e costante magica M, la costante magica del nuovo quadrato è .
 
Dimostrazione:
dato che tutte le righe, tutte le colonne e le due diagonali hanno somma costante ci si può limitare a considerare una sola riga. Siano dunque a1, a2,…an gli n elementi di una riga di un quadrato magico di lato n e costante magica M. Sommmando a ciascuno in numero k otteniamo la nuova riga a1+k, a2+k,…an+k. Sommando tra loro questi nuovi n elementi si ottiene:
.
Ciò accade per tutte le righe e le colonne così ottenute, quindi il nuovo quadrato è effettivamente un quadrato magico e la sua costante magica è quella indicata nella formula.
Come dovevasi dimostrare.
 
Ad esempio questo quadrato che compare in una decorazione pavimentale a Kubera Kolam in India si può ottenere dal quello del fiume Luò sommando ad ogni elemento il numero 19.
 
23 28 21
22 24 26
27 20 25
 
La sua costante magica è .
 
 
Costruzione di quadrati magici
 
Numero dei quadrati possibili
La ricerca matematica in questo campo è legata all’algebra ed ha ottenuto risultati interessanti. Ad esempio si è dimostrato che, contando una sola volta quelli equivalenti, i quadrati magici normali di lato 1 sono solo 1, 0 di lato 2, 1 di lato 3, ben 880 di lato 4, e addirittura 275.305.224 di lato 5. Per lati maggiori il problema è ancora aperto. Con l’eccezione di 2, esistono quadrati magici normali di ogni lato.
Quelli di lato 1 sono banali e non ci interessano. Non esistono quadrati magici normali di lato 2 e tutti i quadrati magici di questa dimensione riportano lo stesso numero in tutte le caselle. Vediamo ora alcuni metodi per ottenere quadrati magici normali. Essi variano a seconda del lato.
 
Lato 3
Essi sono tutti e soli gli otto indicati sopra, cioè quello del fiume Luò ed i suoi equivalenti. Fingiamo di non saperlo ma ricordiamo che un quadrato magico normale di lato 3 conterrà tutti i numeri naturali da 1 a 32 = 9. La costante magica sarà . Ora ci resta da capire come collocare i numeri nel quadrato di nove caselle.
Per comodità denominiamo gli elementi del quadrato col formalismo in uso per le matrici, cioè intendendo con A13 l’elemento della casella appartenente alla prima riga ed alla terza colonna. Il quadrato diviene dunque:
 
A11 A12 A13
A21 A22 A23
A31 A32 A33
 
Essendo noto il valore di tutte le somme per riga, colonna e diagonale e conoscendo il valore della somma di tutti gli elementi del quadrato potremmo impostare un sistema di nove equazioni in nove incognite e tentare di risolverlo:
con vincoli:
 
Esiste però un metodo più affascinante (Bagni, 1996).
L’elemento della casella centrale A22 compare nelle somme degli elementi delle due diagonali e della riga e della colonna centrali. Se facciamo la somma di tutti questi elementi coinvolgiamo tutte le caselle del quadrato una volta, salvo quella centrale che interviene coinvolta quattro volte:
le quattro somme nelle parentesi a primo membro valgono tutte 15 mentre la somma nella parentesi a secondo membro è la somma di tutti gli elementi del quadrato magico normale di lato 3, cioè di tutti i numeri naturali da 1 a 9: 1+2+3+4+5+6+7+8+9 = 45, per cui l’equazione diviene:
 
da cui: .
Possiamo piazzare il primo numero sicuro:
 
5
 
Per riempire la altre caselle consideriamo che 5 non compare più, quindi la nostra scelta si limita a 1, 2, 3, 4, 6, 7, 8, 9. Inoltre le somme degli elementi che vanno nelle caselle esterne delle due diagonali e della riga e della colonna centrali valgono 10 ( e così analogamente per tutte le altre). Le coppie di numeri disponibili che hanno per somma 10 sono: 1 e 9, 2 e 8, 3 e 7, 4 e 6. proviamo quindi a piazzarle nello schema nelle due caselle estrerne di una diagonale o della riga o della colona centrali. Le scelte che si fanno a questo punto determinano quale degli otto quadrati magici normali di lato 3 possibili si otterrà. Prendiamo la prima coppia: 1 e 9 e proviamo a sistemarla:
 
1 1 1 9 9 9
5 5 5 9 5 1 5 5 5 1 5 9
9 9 9 1 1 1
 
In realtà la casistica si riconduce a soli due casi, quello del primo quadrato (con 1 e 9 nella diagonale) e quello del secondo (con 1 e 9 in una riga o colonna centrale); negli altri tutto è analogo.
Nel caso della diagonale, però, incontreremmo insormontabili difficoltà a completare le righe e le colonne con le coppie di numeri disponibili: 2 e 8, 3 e 7, 4 e 6. Infatti per ottenere 15 da 1 possiamo sommarlo, oltre che a 5 e 9, solo ad 8 e 6, che possono essere inseriti in due modi e poi per ognuno anche per l’ultima coppia abbiamo due scelte:
 
1 6 8 1 6 8 1 1 8 6 1 8 6
7 5 3 ← 5 ← 5 → 5 → 3 5 7
2 4 9 2 4 9 9 4 2 9 4 2 9
↓ ↓
1 6 8 1 8 6
3 5 7 7 5 3
2 4 9 4 2 9
 
Tutte, però, portano ad almeno una colonna la cui somma non è 15. Ecco che resta da praticare solo l’opzione con 1 e 9 in una riga o colonna centrali. Qui i completamenti sono più semplici e portano a quadrati non magici solo in due casi:
 
 
 
8 1 6 8 1 6 1 6 1 8 6 1 8
3 5 7 ← 5 ← 5 → 5 → 3 5 7
4 9 2 4 9 2 9 2 9 4 2 9 4
↓ ↓
8 1 6 6 1 8
7 5 3 7 5 3
4 9 2 2 9 4
 
Ruotando i quadrati così ottenuti o considerando i loro simmetrici rispetto alle righe od alle colonne centrali si ottengono altri quadrati magici.
 
Lato dispari in generale
Cerchiamo ora di generalizzare ad un lato naturale dispari qualsiasi. Intanto sappiamo calcolare la costante magica . Valgono poi i seguenti due:
Teoremi:
10) l’elemento centrale di un quadrato magico normale di lato n naturale dispari è uguale al numero centrale della successione dei numeri naturali da 1 ad n2, cioè ;
11) 1 ed n2 compaiono sempre in caselle esterne simmetriche rispetto alla casella centrale.
 
Nel quadrato del fiume Luò ad esempio si ha al centro ed 1 e 9 sono agli antipodi nella colonna centrale.
 
 
Lato dispari – metodo siamese
Questo metodo si chiama così perché venne importato in Europa dal regno del Siam alla fine del XVI secolo da un diplomatico.
Algoritimcamente si può rendere così:
I) metti 1 nella casella centrale della prima riga;
II) se hai piazzato il numero t in una casella, piazza il numero t+1 nella casella che trovi spostandoti in diagonale in alto a destra;
III) se una mossa ti porta fuori, vai alla casella della stessa riga o colonna dal lato opposto come se sbucassi dall’altra parte;
IV) se muovendo da una casella andresti su di una casella piena, torna indietro e scendi di una casella.
 
Esempio di lato 3:
 
2 ↓
1 1 ↓ 1 1 1 1
↓ ← ← 3 3 3 3 5
2 2 4 2 4 2
Regola III Regola IV
 
7 9
1 6 1 6 8 8 1 6 8 1 6
3 5 3 5 7 3 5 7 3 5 7
4 2 4 2 4 2 4 9 2
↑ Regola IV Regola III Regola III
Regola III
 
 
Esempio di lato 5:
 
2
1 1 1
5
4 4
3 3
2 2
9
1 8 1 8 1 8
5 7 5 7 5 7
4 6 4 6 4 6
3 3 10 10 3
2 2 9 2 9
 
 
16 18
1 8 15 1 8 15 17 17 1 8 15
5 7 14 5 7 14 16 5 7 14 16
4 6 13 4 6 13 4 6 13
10 12 3 10 12 3 10 12 3
11 2 9 11 2 9 11 2 9
25
17 1 8 15 17 1 8 15 17 24 1 8 15
5 7 14 16 5 7 14 16 23 23 5 7 14 16
4 6 13 20 4 6 13 20 22 4 6 13 20 22
10 12 19 3 10 12 19 21 3 10 12 19 21 3
11 18 2 9 11 18 2 9 11 18 2 9
 
17 24 1 8 15
23 5 7 14 16
4 6 13 20 22
10 12 19 21 3
11 18 25 2 9
 
 
Lato pari multiplo di 4
È possibile costruire quadrati magici di ogni lato maggiore di 2, ma nel caso di lati genericamente pari gli algoritmi costruttivi si fanno un po’ complessi.
L’eccezione è costituita dal lato 4 e da suoi multipli, per cui esiste un metodo semplicissimo. Con esso si ottengono quadrati in cui 1 è in una casella angolare ed n2 è in quella angolare opposta rispetto all’origine:
 
I) metti 1 nella casella angolare in alto a destra;
II) da lì conta le caselle in ordine da sinistra a destra ed andando a capo alla fine della riga e metti nelle caselle delle diagonali il numero corrispondente al conteggio;
III) riparti a contare le caselle da quella angolare in alta a sinistra, ma conta al contrario da n2 e scrivi i numeri corrispondenti nelle caselle ancora vuote.
 
Esempio di lato 4:
 
1 2 3 4 1 15 14 4 16 15 14 13
5 6 7 8 → 12 6 7 9 ← 12 11 10 9
9 10 11 12 8 10 11 5 8 7 6 5
13 14 15 16 13 3 2 16 4 3 2 1
 
Esempio di lato 8:
 
1 2 3 4 5 6 7 8 64 63 62 61 60 59 58 57
9 10 11 12 13 14 15 16 56 55 54 53 52 51 50 49
17 18 19 20 21 22 23 24 48 47 46 45 44 43 42 41
25 26 27 28 29 30 31 32 40 39 38 37 36 35 34 33
33 34 35 36 37 38 39 40 32 31 30 29 28 27 26 25
41 42 43 44 45 46 47 48 24 23 22 21 20 19 18 17
49 50 51 52 53 54 55 56 16 15 14 13 12 11 10 9
57 58 59 60 61 62 63 64 ↓ 8 7 6 5 4 3 2 1
 
1 63 62 61 60 59 58 8
56 10 54 53 52 51 15 49
48 47 19 45 44 22 42 41
40 39 38 28 29 35 34 33
32 31 30 36 37 27 26 25
24 23 43 21 20 46 18 17
16 50 14 13 12 11 55 9
57 7 6 5 4 3 2 64
 
Se si parte da una delle altre caselle angolari si ottiene ancora un quadrato magico regolare se si modificano coerentemente i sensi di marcia. Per esempio partiamo dalla casella in altro a destra e da essa andiamo da sinistra a destra nei due conteggi.
 
4 3 2 1 4 14 15 1 13 14 15 16
8 7 6 5 → 9 7 6 12 ← 9 10 11 12
12 11 10 9 5 11 10 8 5 6 7 8
16 15 14 13 16 2 3 13 1 2 3 4
 
Se invece partiamo sempre dalla casella in alto a destra e ci limitiamo a cambiare il senso di conteggio si ottiene un quadrato equivalente. Per esempio procediamo dall’altro in basso e dalla prima colonna all’ultima:
 
1 5 9 13 1 12 8 13 16 12 8 4
2 6 10 14 → 15 6 10 3 ← 15 11 7 3
3 7 11 15 14 7 11 2 14 10 6 2
4 8 12 16 4 9 5 16 13 9 5 1
 
Questo è simmetrico del primo di questo paragrafo rispetto alla diagonale principale:
 
1 15 14 4 1 12 8 13
12 6 7 9 15 6 10 3
8 10 11 5 14 7 11 2
13 3 2 16 4 9 5 16
 
Gli è dunque equivalente. Un altro quadrato magico normale di lato 4 interessante si ottiene contraddicendo le due regole fondamentali dell’algoritmo proposto, cioè partendo dalla casella angolare in basso a destra e spostandosi da destra a sinistra e dal basso in alto:
 
16 15 14 13 16 2 3 13 1 2 3 4
12 11 10 9 → 5 11 10 8 ← 5 6 7 8
8 7 6 5 9 7 6 12 9 10 11 12
4 3 2 1 13 14 15 1 13 14 15 16
 
È quello scelto da Dürer per la sua incisione Melancolia I
 
 
 
3.2 Opere, personaggi e risultati notevoli della produzione matematica cinese
 
 
3.2.1 Un filone particolare
Nel corso della sua lunghissima storia la cultura cinese ha sviluppato notevoli conoscenze e pratiche matematiche soprattutto in campo algebrico tra fasi diverse di apice e declino. Si tratta, almeno secondo le fonti storiografiche di origine europea, di una tradizione sostanzialmente autonoma dal filone greco-arabo col quale ha intrattenuto pochissimi scambi indiretti sino all’epoca dell'espansione coloniale del XIX secolo. Tra le cause di tale isolamento si possono ipotizzare due fattori: la situazione geografica del Paese, circondato da aree desertiche, montagne e mari; ed una visione assai alta ed esclusiva della propria identità culturale assai radicata nel popolo cinese da tempi molto antichi. Questa concezione è testimoniata anche dal nome tradizionale della Cina, 中国 (Zhōngguó), che significa Paese di mezzo, anche nel senso di Centro del mondo. Non si tratta di orgoglio nazionalista (che peraltro di tanto in tanto si è affacciato anche nella storia cinese) ma di un'idea generale del ruolo dell’uomo nel mondo che vede la Cina come teatro degli avvenimenti importanti per l’umanità.
Tendenze all’isolamento o addirittura alla diffidenza verso le innovazioni venute dall’estero si possono riscontrare in modo ricorrente nella storia cinese. D’altra parte anche quando il Paese venne conquistato da parte di popolazioni diverse, la cultura cinese seppe sempre prevalere, infine, su quella dei vincitori e trasformarli. Anche oggi la maggior parte dei Cinesi va assai fiera della sua cultura.
Naturalmente la circolazione internazionale dei saperi arricchì, attraverso mediazioni culturali complesse, anche la produzione matematica cinese soprattutto suggerendo temi nuovi e campi di ricerca, ma i suoi autori vi dettero impostazioni e contributi originali.
Il calcolo è uno degli interessi principali di questa tradizione. Altri risultati notevoli riguardano i sistemi di rappresentazione dei numeri (alcuni in base 10 ed in grado di rappresentare agilmente numeri molto alti), gli interi negativi, le frazioni (con una ricca lista di regole per il calcolo algebrico), i decimali, diversi teoremi di algebra, geometria ed addirittura analisi. Molti teoremi che siamo soliti associare ai nomi della tradizione greco-araba hanno avuto uno scopritore cinese talora in epoche storiche precedenti. È il caso, ad esempio, del Teorema di Pitagora sul triangolo rettangolo o del Triangolo di Tartaglia-Pascal, che dovrebbe essere ribattezzato premettendo il nome di Yáng Huī (杨辉) a quello dei due scienziati europei.
Uno dei temi ricorrenti della ricerca matematica cinese classica fu quello della stima di π (che naturalmente non era chiamato così). In questo i matematici cinesi superarono in precisione anche Archimede e tutti i loro colleghi greci. Questa tabella illustra alcuni passaggi storici di questa ricerca:
 
Opera od autore Epoca Valore Metodo o fonte
Tradizione precedente i Nove capitoli dell'arte matematica (九章算术) Sino al I secolo p.E.v.
tradizione
Liú Xīn (刘歆) 46 p.E.v. – 23 E.v.
ignoto
Zhāng Héng (张衡) 78 – 139
calcoli astronomici
rapporti tra aree e volumi
Liú Huī (刘徽) III secolo 3,141024 < π < 3,142074 poligono inscritto di 192 lati
calcoli sul precedente
poligono inscritto di 3.072 lati
Zǔ Chōngzhī
(祖冲之) 429 – 500
mì lǜ (密率, appr. precisa) e yue lǜ (約率, appr. grossolana)
3,1415926 < π < 3,1415927 poligono inscritto di 12.288 lati
 
 
3.2.2 Rapporti e confronto con la matematica greca
La differenza fondamentale rispetto alla matematica greca risiede nell’assenza dell’impostazione ipotetico-deduttiva e dell’altissimo livello di astrazione richiesto da quest’ultima: la ricerca cinese fu storicamente volta alla ricerca di soluzioni vieppiù generali di problemi che potevano avere origine da contesti pratici, dalla riflessione teorica od addirittura da arguti passatempi degli intellettuali. Le dimostrazioni, che tanto appassionavano i Greci, qui hanno un ruolo marginale e forme assai particolari.
Un’altra differenza notevole è che la matematica greca classica ed ellenistica ha un forte legame con la logica e la filosofia, cosa che influenzò tutto lo sviluppo successivo delle scienze in Europa, nel Medio Oriente e nel Nordafrica, e solo dal XV secolo E.v. si rivolse alla fisica e alle altre scienze, mentre invece la matematica cinese fin dalle primissime fasi fu legata all’astronomia per risolvere i problemi dell’esatta determinazione dello scorrere del tempo e delle posizioni dei corpi celesti. Non era solo una questione di predizioni astrologiche perché il cielo ed il calendario erano simbolicamente connessi con questioni politiche nella concezione del Mandato del cielo (天命 Tiānmìng): i corpi celesti potevano confermare la legittimità dei regnanti o segnalare il disappunto delle divinità per la loro condotta e richiedere la loro sostituzione, quindi era fondamentale avere strumenti raffinati di osservazione ed interpretazione. Questo sistema in qualche caso ebbe ragione dei meccanismi di avvicendamento dinastico e della selezione dei gruppi dirigenti basata sulla nobiltà di nascita permettendo l’accesso al potere anche a funzionari di origini diverse.
Analogamente a gran parte degli scienziati greci e rinascimentali i matematici cinesi furono per la maggior parte intellettuali a tutto campo, capaci di interessarsi interdisciplinarmente di moltissimi soggetti e di spaziare in campi molto diversi arricchendo i loro studi di interessanti collegamenti. Essendo notabili e uomini di cultura di un grande impero burocratico furono membri eccellenti dell’amministrazione statale. Così come molti dei grandi matematici greci, arabi ed europei furono anche filosofi, molti dei loro colleghi cinesi furono piuttosto astronomi. La parola chóurén (畴人) indicava infatti sia il matematico che l’astronomo.
 
3.2.3 Difficoltà di datazione ed attribuzione
Gran parte delle fonti scritte in cui la tradizione matematica cinese è stata codificata e trasmessa sono produzioni collettive cui talora ha lavorato tutta una scuola per secoli (Bagni, 1996). È dunque complesso attribuire paternità precise e datazioni certe, specialmente per quel che riguarda le fonti più antiche. A complicare le cose, nel 213 p.E.v., nel corso di una campagna di repressione imperiale contro gli intellettuali non allineati, vennero bruciate tutte le opere scritte sino a quel momento, con minacce di pene terribili per chi ne nascondeva qualcuna, e furono seppelliti vivi i più importanti filosofi di scuola confuciana. La connessione tra la diffusione della cultura e la saldezza del potere politico è sempre stata nota ai dirigenti della Cina. Si salvarono dai roghi poche copie clandestine e forme di tradizione mnemonica.
Le fonti salvate e gli accenni in quelle posteriori documentano un certo sviluppo di conoscenze matematiche fin dal XI secolo prima dell’Era Volgare. Il classico filosofico Yì Jìng (易經), meglio noto in Italia con la grafia I Ching, riporta, ad esempio, combinazioni di segni che compongono esagrammi dal significato esoterico rette da regole combinatorie di sapore algebrico La tradizione ascrive questo testo al XXIX secolo p.E.v. ma gli storici propendono per una datazione tra il X ed il III.
 
3.2.4 Note sui calcoli (算數書 Suàn shùshū)
Questo testo anonimo è il più antico scritto matematico cinese pervenutoci. La datazione è incerta. L’esemplare ritrovato sembra esser stato compilato nel III secolo prima dell’Era Volgare. È scritto con inchiostro su circa 200 aste di bambù legate insieme. Oltre a soggetti matematici tratta di leggi, sentenze ed arti terapeutiche. Vi compaiono 69 problemi esposti da due personaggi. Ogni problema consiste in una domanda, una risposta ed un metodo generale.
Aritmetica elementare, frazioni, proporzionalità inversa, scomposizione di numeri in fattori, progressioni geometriche applicate anche al calcolo di interessi, equivalenze, metodo della falsa posizione applicato alla ricerca di radici di polinomi e l’estrazione di radici quadrate, calcolo di volumi di diversi solidi, relazioni tra le dimensioni di un quadrato e del cerchio inscritto, ricerca dell’altezza di un rettangolo di area e base nota. La costante π è sempre approssimata come π = 3.
 
Scheda
Il metodo della falsa posizione
(Bagni, 1996)
 
Questo metodo è particolarmente utile per risolvere equazioni che presentano difficoltà di calcolo come ad esempio coefficienti frazionari o potenze.
Data l’equazione di primo grado: , si ponga: x = 5. Certamente questo valore non soddisfa l’equazione perché: , ma almeno la frazione è divenuta apparente ed i conti ora sono semplici. La somma ha dato 6 che è un sottomultiplo di . Allora moltiplicando la falsa soluzione 5 per 8 otterremo la soluzione corretta: . Infatti: .
Il metodo è stato conveniente perché ha eliminato la frazione senza comportare divisioni complicate.
 
Un altro esempio. Nel sistema: si ponga: x = 4 e y = 3. questi valori verificano la seconda equazione ma non la prima: . Però 25 = 52 e 100 = 102. Tra i due numeri c’è quindi una relazione: . Allora moltiplicando le due false soluzioni scelte prima per 2 si ottiene: e che sono effettivamente le soluzioni. Infatti: .
Questo metodo risolutivo compare in fonti egizie dal XX secolo p.E.v. da cui sono tratti questi esempi ed è stato insegnato anche nelle scuole europee sino al XIX secolo dell’Era volgare.
 
 
3.2.5 Il Classico aritmetico dello gnomone e delle orbite circolari del cielo (周髀算经 Zhōu bì suànjìng)
Fu probabilmente compilato nel III secolo p.E.v. raccogliendo materiali diversi, i più antichi dei quali risalgono al XII od al XIII (Bagni, 1996). È un’opera in forma di dialogo tra un principe ed il suo ministro a proposito del calendario. Secondo il ministro l’arte dei numeri deriva dal cerchio, oggetto riferito al cielo, e dal quadrato che invece è legato alla terra (Boyer, 1980). Anche quest’opera è organizzata in 246 problemi i quali vengono trattati sia nella fattispecie dei dati offerti, sia evidenziando le operazioni necessarie in senso astratto. Si tratta prevalentemente di calcoli astronomici, con un’introduzione sulle proprietà del triangolo rettangolo e sul calcolo con le frazioni. Vi compare una delle più antiche trattazioni del Teorema di Pitagora sul triangolo rettangolo chiamato Regola dell’altezza (商高定理 Shānggāo dìnglǐ) probabilmente riferendosi ad uno dei cateti. La figura qui a lato, tratta da un’edizione tarda, ne mostra un procedimento di dimostrazione.
Nel testo si tratta anche della rappresentazione in prospettiva, con metodi geometrici per determinare le dimensioni delle ombre. La matematica che se ne delinea è di origine fondamentalmente geometrica, legata a problemi di agrimensura come in tutte le civiltà potamiche (Egitto, Mesopotamia,…). Ma tale geometria ha un carattere decisamente aritmetico ed algebrico. Algebricamente sono trattati, ad esempio, i problemi sul triangolo rettangolo ed è sempre presente il richiamo a possibilità di generalizzazione e di applicazione a casi diversi da quelli presentati.
 
Scheda
Il Teorema di Pitagora sul triangolo rettangolo nella cultura matematica cinese
 
La letteratura classica riporta per il triangolo rettangolo il nome 勾股形 (gōugǔxíng), ossia letteralmente “forma con cateto corto e coscia”. La “coscia” (股 gǔ) è il cateto maggiore, mentre per il minore si usa il termine tecnico 勾 (gōu) legato all’idea di segmento o lato. L’ipotenusa è indicata con 弦 (xián), “corda”, usato anche per designare la corda dell’arco o del violino. Il teorema è chiamato anche oggi Regola dell’altezza (商高定理 Shānggāo dìnglǐ) intendendo che uno dei cateti è anche altezza.
La prima occorrenza documentata è nel Classico aritmetico dello gnomone e delle orbite circolari del cielo (周髀算经 Zhōu bì suànjìng), nelle edizioni più tarde del quale compaiono figure che suggeriscono un procedimento di dimostrazione che possiamo interpretare con simboli e linguaggio contemporaneo come segue:
1) il triangolo rettangolo di cateti a e b viene inserito in un quadrato come nella figura seguente, rielaborazione di quella originale; la costruzione, ragionando più “alla greca” che “alla cinese”, si può ottenere con riga e compasso mandando le rette opportune (perpendicolari o parallele) per i vertici; nella figura la quadrettatura serve solo d’aiuto alla lettura e si riferisce ad un caso particolare;
 
 
2) il quadrato esterno ha quindi lato ed area ;
3) i quattro triangoli più esterni (evidenziati in grigio) hanno tutti area , dunque insieme coprono una superficie pari a: ;
4) il quadrato interno (quello rimasto chiaro che ha i vertici sui lati del quadrato esterno) ha per area la differenza delle due calcolate: ; il suo lato è quindi ;
5) questa è anche l’ipotenusa del triangolo rettangolo di partenza, che quindi ha lati a, b e .
 
Nei Nove capitoli dell’arte matematica (九章算术 Jiǔzhāng suànshù), un classico più tardo, lo si applica nei seguenti tre problemi:
1. Se il cateto minore è 3 chǐ (尺, 1 chǐ vale circa 33 cm) e quello maggiore 4 chǐ, quant’è l’ipotenusa? Risposta: 5 chǐ.
2. Se l’ipotenusa è 5 chǐ e il cateto minore 3 chǐ quant’è il cateto maggiore? Risposta 4 chǐ.
3. Se il cateto maggiore è 4 chǐ e l’ipotenusa 5 chǐ, quant’è il cateto minore? Risposta: 3 chǐ.
 
Il testo illustra poi il metodo generale:
“Moltiplica i cateti per loro stessi, sommali e poi estraine la radice quadrata: ecco l’ipotenusa. Ovvero moltiplica il cateto maggiore per se stesso e sottrai il risultato dal prodotto dell’ipotenusa per se stessa; estrai poi la radice quadrata della differenza: ecco il cateto minore. Ovvero moltiplica il cateto minore per se stesso; estrai poi la radice quadrata della differenza: ecco il cateto maggiore.
 
Nel terzo secolo E.v. Liú Huī (刘徽) spiegò che questo metodo funziona perché i due quadrati costruiti sui cateti possono essere traslati, scomposti e ricomposti in modo da costituire un triangolo eguale a quello costruito sull’ipotenusa. Nella sua trattazione l’autore usa toni assai poetici e riferimenti filosofici, richiamando un concetto di equilibrio stabile che con tali eguaglianze sarebbe rispettato. Ecco qui un esempio di meta-regola (Spagnolo, D’Eredità, 2009), (Spagnolo, Ajello, 2008), ossia di schema di ragionamento stabile che funge da principio di validità generale e giustificazione di procedimenti in diversi ambiti. La chiarezza dell’algoritmo seguito e la possibilità di ricondurlo a questi principi sono, in questa impostazione, una strategia di giustificazione teorica. Algoritmi affidabili assumono in questa visione della matematica il ruolo cardinale dei postulati nell’impostazione euclidea.
Liú Huī si riferiva inoltre a schemi e figure che non ci sono arrivate che dovevano illustrare i metodi per scomporre e ricomporre i quadrati. La geometria cinese, in special modo quella dell’epoca di Liú Huī, preferisce i confronti tra aree, i procedimenti di scomposizione e le traslazioni laddove il filone euclideo predilige le costruzioni con riga e compasso ed il riconoscimento di congruenze tra figure.
 
 
 
3.2.6 La Scuola Moista (墨家 Mòjiā)
Quella dei seguaci di del Maestro Mò (墨子 Mòzǐ, latinizzato in Micius, 470 – 391 p.E.v.) fu una delle scuole di pensiero più importanti delle Epoca degli Stati Combattenti (dall’VIII al III secolo p.E.v.), dopo di che fu soppressa con l’unificazione della Cina da parte dei Qín (秦朝, quelli che fecero sparire libri e filosofi) che temevano la sua forza come organizzazione politica e movimento d’opinione. Essa era radicata in tutti i maggiori regni in cui era frazionata la Cina in quel periodo ed aveva un’ampia diffusione sociale.
Il suo credo fondamentale era quello dell’amore universale e dell’eguaglianza tra gli uomini, contrapposto al senso di appartenenza clanica ed al bellicismo dei signorotti di quei tempi. Vi aveva un ruolo importante anche una visione epistemologica fondamentalmente empirista per cui le percezioni avevano maggior valore delle astrazioni e delle costruzioni logiche. Una conseguenza in campo morale era il rifiuto della tradizione come guida della condotta personale, che doveva essere ricercata in una riflessione di tipo utilitaristico ma non egoistico simile all’analisi costi – benefici e tesa al benessere generale. Ad esempio lo Stato andava rispettato perché è uno strumento utile, in quanto la vita aggregata ed organizzata è migliore di quella selvaggia retta dalla guerra tra individui e tra gruppi.
Le convinzioni moiste furono tramandate nel canone filosofico Mò Jìng (墨经) redatto intorno al 330 p.E.v. dai seguaci del maestro in cui si parla, oltre che delle istanze fondamentali della sua filosofia, di arte del governo, tecniche agricole, leggi e di molte altre cose.
La geometria e la fisica moista si basavano sulla definizione di punto come pallino microscopico indivisibile (un po’ come per i Pitagorici o gli Atomisti greci) per cui un segmento sarebbe una specie di collanina di punti. Nelle fonti vengono enunciate proposizioni simili a quelle euclidee sui segmenti e sulle rette, in particolare sulle lunghezze di segmenti e sul parallelismo, sullo spazio e sui piani paralleli o meno. Nel Canone ci sono definizioni di geometria piana (circonferenza, diametro, raggio) e solida e diverse proposizioni di ottica e meccanica. Si dice tra l’altro che il moto cessa se c’è opposizione tra forze, altrimenti continua sempre.
Secondo i Moisti un’opinione era corretta se basata sull’analisi storica, sull’esperienza comune, sull’utilità politica o legale. Si sa che essi avevano sviluppato una forma di logica, probabilmente assai diversa da quella aristotelica, per risolvere problemi linguistici e di interpretazione. Dopo un primo florido sviluppo i loro risultati non vennero apprezzati dalla ricerca successiva ed andarono perlopiù perduti.
 
3.2.7 La Scuola Logica dei Nomi (名家 Míngjiā)
Scaturita forse dal movimento moista, presenta diverse affinità con il Sofismo greco. I suoi interessi principali sono quelli dei paradossi logici, dei rapporti tra linguaggio e pensiero e delle relazioni tra simbolo e significato (appunto i “nomi”), in un percorso che la portò all’analisi della possibilità di affermare e negare qualsiasi cosa (Fontana, 2006). Come i Sofisti greci, anche i membri di questa scuola coltivarono la retorica e l’attività forense, anche se le fonti insistono più sulle produzioni di tipo prettamente scientifico.
Nonostante il buon livello delle sue elaborazioni ed un iniziale successo, rappresenta un filone di studi che fu successivamente poco frequentato dagli studiosi cinesi. Nella Cina storica non si sviluppò mai un interesse teorico che portasse all’elaborazione di una teoria logica sistematica paragonabile a quelle di origine greca od europea medievale (Fontana, 2006).
I maggiori esponenti di questa scuola sono il Maestro Huì (惠子 Huìzǐ detto anche Hui Shi 惠施) e Gōngsūn Lóng (公孙龙, 325 – 250 p.E.v.). Entrambi nacquero alla fine del nel IV secolo. Il primo, uomo politico, legislatore, retore e scienziato, scrisse dieci paradossi sullo spazio e sul tempo che ci sono arrivati solo per via indiretta. Alcuni di essi hanno una specifica attinenza matematica riguardando l’infinità e l’illimitatezza di oggetti di pensiero, altri si riferiscono più propriamente ai rapporti tra nomi ed oggetti designati od alle relazioni tra linguaggio e metalinguaggio. Lo spazio ed il tempo, concepiti come infiniti ed illimitati, pare rivestissero un’importanza fondamentale nel pensiero di Huìzǐ che con i suoi paradossi avrebbe tentato di demolire la possibilità di misura quantitativa e distinzione spaziale. Illusorie erano, per lui, anche le distinzioni di tempo e le differenze tra oggetti individuali, che sfumano in un’unità atemporale del tutto. L’assonanza con i metodi ed i concetti degli Eleati Parmenide e Zenone è stupefacente.
Del secondo esponente, un po’ più giovane del precedente, rimangono solo poche opere raccolte nel libro Il maestro Gōngsūn Lóng (公孫龍子 Gōngsūn Lóngzǐ ) nel quale ci sono altri paradossi. Il più noto fa parte del Báimǎ Lùn (白馬論 Dialogo del cavallo bianco) e recita: “Un cavallo bianco non è un cavallo.” Esso si basa sulle ambiguità della lingua cinese, che non presenta le variazioni e le concordanze tra i termini obbligatorie nelle lingue indoeuropee e sulla difficoltà di attribuire in modo semanticamente preciso il predicato “non essere” (非). Forse il sofista fa ricorso implicitamente ad un metalinguaggio sostenendo correttamente, in termini moderni, che l’insieme dei cavalli bianchi non coincide con l’insieme dei cavalli (“un cavallo bianco non è la stessa cosa che un cavallo”), mentre apparentemente la questione è sulla natura degli elementi di tali insiemi, come suggerirebbe l’enunciato originario. Un altro paradosso sembra anticiparne alcuni che verranno scoperti in Europa solo alla fine del XIX secolo durante la costruzione della Teoria degli insiemi: “Quando non si trova altro che ciò che si è indicato, allora non si è indicato nulla. Infatti si è indicato qualcosa che non è nel mondo, ma il mondo ha in sé tutte le cose. È inammissibile che ciò che il mondo ha in sé sia considerato come ciò che non ha in sé.”
L’abbandono successivo degli studi logici ha forse origine nelle citate caratteristiche della lingua cinese che, oltre a non avere flessioni o concordanze non distingue tra sostantivi, aggettivi, verbi e le altre diverse parti logiche della frase .
 
Scheda
Alcuni paradossi di Huìzǐ (惠子)
(Fontana, 2006)
 
I) “Il massimo non ha nulla oltre se stesso ed è chiamato Il Grande; il minimo non ha nulla entro se stesso ed è chiamato Il Piccolo” (Kia-hwai, 1992).
Questo non ha la forma di un paradosso ma sembra piuttosto una comune proposizione. L’effetto paradossale si ha se si considera che massimo e minimo sono nomi, concetti astratti che non possono essere riferiti a nulla di concreto, perché ogni cosa è solo relativamente grande o piccola. La difficoltà linguistica inestricabile è qui nella semantica: “tutti gli esseri del mondo sono egualmente grandi se si mette in evidenza la loro grandezza, od egualmente piccoli se si mette in evidenza la loro piccolezza. (…) Chi capisce che il cielo e la terra sono eguali ad un granello di miglio e che la punta di un pelo è eguale ad una collina o ad una montagna, ebbene costui capirà il modo di calcolare le differenze” (Kia-hwai, 1992).
 
II) “Ciò che non ha spessore non può essere accumulato, eppure è così grande che può coprire mille miglia.”
Ad esempio un piano non ha spessore, è illimitato ed infinito, ma non è solido e dunque non può essere “accumulato” (Fontana, 2006).
 
III) “Il cielo è basso quanto la terra; le montagne sono alle stesso livello delle paludi.”
Alto e basso sono infatti concetti relativi. Un’altra interpretazione pone la relatività sul legame tra cose e nomi: “cielo” potrebbe anche essere attribuito alla terra e viceversa.
 
IV) “Il Sud non ha limite, eppure è limitato.”
Limitato ed illimitato sono concetti relativi: considerato in senso assoluto un punto cardinale non ha limite, ma in rapporto agli altri punti cardinali sì.
 
V) “Parto oggi per lo stato di Yuè (越) e vi arrivai ieri.”
Nel caso che il soggetto sia giunto da Yuè per dove era passato ieri e si accinga a tornarvi non c’è alcun paradosso. Escludendo questa possibilità rimane solo da pensare alla relatività dei riferimenti temporali: quel giorno che oggi chiamiamo ”oggi” domani lo chiameremo “ieri”, quello che chiamiamo “domani” lo chiameremo “oggi”, e via discorrendo…
 
VI) “Nonostante la sua velocità, in certi momenti una freccia in volo non si sposta ed in altri non è ferma.”
Il movimento è relativo non solo rispetto al punto di vista dell’osservatore ma anche alla lunghezza degli intervalli spaziali e temporali che questi prende in considerazione: istante per istante la freccia è ferma.
 
VII) “Accorciando ogni giorno della metà un bastone lungo un piede, esso non si esaurirà in diecimila generazioni.”
Il bastone non si esaurirà mai per la continuità della materia. Il numero diecimila è spesso usato nella prosa antica per indicare un numero assai alto, esattamente come per la miriade nella tradizione greca. Anche nel sistema di numerazione più diffuso in Cina il puntino per facilitare la lettura dei numeri grandi, che noi mettiamo ogni tre ordini, si mette ogni quattro (si scrive 1.0000 mentre noi scriviamo 10.000).
 
 
 
3.2.8 I nove capitoli dell’arte matematica (九章算术 Jiǔzhāng suànshù)
Anonimo compilato probabilmente all’inizio del I secolo p.E.v. raccoglie materiali di diverse generazioni di studiosi dal X al II secolo. Contiene 246 problemi di agrimensura, agricoltura, economia, ingegneria, tassazione, calcolo algebrico, risoluzione di equazioni e proprietà dei triangoli rettangoli (Boyer, 1980). In particolare si esaminano, nell’ordine, problemi su aree di campi rettangolari e di varie forme; calcolo con frazioni; equivalenze tra beni economici di diversa natura (cereali) per il commercio; regole di attribuzione di prezzi; distribuzioni e suddivisioni proporzionali di beni e di monete; ricerca di profondità; divisioni di tipo generale; estrazioni di radici quadrate e cubiche; dimensioni, aree e volumi di cerchio e sfera; problemi legati alle professioni; volumi di solidi; tassazioni; proporzioni; problemi lineari risolti con il metodo della falsa posizione, problemi con diverse incognite risolte con un metodo simile all’Eliminazione Gaussiana; problemi sul triangolo rettangolo risolti col Teorema di Pitagora.
La forma è quella della lista di problemi specifici seguiti dalle rispettive soluzioni e dalle spiegazioni generali. Vi compare una trattazione del Teorema di Pitagora. Si usano regole corrette per il calcolo delle aree di triangoli, rettangoli e trapezi (Boyer, 1980). L’area del cerchio è invece calcolata come con d diametro, ovvero come con C circonferenza: queste regole sono esatte se si approssima π = 3. L’approssimazione di questa costante irrazionale migliorò sensibilmente nel giro di sette secoli. Per l’area del segmento di cerchio si propone la formula grossolana con s sagitta (differenza tra raggio ed apotema) e c corda base del segmento.
Per quel che riguarda i contenuti ed i procedimenti algebrici si nota un largo uso delle regola del tre.
 
 
Scheda
La regola del tre
Questo è il nome tradizionale in Europa di un teorema algebrico che asserisce che dati tre numeri interi a, b, c, con l’equazione: nell’incognita x può essere risolta nell’insieme dei numeri razionali come .
Nel linguaggio delle proporzioni, molto apprezzato nella scuola secondaria di primo grado (già media inferiore) italiana, l’equazione iniziale può essere scritta come: a : b = c : x nella quale a ed x sono detti estremi mentre b e c sono detti medi. La regola del tre può essere derivata da un altro teorema (regola aurea) che dice che in tale situazione il prodotto dei medi è uguale al prodotto degli estremi.
Questo procedimento risolutivo compare nella letteratura indiana vedica del VI secolo p.E.v. ma è attestato in quella cinese solo dal II. Comparve in Europa solo molto più tardi, agli albori del Rinascimento. Trova grandi applicazioni in campo fisico ed economico.
 
 
Nell’ottavo capitolo si risolvono sistemi di equazioni lineari facendo uso di numeri positivi e negativi. Uno presenta quattro equazioni a cinque incognite ed è dunque indeterminato. Il sistema lineare viene presentato in una forma di matrice dei coefficienti rigirata simile ad un quadrato magico, su cui poi si opera in colonna con le operazioni del procedimento di Eliminazione Gaussiana che comparirà in Europa solo alla fine del XVIII secolo dell’era volgare:
 
1 2 3 0 0 3
2 3 2 → 0 5 2
3 1 1 36 1 1
26 34 39 99 24 39
 
da cui si procede ponendo in forma moderna: da cui .
 
In tutta l’opera si tende a rappresentare i numeri mediante potenze di dieci o frazioni decimali: ad esempio per facilitare l’estrazione di radici quadrate e cubiche si ricorre ai passaggi: e per semplificare i calcoli.
Questo libro ebbe influenza enorme sullo sviluppo della matematica in Cina, Corea e Giappone, definendo la forma dei trattati scientifici sin quasi al XIX secolo in quelle aree. Ad esso è inoltre legato il primo esempio di critica epistemologica nella cultura cinese: nel 263 il matematico Liú Huī (刘徽) ne scrisse un commento in cui fornì soluzioni nuove ai problemi proposti, analizzò le procedure spiegandole e dandone giustificazioni logiche.
 
 
Scheda
Due problemi dai Nove capitoli dell’arte matematica (九章算术 Jiǔzhāng suànshù)
(Boyer, 1980)
Enunciati e soluzioni in forma moderna.
 
I) Quanto è profonda una pozza d’acqua di 10 m2 nel cui centro cresce una canna di bambù che emerge per 30 cm e che tirata verso il bordo arriva appena alla superficie?
 
Soluzione: si evidenzia un triangolo rettangolo come in figura, in cui l’ipotenusa a ha la lunghezza della canna, un cateto b è il raggio dello specchio della pozza, che supponiamo circolare, ed il secondo cateto c, pure ignoto, che rappresenta la profondità cercata e che soddisfa la relazione: a – c = 30 cm. Ciò significa che a = c + 30 cm. Troviamo il cateto b: sappiamo che l’area della pozza è A = di 10 m2, per la formula dell’area del cerchio è: A = 2 π b2, quindi: che approssimeremo solo alla fine per non propagare troppi errori. Adesso è il caso di fare l’equivalenza per averlo in centimetri come la differenza tra gli altri due lati: . Il teorema di Pitagora dice che: a2 = b2 + c2 che, sostituendo con ciò che sappiamo, diviene: , cioè: . Da questa, eliminando i monomi uguali in membri opposti: , e poi con qualche calcolo: . Questo risultato si ottiene approssimando π ≈ 3,14 e non sarebbe stato accettato dagli autori dei Nove capitoli che approssimavano piuttosto π ≈ 3. È inoltre ragionevole pensare che avrebbero trovato da ridire anche su altri punti del procedimento qui esposto.
 
Se invece supponiamo la pozza quadrata il cateto b sarà semplicemente metà del lato l, cioé: l2 = 10m, quindi: e dunque: Il resto è tutto analogo, ma con conti più semplici: a2 = b2 + c2 diviene: , cioè: , ossia: e quindi:
.
 
II) A che altezza si è spezzata una canna di bambù alta 3m la cui cima tocca ora il terreno ad 1 m di distanza dalla radice?
 
Soluzione: conosciamo un cateto c =1 m e la somma dell’ipotenusa a e di un cateto b: a + b = 3 m, quindi sappiamo che a = 3 – b. Per il teorema di Pitagora: a2 = b2 + c2 da cui: (3 – b)2 = b2 + 12. Con qualche calcolo: 9 – 6b + b2 = b2 + 1 . Elidendo i monomi uguali in membri opposti: 9 – 6b + = 1, da cui: – 6b + = -8 ed infine: . Questa è la misura del lato rimasto in piedi, ossia l’altezza richiesta a cui la canna si è spezzata.
 
 
3.2.9 Liú Xīn (刘歆)
Detto anche Liú Xiù (劉秀), visse a cavallo del volgere dell’Era Volgare (46 p.E.v. – 23E. v.) e fu un intellettuale poliedrico dagli interessi vastissimi. Fu filosofo e studioso teorico del Confucianesimo. Come astronomo creò un suo sistema astronomico e calendariale basato su mesi lunari che contava in un anno 365 giorni, 6 ore e poco più di 13 secondi che raggruppava gli anni in cicli di 19. Inoltre catalogò più di un migliaio di stelle suddivise in sei grandezze e calcolò i periodi di alcuni pianeti.
In matematica stimò π ≈ 3,154. Scrisse un’opera in cui definì alcune misure di lunghezza, superficie e volume indicandone multipli e sottomultipli con l’intento di uniformare l’uso metrico di tutta la Cina. In essa comparivano schemi e figure atti a facilitare la memorizzazione delle unità di misura.
 
3.2.10 Zhāng Héng (张衡)
Visse nel I secolo (78 – 139) e fu prevalentemente un astronomo, ma si occupò di quasi tutte le attività intellettuali possibili come uomo di scienza, ingegnere, idraulico, inventore, geologo, cartografo, geografo, etnografo, funzionario dell’amministrazione civile, ministro, filosofo, letterato e poeta. Sostanzialmente pare che non ci sia campo della ricerca o dell’applicazione che non sia stato in qualche modo frequentato da questo autore, in qualche caso con risultati importantissimi.
Da astronomo catalogò 14.000 corpi celesti in un elenco e studiò molti di essi, specialmente la luna ed il sole, la loro luce (che distinse in propria e riflessa) e le eclissi. Riconobbe molte costellazioni. Costruì una sfera armillare, cioè un modello tridimensionale della disposizione delle stelle in cielo basato su anelli (le armillae) fissati in modo da poter ruotare su vari assi e far scorrere i punti incastonati rappresentanti i diversi oggetti celesti. Non fu il primo a farlo, ma la sua era mossa meccanicamente dalla forza dell’acqua e poteva rendere conto dinamicamente delle sue osservazioni astronomiche sulle posizioni relative dei corpi celesti e del loro moto. Nella Costituzione spirituale dell’universo (靈憲, Líng xiàn, 120) espose una teoria geocentrica assai simile a quella tolemaica, con un universo ellissoidale praticamente vuoto con la terra al centro e le stelle aderenti alla parte interna della superficie di delimitazione o ad altre sfere. Realizzò anche un orologio ad acqua ed un sismografo, il primo al mondo, che rilevò un terremoto a quasi 500 Km di distanza. Fu grande poeta e rapsodo e si servì di diversi stili e metriche. Le sue liriche ed i suoi lavori filosofici lo hanno reso uno dei riferimenti culturali tradizionali per il pensiero cinese.
Si occupò anche del calendario e di problemi matematici. In base alle sue osservazioni astronomiche calcolò dapprima π ≈ 3,1724. Il suo ragionamento si basava sulla credenza diffusa in quell’epoca che il rapporto tra le aree di un quadrato e del cerchio inscritto fosse 4/3, mentre quello tra il volume di un cubo e quello della sfera inscritta fosse 42/32. Ulteriori riflessioni su aree e volumi lo indussero a legare π alla radice quadrata di 10, che calcolò come: .
 
3.2.11 Liú Huī (刘徽)
Visse nel tormentato III secolo e ricoprì numerosi incarichi pubblici di ambito scientifico e civile. Si occupò di astronomia e nel 263 scrisse il citato commento ai Nove capitoli dell’arte matematica, in cui espose un algoritmo per la stima di π che sfruttava la misura di poligoni regolari inscritti in un cerchio e che ricorda analoghe costruzioni di Archimede. Arrivando ad un poligono di 192 lati calcolò:
 
3, 141024 < π < 3, 142074
 
inaugurando una grande tradizione di tentativi con metodi analoghi. Concluse che per gli usi pratici ci si poteva accontentare di due decimali e stabilì che: . In seguito elaborò un altro metodo utile anche per le estrazioni di radici e, calcolando il perimetro di un poligono inscritto di 3.072 lati, calcolò .
I suoi commenti motivano teoricamente i procedimenti usati nel testo. Alcune soluzioni da lui proposte suscitarono a loro volta critiche da parte di matematici successivi. In quest’opera enunciò un teorema analogo al Teorema di Pitagora corredandolo di figure. Nell’enunciato fa riferimento alle relazioni tra l’ipotenusa e a somma e differenza dei cateti. Si serve inoltre di una proposizione analoga al Principio di Cavalieri per il calcolo del volume di un cilindro. In geometria solida ebbe notevoli intuizioni sulla scomposizione di solidi regolari o meno in altri regolari.
Un’altra sua opera molto importante è il Manuale matematico delle isole marine (海岛算经 Hăidăo suànjìng) forse seguito ideale dei Nove capitoli. Si tratta di una raccolta di problemi di argomento geometrico. Il titolo è tratto dal primo problema che riguarda un’isola vista dal mare, tema che nel libro ricorre spesso. Esso contiene metodi pratici per la misura di distanze ed altezze (l’altezza di un‘isola rispetto al livello del mare vista dal largo, l’altezza di un pino su di una collina, la larghezza delle mura di una città vista da lontano, l’altezza di una costruzione in piano vista da un punto rialzato, la profondità di una piscina trasparente,…) grazie a riferimenti composti da aste disposte in modo da formare angoli retti con linee d’osservazione intuitive.
Questi procedimenti erano in parte noti ai cartografi ed agli ingegneri contemporanei, ma questa raccolta ne costituì un notevole avanzamento. Una delle novità introdotte è quella di una griglia rettangolare graduata per riprodurre le distanze in scala sulle mappe.
Liú Huī si interessò anche di problemi ingegneristici ed idraulici. Espresse tutti i suoi risultati in forma di frazioni decimali, sempre completi di unità di misura. Un suo commentatore ne calcolò i valori decimali nel XIII secolo.
 
 
Scheda
Problema dal Manuale matematico delle isole marine (海岛算经 Hăidăo suànjìng)
Enunciato e soluzione in forma moderna
 
Guardando un’isola nel mare, pianta due pali della stessa altezza, 3 piedi (掌 zhăng), distanti tra loro 1.000 passi (步 bù) in modo che siano allineati con l’isola. Spostati di 123 passi dal palo più vicino all’isola lungo la retta che congiunge i piedi dei due pali e guarda il punto più elevato dell’isola: la punta del palo coincide con quel punto. Spostandoti indietro di 127 passi dal palo più lontano dall’isola osserva che il suo punto più elevato coincide con la punta di questo palo. Qual è allora l’altezza dell’isola e quanto dista dal palo più vicino?
 
Soluzione: la situazione può essere riassunta nel disegno qui a lato, che ricorda un’illustrazione del testo originale. I triangoli ABE ed HCE sono simili e così pure i triangoli ABF e GDF. Triangoli simili hanno eguali rapporti tra lati corrispondenti, dunque: e da cui la coppia di eguaglianze: e . Esse hanno un membro uguale e dunque si possono confrontare: . Ricordando che i due pali hanno la stessa altezza (HC = GD) si ha: . Osservando il disegno o ricordando la costruzione sappiamo che: e , da cui: in cui si è fatto sparire un 1 in ambo i membri; da ciò, con qualche passaggio: . Ora a secondo membro compaiono solo lunghezze note. Per fare i calcoli si osservi che 1 zhăng = 10 chǐ (尺 pari a circa 33 cm) e 1 bù = 6 chǐ, quindi 1 zhăng = bù: sarà più comodo mettere tutte le misure note in chǐ: HC = GD = 30 chǐ, CD = 6.000 chǐ , CE =738 chǐ, DF = 762 chǐ. La distanza tra il primo palo e l’isola è chǐ = 102 lĭ 150 bù. Per calcolare l’altezza dell’isola possiamo usare la relazione chǐ = 4 lĭ 55 bù
 
Si noti che benché si trattasse di triangoli rettangoli non si è fatto uso del Teorema di Pitagora. Inoltre, dato che i triangoli simili non avevano in Cina la popolarità che avevano in Grecia, il procedimento originale usato da Liú Huī si basa su considerazioni sulle aree dei triangoli citati da cui si ricavano eguaglianze e calcoli equivalenti a quelli esposti. Questo autore usa frequentemente eguaglianze tra aree dove noi useremmo piuttosto rapporti, proporzioni od altre relazioni più astratte tra grandezze lineari.
 
 
 
3.2.12 Sunzǐ (孙子)
Vissuto probabilmente nel V secolo, fu astronomo e matematico. Studiò una riforma del calendario e si occupò di equazioni diofantine. L’unica sua opera conosciuta è il Manuale di calcolo di Sunzǐ (孙子算经 Sunzǐ suànjìng) nel quale compare quello che in tutti i manuali universitari di algebra è oggi chiamato Teorema cinese del resto. Esso fu poi ripreso nel XIII secolo da altri matematici cinesi. L’opera consiste di tre capitoli di cui il primo si occupa di sistemi di misura, di algoritmi di calcolo con le bacchette sulla tavola da calcolo per moltiplicazioni, divisioni ed estrazioni di radici quadrate e di metodi per il calcolo di potenze di dieci; gli altri due capitoli raccolgono problemi su frazioni, aree e volumi. Le soluzioni dei problemi sono sempre seguiti da metodi generali.
 
 
 
 
Scheda
Enunciato del Teorema cinese del resto
(in forma moderna)
 
Ipotesi: Siano n1, n2,…, nk degli interi positivi tali che ciascuno sia coprimo con ciascuno degli altri (cioè non abbia divisori non banali comuni) e siano a1, a2,…, ak altrettanti interi scelti arbitrariamente
allora
Tesi I:, esiste un intero x tale che: in cui la scrittura: si legge x è congruente modulo ni ad ai e significa che la differenza tra x ed ai è divisibile per ni (formalmente: esiste un intero qi tale che per tutti gli indici i da 1 a k).
 
Tesi II: due interi b e c che soddisfano quanto affermato per x nella I tesi sono congruenti tra loro modulo (in formule: ).
 
Tesi III: due interi v e z che siano congruenti tra loro modulo tutti gli ni sono congruenti tra loro anche modulo N ( ).
 
Se gli interi non sono coprimi a due a due il teorema vale con un’ipotesi in più:
 
Ipotesi: Siano n1, n2,…, nk degli interi positivi, di massimo comun divisore D e minimo comune multiplo M e a1, a2,…, ak altrettanti interi tali che ciascuno di loro sia congruente con tutti gli altri modulo D (cioè )
allora
Tesi I’: esiste un intero x tale che: .
 
Tesi II’: due interi b e c che soddisfano quanto affermato per x nella I Tesi sono congruenti tra loro modulo M (in formule: ).
 
Tesi III’: due interi v e z che siano congruenti tra loro modulo tutti gli ni sono congruenti tra loro anche modulo M ( ).
 
Il teorema si può estendere agli ideali principali in anelli commutativi ed è usato nel calcolo di numeri primi molto grandi che a loro volta trovano notevoli applicazioni tecnologiche in crittografia.
 
 
 
Scheda
Due problemi del Manuale di calcolo di Sunzǐ (孙子算经 Sunzǐ suànjìng)
 
I) Oltre il cancello di una città vedi 9 aiuole, in ogni aiuola 9 alberi, in ogni albero 9 rami, in ogni ramo 9 nidi, in ogni nido 9 uccelli ed ogni uccello ha 9 pulcini, ogni pulcino 9 piume ed ogni piuma 9 colori. Quanti esemplari di ogni cosa vedi?
 
Soluzione: dati i numeri alti che si raggiungono presto non è conveniente tracciare un diagramma ad albero. Per ogni tipo di oggetto occorre di moltiplicare per 9 gli oggetti del tipo precedente.
 
1 aiuole 9
2 alberi 81
3 rami 729
4 nidi 6.561
5 uccelli 59.049
6 pulcini 531.441
7 piume 4.782.969
8 colori 43.046.721
 
Se si fosse interessati solo ad un genere e non si volessero calcolare tutti i precedenti basta elevare 9 al numero d’ordine del genere in questione nella tabella precedente: . Problemi analoghi compaiono nella tradizione europea nel X secolo.
 
II) Abbiamo alcuni oggetti ma non sappiamo quanti. Sappiamo però che:
- se li dividiamo a tre a tre ne restano fuori 2;
- se li dividiamo a cinque a cinque ne restano fuori 3;
- se li dividiamo a sette a sette ne restano fuori 2.
 
Soluzione proposta da Sunzǐ: moltiplica il primo resto per 70: ; aggiungi al risultato il secondo resto moltiplicato per 21: ; aggiungi al risultato il terzo resto moltiplicato per 15: ; se il risultato è maggiore di 105, sottrai da esso i multipli di questo numero tante volte quante potrai: ; che è il numero che cercavamo.
In termini moderni il problema può essere interpretato come la ricerca del numero intero x che soddisfi il seguente sistema di congruenze: .
Dato che 3, 5 e 7 sono a due a due coprimi il Teorema cinese del resto assicura l’esistenza di un numero intero x che sia soluzione. Per trovarlo si sfruttano altri teoremi relativi alle combinazioni lineari di interi congruenti.
2 × r1×m2×m3+r2×m3×m1+r3×m1×m2 = 105 × 2 + 23.
23 è effettivamente soluzione perché , , .
 
 
3.2.13 Zhāng Qiūjiàn (张邱建)
Visse nel V secolo e scrisse il Manuale matematico di Zhāng Qiūjiàn (张邱建算经 Zhāng Qiūjiàn suànjìng), testo in 92 problemi in cui compaiono notazioni decimali per numeri interi sia positivi, sia negativi che sfruttano le potenze di dieci. Spesso dopo il procedimento risolutivo l’autore ha inserito spiegazioni generali. Ci sono problemi che richiedono l’estrazione di radici quadrate e cubiche, la risoluzione di equazioni quadratiche, sistemi di equazioni lineari (risolti con metodi assai vicini a quello di Gauss) e si illustra anche una formula per la somma di progressioni aritmetiche. Anche diverse formule geometriche per aree e volumi sono spesso utilizzate.
Una gran parte del testo riguarda le tecniche di calcolo con le frazioni, che nella prefazione sono indicate come argomento misterioso. Per questo vi insiste molto proponendo espressioni frazionarie talora lunghe in cui si possono applicare tutte le regole algebriche, sino alla divisione come prodotto per la frazione inversa. Molto spazio è dedicato alla riduzione ad un unico denominatore.
 
 
Scheda
Problemi dal Manuale matematico di Zhāng Qiūjiàn (张邱建算经 Zhāng Qiūjiàn suànjìng)
(enunciati e soluzioni in forma moderna)
 
I) Il Problema dei Cento polli: se un gallo è in vendita per cinque monete, una gallina per tre monete e tre pulcini insieme per una moneta, quanti galli, galline e pulcini posso comprare con cento monete se voglio in tutto cento animali?
 
Soluzione: sia A il numero dei galli, B quello delle galline e C quello dei pulcini. Si può impostare il problema come un sistema di due equazioni in tre incognite, una per il numero degli animali e l’altra per i relativi costi. La prima equazione è semplicemente: . Per determinare la seconda occorre tenere conto del fatto che i pulcini sono venduti a multipli di 3: moltiplichiamo ambo i membri dell’equazione precedente per 3: e poi sostituiamo alle lettere nel primo membro l’equivalente in monete: , , . La seconda equazione è dunque: , cioè: . Il sistema è quindi:
 
da cui con qualche passaggio: ; adesso per tentativi speriamo di trovare un B che, eseguite le operazioni indicate a secondo membro nella seconda equazione, dia un risultato intero. La ricerca dà in breve buon esito:
no; no; no;
si, eccolo.
Insomma: A = 12, B = 4, C = 84.
 
Nota: Il testo originale riporta, oltre a quelle data, tutte le altre possibili soluzioni (A=4, B=18, C=78; A=8, B=11, C=81; e A=12, B=4, C=84) tranne quella che prevede 0 galli, 25 galline e 75 pulcini. Probabilmente Zhāng non ritenne ammissibile uno zero come risposta ad una domanda che cominciava con “quanti”.
 
 
II) La strada circolare: una strada che circonda una collina è lunga 325 lĭ (里). Tre corridori partono insieme e la percorrono diverse volte nello stesso senso. Se la velocità del primo è di 150 lĭ al giorno, quella del secondo 120 lĭ al giorno e quella del terzo 90 lĭ al giorno dopo quanti giorni si rincontreranno.
 
Soluzione: il massimo comun divisore delle tre velocità è 30; dividendo la lunghezza della strada per questo numero si ottiene il periodo in giorni dopo il quale i tre corridori si rincontrano: cioè 10 giorni e 20 ore.
 
 
III) Tizio, Caio e Sempronio hanno ciascuno una somma di denaro in monete. Tizio dice: <<Se prendessi delle monete di Caio ed di quelle di Sempronio avrei 100 monete>>. Caio dice: <<Se prendessi delle monete di Tizio e ½ di quelle di Sempronio avrei 100 monete>>. Sempronio dice: <<Se prendessi delle monete di Tizio e delle monete di Caio avrei 100 monete>>. Quante monete ha ciascuno di loro?
 
Soluzione: si imposta un sistema di tre equazioni in tre incognite ponendo che le monete di Tizio siano t, quelle di Caio c e quelle di Sempronio s:
 
 
IV) Il cavallo che rallenta: un cavallo ha percorso 700 miglia in 7 giorni, tenendo ogni giorno una velocità che era la metà di quella del giorno precedente. Quante miglia avrà percorso in ognuno dei diversi giorni?
 
Soluzione: chiamiamo le lunghezze dei tratti percorsi ogni giorno a1, a2, a3, a4, a5, a6, a7 rispettivamente. Dimezzando le velocità il cavallo ha dimezzato anche le distanze via via coperte quindi: . Questo significa che ognuna di queste lunghezze si può scrivere in relazione alla prima: . Dato che in tutto ha percorso 700 miglia: . Possiamo dunque impostare l’equazione:
da cui raccogliendo a1 si ottiene: , , , , , , .
Nota: l’ultima coppia di parentesi racchiude i primi sette termini della serie geometrica .
 
 
3.2.14 Zǔ Chōngzhī (祖冲之)
Visse nel V secolo (429 – 500) provenendo da una famiglia altolocata ed impegnata negli studi astronomici e matematici per più generazioni. Fu matematico, astronomo e funzionario.
Pubblicò calendari accuratissimi in cui profuse calcoli complessi e distinzioni astronomiche assai sottili. Pare che fosse in grado di calcolare tutte le aree ed i volumi topici e di estrarre radici quadrate e cubiche. Fonti riferiscono anche della sua grande confidenza col Principio di Cavalieri e di metodi di interpolazione utili per ottenere risultati astronomici senza disporre di una teoria del calcolo differenziale ed integrale. Purtroppo tutto ciò trova solo conferme indirette essendo andata perduta la maggior parte della sua produzione scritta.
Zǔ si occupò della stima di π. Nella sua epoca il problema si poneva come ricerca di due numeri razionali detti mì lǜ (密率, approssimazione precisa) e yue lǜ (約率, approssimazione grossolana) rispettivamente uno minore ed uno maggiore tra cui racchiuderlo. I valori che circolavano erano: e . Zǔ si servì del metodo dei poligoni inscritti in un cerchio di Liú Huī e calcolando il perimetro di un poligono di 12.288 lati ottenne con grande precisione (Bagni, 1996):
 
3,1415926 < π < 3,1415927
cosa stupefacente se si pensa che le sue uniche macchine da calcolo erano le bacchette d’avorio.
 
3.2.15 Zǔ Gèng (祖暅)
Figlio di Zǔ Chōngzhī, condivise con lui il V secolo e parte del suo lavoro astronomico e matematico. Diede una sistemazione teorica adeguata ad un principio che i matematici cinesi usavano già da secoli in modo non logicamente ben fondato e che in seguito prese il suo nome. Esso stabilisce che due solidi di uguale altezza che abbiano congruenti tutte le sezioni piane staccate alla stessa altezza hanno volumi congruenti. Si tratta del Principio di Cavalieri enunciato con un migliaio di anni di anticipo, e che dunque si dovrebbe ribattezzare Principio di Zǔ Gèng – Cavalieri.
 
3.2.16 Wáng Xiàotōng (王孝通)
Considerato uno degli iniziatori della fase aurea dell’algebra cinese, visse tra il 580 ed il 640. Si dedicò alla ricerca in matematica ed in astronomia ed anche al loro insegnamento. La sua opera principale è la Continuazione della Matematica antica (继古算经 Jìgǔ suànjìng) una raccolta di 20 problemi quasi tutti di natura ingegneristica. In essi si occupò, per primo nella cultura cinese, di equazioni di terzo grado grazie ad un algoritmo per l’estrazione di radice cubica cui era arrivato rielaborando dei procedimenti più antichi per le radici quadrate. Benché le soluzioni siano di natura numerica il linguaggio in cui le esprime è sempre riferito ad oggetti geometrici, in particolare lati di cubi, altezze di parallelepipedi o profondità di vasche e canali di forma regolare. I testi dei problemi sono assai complessi ed il linguaggio è molto suggestivo. Ci sono anche problemi sul triangolo rettangolo. Il testo ebbe notevole fortuna ed ottenne grandi riconoscimenti istituzionali.
 
 
Scheda
Problemi dalla Continuazione della Matematica antica (继古算经 Jìgǔ suànjìng)
(enunciati e soluzioni in forma moderna)
 
I) a e b sono i cateti di un triangolo rettangolo e c è la sua ipotenusa. Sappiamo che e che c supera a di 37,90 unità. Quanto valgono i tre lati?
 
Soluzione: sappiamo che , e naturalmente . Cercando di impostare delle equazioni che sfruttino queste conoscenze: ; qui possiamo applicare il prodotto notevole: . Abbiamo quindi l’equazione: . Dividiamo ambo i membri per ed otteniamo:
,
nella quale a primo membro compaiono solo quantità note: . Per sistemare il secondo membro occorre qualche passaggio: dentro la parentesi sottraiamo e sommiamo a ottenendo: , riscriviamo poi le parentesi per isolare il binomio che ci interessa: ed applichiamo la proprietà distributiva: ; qui possiamo sostituire il termine che conosciamo: . L’equazione di partenza può essere riscritta come:
ovvero: che è un’equazione di terzo grado. Il lettore interessato potrà risolverla con l’algoritmo di Cardano.
 
 
 
3.2.17 Lǐ Chúnfèng (李淳风)
Mate$matico, astronomo e storico visse nel VII secolo (602 – 670) in un periodo di grande impulso agli studi matematici. Diresse diverse istituzioni scientifiche dedite in particolare all’astronomia ed alla calendarizzazione e promosse importanti riforme al calendario.
Commentò criticamente i Nove capitoli dell’arte matematica e l’opera critica su questo testo di Liú Huī (刘徽) nonché il lavoro di altri matematici. Fu anche manualista coordinando un gruppo di lavoro che scrisse I dieci classici matematici (十部算经 Shíshū suànjìng), una raccolta di dieci trattati di intento didattico che ebbe grande fortuna ma di cui non ci è arrivato granché. Nella sua epoca la matematica era entrata tra le materie di esame per i concorsi del funzionariato.
Un suo risultato è il calcolo 27.720 come minimo comune multiplo di 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8, 9, 10, 11, 12.
 
 
Scheda
I dieci classici matematici (十部算经 Shíshū suànjìng)
Ai primi del settimo secolo, agli inizi del regno dei Táng (唐朝, 618 – 907), la comunità scientifica cinese ed una parte culturalmente attiva della sua società di riferimento sentirono la necessità di una sistemazione accurata delle conoscenze matematiche e di uno strumento che ne facilitasse lo studio e la diffusione negli ambienti in cui si sarebbero selezionati i gruppi dirigenti. La matematica era entrata a far parte del bagaglio culturale richiesto ai funzionari. Per ordine imperiale vennero allora riunite in un’unica raccolta le principali opere consegnate dalla tradizione.
La redazione di questa raccolta venne affidata ad un gruppo di lavoro diretto da Lǐ Chúnfèng (李淳风) e durò diversi anni. I testi inseriti erano più di dieci ma ragioni di ordine simbolico od estetico spinsero commentatori più tardi a dare alla raccolta il nome di Dieci classici. La maggior parte dell’opera è però andata perduta. È probabile che i criteri adottati fossero solo in parte filologici, privilegiando la sistemazione teorica e l’esposizione di risultati e procedimenti.
Ecco alcuni dei testi inseriti:
 
1. Classico aritmetico dello gnomone e delle orbite circolari del cielo (周髀算经 Zhōu bì suànjìng)
2. I nove capitoli dell’arte matematica (九章算术 Jiǔzhāng suànshù)
3. Manuale matematico delle isole marine (海岛算经 Hăidăo suànjìng) di Liú Huī (刘徽)
4. Manuale di calcolo di Sunzǐ (孙子算经 Sunzǐ suànjìng)
5. Manuale matematico dei Cinque Dipartimenti Amministrativi (五曹算经 Wǔcáo suànjìng)
6. Manuale matematico di Xiàhóu Yáng (夏侯陽算经 Xiàhóu Yáng suànjìng)
7. Manuale matematico di Zhāng Qiūjiàn (张邱建算经 Zhāng Qiūjiàn suànjìng)
8. Cinque classici di metodi aritmetici (五经算术 Wǔjìng suànshù) di Zhēn Luán (甄鸾)
9. Continuazione della Matematica antica (继古算经 Jìgǔ suànjìng)di Wáng Xiàotōng (王孝通)
10. Memorie su metodi algebrici tradizionali (数术记遗 Shùshū jìyí) di Xú Yuè (徐岳)
11. Metodi di interpolazione (缀术 Zhuì shù) di Zǔ Chōngzhī (祖冲之)
12. Arte dei tre gradi numerici (三等术 Sānděng shù) di Dōng Quán (东泉).
 
Di alcuni di questi si è già parlato nei capitoli precedenti cui si rimanda. Il quinto è un manuale del V secolo originariamente rivolto a dirigenti provinciali, il cui governo era articolato in cinque diversi uffici, un po’ come gli assessorati odierni; vi compaiono formule geometriche per aree e metodi di approssimazione utili in campo agricolo. Il sesto è una raccolta di problemi. L’ottavo si occupa di questioni calendariali e di grandi numeri. Il decimo risale al terzo secolo e contiene rappresentazioni di numeri assai alti mediante potenze di dieci. Anche l’ultimo testo si occupa di grandi numeri.
Buona parte di questa raccolta è andata perduta.
 
 
 
3.2.18 Shěn Kuò (沈括)
Visse nell’XI secolo (1031–1095) e fu un intellettuale quanto mai poliedrico. Scrisse moltissime opere, la lista delle quali ogni tanto si arricchisce di qualche titolo seguendo i progressi della filologia cinese e dell’archeologia. I problemi di attribuzione che lo riguardano sono complicati a causa delle diverse campagne censorie o revisioniste succedutesi nel corso dei secoli che hanno eliminato parte della produzione scritta. Fu un personaggio dall’ingegno decisamente multiforme: funzionario, ministro, consigliere imperiale, diplomatico, direttore di diversi istituti culturali, militare, storico, filosofo, poeta, narratore in prosa, musicista, critico d’arte, archeologo, etnografo, cartografo, botanico, zoologo, geologo, agronomo, metereologo, farmacologo, idraulico, ingegnere, inventore, astronomo, matematico ed autore addirittura di una guida di viaggio che consiglia anche il tipo di veicolo, il vestiario ed il vettovagliamento più adatti per certi percorsi. Le sue opere ed i numerosi accenni che gli tributano i commentatori successivi sono una immensa fonte di informazioni sulla civiltà cinese della sua epoca. Sebbene molto sia andato perduto, in esse è rappresentato quasi ogni aspetto della vita pratica ed ideale del suo Paese.
Vi compaiono tra le altre cose descrizioni accurate delle orbite della luna e di altri corpi celesti. Da astronomo migliorò la sfera armillare, l’uso dello gnomone e di altri strumenti per l’osservazione astronomica. Formulò, inoltre, diverse ipotesi sulla formazione della terra basate sull’osservazione dei fossili marini trovati nell’entroterra e sui suoi studi geologici. Migliorò sensibilmente la stampa a caratteri mobili che era stata inventata da altri in quel periodo, avendone intuito le potenzialità. Essa però non ebbe grandissimo successo a causa delle caratteristiche della lingua cinese.
Shěn realizzò due atlanti, diversi scritti sull’arte del governo, alcune teorie di arti militari e fortificazioni, alcuni scritti sulla pittura, dei trattati medici e farmacologici, e numerose poesie. Scrisse anche un trattato di musica in cui si parla di armonici in una forma matematica.
La sua opera fondamentale è costituita dai Saggi del Piccolo Ruscello di Sogno (夢溪筆談 Mèngxī Bǐtán) scritti nel 1088 quando era stato messo a riposo forzato in una sua proprietà da cui nome è tratto il titolo. In questo testo che spazia tra molti soggetti diversi, dalla poesia alle osservazioni scientifiche, compare la prima descrizione scientifica di un tipo di bussola magnetica in uso nella navigazione e si distingue il Nord magnetico da quello reale. Si descrive, poi, un sistema di meridiani e di misurazioni astronomiche e terrestri. Si parla di ingegneria idraulica e navale, e di architettura.
Le istanze matematiche salienti in questo testo sono relative alle formule geometriche per il calcolo di volumi di solidi regolari e troncati (ad esempio si determina il numero di mattoni necessario a costruire una piramide), alle equazioni anche di ambito analitico (con una tecnica simile a quella per le equazioni alle differenze), a problemi di tipo trigonometrico su corde ed archi ed alla rappresentazione di numeri grandi come 1.043. Alcune sezioni illustrano problemi matematici di contabilità, tassazione e misure di appezzamenti di terreno a fini fiscali, cambio di moneta e di merci, equivalenze tra unità di misura di tipo diverso, problemi di determinazione di distanze a fini militari. Vi compare un metodo di calcolo di distanze possibili di missioni militari in relazione alle capacità di trasporto di vettovaglie e materiali.
In altre opere Shěn semplificò gli algoritmi del calcolo con le bacchette e ne inventò di nuovi, e si occupò di permutazioni per determinare il numero di possibili combinazioni di oggetti su di una scacchiera per il gioco del wéiqí (围棋, meglio noto in Europa col nome giapponese di go), calcolandone 847.288.609.433. Fece anche misurazioni quantitative sui fenomeni ottici legati alla camera oscura.
Come esempio di problema trigonometrico vediamo la determinazione di un valore approssimato per l’arco a sotteso da una corda c che stacca la sagitta s in una circonferenza di diametro d; Shěn propone il valore che si ottiene dalla formula: .
 
A lui fonti più tarde attribuiscono la scoperta di quello che oggi è universalmente chiamato Triangolo di Tartaglia-Pascal, che in effetti è usato nella combinatoria di poco successiva anche se altri lo attribuiscono piuttosto a Jiă Xiàn (贾宪).
 
3.2.19 Jiă Xiàn (贾宪)
Visse nella prima metà del XI secolo e scoprì il triangolo che porta oggi il nome degli scienziati europei Tartaglia e Pascal. Questi infatti, a lui ben posteriori, appartenevano alla cultura scientifica di quella civiltà che, sbaragliate con la violenza tutte le altre, quasi riuscì a cancellarne le tradizioni culturali. La prima testimonianza scritta di questo schema e di diversi procedimenti ad esso legati è però in un’opera del matematico Yáng Huī (杨辉) del XIII secolo, cui andrebbe legittimamente ascritto. A Jiă Xiàn questo schema serviva, probabilmente, come strumento per la ricerca di radici quadrate e cubiche e per altre ricerche algebriche. Le sue opere sono andate perdute ma la sua memoria sopravvisse grazie ai commenti dei matematici posteriori.
 
3.2.20 Lǐ Zhì (李治)
Visse tra mille difficoltà nell’epoca dell’occupazione mongola della Cina, tra il 1192 ed il 1279, girovagando in povertà per buona parte della sua vita. Dopo la pubblicazione del suo capolavoro, lo Specchio marino delle misure circolari (測圓海鏡 Cè yuán hǎi jìng, 1248), in cui si occupava di equazioni polinomiali, e dei Nuovi passi nel calcolo (益古演段 yìgǔ yǎnduàn, 1259) in cui si mostrano applicazioni di metodi algebrici alla risoluzione di problemi geometrici, la sua situazione personale migliorò nettamente sino a renderlo consigliere dell’imperatore Kublai Khan (il nipote di Gengis Khan di cui si parla anche nel Milione di Marco Polo). Diresse diverse istituzioni culturali. Probabilmente una parte della sua produzione andò bruciata dietro suo esplicito ordine.
Nelle sue opere compare la prima testimonianza scritta di un procedimento per la costruzione di polinomi di grado arbitrario in una variabile che prevede di sistemarne i coefficienti in una struttura simile ad un vettore colonna.
In termini moderni:
.
Tale procedimento fa parte di un metodo di risoluzione di equazioni. Per Lǐ i coefficienti possono essere anche numeri negativi o razionali rappresentati in frazioni decimali. Questo incolonnamento fa pensare che i matematici di questa epoca disponessero di metodi di risoluzione o di riduzione del grado simili a quello di Ruffini.
 
 
3.2.21 Guō Shǒujìng (郭守敬)
Visse dal 1231 al 1316 ed è considerato il padre della trigonometria sferica cinese. Astronomo ed ingegnere oltre che matematico, sviluppò le sue ricerche per migliorare i metodi di osservazione del cielo e la sistemazione dei dati raccolti. Perfezionò lo gnomone ed organizzò diversi osservatori astronomici in diverse parti del Paese. Promosse una delle più importanti riforme del calendario anticipando per alcuni aspetti la Riforma Gregoriana europea. Probabilmente poté completare il lavoro di Shěn Kuò sulla trigonometria grazie alla circolazione di risultati matematici provenienti dal mondo islamico.
 
3.2.22 Yáng Huī (杨辉)
Visse dal 1238 al 1298. Si occupò diffusamente di algebra e scoprì le proprietà di quello che oggi è chiamato Binomio di Newton. Nel Xiángjiě jiǔzhāng suànfǎ (详解九章算法, 1261) espose i procedimenti, altrimenti perduti, con cui il predecessore Jiă Xiàn aveva ottenuto il suo triangolo dei coefficienti binomiali e ne applicò i risultati alla ricerca di radici quadrate e cubiche. Di argomento algebrico era pure il perduto trattato sulle potenze ed i coefficienti (如积释锁 Rújī shìsuǒ) in cui esponeva vari metodi per determinare i coefficienti binomiali e farvi calcoli che saranno ripresi dai matematici successivi. Nel Xùgǔ zhāiqí suànfǎ (续古摘奇算法 Sviluppi di antichi metodi di calcolo notevoli, 1275) e nel Suànfǎ tōngbiàn běnmò (算法通变本末 Esposizione generale di metodi di calcolo avanzati) riprese la tradizione dei quadrati magici realizzandone di varia complessità sino al lato 10 e inventando schemi circolari con proprietà simili oltre a diversi tipi di tavole e diagrammi da leggere in verticale ed orizzontale per ritrovare somme o prodotti costanti. Diede anche le regole per la loro composizione. Un altro interesse di Yáng fu il calcolo con frazioni decimali. Fu anche epistemologo e criticò la trascuratezza dei matematici antichi nella fondazione teorica dei procedimenti usati, che sentiva come necessaria per la generalizzazione. Nelle sue opere tentò sempre di fondare le proprie affermazioni su passaggi logici e di dimostrarle. La somiglianza di Yáng con i matematici greci continua anche in certe tematiche geometriche. Gli enunciati di molte sue proposizioni ricordano molto analoghi enunciati euclidei, anche se nelle dimostrazioni si servì di strumenti come lo gnomone che Euclide non usava. Ciò depone per uno sviluppo indipendente.
 
 
Scheda
Il Triangolo di Yáng Huī (杨辉) – Tartaglia – Pascal
Si tratta di una tabella di numeri di forma triangolare. Si costruisce mettendo un uno nel vertice; sotto si scrivono sfasati i due uno (1 1), in modo che i tre numeri formino un triangolo; poi si procede nelle altre righe inserendo al principio ed alla fine sempre degli uno e poi i numeri che risultano dalla somma dei due che gli stanno immediatamente al di sopra; in tal modo la riga successiva è 1 2 1, quella dopo è 1 3 3 1 e così via:
 
 
1 riga 0
1 1 riga 1
1 2 1 riga 2
1 3 3 1 riga 3
1 4 6 4 1 riga 4
1 5 10 10 5 1 riga 5
1 6 15 20 15 6 1 riga 6
1 7 21 35 35 21 7 1 riga 7
1 8 28 56 70 56 28 8 1 riga 8
1 9 36 84 126 126 84 36 9 1 riga 9
1 10 45 120 210 252 210 120 45 10 1 riga 10
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Questa tabella è utilissima per costruire o ricordare elegantemente i coefficienti numerici che intervengono nello sviluppo della potenza di un binomio. Infatti dati due termini (numeri, lettere od altri oggetti cui si possano applicare le operazioni di elevamento a potenza, somma e prodotto) a e b ed un numero naturale n osserviamo che cosa accade elevando il binomio alla n:
 
se ;
se ;
se ;
se .
 
Nel caso generale cioè per n naturale qualunque vale la seguente formula nota come Binomio di Newton:
.
Questa è la somma di n+1 monomi tutti contenenti le due lettere a e b elevate ad esponenti la cui somma dà sempre n precedute da certi coefficienti che sono rappresentati dalle coppie di numeri sovrapposti tra parentesi. Ad esempio per n=3 abbiamo:
in cui nell’ultimo membro sono stati eliminati i termini uguali ad 1. Il grado di a cala da 3 sino a 0 mentre quello di b cresce da 0 a 3. I simboli con due numeri sovrapposti tra parentesi tonde che indicano i coefficienti si chiamano proprio coefficienti binomiali. Quelli nell’esempio hanno il numero superiore sempre uguale a 3 (cioè all’esponente n) e quello inferiore che parte da 0 ed arriva a 3. Li si calcola con una formula che coinvolge i fattoriali e che è un po’ macchinosa:
.
Nell’esempio: ; ; ; .
 
Accade però che questi coefficienti siano gli stessi che compaiono nel Triangolo se intepretiamo n come numero di riga e k come posto del coefficiente all’interno della riga. Così ad esempio nella riga numero 3 al secondo posto troviamo proprio 3 che è il risultato del calcolo precedente. Quindi grazie al Triangolo possiamo sviluppare senza troppi calcoli una potenza di un binomio con esponente alto, al prezzo di scrivere Triangolo sino alla riga desiderata:
.
 
 
 
3.2.23 Qín Jiǔshào (秦九劭)
Altro esponente della ricerca matematica cinese del XIII secolo (1202 – 1261), è l’autore del Trattato matematico in nove parti (数书九章 Shùshū Jiǔzhāng, 1247) che è l’opera cinese più antica pervenutaci in cui compare il simbolo 〇 per lo zero (Bagni, 1996). Si tratta di un libro dai molti interessi (equazioni algebriche, cose militari, cartografia, fisco, agrimensura, scienze delle costruzioni, fenomeni celesti, problemi finanziari su prezzi ed interessi, tecniche di immagazzinamento di cereali) ricco di argomentazioni matematiche). Ognuno dei 9 capitoli contiene 9 problemi.
Si risolvono equazioni algebriche, sistemi lineari e si calcolano somme di serie aritmetiche. Vi compare una riformulazione del Teorema cinese del resto di Sunzǐ (孙子), che infatti gli è talora attribuito, con commenti e nuove applicazioni algoritmiche applicate alla risoluzione di problemi. Ci sono alcune formule per il calcolo di aree, tra cui una analoga a quella di Erone di Alessandria (10 – 70 p.E.v.) che permette di calcolare l’area di un triangolo dalla lunghezza dei tre lati.
Qín non era un ricercatore a tempo pieno essendosi piuttosto impegnato con successo nella carriera amministrativa. Raggiunta una posizione di potere fu corrotto e concussore. Si occupò di astronomia e del calendario per determinare le date dei solstizi.
 
Scheda
Le formule di Erone di Alessandria e Qín Jiǔshào (秦九劭) per l’area di un triangolo
Dato un triangolo di lati a, b, c la Formula di Erone stabilisce che l’area A vale:
(α) in cui è il semiperimetro.
 
Esplicitando s si ha:
. Svolgendo i calcoli e facendo qualche raccoglimento:
(β) che è un’espressione equivalente.
 
Qín Jiǔshào (秦九劭) propone la seguente:
(γ) che è equivalente a quella di Erone (α). Infatti:
= che è esattamente l’espressione (β) che già sappiamo essere equivalente ad (α). La versione (α) è però più semplice da calcolare.
 
 
3.2.24 Zhū Shìjié (朱世杰)
Visse a cavallo del XIII e del XIV secolo, viaggiò per anni per tutta la Cina come docente di matematica nei diversi centri di studio e scrisse due opere che sono arrivate sino ai nostri giorni. La prima è il manuale elementare Introduzione allo studio del calcolo (算学启蒙 Suànxué Qǐméng, 1299) in cui quattro problemi iniziali illustrano le operazioni aritmetiche ed algebriche e poi seguono 284 problemi ed esercizi. Vi si espongono anche metodi di misura di aree e volumi. Questo libro ebbe una straordinaria importanza nello sviluppo della matematica in tutta l’Asia estremorientale.
La seconda è il Prezioso specchio di giada dei quattro elementi (四元玉鉴 Sìyuán Yùjiàn, 1303) che è uno dei testi fondamentali dell’algebra cinese. Come nel libro precedente quattro problemi iniziali servono ad illustrare metodi risolutivi (delle quattro incognite) con cui affrontare 288 problemi seguenti. Ci sono pagine interessanti dedicate alla conversione di un problema espresso verbalmente in un sistema di equazioni polinomiali (da una equazione sino a 14) e poi a metodi per ridurre questo ad un’unica equazione in un’incognita. Tutti i problemi sono corredati di equazione finale e soluzione, il che fa pensare che anche questo testo fosse destinato ad un uso didattico più che alla divulgazione di conoscenze tra ricercatori. In questo libro si fa largo uso del Metodo di Ruffini per la fattorizzazione di polinomi e si risolvono equazioni quadratiche e cubiche, trovando anche radici quadrate e cubiche. Compare una classificazione di esse che sfrutta il triangolo di Yáng Huī – Tartaglia – Pascal e c’è la risoluzione di sistemi di equazioni lineari con la diagonalizzazione della matrice dei coefficienti.
In seguito la matematica perse la grande attrattiva che aveva esercitato sugli intellettuali cinesi, che si volsero alla calligrafia, alla botanica ed alla farmacologia.
 
 
Scheda
Problemi dal Prezioso specchio di giada dei quattro elementi (四元玉鉴 Sìyuán Yùjiàn) di Zhū Shìjié (朱世杰)
 
I) Un triangolo rettangolo ha area pari a 30 passi (步 bù, qui nel senso di “passi quadrati”). La somma della base e dell’altezza (cioè rispettivamente del cateto maggiore e del minore) è di 17 passi. Quanto vale la somma della base e dell’ipotenusa?
 
Soluzione: detto x il cateto maggiore o base, y il minore o altezza e z l’ipotenusa sappiamo che:
(α) da cui, eliminando la y come suggerito nella terza equazione ( ), la seconda diviene: (β). Quest’ultima è un’equazione di secondo grado con discriminante e che ammette quindi due radici: . Quindi e . Si è però detto che x è il cateto maggiore quindi consideriamo solo la soluzione tale che cioè: e . Da qui ricaviamo: La somma che cerchiamo è dunque: .
 
Zhū però mostra qualcosa di più introducendo una variabile che noi indicheremmo con e che rappresenta la somma richiesta dal quesito; quest’ultima equazione può essere aggiunta al sistema di partenza (α). In tal modo: . Considerando la terza equazione del sistema (α) ( ) la prima diviene:
(γ).
Sappiamo però che vale l’equazione (β): da cui si ha: . Sostituendo così il termine quadratico della x nell’equazione (γ) essa diviene:
. Si raccoglie ora la x e la si ricava in funzione della w: (δ).
Sostituendo quest’ultima nella (γ) si ottiene: da cui, con qualche passaggio algebrico:
(ε)
Zhū ottiene, probabilmente in questo modo, questa equazione di quarto grado in w forse con l’intento di mostrarne metodi risolutivi. Una delle quattro soluzioni di (ε) è quella trovata prima.
 
 
II) Una compagnia recluta soldati. Il primo giorno ne arruola il cubo di 3, il secondo il cubo di 4 e così via: se un giorno arruola il giorno dopo ne arruola . Quanti soldati avrà arruolato in tuto dopo 15 giorni? E dopo n giorni?
 
Soluzione: il numero di soldati arruolati è dato dalle somme parziali della serie: in cui k rappresenta il numero dei giorni. Infatti il giorno 1 ne arruola ; il giorno 2, che con quelli del giorno prima fanno 91; e via così. Il testo scompone questa serie in altre più semplici ottenendo per il giorno n la formula: in cui sta per soldati arruolati sino al giorno n.
Un’attività interessante collegata a questo problema può essere quella di trasporlo su di un foglio elettronico. Ecco un esempio realizzato con applicativo Microsoft Excel che permette un facile controllo della correttezza della formula proposta da Zhū:
 
 
 
 
 
3.2.25 Chéng Dàwèi (程大位)
Visse dal 1533 al 1606 e rivestì cariche civili che lo portarono ad interessarsi a problemi di commercio e tassazione. Sotto la spinta di tali interessi pratici si occupò di aritmetica, ma non divenne mai un accademico. È noto per aver raccolto problemi e temi matematici direttamente nei mercati e nelle fiere di molte città osservando i commercianti ed intervistandoli. La sua opera fondamentale, il Manuale di riferimento generale per i metodi computazionali (算法统宗 Suànfǎ tǒngzōng, 1592) in dodici capitoli, è un manuale per l’uso del pallottoliere, strumento assai diffuso in diverse aree del mondo. Questo libro ebbe un’influenza internazionale molto ampia durata più di due secoli. Non è rivolto ad un pubblico di studiosi colti ma a persone che avevano necessità di fare dei conti. Esistevano all’epoca un po’ in tutto il mondo, Europa inclusa, dei professionisti del calcolo che lavoravano per lo stato, i proprietari terrieri, i mercanti od i prestatori di denaro per determinare importi di tassazioni, paghe, prezzi, ed interessi. Queste figure erano in parte simili ai commercialisti di oggi dato che dovevano conoscere bene leggi e regolamenti di ordine economico, ma con un maggiore accento sui metodi di calcolo che appartenevano ad una minoranza della popolazione. Sino a che la notazione indo-araba dei numeri e gli algoritmi scritti per le operazioni non presero piede, pallottolieri, tavole e gettoni da calcolo, insieme ad operatori esperti nel loro uso furono necessari.
Il testo contiene 595 problemi ed è ricco di osservazioni e commenti anche su aspetti caratteristici del ruolo dei numeri nella cultura cinese (quadrati magici, trigrammi divinatori,…), metodi di insegnamento e di studio del calcolo col pallottoliere, tavole di somma da imparare a memoria, spiegazioni dei termini tecnici e diverse curiosità matematiche.
L’attività di Chéng riguardò anche metodi di misura ed altri temi sempre provenienti dalla pratica del commercio e della tassazione.
 
 
Scheda
Problema dal Manuale di riferimento generale per i metodi computazionali (算法统宗 Suànfǎ tǒngzōng)
 
Un pastorello ha una sola pecora e chiede ad un altro: <<Ci sono cento pecore nel tuo gregge?>> L’altro risponde: <<Se sommassi al mio gregge un altro uguale, e poi ancora uno grande la metà, poi un quarto ed infine la tua pecora, allora sì ne avrei cento.>> Quante pecore ha questo secondo pastorello?
 
Soluzione: si tratta di impostare l’equazione: in cui x è il numero di pecore. Con qualche passaggio: .
 
Il metodo usato nel testo è diverso ed implica una falsa posizione: poniamo che le pecore siano 10; in questo caso se svolgiamo le operazioni indicate dal secondo pastorello avremo: ; questo numero (che già è curioso per delle pecore che si suppongono vive e perciò intere) non soddisfa la condizione che con la pecora del primo pastorello si raggiunga cento: anziché avremmo voluto 99; allora facciamo: .
 
 
 
3.2.26 Xú Guāngqǐ (徐光启), Matteo Ricci e gli Elementi di Euclide
Nel 1607, durante il regno della dinastia Míng (明朝) cioè in’un’epoca in cui l’interesse per gli studi matematici si era affievolito, Xú Guāngqǐ (徐光启) e Lì Mǎdòu (利玛窦) tradussero in cinese i primi sei libri degli Elementi di Euclide (幾何原本 Jīhé yuánběn). Il primo era un alto funzionario della burocrazia imperiale, nonché scienziato, studioso di agricoltura ed astronomo. Il secondo, grandissimo divulgatore, cartografo, astronomo, studioso di religioni e sacerdote egli stesso, era meglio noto in Italia come Matteo Ricci della Compagnia di Gesù. Questo personaggio è uno dei pochi italiani cui sono state intitolate delle istituzioni culturali in Cina (come marco Polo o Dante Alighieri) essendo stata riconosciuta la sua immensa opera di mediatore tra culture. Il lavoro fondamentale di tutta la sua vita fu quello di tentare di aprire vie di dialogo tra la cultura cinese e quella europea cristiana con la motivazione iniziale di convertire quell’immenso Paese al cattolicesimo. Tale motivazione sfumò lentamente man mano che Ricci si lasciava affascinare e contagiare da diversi aspetti della cultura confuciana. In questo sforzo incessante tentò tutte le strade: tradusse moltissimi testi da ed in cinese, realizzò carte geografiche che riunivano le conoscenze europee e quelle cinesi e che oggi definiremmo interculturali, montò orologi, scrisse musica, ma soprattutto tentò di mettere a disposizione degli intellettuali cinesi le conoscenze scientifiche dell’Europa del suo tempo, in particolare in astronomia. Il Ricci tentò anche di promuovere il sistema di notazione indo-arabo ma alla sua diffusione concorsero più avanti altri europei assai meno rispettosi di lui.
Ciò che invece spinse Xú Guāngqǐ a collaborare col Ricci nella traduzione di Euclide fu probabilmente la constatazione della gravità della crisi degli studi matematici che era iniziata alla fine del XIV secolo. Due secoli dopo molti dei principali risultati della ricerca matematica cinese risultavano incomprensibili alla maggior parte degli intellettuali. Egli attribuiva le cause di questa situazione all’abbandono delle pratiche del calcolo da parte degli studiosi, al legame fortissimo che la cultura popolare stringeva tra matematica e pratiche divinatorie per cui la numerologia mistica squalificava tutta la scienza matematica ed infine alla difficoltà dei testi della letteratura matematica che usavano un linguaggio assai lontano da quello contemporaneo. Xú si volse allora alla bibliografia straniera, cosa piuttosto insolita per un letterato cinese e dovuta forse all’influsso del Ricci, e tradusse diverse opere di matematica, idraulica e geografia.
La traduzione degli Elementi venne terminata solo alla fine del XIX secolo da Lǐ Shànlán (李善蘭).
 
3.2.27 I Méi (梅)
Tutto ciò non bastò a ravvivare gli studi matematici, che ripresero vigore solo alla fine del secolo XIX grazie ai contatti con l’Europa e gli Stati Uniti. I matematici cinesi continuarono a dare contributi ma di minore spessore. È da ricordare la famiglia Méi, il cui più famoso membro fu Méi Wéndǐng (梅文鼎, 1633-1721). Nella sua opera si manifesta una sensibilità occidentale quantomeno nella scelta dei temi. Si occupò infatti della Sezione Aurea. Ciò lo portò a superare la contrapposizione tra la matematica tradizionale e le novità importate dal contatto con i missionari, che in quell’epoca aveva preso la forma di uno scontro ideologico. Méi si dedicò all’insegnamento della matematica, che lo portò a viaggiare per il Paese, piuttosto che alla ricerca od alla carriera burocratica. Ebbe molti studenti.
Molti tra i suoi fratelli e nipoti furono matematici ed astronomi. Tra essi Méi Juéchéng (梅瑴成, 1681-1763) che fu per nomina imperiale il curatore responsabile della maggiore enciclopedia matematica della storia cinese, la Raccolta dei principi fondamentali della matematica (数理精蕴 Shùlĭ jīingyùn, 1723) e che curò anche le Opere della Famiglia Mei (梅氏丛书辑要 Méishì cóngshūu jíyào, 1761)
 
3.2.28 Il periodo dei critici
Il XVIII secolo vide alcune raccolte critiche di lavori della tradizione precedente. Dài Zhèn (戴震, 1724 - 1777) curò la Libreria completa delle quattro branche della letteratura (四库全书 Sìkù quánshū, 1773) e fece pubblicare nuove edizioni di alcuni classici del pensiero matematico.
Ruǎn Yuán (阮元,1764 - 1849), nel corso di una vita dedita al servizio dello stato e ad una ricerca matematica molto vasta, scrisse le Biografie di astronomi e matematici (畴人传 Chóurén zhuán), contenente le biografie di 275 scienziati cinesi e di 41 matematici occidentali. Per la verità in questo testo si includono nella categoria dei matematici esperti e studiosi di diverse discipline (astronomi, calendaristi, geografi, ingegneri, economisti,…) , compresi alcuni poeti e musicisti. Probabilmente prevale l’intento critico di salvaguardia della cultura cinese dall’infiltrazione di contenuti di origine occidentale e dal confronto con la tecnologia e la scienza europea, cosicché questo libro diviene una celebrazione di tutti i sapienti di riferimento, in senso largo. La tesi fondamentale del testo è l’origine cinese o collegata con la cultura cinese della scienza occidentale. Il problema del rapporto della cultura cinese con quella europea fu in questa epoca sempre più sentito. Ruǎn si occupò anche di studi letterari e della ricostruzione filologica di antichi testi confuciani. Curò inoltre le riedizioni a stampa di diversi classici matematici. Allo stesso tempo divenne un’autorità negli studi di calligrafia
Il suo collaboratore Lĭ Ruì (李锐 1768 - 1817) commentò moltissimi classici e raccolse diversi risultati propri nelle Opere matematiche di Li Rui (李氏算学遗书 lǐ shì suànxué yíshū) nelle quali si occupò di metodi di calcolo delle lunghezze di archi e segmenti, di argomenti astronomici e di equazioni di grado alto.
 
 
3.2.29 Lǐ Shànlán (李善蘭) ed il dialogo interculturale nel periodo dei conflitti coloniali
Nel XIX secolo con l’inasprirsi dei conflitti con le grandi potenze coloniali europee via via più aggressive crebbero anche le occasioni di confronto diretto tra sistemi tecnologici e concezioni scientifiche. Molte idee e metodi matematici occidentali si diffusero in Cina in questo periodo. Trattandosi comunque di un’epoca di scontri ed imposizioni, più che una collaborazione tra studiosi si ebbe una contrapposizione tra la cultura cinese e quella europea, affetta da un forte complesso di superiorità. Ebbe un ruolo determinante l’infiltrazione massiccia di missionari protestanti ed, in misura minore, cattolici e l’istituzione di scuole di vario tipo da parte di agenzie occidentali che proponevano curricoli e contenuti assai lontani dalla sensibilità cinese. Esse si rivolgevano a strati sociali diversi da quelli ristrettissimi cui tradizionalmente si era rivolta l’istruzione. Se da un lato in molti casi nella loro opera mostravano una netta sottovalutazione dei saperi scientifici elaborati in Cina, ebbero però il merito di far circolare idee matematiche nuove. La matematica cinese non venne soppiantata completamente dalle produzioni internazionali ma ne subì lentamente l’influenza.
Un personaggio per certi versi anomalo in questo contesto fu Lǐ Shànlán (李善蘭, 1811-1882), matematico di formazione tradizionale che colse la portata rivoluzionaria di novità quali il metodo delle coordinate cartesiane od il calcolo differenziale e, nutrendo una grande fiducia nel dialogo interculturale, tradusse in cinese molti testi scientifici con l’aiuto di alcuni missionari inglesi. Tra le sue traduzioni anche gli ultimi nove libri degli Elementi di Euclide da un’edizione inglese (completando così il lavoro di traduzione e di dialogo iniziato dal Ricci e da Xú Guāngqǐ (徐光启) ai primi del XVII secolo), gli Elementi di Algebra di De Morgan e diversi testi di meccanica newtoniana, geometria analitica ed analisi. Queste branche della matematica facevano così la loro prima apparizione in Cina. In questa occasione venne coniato il lessico tecnico fondamentale della matematica usato ancora oggi nella lingua cinese. Scrisse inoltre raccolte di risultati di propri nelle quali diede sue definizioni e teoremi su logaritmi, serie infinite, combinatoria. In queste opere il suo stile è peraltro assai coerente con quello della tradizione matematica cinese.
 
 
3.2.30 Il XX secolo e l’apertura alla matematica internazionale
Alla fine del secolo XIX sia per volontà dei dirigenti della società cinese, sia sotto l’impulso della colonizzazione culturale operata da agenti occidentali, presero vita numerose istituzioni accademiche che diedero notevoli contributi alla ripresa degli studi matematici. Molte di esse avevano proprio l’obiettivo di introdurre temi occidentali o di preparare gli studenti a periodi di studio all’estero. Anche grandi scuole esistenti vennero riorganizzate col massiccio inserimento di contenuti matematici e fisici nei loro curricoli sotto la spinta del confronto con la modernità europea.
La Tóngwén Guǎn (同文館, Scuola di apprendimenti combinati) venne fondata nel 1864 a Pechino (北京 Běijīng) per opera di Lǐ Shànlán (李善蘭) ed era dedita alle lingue straniere per favorire lo studio dei testi della bibliografia internazionale e le scienze matematiche ed astronomiche occidentali. Nella sua offerta formativa c’erano anche corsi di matematica tradizionale. Dalla riorganizzazione di alcune importanti scuole nacque nel 1898 l’Università Imperiale (京师大学堂 Jīngshī Dàxuétáng) di Pechino, oggi ancora assai attiva come Università di Pechino (北京大学 Běijīng Dàxué). Allo scopo di preparare gli studenti cinesi per periodi di studio negli Stati Uniti venne fondato nel 1911 il Tsinghua College (清華學堂 Qīnghuá Xuétáng) da cui poi si sviluppò in seguito l’Università Tsinghua (清华大学 Qīnghuá Dàxué) che è oggi una delle più importanti ed attive istituzioni accademiche della Repubblica Popolare Cinese (中华人民共和国 Zhōnghuá Rénmín Gònghéguó).
Nel 1928 venne fondata a Pechino l’Academia Sinica (中央研究院 Zhōngbāng Bánjiūbuàn) da cui sono derivate sia l’Accademia Cinese delle Scienze (中国科学院 Zhōngguó Kēxuébuàn) nella Cina Popolare, sia l’Academia Sinica di Taipei (台北市 Táiběi Shìh) nella Repubblica Cinese (中华民国 Zhōnghuá Mínguó, meglio nota in occidente col nome di Tāiwān 台湾). Entrambe le istituzioni sono ancora attivissime negli studi fisici e matematici ed hanno relazioni di ricerca con le principali università del mondo. La Società Matematica Cinese (中国数学会 Zhōngguó shùxué huì) venne fondata a Shànghǎi (上海) nel 1935.
Nonostante alcuni periodi di difficoltà nelle relazioni internazionali, col progressivo allargarsi della circolazione degli intellettuali e delle idee, la ricerca matematica cinese del XX secolo si è rivolta alle forme consuete della ricerca internazionale ed alle regole, procedure e requisiti di accettabilità condivisi dagli studiosi di tutto il mondo. I criteri di scientificità caratteristici del pensiero occidentale hanno infine prevalso sulle perplessità degli studiosi cinesi talora evidenziate sotto forma di reazioni tradizionaliste, così come nella seconda metà del secolo si è imposto l’inglese come lingua privilegiata per l’espressione dei contenuti scientifici di rilievo. Ai primi del XX secolo matematici di formazione europea e statunitense tennero lezioni e corsi nelle università e nei più diversi consessi di studiosi cinesi. Tra essi il tedesco Konrad Knopp (1882 – 1957, in Cina tra il 1910 ed il 1917) e l’inglese Herbert Westren Turnbull (1885 – 1961, in Cina tra il 1911 ed il 1915). Nel 1917 il matematico Hú Míng Fù (胡明復 1891-1927) ottenne un dottorato ad Harvard. Nel 1932 a Zurigo venne ammessa per la prima volta una rappresentanza cinese ad un congresso internazionale di matematica.
Una gran parte dei temi topici della ricerca matematica internazionale fu introdotta in Cina da Xióng Qìnglái (熊庆来 1893 — 1969) che, dopo aver studiato in Europa dal 1913 al 1921, riuscì ad innalzare notevolmente il livello dei curricoli universitari cinesi includendovi esami di geometria, algebra, analisi, equazioni differenziali, meccanica analitica e fisica matematica e scrivendo una decina di libri di testo.
Da allora molti altri matematici cinesi frequentarono le università di tanti Paesi in Europa e delle Americhe e vi fecero ricerca dando contributi importanti. Alcuni fecero poi ritorno alle tante istituzioni accademiche e culturali del loro Paese e vi lavorarono. La Guerra Civile (国共内战 Guógòng Nèizhàn, 1927 - 1950) ebbe effetti anche sulle università e sugli intellettuali, buona parte dei quali lasciò la Repubblica Popolare Cinese e si recò a Tāiwān (台湾) o ad Hong Kong (香港 Xiānggǎng), città-stato sotto sovranità britannica sino al 1997 ed oggi regione a statuto speciale. Le università della Cina Popolare vennero però presto ricostituite e riportate ad un alto livello, per poi seguire le alterne vicende dell’enorme Paese socialista. La divisione del mondo in blocchi contrapposti portò i suoi studiosi a collaborare principalmente con colleghi dell’area filosovietica, con flussi variabili a seconda dei rapporti politici tra i diversi Paesi e fasi di isolamento pressoché completo.
Intanto i Paesi di cultura cinese entrati nel blocco capitalista partecipavano agli scambi accademici vieppiù intensi che caratterizzano la ricerca contemporanea. Molti seguirono il flusso che portava gli intellettuali più validi di tutto il mondo negli Stati Uniti, ove trovavano migliori condizioni economiche e di ricerca. I più noti matematici di origine cinese di questa fase hanno seguito percorsi di questo genere. Per quel che riguarda il flusso degli studiosi e gli scambi culturali è da segnalare anche il ruolo della Repubblica di Singapore (新加坡 Xīnjiāpō, in malese Singapura, in tamil சிங்கப்பூர் Cingkappūr), curiosa città-stato dalle quattro lingue ufficiali che è divenuta un crocevia di accademici interessati a dialogare col mondo di cultura cinese ed analizzarlo. Recenti prove comparative internazionali hanno rivelato gli stupefacenti livelli di competenza matematica degli studenti di Singapore.
Oggi matematici di cultura cinese sono tra i protagonisti della ricerca internazionale e le università cinesi sono meta di studenti e professori di tutto il mondo. Conclusasi la fase della contrapposizione internazionale dei blocchi ed apertasi negli anni novanta una stagione di trasformazioni sociali e culturali, la Cina Popolare ha preso a partecipare dei processi internazionali di ricerca con enorme energia e con grande successo. Si può presumere che il flusso che portava molti intellettuali eccellenti verso le università statunitensi od europee si vada invertendo col procedere dei cambiamenti.
Occorre inoltre sottolineare un fattore completamente nuovo: così come in tutti i settori della vita civile cinese e secondo una tendenza mondiale di tutta la ricerca matematica, sono numerose le donne che sono riuscite ad ottenere ruoli di prestigio ed a pubblicare ricerche significative anche nell’ambiente accademico matematico cinese. Forse qui più che altrove, anche solo per il loro numero, l’accesso delle donne a nuovi ruoli dirigenziali ed intellettuali un tempo preclusi costituisce un cambiamento sociale ed antropologico determinante che ha conseguenze epocali.
Vediamo qui solo qualche personaggio particolarmente noto o dalla biografia significativa.
 
Xŭ Băo-lù (许宝騄 più conosciuto come Pao-Lu Hsu, 1910 – 1970) fu un importante ricercatore della Cina Popolare. Alla fine degli anni trenta, già ricoprendo una buona posizione accademica, trascorse periodi di studio in diverse università nel Regno Unito approfondendo temi di probabilità e statistica e producendo diversi lavori sull’inferenza. Conseguì colà il Ph.D. (il titolo più importante degli studi di post dottorato) e diversi altri titoli. Durante la Seconda Guerra Mondiale rientrò in Cina ove continuò a lavorare a temi di statistica multivariata pur tra grandi difficoltà economiche. Promosse l’innovativa introduzione delle matrici in questo contesto. Dopo la guerra collaborò con varie università statunitensi ove ricoprì anche incarichi accademici pur rimanendo legato alle istituzioni accademiche di Pechino. La sua salute cagionevole non gli impedì di essere un autore assai prolifico ed un insegnante piuttosto apprezzato sino alla morte, nel 1970.
 
Huà Luógēng (华罗庚, 1910 – 1985) fu uno dei matematici più prolifici, avendo scritto più di duecento lavori, molti dei quali sono divenuti dei riferimenti fondamentali per interi nuovi filoni di ricerca. I suoi studi sui numeri primi diedero nuovo impulso alla ricerca sulla Congettura di Golbach. Questo tema fu in seguito particolarmente frequentato dai matematici cinesi tra cui il suo allievo Chén Jǐngrùn (陈景润 1933 – 1996), lui pure matematico assai importante. Huà spaziò in moltissimi campi, in particolare l’aritmetica e l’algebra. Alla fine degli anni cinquanta ebbe anche una funzione importante nella fondazione e promozione di università e di istituti di ricerca nella fase storica in cui la rottura dei rapporti tra la Cina Popolare e l’Unione Sovietica aveva privato la partenza dei tecnici russi che avevano rivestito ruoli nevralgici in tutte le aree scientifiche e tecniche della vita produttiva, economica e sociale. La sua figura è forse una delle più emblematiche degli studiosi della sua generazione nella Cina Popolare: per via delle complesse vicende del suo Paese non ebbe mai occasione di seguire una carriera universitaria regolare neppure come studente e non ebbe mai né laurea né altri titoli accademici se non quelli di direttore di istituzioni accademiche e quelli che gli furono attribuiti honoris causa da varie università del mondo. La sua impressionante biografia assume una particolare connotazione eroica, alla luce delle vicende del contesto, per via del fatto che in seguito ad una malattia contratta nella prima gioventù fu disabile con forti problemi di movimento per gran parte della sua vita.
 
Scheda
La Congettura di Goldbach
 
Una congettura è una proposizione di carattere matematico di cui non si ha una dimostrazione, e che quindi non è teorema, ma della quale non esistono nemmeno controesempi, ossia dei casi noti in cui non valga. In altre parole è un’affermazione cui siamo tentati di credere perché è verificata in tutti i casi che ci possono venire in mente ma di cui non possiamo affermare la validità generale, cioè in ogni caso possibile. La storia della matematica ha visto molte congetture che sono state dimostrate talora anche dopo secoli di tentativi. Altre, come questa, sono tuttora problemi aperti.
 
Enunciato (f): ogni numero intero pari maggiore di 2 può essere scritto come somma di due numeri primi.
 
La verifica della validità della congettura per numeri piccoli è immediata:
; ; ;…
 
La congettura non dice che tale modo di scrivere i numeri debba essere unico (anche senza considerare l’inversione dell’ordine degli addendi), infatti non lo è: ; .
 
La sua origine è in un carteggio del 1742 tra i matematici Christian Goldbach (1690 – 1764) e Leonhard Euler (1707 – 1783). Nel corso di una lunga storia di tentativi di dimostrazione, oltre alle verifiche per numeri assai grandi rese possibili dai calcolatori elettronici (che comunque non risolvono il problema della generalità), si è evidenziata una versione più debole, ossia una proposizione simile con qualche ipotesi aggiuntiva che la rende meno generale. Il rapporto tra una proposizione forte (quella originaria) ed una debole consiste nel fatto che provando la prima si avrebbe una dimostrazione anche per la seconda. Il contrario non vale, ma se si dimostra una proposizione debole almeno si è acquisito un teorema su argomenti simili, seppure in una campo più limitato di quello in cui vale anche la forte. La Congettura debole di Golbach affferma che:
 
Enunciato (d): ogni numero intero dispari maggiore di 7 può essere scritto come la somma di tre numeri primi dispari eventualmente ripetuti.
 
Anche in questo caso si vede facilmente come la proposizione valga per numeri piccoli:
; ; ;…
 
ma per numeri più grandi le cose si complicano ed anche questo problema rimane aperto nel caso generale.
 
 
Chén Xǐngshēn (陳省身, noto come Shiing-Shen Chern, 1911 – 2004) fu uno dei più importanti studiosi di geometria differenziale del secolo passato. Nato nello Zhèjiāng (浙江), dopo la formazione accademica in varie università cinesi, negli anni trenta lavorò in Europa ad Amburgo ed a Parigi ove conseguì altri titoli accademici. Dopo il ritorno in una Cina sconvolta dall’aggressione giapponese fondò a Shànghǎi (上海) l’Istituto Matematico dell’Accademia Sinica. Poco prima della Guerra Civile si trasferì negli Stati Uniti ove insegnò e lavorò a lungo. Divenuto cittadino americano, diresse numerose importanti scuole di alta formazione ed istituti di ricerca a Cicago e Berkeley. Tornò nella Cina Popolare ove fondò alcuni centri di ricerca.
 
Xiàn Zhōng Wàng (王宪钟 1918 - 1978) si laureò in Cina all’Università Tsinghua (清华大学 Qīnghuá Dàxué) di Pechino e completò gli studi nel Regno Unito, sino al Ph.D. nel 1948. Fece poi ritorno in Cina ed in seguito alla Guerra Civile riparò prima nella Repubblica Cinese e poi negli Stati Uniti d’America ove visse sino alla morte.
Nel campo della topologia algebrica scoprì le sequenze di Wang che sono particolari insiemi di gruppi di omologie. Risolse alcuni importanti problemi aperti sui sottogruppi di un gruppo di Lie (una struttura algebrica dalle caratteristiche utili in topologia)
 
Qiū Chéngtóng (丘成桐, 1949 – vivente) è più noto come Shing-Tung Bau che è il modo in cui si leggono i caratteri che compongono il suo nome secondo la pronuncia cantonese. Originario del Guǎngdōng (广东) si trasferì in giovane età ad Hong Kong (香港 Xiānggǎng), allora sotto la sovranità britannica, ed ivi si laureò. Conseguì poi il Ph.D. a Berkeleb, negli Stati Uniti e da allora lavora in diverse prestigiose istituzioni di quel Paese. Collabora però anche con diverse itituzioni accademiche cinesi ed internazionali. Nel 1976 dimostrò la Congettura di Calabi su di una classe di varietà complesse che oggi portano anche il suo nome (le Varietà di Calabi-Bau) e che sono una delle basi geometriche della teoria fisica delle stringhe. Nel 1979 dimostrò con Richard Schoen il Teorema dell’energia positiva in Teoria della Relatività Generale. Sono notevoli anche i suoi lavori in Geometria differenziale. Ha collezionato un’impressionante serie di onorificenze e premi accademici internazionali, tra cui la medaglia Fields, la più importante cui un matematico possa aspirare. Raggiunti tali successi si è ricordato del suo Paese d’origine istituendovi fondi, borse di studio e premi e finanziando diverse scuole di alta formazione. Si è inoltre occupato di letteratura cinese ed ha composto diversi poemi nella sua lingua madre.
 
Lai-Sang Boung (1952 – vivente) nacque ad Hong Kong ed emigrò negli Stati Uniti per concludervi gli studi liceali ed universitari. Giunta al Ph.D. nel 1978, a soli 26, anni lavorò in diverse istituzioni accademiche degli Stati Uniti ed in Europa. I suoi principali risultati riguardano i sistemi dinamici, argomento al confine tra analisi, geometria, topologia, probabilità e fisica matematica. La Boung ha elaborato complessi metodi di studio per le proprietà ergodiche e statistiche dei sistemi dinamici.
 
 
4 Numeri, numerali e tecniche di calcolo
 
4.1 Dinamica dialettica tra modelli mentali, rappresentazioni, usi operativi, necessità sociali, scambi interculturali.
Tra le forme di rappresentazione degli oggetti matematici diffuse in un gruppo sociale ed i modelli mentali di tali oggetti che i membri del gruppo possono formarsi esiste un legame profondo, sebbene non deterministico, nel senso che restano spazi per notevoli varianti individuali.
La rappresentazione viene costruita collettivamente su di un modello mentale condiviso che riflette le concezioni delle proprietà matematiche elaborate dal gruppo, ma d’altra parte ha caratteristiche proprie per così dire collaterali che durante l’uso influenzano il modello e ne rendono necessari aggiornamenti o precisazioni. A loro volta rappresentazioni e modelli sono influenzati dalle operazioni e dai procedimenti in cui vengono impiegati. Forme ed usi si condizionano a vicenda e danno luogo ad una dinamica di sviluppo interna alla cultura matematica del gruppo sociale. Essa può poi venire in contatto con altre culture matematiche, con le loro modalità di modellizzazione, rappresentazione ed uso operativo, e quindi esserne influenzata nel corso di scambi. Infine rappresentazioni, modelli e processi operativi traggono origine dalle necessità materiali e simboliche della società che le produce. D’altro canto le soluzioni, i vantaggi o semplicemente i modi di fare che il loro uso comporta cambiano le necessità di partenza e le trasformano.
Ad esempio una necessità economica posta dagli appartenenti ad un gruppo (una possibilità di scambi commerciali) può generare il bisogno di una tecnica di conteggio e calcolo (prezzi, resti e ricavi, equivalenze con valori di merci privilegiate di scambio, monete,…) che il gruppo tenta di soddisfare elaborando un qualche concetto di numero (con multipli e sottomultipli opportuni) con una rappresentazione accessibile ai sensi od almeno all’immaginazione (nomi e segni) ed una tecnica operativa per poterne fare uso nei problemi originari (algoritmi per operazioni di addizione, sottrazione, moltiplicazione e divisione). Tale rappresentazione e tale tecnica possono porre le premesse per sviluppi teorici autonomi da parte di alcuni membri del gruppo specializzati in questo genere di incombenze (gli intellettuali) e questo può generare l’elaborazione di nuovi concetti e nuove tecniche. Ad esempio si può innescare una riflessione sulle operazioni e sulle loro proprietà oppure si possono elaborare sistemi di controllo per verificarne l’esecuzione corretta (livello metacognitivo). Le rappresentazioni hanno infatti una loro sintassi (regole combinatorie) che deve accordarsi sia con le caratteristiche del modello mentale, sia con quelle di tipo algoritmico delle operazioni. Questa consonanza non è scontata, anzi solitamente appaiono continuamente degli aspetti dei concetti teorici che non vengono presi in debita considerazione dalle rappresentazioni o rappresentazioni che non si rivelano adeguate alle operazioni che si rendono necessarie, od ancora algoritmi non adeguati al campo cui li si vuole applicare. Per sperimentare tutti questi tipi di inadeguatezza si provi a fare una divisione non banale tra numeri naturali di più di due cifre col solo sostegno dei numerali orali italiani ma usando gli algoritmi della divisione scritta all’italiana. Ovvero ad eseguire anche per iscritto una somma tra numeri naturali alti con i numeri romani.
Accade poi, al di fuori degli studi matematici propriamente detti, ma in un certo seno in loro prossimità, che avvalendosi della tecnica acquisita il gruppo sociale può incontrare necessità nuove (volumi commerciali di dimensioni mai sperimentate, deposito e conservazione delle merci, sistemi di comunicazione e trasporto più veloci e di maggior portata,…) cui occorre rispondere con nuove elaborazioni matematiche. Le rappresentazione e le tecniche usate possono infatti rivelarsi limitate. Si pensi all’introduzione, negli ambienti di ricerca come nelle scuole, delle conoscenze matematiche (sistema binario, programmazione, conoscenze specifiche di ambito logico ed algebrico) legate all’informatica quando le necessità della vita produttiva hanno richiesto un’informatizzazione massiccia della maggior parte degli ambiti di lavoro. Il commercio e la circolazione di prodotti culturali possono inoltre portare a contatto il gruppo originario con manufatti e pratiche appartenenti a diverse tradizioni con prestiti di pratiche e concezioni quando non di problematiche nuove.
 
 
 
 
Tutti questi processi di generazione ed influenza sono particolarmente evidenti nel caso dei sistemi di rappresentazione dei numeri e delle tecniche di calcolo.
Nel caso della cultura cinese i concetti legati ai numeri sono probabilmente nati sotto la spinta delle necessità materiali proprie delle forme di produzione della monarchia distributiva di fase potamica (divisione di terre, distribuzione di beni, tassazione, canalizzazioni…) e di quelle simboliche legate all’organizzazione politica dell’impero ed a concezioni filosofiche, etiche e religiose specifiche (astronomia, calendario, significati simbolici legati a numeri o costrutti algebrici, grandi numeri). Necessità successive quali commercio, ingegneria e cartografia debbono aver imposto l’avanzamento degli studi algebrici. Le forme di rappresentazione impiegate nell’uso di strumenti di calcolo quali le bacchette ed il pallottoliere (numerali concreti) e le tecniche di calcolo legate ad essi hanno certamente influenzato i numerali scritti ed orali sia nella loro forma sia nella sintassi del sistema numerico. Quest’ultimo ha inoltre subito grandi influenze da parte delle particolarità del sistema linguistico, in particolare nell’uso dei classificatori.
 
 
4.2 Le bacchette da calcolo e la notazione posizionale in base 10
 
4.2.1 Uno strumento di conteggio e calcolo
Il calcolo aritmetico ed algebrico è un interesse costante della tradizione matematica cinese così come l’elaborazione di rappresentazioni posizionali dei numeri interi. I cinesi predilessero la base 10 e non usarono frazioni sessagesimali per lungo tempo, il che fa pensare a scarsi contatti con l’area mesopotamica e greca (Boyer, 1980). Testimonianze assai remote documentano l’uso di pochi numerali fondamentali: caratteri e parole col significato di 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 100 1.000 10.000 usati per rappresentare altri numeri in segni numerali composti secondo precise regole.
Le bacchette numeriche (筹 chóu) sono strumenti concreti di calcolo che prevedono una rappresentazione dei numeri col sistema posizionale in base 10. Erano usate su tavole con colonne verticali che ne distinguessero bene le posizioni. Sono le antenate dei pallottolieri con cui si fanno tuttora i calcoli in molte regioni dell’Asia.
Hanno probabilmente avuto origine tra l’ottavo secolo p.E.v. ed il terzo secolo E.v., periodo che la tradizione ricorda come Epoca delle Primavere e degli Autunni (春秋时代 Chūnqiū Shídài) e Periodo degli Stati Combattenti (战国时代 Zhànguó Shídài). La Cina passò in quei secoli da un regime di monarchia schiavista redistributiva ad un regime di tipo feudale con grandissimi cambiamenti sociali e culturali. Le fattorie grandi e regolari suddivise in nove quadrati (come ricordato nel carattere che le indicava) furono ridotte ad aggregati minori in una terra divisa irregolarmente. Ciò rese essenziali nuove tecniche per le misure agricole. Il calendario fu aggiornato varie volte in ragione di necessità simboliche legate alla selezione dei gruppi dirigenti e rese necessari calcoli più accurati che in passato. Inoltre le innovazioni tecniche in agricoltura e nella produzione artigianale diedero impulso alla produttività sociale. Prese infine avvio una nuova forma di economia monetaria. Tutto ciò spinse alla ricerca di precise tecniche di calcolo.
Fu dunque sviluppata la tecnica delle bacchette numeriche da conteggio e da calcolo ed apparvero nelle fonti scritte i caratteri 算 (suàn, calcolare) e 筹 (chóu, bacchetta da calcolo). Nel testo fondamentale del Taoismo, il Classico della Via e della Virtù (道德经 Dào Dé Jīng VI secolo p.E.v.) di Lǎozǐ (老子), si dice che i buoni matematici ne sanno fare a meno. Numerali che ne derivano sono riportati sulle monete dell’epoca.
Altre fonti del VI secolo descrivono le bacchette come bastoncini di bambù a sezione rotonda di poco più di 2 mm di diametro lunghi quasi 14 cm. In mano se ne potevano tenere comodamente 271 legati in un anello rigido esagonale. In seguito divennero più corte e a sezione quadrata o rettangolare in modo da non muoversi troppo durante le operazioni di calcolo. Venivano realizzate in ossa, avorio, legno, metalli e contenute in borse od appositi astucci che tutti i pubblici ufficiali dovevano portarsi appresso.
 
4.2.2 Rappresentazione dei numeri interi con le bacchette
Come accennato la notazione dei numeri interi era posizionale in base 10. Nella prima fase i numerali fondamentali rappresentavano i naturali da 1 a 9 con altrettante bacchette giustapposte. In seguito i numerali evolsero in altre disposizioni di bacchette per i naturali da 6 a 10 per ragioni di praticità e di legame col conteggio con le dita della mano. Si riscontra un analogo fenomeno nei numerali romani. La forma più matura di questi numerali fu dunque quella delle due serie qui rappresentate in riga:
 
Inizialmente le bacchette erano disposte sempre verticalmente (come nella prima riga) ma poi per evitare equivoci nei numerali composti si sviluppò la regola di orientarle alternativamente: verticali per unità, centinaia, decine di migliaia, eccetera (cioè moltiplicatori di 10n con n naturale pari o zero); orizzontali per decine, migliaia, eccetera (cioè moltiplicatori di 10k con k naturale dispari).
 
Si svilupparono dunque le due serie di numerali fondamentali da usare in posizioni alterne. Da queste disposizioni di bacchette derivò in seguito un sistema simbolico di numerali scritti in notazione posizionale.
Sotto la spinta del sistema posizionale si avvertì presto la necessità di una rappresentazione per lo zero ed una sua successiva elaborazione concettuale. I matematici cinesi elaborarono allora un loro concetto di zero diverso da quello indiano (śūnya) per implicazioni filosofiche e statuto epistemologico: il líng (〇).
Il salto teorico successivo fu l’elaborazione dei numeri negativi che apparvero nel I secolo E.v. con la differenziazione dei colori: bacchette nere rappresentavano numeri negativi e bacchette rosse i positivi. Il processo di elaborazione fu lento e per un lungo periodo i matematici non accettarono un numero negativo come soluzione di un problema per cui possiamo sospettare che i numeri negativi avessero quindi uno status di stratagemma di calcolo più che di oggetto matematico vero e proprio. Si noti comunque l’anticipo sulla cultura matematica europea che, se tollerava un uso pratico non ben giustificato teoricamente presso mercanti ed economisti, permise l’ingresso ai numeri negativi nel novero ufficiale degli oggetti matematici solo più di un millennio e mezzo dopo. In Cina già nei Nove capitoli dell’arte matematica (九章算术 Jiǔzhāng suànshù) si fa notare l’equivalenza di sottrazioni tra numeri dello stesso segno ovvero addizioni tra numeri di segno opposto e valore assoluto uguale a quello dei primi (in termini moderni: con a e b numeri interi positivi) ed il ruolo particolare dello zero, con le sue proprietà di elemento neutro ed altre tra cui: e . Da tali osservazioni appare una concezione operatoria anche della sottrazione che invece per noi contemporanei non è che l’effetto dell’addizione tra numeri di segno opposto.
 
 
Scheda
Líng (〇), lo zero cinese
La parola líng che oggi indica lo zero e che si può scrivere 〇 ha avuto nella lingua cinese diversi significati che si ritrovano in diverse opere letterarie (Wang, 2003). Ad esempio “pioggerellina” (I secolo E.v.), “pioggia minuta” (VI secolo E.v.), “cosa affievolita e caduta” (X secolo) e “dispari e poco più” (XVII secolo). Nei calendari antichi lo zero è rappresentato da uno spazio vuoto seguito da un carattere numerico come 初 (chū “il primo”). In altri testi storici ad accompagnare lo spazio vuoto si trova 端 (duān “inizio”), 本 (běn “origine”) e 空 (kòng “vuoto”).
Come segno matematico era inizialmente espresso con uno spazio vuoto (Wang, 2003). Nel sistema di notazione decimale a bacchette la cosa non generava confusione perché nei numerali composti si usavano alternativamente i numerali fondamentali nei due orientamenti: verticale per unità, centinaia, decine di migliaia,… eccetera; ed orizzontale per decine, migliaia, centinaia di migliaia, …eccetera . Per segnalare l’ordine di grandezza privo di moltiplicatori (cioè lo zero) bastava lasciare lo spazio vuoto che il lettore avrebbe interpretato correttamente trovandolo tra due numerali fondamentali della stessa serie. Ad esempio :
 
In molti libri antichi si trova poi il segno costituito da un quadratino bianco □ che in seguito si trasformò in un cerchio per la fretta nella scrittura. Il simbolo 〇 è usato stabilmente almeno dal XIII secolo. La prima comparsa è nel Trattato matematico in nove parti (数书九章 Shùshū Jiǔzhāng) di Qín Jiǔshào (秦九劭) del 1247 (Bagni, 1996). Oggi i principali dizionari cinesi lo riportano, assieme al carattere 零 che si legge sempre líng e fa parte della serie di numerali testuali dàxiě.
 
Norme di scrittura del carattere antico per líng (zero)
 
Questo zero è una creazione cinese indipendente dal filone indiano (Wang, 2003) nata dall’algebra e dalle notazioni usate dai mercanti e dai contabili ufficiali che praticavano il calcolo con le bacchette.
Il sistema indiano con lo zero śūnya fece la sua comparsa in Cina nel VIII secolo in opere calendariali e fu adottato da alcuni matematici. Inizialmente era espresso con un puntino • che segnalava lo spazio vuoto, un po’ come fanno certi macchinari di oggi. Questo sistema ebbe buona diffusione in Cina solo nel XIII secolo. Il simbolo contemporaneo 0 sostituì 〇 nelle opere a stampa solo alla fine del XIX secolo con la circolazione dei manuali di matematica inglesi e statunitensi con cui il colonialismo europeo impose al mondo la sua cultura matematica greco-araba ricca di contenuti e metodi di origine indiana.
 
 
 
Scheda
Calcolare con le bacchette ‎筹 (chóu)
Algoritmi di calcolo con le bacchette compaiono in diverse opere del V secolo, tra cui il Manuale di calcolo di Sunzǐ (孙子算经 Sunzǐ suànjìng), il Manuale matematico di Zhāng Qiūjiàn (张邱建算经 Zhāng Qiūjiàn suànjìng) e le Memorie su metodi algebrici tradizionali (数术记遗 Shùshū jìyí) di Xú Yuè (徐岳).
Con questo strumento si possono eseguire addizioni, sottrazioni, moltiplicazioni, divisioni, estrazioni di radice quadrata e cubica. Addizioni e sottrazioni si eseguono spostando le bacchette più o meno come le palline di un pallottoliere, strumento che apparirà in seguito. L’aspetto fondamentale in entrambi gli strumenti è il rispetto delle posizioni dei numerali fondamentali imposte dalla notazione posizionale.
Gli algoritmi per la moltiplicazione con le bacchette sono vari. Quello seguente, spiegato da Sunzǐ, richiede un rigoroso rispetto delle posizioni e veniva eseguito su tavole da calcolo quadrettate (Bagni 2006). Vediamo un esempio:
 
 
Ripercorrendone le tappe al contrario si ottiene un algoritmo per la divisione da cui deriva quello usato attualmente per iscritto in molte culture matematiche con numerali indo-arabi:
 
 
 
Un altro algoritmo praticabile con le bacchette è la moltiplicazione per graticola. In ambiente mediterraneo esso venne usato dal grande scienziato persiano Mohammad Ibn Mūsā Khwārizmī (ﻣﺤﻣﺪ ﺒﻦ ﻣﻭﺴﻰ ﺨﻭﺍﺭﺯﻣﻰ 780 – 850) e fu introdotto in Europa nel 1202 nel Liber abaci del matematico e mercante pisano Leonardo Fibonacci (1180 – 1250) insieme al sistema di numerazione indo-arabo oggi adottato universalmente ed a molti altri contenuti matematici.
Vediamo alcuni esempi di moltiplicazioni per graticola:
 
 
 
Un altro algoritmo per la moltiplicazione si ottiene incrociando le bacchette come nell’esempio seguente e contando ordinatamente i nodi. Occorre sempre fare attenzione ai riporti ma il sistema è decisamente semplice anche per numeri abbastanza alti:
 
 
 
 
Si noti che la rappresentazione non è omogenea: i fattori sono rappresentati da bacchette mentre il prodotto da intersezioni. Se lo si deve usare in altri calcoli lo si deve riscrivere in un altro modo.
Nella letteratura matematica cinese si ritrovano metodi per risolvere equazioni lineari, quadratiche, cubiche e persino di grado superiore in casi particolari. Alcune equazioni coinvolgono due, tre, quattro o più incognite.
 
 
 
4.2.3 Numerali a bacchetta scritti e notazione posizionale
Il più antico libro sul sistema decimale posizionale è il Mò Jìng (墨经 Libro del Maestro Mò, 330 p.E.v.), canone filosofico della Scuola Moista (墨家 Mòjiā) in cui si dice: “Uno è meno di due ma anche più di cinque. La spiegazione è data stabilendo la posizione.” E poi: “Ci sono degli uno in cinque e dei cinque in uno. L’ultimo uno è al posto più alto e quindi [rappresentando 10] contiene due cinque”.
Nel Manuale matematico dei Cinque Dipartimenti Amministrativi (五曹算经 Wǔcáo suànjìng) del V secolo E.v. compaiono i numerali a bacchetta, segni scritti derivati dal sistema di rappresentazione usato nella tecnica di calcolo con le bacchette (Bagni, 1996) e regolati dalla logica posizionale. Sono qui riportati per comodità del lettore i numerali fondamentali, cioè i simboli per i naturali da 1 a 9:
 
 
Ad essi venne più tardi aggiunto lo zero (〇 o 零 líng). Le due forme, verticale ed orizzontale, servono ad evitare gli equivoci generati da una giustapposizione disordinata come si è detto. Questi numerali erano la versione scritta di quanto rappresentato con le bacchette. Quando la prassi di calcolo con bacchette fu soppiantata dal pallottoliere questo sistema di scrittura sopravvisse e diede origine ad alcune forme tuttora in uso, tra cui i numerali huāmǎ (花碼 ).
Dal XIII secolo i numeri negativi vennero scritti con gli stessi numerali usati per i positivi ma con l’ultima cifra sbarrata da un tratto obliquo.
 
 
 
4.3 Il pallottoliere cinese (suànpán 算盘)
Quest’altro strumento di calcolo tipico della cultura matematica cinese funziona grazie ad un rigoroso rispetto del principio posizionale di rappresentazione. Citato in fonti scritte almeno dal II secolo E.v. si diffuse inizialmente tra i mercanti ed i contabili di estrazione popolare fino a che nel XIII secolo venne adottato anche nei consessi di ricerca e soppiantò le bacchette da calcolo. Il pallottoliere ebbe uno straordinario successo in tutta l’Asia centrale ed orientale e ne furono elaborate moltissime versioni nei diversi Paesi. È tuttora usato e studiato sebbene negli ultimi venti anni i bassi costi e la grande praticità delle macchinette calcolatrici tascabili vadano ridimensionando la sua popolarità. Le cassiere dei grandi magazzini cinesi e giapponesi lo hanno avuto a disposizione accanto al registratore di cassa elettronico sino a non molto tempo fa.
Il suànpán (算盘) storico è costituito da un telaio rettangolare suddiviso in due parti da un setto perpendicolarmente al quale sono infilate diverse stecche (normalmente non meno di 7); su ognuna scorrono delle palline in numero di 5 da una parte e 2 dall’altra. La presenza del setto e delle due palline nell’apposito settore sono le principali differenze rispetto ad altri tipi di pallottolieri tipici di altre tradizioni culturali come lo счёты (scjoty) russo (che ha solo 5 palline in un telaio indiviso) od il soroban (算盤, そろばん) giapponese (che ha 4 palline da una parte e 1 dall’altra). L’abacus romano, fatto di solchi nella terra in cui scorrevano i calculi, presentava varie versioni, con o senza divisione e con diverse distribuzioni di palline, tra cui una uguale a quella cinese. Le tecniche d’uso e gli algoritmi di calcolo rispettivi possono dunque variare un poco.
 
4.3.1 Rappresentazione di numeri
Il pallottoliere cinese può rappresentare i numeri interi in diverse basi, tra 10 e 16, quest’ultima tradizionalmente assai popolare a causa delle suddivisioni di antichi sistemi di misura di peso in uso nei mercati. Esaminiamo qui solo la rappresentazione decimale, che consente anche l’espressione di alcuni numeri razionali. La figura precedente mostra come si presenta il pallottoliere in posizione di “riposo”, quando cioè non rappresenta alcun numero naturale ovvero, con una piccola forzatura interpretativa, rappresenta 0. Tutte le palline sono dalla parte opposta al setto. Per contare si spostano le palline verso il setto.
Le 5 palline del settore inferiore, dette di terra o d’acqua, valgono una unità del valore corrispondente all’ordine di grandezza rappresentato dalla stecca in cui sono infilate, mentre le 2 del settore superiore, dette di cielo, ne valgono cinque. La rappresentazione si basa dunque su di un sistema bi-quinario. L’intero 27 verrà rappresentato con due palline di terra della stecca di ordine 10, una di cielo e due di terra della stecca di ordine 1 cioè: .
Gli ordini di grandezza crescono da destra a sinistra partendo dalle unità ovvero, in casi specifici ed a seconda delle necessità d’uso, da un ordine minore, sempre il più piccolo cui si è interessati. Quindi ad esempio .
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Alcune regole di gestione dei sinonimi garantiscono l’univocità della rappresentazione. Ad esempio alla fine di un calcolo non è ammesso che tutte le 5 palline di terra siano alzate al setto: se ciò dovesse capitare le si raccoglie al bordo inferiore e si abbassa al setto una pallina di cielo nella stessa stecca. Così ugualmente non si ammettono al setto due palline di cielo, ma le si alza al bordo superiore e si alza al setto una di terra dell’ordine successivo, cioè della stecca subito a destra.
 
 
4.3.2 Algoritmi
Come ci si può aspettare, data l’alta diffusione della strumento da epoche remote, gli algoritmi ed i metodi con cui lo si può usare sono moltissimi. Qui vediamo solo i più semplici segnalando però le grandi capacità del pallottoliere nello sviluppo dell’intelligenza e le notevoli possibilità creative che esso offre per adattarne gli algoritmi a calcoli di ambiti particolari. In sitografia sono citate fonti su possibili attività didattiche a questo riguardo.
Il principio generale da seguire nella somma di due numeri è quello di rappresentarne uno secondo le regole date e poi spostare verso il setto le palline necessarie a rappresentare l’altro sulle stesse bacchette, operando i necessari riporti su quelle successive.
 
 
 
Tenendo conto dei riporti le palline da spostare al setto ordine per ordine sono riassunte nella seguente tabella, adattamento da (Fernandes, 2003).
 
numeri al
I addendo numeri al
II addendo palline di terra
stessa stecca palline di cielo
stessa stecca palline di terra
stecca successiva
0 1 2 3 1 +1
4 1 -4 +1
5 6 7 8 1 +1
9 1 -4 -1 1
0 1 2 2 +2
3 4 2 -3 +1
5 6 7 2 +2
8 2 -3 -1 +1
9 2 -3 -1 1
0 1 3 +3
2 3 3 -2 +1
4 3 -2 +1
5 6 3 +3
7 3 -2 -1 +1
8 9 3 -2 -1 +1
0 4 +4
1 2 3 4 4 -1 +1
5 4 +4
6 7 8 9 4 -1 -1 +1
0 1 2 3 4 5 +1
5 6 7 8 9 5 -1 +1
0 1 2 3 6 +1 +1
4 6 -4 +1
5 6 7 8 6 +1 -1 +1
9 6 -4 +1
0 1 2 7 +2 +1
3 4 7 -3 +1
5 6 7 7 +2 -1 +1
8 9 7 -3 +1
0 1 8 +3 +1
2 3 4 8 -2 +1
5 6 8 +3 -1 +1
7 8 9 8 -2 +1
0 9 +4 +1
1 2 3 4 9 -1 +1
5 9 +4 -1 +1
6 7 8 9 9 -1 +1
 
Con la tabella precedente si possono sommare anche numeri molto alti suddividendo la somma ordine per ordine.
 
 
Col pallottoliere classico si rappresentano soltanto numeri naturali e quindi tutti gli algoritmi sono concepiti all’interno di questo insieme. Per questo l’algoritmo di sottrazione deve dare sempre risultati non negativi, quindi si applica solo se il minuendo è maggiore od uguale al sottraendo.
Rappresentato il minuendo si spostano lontano dal setto le palline necessarie a rappresentare il sottraendo a cominciare dall’ordine maggiore verso il minore, cioè da sinistra a destra.
 
Talora può essere necessario trasformare la rappresentazione di numeri che richiedono palline di cielo sostituendo a queste 5 palline di terra.
 
 
 
 
Gli algoritmi per la moltiplicazione sono più complicati. Dato che inizialmente occorre rappresentare ambo i fattori su insiemi di stecche diverse, meglio se divisi da almeno una stecca “inerte”, l’operazione può risultare più chiara con un più alto numero di stecche.
 
 
Le difficoltà riscontrate per la moltiplicazione si incontrano anche nel caso della divisione per la quale pare esistessero apposite tavole da mandare a memoria o da consultare simili alla tavola pitagorica della moltiplicazione tra naturali della tradizione greca.
 
 
4.4 Numerali cinesi contemporanei
Nella cultura cinese si usano sistemi di numerali diversi per usi diversi secondo precise regole. La cosa non deve stupirci troppo perché anche in Italia usiamo i numerali indo-arabi con notazione posizionale in base 10 per usi generali, ma anche il sistema sessagesimale (con basi miste 10 e 60) per gli angoli, un sistema ancor più complesso per il tempo, i numeri romani per specifici ambiti (lapidi, pergamene, secoli,…), la notazione binaria all’interno dei calcolatori elettronici ed altri sistemi ancora.
 
 
4.4.1 Sistema indo-arabo
Uno dei sistemi di numerali più importanti è quello indo-arabo che usiamo anche noi, imposto pressoché universalmente dal colonialismo, dall’evangelizzazione, dai traffici commerciali, dalla diffusione delle tecnologie e delle visioni scientifiche occidentali e più recentemente dalla globalizzazione. Quasi tutti i cinesi lo conoscono, lo studiano a scuola, lo leggono con parole della lingua cinese (che vedremo nel paragrafo successivo) in testi di vario tipo (documenti, etichette,…) e padroneggiano la sintassi delle sue regole combinatorie (quelle che permettono di formare numerali composti dai numerali fondamentali o cifre) (Nicosia, 2008).
 
 
4.4.2 Sistema testuale
4.4.2.1 Parole e ideogrammi per numeri
Mentre il sistema indo-arabo impera sugli usi scolastici, accademici ed in ambito tecnico anche di alto livello, altri sistemi più tipici della cultura cinese sono preferiti per scritture di particolare solennità, striscioni verticali celebrativi, contesti di maggiore letterarietà o con deciso intento estetico, comunicazioni ufficiali importanti, relazioni finanziarie o documenti di stato.
Un sistema molto usato è quello testuale, che vede i numerali semplicemente come ideogrammi. Si noti che anche quelli indo-arabi sono segni ideografici, ma la sintassi posizionale li stacca dalle caratteristiche delle parole delle varie lingue in cui sono usati. Invece nel caso di quelli cinesi i numerali sono in tutto e per tutto parole e quindi si scrivono come file di ideogrammi sillabici secondo il sistema della lingua cinese.
 
4.4.2.2 Numerali fondamentali e regole di composizione
Il fatto che il sistema non sia posizionale ma additivo e moltiplicativo come quello dei numeri romani implica che si usino molti segni per indicare gli ordini di grandezza, così come avviene per i numerali orali dell’italiano (quelli con cui nominiamo un numero o lo scriviamo in lettere): si usano suffissi o desinenze come –anta, -cento-, -mila- eccetera o forme particolari (ad esempio quindici). Il meccanismo è sostanzialmente lo stesso: si hanno 10 simboli per le cifre da 1 a 10 più dei simboli speciali per le potenze di 10; le cifre in posizione dispari nell’ordine da sinistra a destra o dal basso in alto sono moltiplicate per la cifra successiva: .
Il sistema ha quindi molti numerali fondamentali. Gli ideogrammi sono inoltre disponibili in due versioni: una per l’uso quotidiano, l’altra detta dàxiě (大写) per contesti più ufficiali. Vediamone alcuni (Nicosia, 2008):
 
indo-arabo testuale
comune testuale
dàxiě orale indo-arabo testuale
comune testuale
dàxiě orale
0 〇 零 líng 7 七 柒 qī
1 一 壹 o 幺 yī 8 八 捌 bā
2 二 貳 o 贰 èr 9 九 玖 jiǔ
3 三 叄 o 叁 sān 10 十 o 什 拾 shí
4 四 肆 o 两 sì 100 百 佰 bǎi
5 五 伍 wǔ 1.000 千 仟 qiān
6 六 陸 liù 10.000 万 萬 wàn
 
Questi numerali testimoniano nella forma ideografica la loro evoluzione dai numerali a bacchetta.
Il carattere幺 (yāo, letteralmente “il più piccolo”) sostituisce 一 (yī ,1) se isolato. Data la notevole differenziazione regionale delle parlate cinesi compaiono moltissime varianti locali.
I numerali composti si ottengono dai numerali fondamentali per giustapposizione con i principi moltiplicativo ed additivo in ambo le versioni ideografiche (Nicosia, 2008). Di seguito sono illustrate prevalentemente le forme comuni, valendo tutte le regole anche per le dàxiě.
Una delle poche irregolarità del sistema è l’omissione dello一 (yī ,1) iniziale che in effetti come moltiplicatore è ininfluente. Ad esempio per i numeri naturali da 11 a 19 si ha 十一 (shí yī, 11) e non一十一 (yī shí yī, 11), 十二 (shí èr, 12) e non一十二 (yī shí èr, 12) e così via sino a十九 (shí jiǔ, 19). Questa irregolarità è in realtà una semplificazione. In ogni caso il sistema è assai più regolare di quello dei numerali orali italiani. Nell’uso colloquiale si omettono anche gli yī che moltiplicano decine, centinaia, migliaia e così via.
Il principio moltiplicativo governa le decine (ad esempio 20 è 二十 èr shí) ma ci sono anche versioni grafiche e fonetiche speciali per le prime quattro. Il quattro ricorre di tanto in tanto nella cultura cinese a contrassegnare fenomeni speciali a testimonianza di una fase storica in cui questo numero aveva grande importanza simbolica. Gli ideogrammi corrispondenti sono comunque elaborazioni di quelli fondamentali corrispondenti nella forma regolare.
 
Indo-arabo testuale
comune testuale
dàxiě orale forma
speciale orale
10 十 拾 shí 什 shí
20 二十 貳拾 èr shí 廿 o 卄 o 念 niàn
30 三十 叄拾 sān shí 卅 sà
40 四十 肆拾 sì shí 卌 xì
 
Gli altri numerali composti si costruiscono molto sistematicamente senza altre irregolarità : 二十一 (èr shí yī, 21, che presenta quindi anche la forma 卄一 e la pronuncia niàn yī); 二十二 (èr shí èr , 22, anche 卄二, niàn èr); … 二十九 (èr shí jiǔ, 29, anche 卄九, niàn jiǔ);… 五十 (wǔ shí, 50); 五十一 (wǔ shí yī, 51); … 九十九 (jiǔ shí jiǔ, 99); 百卄五(bǎi niàn wǔ ,125, anche 百二十五bǎi èr shí wǔ)
Un’altra irregolarità (la terza ed ultima) riguarda il 2 che oltre il 200 (二百 èr bǎi ovvero兩百 liǎng bǎi) se non esprime unità invece che 二 (èr) compare nella forma 兩 (liǎng) a causa delle differenze imposte dal sistema dei classificatori. Infatti 二 (èr) indica il numero 2 in senso astratto (in matematica, in una targa automobilistica od in un numero di telefono) 兩 (liǎng) si usa per contare qualche cosa di concreto ed è quindi la forma che si accompagna ad un classificatore (Soravia 1976, ma cenni sono anche infra). Mentre unità e decine appartengono al mondo dell’astrazione, evidentemente centinaia e migliaia hanno già un sapore più concreto alla sensibilità numerica dei cinesi.
Altri numerali fondamentali meno comuni hanno solo la forma dàxiě:
 
indo-arabo Dàxiě orale indo-arabo dàxiě orale
108 亿 o 億 yì 1/10 分 fēn
1012 兆 zhào 1/100 釐 o 厘 lí
1016 京 o 經 jīng 1/1.000 毫 háo
1020 垓 gāi 1/104 絲 sī
1024 秭 zǐ 1/105 忽 hū
1028 穰 ráng 1/106 微 wēi
1032 溝 gōu 1/107 纖 xiān
1036 澗 jiàn 1/108 沙 shā
1040 正 zhèng 1/109 塵 chén
1044 載 zài 1/1010 埃 āi
1048 極 jí 1/1011 渺 miǎo
1052 恒河沙 hénghéshā 1/1012 漠 mò
 
I numerali delle prime tre colonne esprimono ordini di grandezza assai alti e si usano prevalentemente in testi scientifici od in situazioni particolari.
 
4.4.2.3 Ordine di grandezza privilegiato
La prima tabella di numerali si ferma a 10.000 cioè 104 perché questo ordine di grandezza riveste un ruolo particolare simile a quello che il 1.000 ha nella cultura europea. Nella sensibilità numerica cinese oltre il 10.000 i numeri cambiano in un certo qual modo carattere perdendo ogni possibilità di un conteggio manuale in tempi ragionevoli e venendo concepiti solo come grandi collettività.
Ecco perché, mentre nella tradizione europea per facilitare la lettura dei numeri molto grandi si inserisce un segno separatore ogni tre cifre a partire dalle unità e procedendo da destra a sinistra ovvero oralmente si inseriscono opportuni suffissi (tipicamente –mila) nei sistemi numerici della cultura cinese si raggruppano le cifre per decine di migliaia.
 
27.359.721 兩千七百卅五万九千七百卄一
Ventisette milioni trecentocinquan-
tanovemila settecentoventuno Liǎng qiān qī bǎi sà wǔ wàn jiǔ
qiān qī bǎi niàn yī
 
 
Questa preferenza per il 10.000 non deve stupirci troppo perché rientra nella già citata mistica del quattro (qui come numero di cifre raggruppate od ordine di grandezza privilegiato) che ha un significato di ciclo o di conclusione. D’altra parte anche in italiano diciamo miriade per indicare una quantità grandissima. Questa parola deriva dal greco antico μυριάς che significa sia un insieme di 10.000 oggetti, sia una quantità innumerevole, come l’aggettivo μυρίος da cui a sua volta deriva. Il ruolo privilegiato del 1.000 nella cultura europea è di origine latina.
 
4.4.2.4 Ruolo dello zero
Nei sistemi non posizionali lo zero non è strettamente necessario perché ogni cifra è accompagnata dall’ordine di grandezza cui si riferisce. In questo sistema c’è e viene inserito talora per maggiore chiarezza all’interno dei numerali ma mai in posizione finale. 30.005 è 三万〇五 (sān wàn líng wǔ) con un solo líng; mentre 52.700 è 五万兩千七百(wǔ wàn liǎng qiān qī bǎi).
 
4.4.2.5 Razionali in forma decimale, frazioni e percentuali
Nelle ultime tre colonne della tabella precedente esprimono numeri razionali strettamente compresi tra 0 ed 1. Con essi si possono rappresentare numeri razionali in forma decimale con le stesse regole viste sopra: 12,234 diviene 十二二分三釐四毫 (shí èr èr fēn sān lí sì háo).
Altrimenti si può usare la virgola 点 (diǎn), che letteralmente significa “punto” in ragione del fatto di essere stata introdotta da testi in inglese. La parte intera del numero è resa secondo le regole dette, poi c’è 点 seguito dai numerali fondamentali opportuni in fila senza specificazioni di ordine di grandezza come in italiano: 12,234 diviene 十二点二三四 (shí èr diǎn èr sān sì). Qui la notazione è un po’ moltiplicativa e additiva ed un poco posizionale perché l’ordine di grandezza delle cifre componenti la parte decimale è dato dalla loro posizione. Anche questa difformità può derivare dall’introduzione straniera del metodo di scrittura.
Per le frazioni non decimali si usa un costrutto speciale: il denominatore precede l’espressione 分之 (fēn zhī parti di) cui segue il numeratore: ¾ è 四分之三 (sì fēn zhī sān 3 parti di 4); è 百卄五分之卄三 (bǎi niàn wǔ fēn zhī niàn sān 23 parti di 125). Avevamo già incontrato 分 (fēn) col significato di un decimo che evidentemente è la frazione per antonomasia. Una metà si scrive 一半 yíbàn.
Un costrutto con 又 (yòu ancora) permette di rappresentare un intero seguito da una frazione: 2 e ¾ diviene 二又四分之三 (èr yòu sì fēn zhī sān).
Le percentuali sono viste come frazioni con denominatore 100 (百 bǎi, scritto con la solita omissione del moltiplicatore unitario 一 yī): 25% è 百分之二十五 (bǎi fēn zhī èr shí wǔ), 125% è 百分之百卄五 (bǎi fēn zhī bǎi niàn wǔ).
 
4.4.2.6 Numeri negativi
Per esprimere anche numeri minori di zero si premette 负 fù al valore assoluto del numero: 负一 (fù yī) è -1, 负二十一 (fù èr shí yī) è -21, 负百卄五(fù bǎi niàn wǔ) è -125, 负百卄五分之卄三 (fù bǎi niàn wǔ fēn zhī niàn sān) è , 负百分之二十五 (fù bǎi fēn zhī èr shí wǔ) è -25%.
I 负数 fùshù sono i numeri negativi.
 
4.4.2.7 Numerali ordinali
Il sistema testuale permette anche l’espressione semplice ed immediata degli ordinali premettendo il carattere specifico 第 (dì) al numero intero. Quest’ultimo può essere in notazione testuale od anche indo-araba. “Terzo” si può quindi scrivere 第三 o 第3 e si pronuncia dì sān. Non si usa il tondino ° dopo il numerale indoarabo né i numerali romani.
 
 
4.4.3 Il sistema huāmǎ (花碼 ) o dei numeri floreali
Questo terzo sistema è posizionale in base 10 e quindi fa largo uso dello zero. I suoi numerali fondamentali sono i seguenti:
 
indo-arabo huāmǎ orale Indo-arabo huāmǎ orale
0 〇 líng 5 〥 wǔ
1 〡 o 一 yī 6 〦 liù
2 〢 o 二 èr 7 〧 qī
3 〣 o 三 sān 8 〨 bā
4 〤 sì 9 〩 jiǔ
 
I numerali orali sono sempre quelli citati, per cui ad esempio 〡〇 si legge sempre shí. Nell’uso corrente si usano con questi numerali anche i simboli speciali del sistema testuale per le prime quattro decine e le parole associate: 十 (shí, 10),卄 (niàn, 20),卅 (sà, 30),卌 (xì, 40). Quindi ad esempio 25 si può scrivere 二〥 oppure 卄〥 e leggersi èr wǔ oppure niàn wǔ.
La loro forma ne testimonia la filiazione dai numerali a bacchette che infatti prevedono una rappresentazione posizionale. Anche qui ci sono due versioni per la necessità di evitare equivoci (ad esempio: 〡〡〡 (111), 〣 (3), 〡〢 (12) e 〢〡 (21); 〡一〡 (111) è inequivocabile). C’è inoltre un’ulteriore testimonianza della centralità storica del 4 dato che i numerali per numeri superiori sono versioni modificate dei primi quattro. In questo ci sono analogie con i numerali romani.
L’orientamento di scrittura è orizzontale da sinistra a destra oppure verticale dall’alto in basso. Questo sistema si usa in insegne, cartelli ed etichette. Si può trovare frammisto al sistema testuale in scritture particolari. Ad esempio nei cartellini del prezzo nei negozi si possono trovare scritture come la seguente:
一〢〦〇
拾元
 
La riga superiore indica 1260 col sistema huāmǎ, quella inferiore riporta 10 (shí) nel sistema testuale dàxiě ed il carattere 元 che si legge yuán ed indica la moneta in corso legale nella Repubblica Popolare Cinese (中华人民共和国 Zhōnghuá Rénmín Gònghéguó) ovvero quella omonima della Repubblica Cinese (中华民国 Zhōnghuá Mínguó). Il numerale della seconda riga indica l’ordine di grandezza cui si riferisce la prima: nell’esempio la decina. Quindi il cartello indica il prezzo di 12,60 yuán. La virgola in tale sistema non è necessaria perché l’ordine di grandezza è già chiaro. Se si vuole indicare l’ordine dell’unità non si mette il carattere numerico della seconda riga, se invece è di cento, mille od un’altra potenza di 10 si segna il numerale testuale corrispondente. Dopo anziché 元 ci possono essere dei sottomultipli come un decimo 角 (jiǎo) od un centesimo 分 (fēn). Se il negozio è in una città europea ci può essere anche €.
 
 
4.4.4 Gesti e mani per rappresentazioni numeriche
Uno dei sistemi più usati per esprimere numeri nella vita quotidiana è quello di ricorrere a gesti delle mani. In prevalenza si rappresentano così i numeri naturali tra 1 e 10 ed alcune semplici frazioni. Naturalmente una vasta gamma di possibilità rappresentative caratterizza anche la cultura cinese. L’uso di gesti è incentivato dalla forte presenza di parole omofone, la cui sola espressione orale nelle occasioni caotiche della vita pratica può generare qualche dubbio.
Da 1 a 5 si usano le dita di una mano più o meno come in Italia, salvo il 3.
 
 
 
Dal 6 in poi le differenze con la rappresentazione digitale all’italiana sono maggiori: si continua ad usare una sola mano e si cerca di richiamare la forma del numerale scritto.
 
 
Per zero si usa il pugno chiuso, che talora è interpretato come forma alternativa per 10.
 
 
 
 
4.5 La lingua cinese, i classificatori e le quantità
4.5.1 Concordanze, classificatori, ratio e λòγoς
I sostantivi della lingua cinese sono per la maggior parte nomi collettivi sintatticamente non numerabili come l’italiano “sabbia”. Diciamo “tanta sabbia, un chilogrammo di sabbia”, ma per usare numeri dobbiamo cambiare sostantivo od usare espressioni composte come “mille granelli di sabbia”. “Granello” è numerabile ed infatti lo concordiamo al plurale. Invece se diciamo “sabbie” intendiamo qualcosa di molto diverso dal singolare, per esempio vogliamo far notare delle differenze tra diverse qualità di sabbia. Sabbia di per sé non si concorda. Nella lingua cinese è così in generale. Inoltre non ci sono flessioni verbali, concordanze in genere e numero, casi. Verbi, sostantivi, aggettivi ed altre parti della frase non hanno caratteristiche speciali che le distinguano tra loro, come invece avviene in Italiano (Abbiati, 2008).
Per distinguere soggetto, verbo e complementi ci si affida soprattutto all’ordine degli elementi nella frase od al contesto di significato. C’è comunque una certa scarsità di connettivi logici.
A complicare ulteriormente le cose c’è anche il fatto che la base fondamentale su cui si formano le parole è la sillaba. È questa che viene scritta con un carattere. I caratteri cinesi sono più di 60.000, anche se in media una persona di cultura cinese ne conosce più o meno 5.000. Le sillabe diverse effettivamente pronunciabili nella fonetica cinese sono, però, poco più di 400 e quindi c’è un gran numero di omofoni: parole che si pronunciano allo stesso modo ma che hanno scrittura e significato diversi. Per farcene un’idea possiamo pensare alla frase italiana: “una vecchia legge la regola”. A suoni uguali (e qui anche a grafie uguali) corrispondono significati e ruoli logici e grammaticali diversi.
Per questi motivi in cinese di usano molte paroline, dette classificatori, che si accostano alle parole principali e ne chiariscono significato e ruolo. Per esempio si inseriscono tra numero e nome da quantificare e costituiscono dei costrutti numerali. Persino per distinguere tra singolare e plurale la lingua cinese non ricorre a variazioni ma a classificatori appositi.
Questo sistema ha grandi conseguenze sulla percezione degli oggetti matematici perché impone ai termini che li designano delle caratteristiche descrittive che l’italiano non prevede. In particolare i numerali debbono dare informazioni più precise circa la forma, l’uso o la natura degli oggetti cui si riferiscono. L’effetto è quello di avere numerali diversi per contare cose diverse. Ecco un aspetto che stupisce molto gli europei che sono avvezzi all’astrattezza assoluta del numerale. In effetti anche in italiano parliamo di “un paio di scarpe” e se dicessimo “due scarpe” probabilmente daremmo un senso assai particolare al discorso.
Anche il rapporto tra lingua e pensiero logico, che nelle culture indoeuropee è storicamente strettissimo, è qui molto diverso. La logica cinese non è figlia della necessità di concordare generi, numeri e casi. Regole sintattiche intervengono piuttosto nella derivazione di parole complesse da temi più semplici tramite suffissi. Si può dire che per i Cinesi la ragione è in qualche modo più vicina alla latina ratio (“misura”, “rapporto”, “relazione”) che al λòγoς (logos) greco (“discorso”, “parola”, “spirito”, “intento” e mille altri significati).
 
4.5.2 Numeri astratti e numeri applicati
I numerali cinesi citati normalmente nelle grammatiche servono ad esprimere numeri in astratto, come quelli di una targa automobilistica o di un numero di telefono. Naturalmente il carattere astratto degli studi matematici scolastici ne propone naturalmente l’uso anche in questo contesto. La differenza tra numerali astratti e numerali applicati al conteggio, che sono diversi in virtù del classificatore, può costituire un primo ostacolo per gli studenti cinesi: gli oggetti si contano con parole che poi non si usano negli algoritmi per le operazioni. A complicare le cose c’è poi anche la disponibilità di più sistemi di scrittura e di numerali scritti. Ma gli studenti cinesi superano presto con successo queste difficoltà e divengono ottimi calcolatori e solutori di problemi.
D’altro canto non si distingue tra le funzioni cardinali ed ordinali.
Si può dire che nella cultura cinese anche il processo di alfabetizzazione matematica, così come per quella linguistica, segua linee di sviluppo molto diverse da quelle della cultura italiana.
 
4.5.3 Frasi, periodi, negazioni e domande
A mostrare il diverso rapporto tra lingua e logica rispetto alle lingue indoeuropee possiamo esaminare nella lingua cinese quelle strutture che siamo soliti riconoscere con quella che appuinto chiamiamo analisi logica e del periodo. La frase cinese è composta da una prima parte che è un gruppo nominale ed una seconda che è costituita da una proposizione di tipo: Soggetto – Verbo – Oggetto. Soggetto ed oggetto della seconda parte possono in realtà essere a loro volta proposizioni. Le subordinate precedono sempre le principali cui si riferiscono. In generale, anche per aggettivi ed altre parti della frase, ciò che determina precede ciò che ne è determinato. Nel caso delle subordinate ci sono particelle relative che collegano due frasi.
La frase negativa è identica a quella affermativa salvo che si premette al verbo un’apposita particella (不 bù o 没méi ), mentre per l’interrogativa si usa un costrutto che prevede una negazione seguita dall’affermazione opposta. Questo modo di esprimere l’incertezza è in effetti molto naturale e trova rispondenze nell’uso spontaneo dei bambini di tutto il mondo che imparano a parlare. In cinese ci sono però anche apposite particelle.
 
4.5.4 Scrittura e spazio
Ponendo che la percezione e la gestione dello spazio siano influenzate dal sistema di scrittura è utile esaminare brevemente alcune caratteristiche della scrittura cinese. Il cinese si scrive in orizzontale da sinistra a destra. Anticamente si scriveva anche verticalmente.
Scrivere è però un’operazione assai diversa che in italiano perché ogni carattere fa capo a sé, rappresentando una sillaba che spesso è già tutta una parola. Inoltre i tratti che lo compongono vanno tracciati in un ordine stabilito ed in una direzione determinata. Un carattere può consistere in un solo tratto come nella composizione di una trentina. La dimensione dei caratteri è sempre la stessa e non esistono maiuscole. C’è però una differenziazione tra stampato e corsivo.
Anche la distanza tra i caratteri è sempre la stessa e non c’è una separazione tra le parole. Per imparare a scrivere in Cina si usano dei quaderni con rigature particolari che presentano dei quadrati suddivisi in quattro od in nove quadratini uguali.
 
 
4.6 Simbologie, superstizioni ed omofonie
Così come nelle culture mediterranee, anche la cultura cinese attribuisce a certi numeri dei significati simbolici od esoterici socialmente condivisi. Ad esempio un numero particolarmente bene augurante è il cinque perché cinque sono le tradizionali “felicità” regalate dagli dei celesti (Abbiati, 2008).
Uno dei meccanismi di attribuzione di questi significati assai tipico della cultura cinese è quello dell’omofonia. Dato che 4 (四 sì ) suona come “morte” (死 sĭ) è ritenuto un numero sfortunato ed è grave offesa regalare oggetti a gruppi di quattro. “Otto” (八 bā) invece suona come “fortuna” nel dialetto cantonese.
Il meccanismo si applica anche a sequenze di numeri: 4421 suona come “morte, morte e questo è tutto” (Abbiati, 2008), mentre c’è chi spende anche molto denaro per accaparrarsi un numero di cellulare o di targa che finisca per 8. Una tradizione orale dei lavoratori degli hotel di tutto il mondo riporta casi di clienti cinesi che avrebbero reclamato per numeri di camere non graditi.
In generale i numeri pari, tranne 4, portano bene e quelli dispari male, perché, secondo un celebre detto, le cose buone arrivano sempre in coppia. Ciò può portare addirittura i commercianti a preferire importi pari.
 
 
 
5 L’insegnamento della matematica in Cina
 
5.0 Intenti del capitolo
Dopo aver rivolto la nosta attenzione alle concezioni matematiche diffuse nella cultura cinese cerchiamo ora di interpretare le forme e le modalità dell’educazione scientifica e matematica che una persona di cultura cinese immigrata in Italia può avere in mente. Per questo, dopo qualche cenno storico sulle istituzioni educative cinesi, esamineremo alcune caratteristiche della didattica della matematica praticata in Cina.
 
5.1 Cenni storici
Lo studio accademico della matematica ed il suo insegnamento ebbero la loro maggior fortuna durante le dinastie Suí (隋朝, 581 – 618), Táng (唐朝, 618 – 907) e Sòng (宋朝, 960 – 1279), con lo sviluppo dell’Accademia Imperiale (Guózǐjiàn 國子監) (Zhang, 2005). In questa che era la maggiore istituzione per la formazione e selezione dei quadri dell’amministrazione si erogavano corsi ad alto contenuto matematico.
L’accesso a questa scuola era basato su di un reclutamento attraverso tutti gli strati sociali ed una durissima selezione. Scelta una trentina di studenti, i docenti li dividevano in due classi che studiavano su testi differenti. Un indirizzo era più fondamentale e pratico, mentre l’altro più teorico ed arrivava a tecniche più raffinate. Il corso di studi durava sette anni, dopo i quali gli studenti erano sottoposti a severissimi esami di stato che avevano luogo durante un’unica sessione annuale e li abilitavano al servizio nell’amministrazione. Si trattava di prove scritte e di interrogazioni orali. Il punteggio era espresso in decimi e la sufficienza si otteneva con 6.
Dalle prime poche decine gli studenti crebbero nel corso del tempo sino a 200. Questi numeri rapportati alle dimensioni del Paese possono dare un’idea dell’estrema rigidità della suddivisione gerarchica dei ruoli nella società cinese in quelle epoche. D’altro canto, il confronto con la storia delle istituzioni culturali europee testimonia la precocità (quasi 500 anni prima della fondazione dell’Università di Bologna) e la longevità delle iniziative culturali nella storia della Cina.
Durante il regno dei Táng l’importanza della matematica tra le materie del curriculo divenne tale da richiedere la redazione dei Dieci classici matematici (十部算经 Shíbù suànjìng) una raccolta delle principali opere matematiche di tutta la tradizione precedente come libro di testo per gli studenti.
In seguito l’interesse per gli studi matematici fu soverchiato da quello per la calligrafia, restringendosi all’ambito privato di pochissimi intellettuali. Lo stato non se ne occupò per lungo tempo.
L’insegnamento della matematica, in una versione di sapore nettamente occidentale, riprese nelle scuole cristiane aperte dai missionari che, in seguito alla Guerra dell’Oppio (1840), furono riammessi in Cina dopo lunghissimo divieto (Zhang, 2005). Il livello di insegnamento non era particolarmente alto. Concezioni e prassi d’aula erano di stampo europeo. Fino al 1906, tuttavia, i libri di algebra vennero impaginati secondo le convenzioni tradizionali cinesi, con testi scritti in colonna dall’alto in basso e da destra a sinistra e con caratteri cinesi a denotare le variabili.
In questa fase, tra la fine del XIX secolo e l’inizio del XX, cominciò il risveglio dell’interesse delle istituzioni culturali cinesi per la ricerca in matematica ed in astronomia e per il loro insegnamento, come testimonia la fondazione di apposite istituzioni accademiche. Nel 1898 venne fondata l’Università Imperiale di Pechino (京师大学堂 Jīngshī Dàxuétáng), oggi Università di Pechino (北京大学 Běijīng Dàxué), che da allora eroga corsi di matematica (Zhang, 2005).
Dopo la rivoluzione del 1911 quasi tutte le scuole della neonata repubblica, che stavano allargando notevolmente la propria utenza per includervi almeno un buon numero di rampolli dei notabili di ambiente urbano, istituirono corsi di matematica elementare modellati su esempi inglesi e statunitensi. La forza di tale modello era tanta che i libri erano spesso importati direttamente dal Regno Unito e dagli Stati Uniti.
La didattica più comune in questa fase era di tipo trasmissivo col docente al centro dell’azione didattica e con gli studenti all’ascolto delle sue spiegazioni.
Con l’istituzione della Repubblica Popolare Cinese il sistema scolastico si rivolse al modello sovietico che nelle intenzioni e nei documenti ufficiali enfatizzava la logica e la deduzione. Nella realtà i cambiamenti forono lenti e seguirono vie molto complesse. In ogni caso i contenuti disciplinari furono riorganizzati in modo più sistematico. Gli elementi fondamentali di questa didattica erano: gli insegnanti, il curriculum e le metodologie di insegnamento. Essa si declinava poi in cinque punti programmatici: 1) organizzazione della classe, 2) introduzione dei nuovi contenuti, 3) insegnamento dettagliato dei nuovi contenuti, 4) consolidamento con l’esercizio e 5) assegnazione di compiti a casa.
Nei primi anni sessanta cominciò una riflessione complessiva di ampio respiro sulla didattica e sul sistema educativo che si concluse con la pubblicazione di nuovi indirizzi che rendevano la scuola più vicina alle necessità ed alle caratteristiche della società e della realtà dell’epoca. Si puntò l’attenzione sulle conoscenze e competenze di base tentando di sviluppare negli studenti capacità di calcolo, immaginazione spaziale, logica ed analisi, attraverso un’accurata introduzione degli elementi fondamentali da parte dei docenti ed un’intensissima attività di esercizio. Ai cinque punti programmatici precedenti si aggiunsero: 6) lo sviluppo dell’entusiasmo degli studenti, 7) la creazione di un’atmosfera di classe positiva ed 8) il coinvolgimento diretto del pensiero dello studente.
Dal 1966 al 1976 il Paese ed il sistema scolastico furono squassati dalle turbolenze politiche. La Rivoluzione Culturale, che portò il Paese sull’orlo della guerra civile, distrusse le maggior parte delle istituzioni scolastiche e culturali cinesi. Il curriculum di matematica perse ogni sistematicità, guadagnando però in tutto ciò che risultava consono alle applicazioni al lavoro manuale, agricolo o manifatturiero. L’educazione era in quell’poca assai frammentaria e la preparazione degli studenti decisamente scarsa.
A metà degli anni settanta il sistema tornò rapidamente indietro e nel 1977 furono reintrodotti gli esami di ammissione alle università. Cominciarono anche scambi con Paesi occidentali che portarono nel corso degli anni alla diffusione di nuove idee, tra cui la pratica delle prove d’accesso standardizzate per le università e la teoria di Gorge Polya sul problem solving, che divenne fonte del materiale più studiato dagli insegnanti cinesi nel decennio successivo.
Negli anni ottanta lo studio della matematica elementare, strutturato nei contenuti e nei metodi sull’idea del superamento degli esami superiori (nelle università ed in altre istituzioni) compì un netto progresso. La centralità degli esami di selezione, se da un lato riuscì ad infondere entusiasmo tra gli studenti, d’altro canto generò fenomeni preoccupanti legati all’eccessiva competitività.
Nel 1986 venne riorganizzato l’obbligo scolastico con leggi apposite che lo portarono a nove anni. Negli anni novanta l’educazione fu inserita tra le priorità nazionali e da allora vennero riformate diverse materie, pubblicati nuovi indirizzi didattici e disciplinari, riviste le procedure di selezione universitaria, con la massiccia introduzione dell’informatica. Le macchine calcolatrici hanno fatto la loro comparsa sui banchi dei bambini come su quelli dei candidati all’università.
 
 
5.2 Il curriculum del 2001
Attualmente il Paese vive gli effetti di una grande riforma del curricolo elementare di matematica (Zhang, 2005). Nel 2001 sono stati pubblicati nuovi indirizzi (AA.VV., 2001) e nuovi materiali per gli insegnanti. Dopo la soddisfacente fase sperimentale, che ha coinvolto i 470.000 studenti di 38 distretti, l’adozione è stata generalizzata a tutte le scuole elementari nel 2005.
Le proposte del nuovo curriculum sono le seguenti (Zhang, 2005):
 il curriculum deve evidenziare i concetti basilari, la generalizzazione della conoscenza e gli sviluppi successivi;
 ogni studente, senza distinzioni di estrazione sociale, ha diritto di ricevete un’educazione ed un’istruzione in matematica, di studiare una matematica utile, di acquisire i concetti fondamentali;
 studenti diversi si sviluppano in modi differenti in matematica;
 l’istruzione obbligatoria è suddivisa in tre fasi, per ognuna delle quali il documento stabilisce conoscenze, capacità, modalità di pensiero matematico, problemi topici, e attitudini di apprendimento; per ogni fase sono inoltre elencati anche obiettivi specifici;
 sono inoltre indicati obiettivi generali, tra cui:
1. l’acquisizione delle conoscenze e competenze matematiche essenziali alla vita futura ed allo studio di altre discipline,
2. l’applicazione del pensiero matematico alla vita di ogni giorno,
3. la comprensione del valore della matematica e della relazione tra essa, la natura e la società umana,
4. lo sviluppo di creatività, competenza e personalità di ogni studente attraverso l’apprendimento della matematica.
 
Il documento fornisce in chiusura alcuni suggerimenti didattici sulle strategie di insegnamento, valutazione, compilazione del materiale, uso e sviluppo delle risorse curricolari.
L’educazione viene vista in una luce nuova, includendo aree quali conoscenze e competenze, processi e metodi, sviluppo emotivo e valori. La prassi trasmissiva viene qui superata verso lo sviluppo personale di competenze.
Mancano alcuni contenuti complessi ed astrusi del passato, rimpiazzati da conoscenze fondamentali e competenze pratiche scelte con somma cura, atte a dare allo studente strumenti intellettuali per uno studio successivo che, verosimilmente, continuerà per tutta la vita.
I libri di testo riguardano soggetti più vicini alla vita reale dello studente ed alla società contemporanea, con riferimenti ed argomenti tratti dalle scienze e dalle tecnologie.
Uno degli obiettivi generali di questa riforma è quello di migliorare sia i metodi di insegnamento, sia quelli di apprendimento: i due processi vengono riuniti in una relazione tra insegnanti e studenti, che sono parti in comunicazione che possono migliorarsi reciprocamente.
Secondo i documenti ministeriali l’insegnamento della matematica deve valorizzare l’esperienza reale e le conoscenze pregresse dello studente (Zhang, 2005). L’insegnante deve guidare gli studenti nell’osservazione, l’esperimento, l’elaborazione di congetture, la deduzione e la comunicazione. Attraverso le attività matematiche lo studente elabora le conoscenze fondamentali ed acquisisce competenze, apprende ad osservare i fenomeni ed analizzarli, motivandosi all’apprendimento. Il centro del’azione didattica è nello studente. Vengono tenuti in considerazione non solo i suoi risultati di profitto, ma tutti gli aspetti del suo sviluppo cognitivo, inclusi quelli emozionali.
Le nuove tecnologie hanno un ruolo particolarmente importante. Si richiede allo studente un grande uso delle macchine calcolatrici per l’esecuzione di calcoli complessi fin dalla seconda fase, in modo da concentrare l’attenzione e le energie in attività matematiche più creative ed esplorative. Calcolatori ed elaboratori elettronici sono impiegati usualmente nell’apprendimento di nuove conoscenze e nella risoluzione di problemi, in special modo quelli derivati dall’esperienza reale. Il computer fornisce inoltre nuove risorse di comunicazione tra studenti e con l’insegnte e presentazioni animate dei diversi contenuti. Gli applicativi didattici stanno diventanto vieppiù popolari.
Uno degli obiettivi principali del nuovo curriculum è quello di rendere lo studente capace di elaborare modelli astratti da situazioni concrete ritrovando le leggi che le governano.
La velocità di calcolo e l’esecuzione di calcoli complessi hanno perso la centralità che avevano in passato. Per esempio non si richedono più allo studente prima della settima classe competenze algebriche di conversione tra numeri decimali e frazioni.
Questa riforma ha riscosso molto successo tra gli insegnanti e tra gli studenti, che, nel corso di misurazioni del Ministero dell’Educazione hanno espresso un grande apprezzamento per la matematica.
 
 
Scheda
Alcuni tratti del nuovo curriculum matematico cinese
 
Obiettivi generali (Zhang, 2005)
 acquisizione di conoscenze e competenze matematiche essenziali,
 applicazione del pensiero matematico alla vita di ogni giorno, trasferibilità delle conoscenze e competenze acquisite,
 comprensione dell’alto valore della matematica nella società e nell’analisi della natura,
 sviluppo di creatività matematica, competenza e personalità di ogni studente.
 
Fasi
Fasi Classi Ordine Età
I 1 2 3 Elementare 6/7 – 8
II 4 5 6 Elementare 9 – 11
III 7 8 9 Medio 12 – 14/15
 
Conoscenze fondamentali
concetti, regole, caratteristiche, formule assiomi, teoremi e tutte le conoscenze e le metodologie conesse.
 
Competenze fondamentali
calcolo, disegno, pensiero logico secondo date sequenze e regole.
 
Ambiti disciplinari
 numeri ed algebra: numeri, aritmetica, equazioni, disequazioni, funzioni,
 spazio e disegno: forma, grandezza, posizione nello spazio, trasformazioni geometriche nel piano e nello spazio di tutti gli oggetti geometrici topici,
 statistica e probabilità: studio di dati provenienti dall’esperienza e dalla vita reale, loro casualità,
 esercizi ed applicazioni: strategie di aiuto per la sintesi e l’uso delle conoscenze ed esperienze; attraverso l’autoesplorazione e la cooperazione gli studenti devono risolvere problemi stimolanti e vicini alla vita reale, sviluppando nuove competenze, approfondendo la loro comprensione dei contenuti delle rubriche precedenti e apprezzando le interrelazioni tra i diversi aspetti della matematica.
 
 
Organizzazione dei contenuti disciplinari (incluse le scuole superiori) (Wang, 2001)
 
Scuola elementare (6 anualità obbligatorie) fasi I e II
 Numeri ed operazioni;
 Misure;
 Algebra elementare;
 Geometria elementare;
 Applicazioni elementari.
 
Scuola media (3 annualità obbligatorie) fase III
 Algebra:
o identità,
o potenze ed operazioni tra potenze,
o radici quadrate,
o logaritmi;
 
 Equazioni e disequazioni:
o primo grado,
o quadratiche,
o sistemi di equazioni lineari e quadratiche,
o irrazionali,
o logaritmiche:
 
 Successioni e serie:
o aritmetica,
o geometrica;
 
 Geometria:
o congruenza
o similarità,
o punti e segmenti notevoli di un triangolo,
o angoli di un triangolo,
o relazioni tra angoli e lati,
o teorema di Pitagora,
o cerchio,
o teorema di Talete,
o angoli al centro ed alla circonferenza,
o quadrilateri inscritti in un cerchio (quadrangolo di corde),
o quadrilateri circoscritti in un cerchio (quadrangolo di tangenti);
 
 Probabilità e statistica.
 
Scuola superiore (3 annualità non obbligatorie)
 Funzioni:
o funzioni elementari e loro proprietà,
o trasformazioni;
 
 Teoria degli insiemi:
o notazioni,
o proprietà degli insiemi,
o operazioni tra insiemi;
 
 Trigonometria:
o definizioni delle funzioni trigonometriche,
o relazioni tra le funzioni trigonometriche,
o teorema dei seni e teorema dei coseni,
o formule trigonometriche,
o dimostrazione del teorema delle tangenti;
 
 Vettori e geometria cartesiana:
o operazioni coi vettori,
o coordinate,
o equazioni di retta, cerchio e parabola,
o centro del tetraedro,
o distanza tra punti e rette e tra rette parallele,
o equazioni di bisettrici,
o equazioni di elisse e diperbole,
o proprietà generali delle sezioni coniche,
o equaizioni canoniche del piano,
o equazioni di sfera, cilindro, superfici di rotazione;
 
 Geometria nello spazio:
o concetti di punto, retta e piano nllo spazio,
o proprietà reciproche di punti e rette, rette e rette, rette e piani, piani e piani,
o proprietà del cubo, del parallelepipedo, del cilindro e della sfera;
 
 Numeri complessi:
o concetto di numero complesso, rappresentazione e coniugio;
o operazioni coi numeri complessi,
o forma trigonometrica dei numeri complessi,
o teorema di De Moivre,
o estrazione di radici di numeri complessi,
o radici dell’unità;
 
 Analisi:
o limiti di successioni,
o limiti di funzioni nel finito ed all’infinito,
o continuità di funzioni,
o regole di differenziazione;
 
 Serie:
o concetto di serie, convergenza di serie,
o serie geometriche, somma di serie geometriche convergenti;
 
 Probabilità:
o permutazioni e combinazioni,
o elementi di probabilità classica,
o campi di probabilità,
o elementi di statistica con media e deviazione standard.
 
5.3 Aspetti della didattica praticata
 
5.3.1 Il calcolo
La matematica è ritenuta in Cina una parte immancabile delle competenze di una persona colta. L’ignoranza in questo campo è vissuta con vergogna maggiore che in Italia, specialmente per quel che riguarda le capacità di calcolo rapido mentale.
In molte famiglie c’e addirittura l’abitudine di coinvolgere i bambini in giochi matematici come gare di somme orali: il padre lancia una sfida come “cinque più sette?” ed i bambini presenti rispondono facendo i calcoli a mente; vince chi risponde per primo dicendo il risulato corretto. Questi giochi riscuotono un grande successo e alcuni cinesi adulti raccontano quelle serate remote con commozione.
Anche la scuola riflette questa passione per la matematica. Alle elementari le si dedicano almeno 12 ore settimanali e non meno di 6 nella media inferiore.
Le connessioni tra la matematica e le altre scienze e la sua importanza per lo sviluppo tecnologico sono non solo istanze assodate, ma addirittura obiettivi didattici: la scuola cerca di farne prendere coscienza agli studenti per motivarli e per permetterne sviluppi di studio autonomo.
Il nozionismo è ora combattuto e gli si preferiscono prassi che privilegino la deduzione e la costruzione di modelli matematici sulla base di situazioni e problemi reali.
Il calcolo ha in ogni caso un ruolo importante. Per capacità di calcolo nelle indicazioni ministeriali (Xie, 2004) si intende esser capaci di calcolare seguendo formule, regole ed algoritmi con la consapevolezza dei motivi per cui si scelgono determinate procedure nelle condizioni date dai problemi di riferimento. Si richiede sempre allo studente di trovare la soluzione più semplice perché la flessibilità e la consapevolezza nella scelta di strategie e procedure sono ritenute elementi fondamentali.
Le capacità di calcolo sono suddivise in tre livelli:
I) calcolare correttamente secondo procedure ed algoritmi dati;
II) calcolare con maggior sicurezza e velocità dopo molto esercizio;
III) calcolare bene e rapidamente scegliendo con flessibilità i modi più semplici.
 
5.3.2 Eredità nozionista
L’etica confuciana prescrive un forte rispetto per gli anziani, l’autorità e la tradizione. Inoltre esalta il valore della cultura e dello studio. Ciò fa sì che i cinesi facciano solitamente grande affidamento sulla scuola e che studenti e famiglie nutrano su essa grandi aspettative.
La Cina è stata a lungo un Paese statico, in cui i ruoli sociali, le condizioni individuali ed i mestieri facevano parte di un sistema che si riproduceva tra le generazioni. La mobilità sociale è un fatto acquisito da tempi recentissimi. La divisione del lavoro funzionava sulla trasmissione di padre in figlio in maniera assai rigida. L’educazione e la didattica erano ritenute efficaci quanto più consentivano al discente di riprodurre esattamente quanto mostrato, spiegato o semplicemente raccontato dal docente. Ciò riguardava tutti gli ambiti, da quello professionale a quelli più astratti e nettamente culturali.
La prassi didattica più apprezzata era di tipo trasmissivo ed in larga parte iconico. Il docente parla dell’oggetto disciplinare o lo mostra e gli studenti ascoltano, guardano, ripetono e memorizzano. Questi è la fonte del sapere ed ha indiscutibile autorità, quelli sono come i vasi da riempire con le conoscenze che non hanno. Il nozionismo è il corollario di una simile concezione ed ha fatto da padrone per lungo tempo nella didattica cinese.
Oggi questo modello è stato largamente messo in discussione e si preferisce parlare di sviluppo complessivo delle facoltà dello studente, di cui l’insegnante costituisce la guida, organizzando le esperienze didattiche necessarie. Il nozionismo e la memorizzazione sono tuttavia elementi che riaffiorano di tanto in tanto dallo sfondo anche oggi.
 
5.3.3 Centralità dell’insegnante
Nel dibattito recente sulla didattica della matematica si è parlato in Cina di insegnamento interattivo o di metodo della scoperta (Wang, 2001) intendendo che l’insegnante deve educare gli studenti a scopire autonomamente oggetti e proprietà matematici. C’è inoltre un forte sperimentalismo da parte degli insegnanti cinesi per quanto attiene ai metodi didattici.
Le diverse impostazioni hanno però in comune la caratteristica di essere basate fondamentalmente sull’insegnante: è lui che fa delle cose, che stimola, che motiva,… Nonostante la profusione di inviti allo studio personale, all’attivazione della curiosità individuale ed al protagonismo dello studente in tutte le indicazioni ministeriali, trapelano elementi di una prassi reale che nella terminologia introdotta in (D’Amore, 1999) si potrebbero definire come didattica A.
Secondo Xie (2004) lo studente apprende seguendo le istruzioni dell’insegnante. Il passaggio dalla centralità dell’insegnante a quella dello studente è in atto in questi anni, ma non si è ancora compiuto.
Per ora, ad esempio, la realtà della vita cui l’attività matematica dovrebbe fare riferimento secondo le indicazioni ministeriali è selezionata dall’insegnante ed è per molti aspetti una sua invenzione. Non sono mai gli studenti a proporre problemi e materiali.
La cosa diviene un po’ paradossale quando si parla di stimolare le capacità spontanee di pensiero e comunicazione o la creatività matematica. Questo sarebbe il passo successivo all’applicazione spontanea delle conoscenze matematiche ai problemi reali.
Il modello di processo mentale individuale di scoperta, sviluppo ed apprendimento della matematica che sembra soggiacere a questa didattica si può riassumere in tre stadii:
I) imitazione,
II) risoluzione autonoma di problemi,
III) trasferibilità.
 
La trasferibilità consiste nella capacità di fare connessioni con altre conoscenze, suddividere problemi complessi in problemi più semplici, e cogliere le strutture fondamentali che unificano i concetti e le conoscenze matematiche.
Gli studenti ricevono esperienza partecipando alle lezioni, accettano, condividono, concordano ed apprezzano i contenuti e le procedure, interiorizzano ciò che hanno appreso. Idee, metodi, capacità e quantaltro sono introdotti dall’esterno e poi praticati ed usati sino all’interiorizzarione ed alla comprensione. Molto si incentra sul risveglio dell’interesse e sulla motivazione.
D’altro canto è invece ormai consolidata la prassi di proporre presentazioni delle conoscenze matematiche che sfruttino diversi registri onde incontrare le caratteristiche cognitive dei diversi studenti ed i diversi livelli di competenza. Si usano molto per questo tecniche di visualizzazione degli oggetti matematici, modelli concreti o le tecnologie informatiche. Si arriva oggi a pensare all’individualizzazione del curriculum (insegnamento per un apprendimento differenziato nei livelli di profondità e competenza, detto didattica a gradi differenti nel dibattito cinese) e alla sua personalizzazione (differenziazione degli oggetti curricolari).
 
5.3.4 Pensiero matematico
Uno degli obiettivi della didattica della matematica cinese (Xie, 2004) è lo sviluppo del pensiero matematico, nel senso della capacità di ragionare matematicamente sui problemi. Ciò dovrebbe riguardare anche i problemi derivati o derivabili dalla vita concreta dello studente. Molte delle attività tendono a rendere lo studente capace di osservare, sperimentare, comparare, congetturare, analizzare, sintetizzare, astrarre e generalizzare, dedurre, indurre, ragionare per analogia. È inoltre importante che egli esprima i propri pensieri ed opinioni in modo logico ed appropriato e che sia capace di applicare concetti, principii, modelli di pensiero alle situazioni.
Le competenze metacognitive divengono sempre più importanti anche come oggetti specifici di didattica col crescere degli ordini scolastici. Alla fine delle superiori lo studente deve saper differenziare i procedimenti matematici nella risoluzione dei problemi.
Il pensiero matematico è concepito come insieme di processi di analisi, sintesi, astrazione e generalizzazione. È una caratteristica che si può sviluppare e si fonda sulla capacità di selezionare durante l’osservazione gli elementi che possono dare luogo a generalizzazioni. Essi verranno poi usati in un contesto diverso: la trasferibilità è vista come prova di acquisizione delle competenze.
Secondo le indicazioni ministeriali le competenze nel pensiero matematico sono suddivise in quattro livelli:
I) conoscere: gli studenti sanno riconoscere, identificare, differenziare e classificare quello che studiano;
II) capire: hanno conoscenze teoriche, si sanno esprimere nel linguaggio matematico, riconoscono le connessioni tra diverse parti della conoscenza matematica;
III) possedere (esser competenti): sanno analizzare, calcolare, prendere decisioni argomentandone e giustificandone la scelta, applicare le conoscenze apprese in situazioni nuove;
IV) flessibilità: sanno sintetizzare ed integrare le conoscenze appena apprese e le capacità appena acquisite con le conoscenze pregresse e riescono a selezionare razionalmente quali informazioni e conoscenze ricercare per risolvere problemi matematici.
 
Ad esempio in geometria gli studenti debbono inanzitutto apprendere che cosa sono un triangolo, un rettangolo od altre forme geometriche e riconoscerli. Poi debbono conoscere le caratteristiche di queste forme e le loro relazioni reciproche, come ad esempio che un rettangolo può essere diviso in due triangoli. Grazie ad esse gli studenti possono ottenere la formula per l’area del triangolo. In terzo luogo interviene l’acquisizione della formula ed il suo uso. Infine l’uso deve essere reso flessibile, tale da risolvere problemi con forme composte da triangoli, rettangoli, eccetera.
Conoscenza, capacità e competenza coesistono e si influenzano reciprocamente. La capacità è considerata come ad un livello inferiore rispetto alla competenza, nel senso che è meno generale e più legata ad ambiti specifici. La competenza abbraccia più ambiti e raggiunge scopi più elevati
 
5.3.5 Ragionamento matematico e logica
Dato che l’attenzione non è posta principalmente sulle definizioni, sulle dimostrazioni e sulle motivazioni astratte si potrebbe pensare ad una didattica incentrata sul fare. Non compaiono infatti accenni espliciti alla logica ed ai processi di derivazione ipotetico-deduttiva. C’è però tutto un settore di attività che ha a che fare con i metodi di inferenza ad esempio in quanto concerne la ricerca dei metodi più semplici e diretti di risoluzione dei problemi o nelle attività di disegno geometrico. Si tratta di ambiti in cui si fa notare la dipendenza di quanto si può realizzare e concludere correttamente dalle premesse. Uno degli obiettivi di queste attività è lo sviluppo della capacità di leggere razionalmente le informazioni ed i dati offerti dalla situazione, scegliere le migliori modalità per rappresentarli e maneggiarli, ed infine trattarli convenientemente per trarne le conclusioni corrette. L’idea di fondo è che da date premesse si possano trarre correttamente solo certe conclusioni, che cambieranno al cambiare di quelle.
Un altro obiettivo è quello della comprensione dell’importanza delle ipotesi implicite ed esplicite e delle restrizioni che comportano sulla validità delle affermazioni. Ad esempio la proposizione che asserisce che il prodotto di due numeri è maggiore di essi vale solo se i due numeri sono dello stesso segno ed hanno entrambi valori assoluti maggiori di 1. È per esempio falso per le coppie di fattori ½ e , per 0,2 e 5, -3 e 2. Al di fuori di un certo ambito, che si può determinare, l’affermazione perde di validità. Queste limitazioni intervengono a creare maggiore consapevolezza sulla trasferibilità delle conoscenze e delle procedure.
 
5.3.6 Creatività, applicazioni ed autonomia
Nelle indicazioni ministeriali (Xie, 2004) si parla di sviluppare la creatività matematica intendendo una caratteristica molteplice mista di curiosità riguardo ai fenomeni del mondo naturale e della società, desiderio di nuove conoscenze, pensiero autonomo, capacità di impostare ed affrontare i problemi con una prospettiva matematica ed abitudine all’uso di competenze e meodoligie matematiche per scoprire e risolvede problemi.
Essa è particolarmente rivolta alle applicazioni, intese come capacità di riconoscere le informazioni di carattere matematico offerte dalla realtà, organizzarle in schemi di pensiero efficaci ed impostare soluzioni ai problemi evidenziati. Questi processi, alla fine dell’esperienza didattica generale, debbono avere luogo nella più completa autonomia. In particolare si deve esser capaci, da un lato, di fare uso nei contesti più vari delle conoscenze matematiche acquisite a scuola, dall’altro, di esplorare autonomamente le caratteristiche matematiche delle situazioni.
Lo studente avrà quindi notevoli strumenti anche per selezionare nel modo più opportuno i propri obiettivi di vita e di studio, affrontare le diverse esperienze che la vita adulta gli presenterà con razionalità, esaminare le situazioni con pertinenza e costruire nuove conoscenze.
La matematica divene così da oggetto di didattica a strumento di educazione generale. Porta alla maturità ed all’autonomia.
Il fatto che la creatività, le capacità di applicazione e la disposizione all’analisi razionale autonoma vengano costruite prevalentemente sulla base dell’attività dell’insegnante sulla classe ha qualcosa di ossimorico, ma probabilmente si tratta più di direzioni per lo sviluppo futuro che della situazione presente. L’autonomia di pensiero è reclamata tra le intenzioni anche dei libri di testo e li orienta nella presentazione e nella scelta delle conoscenze.
 
5.3.7 Schema della dinamica di classe e sue conseguenze
La sequenza tipica della didattica suggerita dai documenti ministeriali in (Xie, 2004), che probabilmente riferisce usi reali, sembra essere simile alla seguente:
1. presentazione didattica alla classe da parte dell’insegnante di un gruppo di conoscenze e competenze connesse tra loro;
2. esame approfondito di esse sotto la guida dell’insegnante;
3. assimilazione degli aspetti procedurali attraverso l’esercizio;
4. formazione del pensiero matematico relativo a quell’area cognitiva attraverso la risoluzione di problemi e l’applicazione a situazioni diverse da quelle di presentazione.
 
L’attività risolutoria di problemi è più vicina agli obiettivi didattici che agli strumenti come invece accade in molte altre impostazioni. Una conseguenza è che qui non viene incentivato il meccanismo di risoluzione basato su tentativi ed errori (provo una strategia che conosco – se si dimostra sbagliata la modifico o ne provo un’altra che non genera l’errore evidenziato – se non va bene neanche questa ripeto il procedimento fino a trovare autonomamente la procedura giusta). Piuttosto si mette in risalto l’assimilazione delle procedure e dei metodi proposti dall’insegnante per una successiva evoluzione autonoma dei processi mentali.
La stessa concezione di problema è influenzata dal questo modello: spesso i problemi proposti hanno un’unica soluzione. Se si possono risolvere con più strategie si premia e si riconosce come corretta solo la migliore (la più veloce, quella che richiede meno operazioni). Questo avviene anche nella didattica praticata in Italia ma con minore enfasi ed in fasi successive: le strategie che portano a soluzioni corrette in un primo momento solitamente si accettano e solo in seguito si dichiara che se ne preferisce una. In Cina ciò avviene da subito.
Un’ulteriore conseguenza è che tutto il processo didattico è strettamente sequenziale: le conoscenze e competenze di una fase sono costruite su quelle precedenti, senza possibilità di percorsi alternativi.
 
 
5.4 Alcuni esempi di istanze didattiche specifiche
5.4.1 Le addizioni nelle due culture
Forse per eredità del modello nozionista, che prevede grandi quantità di esercizi ripetitivi e liste sistematiche di contenuti da mandare a memoria, i bambini cinesi imparano le addizioni di naturali dallo 0 al 10 con esercizi ripetitivi talora inseriti in giochi familiari.
Questa è una differenza culturale notevole perché in Italia si insegna a risolvere le addizioni complicate con algoritmi che le suddividono per ordine di grandezza (le unità con le unità, le decine con le decine, le centinaia con le centinaia,…) e così le riconducono a somme elementari. Queste ultime si acquisiscono inizialmente con vari metodi (contando con le dita, i bottoni, i fagioli,…) e poi si svolgono senza pensarci consciamente. Un modello di addizione all’italiana può essere il seguente:
 
Addizione 16+15 all’italiana
Notazione
indo-araba numerali verbali processi e note
1 16+15 sedici più quindici  Lettura
2 (10+6) + (10+5) Se-dici più quin-dici  spezzettamento per ordini di grandezza
3 (6+5)+(10+10) se- più quin- e
–dici più –dici  somma ordine per ordine;
 conflitto tra numerali scritti ed orali
4 11+20 undici più venti  unità: 6+5=11 (addizione elementare)
 decine :1+1=2 (addizione elementare)
 ricomposizione parziale del numerale;
 11 > 9 attivazione delle procedure per il riporto
5 (10+1)+2×10 un-dici e venti  spezzettamento per ordini di grandezza
6 (10+2×10)+1 dieci più venti e uno  somma ordine per ordine;
 conflitto tra numerali scritti ed orali
7 30+1 trenta+1  2+1=3 (addizione elementare)
8 31 trentuno  ricomposizione del numerale
 
Si noti che il sistema dei numerali orali della lingua italiana ha forti punti di contrasto col sistema di notazione indo-arabo. Ad esempio nell’insieme dei numeri naturali della seconda decina il primo è ricco di irregolarità che non aiutano nello spezzettamento degli addendi nei diversi ordini, ma anzi fanno interferenza rispetto alla logica posizionale dei numerali indo-arabi.
I prodotti indicati nella tabella precedente sono in realtà puramente formali: le operazioni che facciamo davvero sono sempre addizioni elementari. Questo non si può fare con le moltiplicazioni perché in quel caso non ci sono operazioni concrete semplici e rapide: l’algoritmo usuale, spezzettata l’operazione in moltiplicazioni più semplici, ricorre alle tabelline della moltiplicazione.
I Cinesi invece hanno un diverso rapporto con le addizioni elementari e tendono a sviluppare meccanismi analoghi a quelli della moltiplicazione. Un motivo matematicamente fondato può risiedere nelle caratteristiche della lingua cinese e dei sistemi di rappresentazione dei numeri naturali usati in quella cultura. I numerali dei sistemi principali sono a tutti gli effetti caratteri o complessi di caratteri che rimandano ideograficamente ai significati (Nicosia, 2008). Vanno appresi a memoria perché non sono segni speciali con una sintassi speciale ma parole comuni della lingua cinese, che non conosce suffissi, desinenze o declinazioni. I sistemi più usati non sono posizionali ma moltiplicativi. La situazione è simile a quando in italiano diciamo un numero in parole e siamo costretti ad usare suffissi o desinenze come –anta, -cento-, -mila-, eccetera per capire quale ordine di grandezza ci stiamo riferendo. In cinese i suffissi non esistono ma si citano esplicitamente gli ordini di grandezza: 99, che noi leggiamo nov-anta-nove, si scrive nel sistema testuale: 九十九 e si legge jiǔ shí jiǔ (cioè 9 10 9). A parte qualche piccola eccezione è sempre così.
Questo modo di concepire e scrivere i numeri rende più semplici le addizioni perché la parte di spezzettamento tra odini diversi dell’algoritmo è praticamente già suggerita dal numerale. I bambini cinesi hanno infatti assai meno difficoltà nelle addizioni della seconda decina rispetto ai loro coetanei che parlano lingue indoeuropee (Miller et alii, 1995). Uno schema dell’addizione alla cinese può essere questo (加 (jiā) indica il segno di addizione +):
 
addizione 16+15 alla cinese 一十六 加 一十五 yī shí liù jiā yī shí wǔ
Notazione testuale numerali verbali processi e note
1 一十六 加 一十五 yī shí liù jiā yī shí wǔ  lettura
2 (十 加 十) 加 (六加五) yī jiā liù jiā èr jiā wǔ  spezzettamento per ordini di grandezza
3 二十加一十一 èr shí jiā yī shí yī  somma ordine per ordine
 unità: 六加五=一十一
 decine: 一加一=二
 confronto: 一十一>十 ed attivazione delle procedure per il riporto
4 二十加一十加一 èr shí jiā yī shí jiā yī  spezzettamento per ordini di grandezza
5 三十加一 sān shí jiā yī  二加一=三
6 三十一 sān shí yī  ricomposizione del numerale
 
L’algoritmo per il bambino di lingua cinese è più breve e più semplice. Ci sono meno conflitti tra numerali orali e scritti, anzi calcolo orale e scritto sono quasi identici. L’unica difficoltà che rimane allora è il calcolo delle addizioni della prima decina e lì si possono concentrare gli sforzi mnemonici.
 
 
5.4.2 Algoritmo per la divisione
Un algoritmo per la divisione tra interi molto diffuso nel mondo e molto popolare anche presso gli studenti di orignie cinese nelle scuole italiane è il seguente:
 
 
Come si vede è assai simile a quello insegnato tradizionalmente in Italia (detto a danda) con lievi differenze grafiche. Il risultato viene scritto al di sopra ed il resto non ha un posto specifico.
Vediamo qualche altro esempio in cui si evidenzia il ruolo del riporto:
 
 
 
 
5.5 Risultati del sistema cinese
L’insegnamento della matematica ha una forte tradizione culturale in Cina ed una storia recente ricca di esperienze (Zhang, 2005). Le recenti politiche in campo educativo e le iniziative didattiche intraprese si sono rivelate vincenti. Nel contesto dei tumultuosi cambiamenti sociali della Cina contemporanea ha decollato anche il mercato dell’educazione, dei corsi professionalizzanti e qualificanti, degli enti di accreditamento e degli esami in moltissimi ambiti, in primis informatico (soprattutto nell’uso di applicativi), linguistico (in special modo per l’inglese ed altre lingue europee) ed economico. Lo studio è divenuto, come in gran parte del mondo industrializzato, una componente fissa della vita di ogni lavoratore, specialmente nei ranghi più elevati e maggiormente qualificati.
Una quindicina di anni fa erano pochissimi i cinesi che raggiungevano livelli accademici paragonabili ai PhD. Oggi ci sono diverse scuole di eccellenza internazionalmente note che costituiscono centri di richiamo internazionale per studi e ricerche nei più diversi ambiti, in special modo nel campo medico, ingegneristico ed economico (Rampini, 2005). Alcune università cinesi hanno prodotto applicativi informatici di larghissima diffusione. La Cina ha dimostrato una grandissima capacità di assimilare istanze nate al di fuori della sua cultura e di riproporle in forme nuove, essenzialmente ed intrinsecamente cinesi. La matematica non è stata lasciata da parte in questo processo ed anche in questo campo le università cinesi cominciano ad esercitare un ruolo sempre più importante.
Per quel che riguarda la matematica più propriamente scolastica bisogna considerare l’ottimo piazzamento degli studenti cinesi nelle rilevazioni comparative, ad esempio PISA e TIMSS. (Peiretti, 2005). La differenza tra i loro risultati e quelli dei loro colleghi statunitensi è tale che le autorità scolastiche e diverse rinomate scuole degli Stati Uniti e di altri Paesi hanno preso ad importanre dalla Cina programmi di studio e materiali didattici ed a studiare i metodi cinesi d'insegnamento (Rampini, 2005).
Le prospettive della didattica della matematica in Cina sono dunque positive. Il principale problema che resta aperto oggi è legato alla massificazione dell’educazione (Zhang, 2005). Lo sviluppo di una società ricca di istanze scientifiche e tecnologiche richiede una maggiore attenzione da parte della generalità dei cittadini cinesi all’educazione in campo matematico ed un’alta qualità dell’educazione in questo senso. Oltre ai nove anni di istruzione obbligatoria moltissimi studieranno altri quattro anni nella scuola superiore e dopo poco più del 20% di ogni annata studentesca si iscriverà all’università. Quasi tutti i dipartimenti universitari offrono corsi di matematica. Con la crescita della popolazione studentesca cresceranno anche gli studenti con difficoltà in matematica. Se non si prenderanno provvedimenti di fronte alle future emergenze, sulla società cinese incombe il rischio di un livellamento qualitativo generale verso il basso come è avvenuto in altri Paesi in situazioni analoghe.
 
 
 
6 Conclusione sulla didattica della matematica per classi italiane ricche di immigrati cinesi
 
6.1 Differenze ed istituzioni
Nel corso di questo studio si sono evidenziate tante differenze culturali, in particolare tra:
 le tradizioni matematiche;
 le abitudini didattiche e pedagogiche;
 le scale di valori impliciti nei sistemi educativi;
 le concezioni ed aspirazioni sul ruolo della scuola e della matematica che ivi si studia.
Molte altre non sono state evidenziate ed altre ancora restano da scoprire.
La diversità culturale può costituire una grande ricchezza educativa e didattica ed una miniera di spunti per tutti gli studenti (di qualunque estrazione sociale e culturale) a patto che gli insegnanti si impegnino sistematicamente in uno sforzo interculturale di valorizzazione delle diverse istanze e che le istituzioni scolastiche forniscano loro mezzi ed impulso. Tali sembrerebbero le intenzioni della scuola italiana a giudicare dalle esortazioni contenute nei documenti ufficiali citati in (AA.VV:, 2007). Questa apparenza si scontra, però, con la constatazione delle politiche reali portate avanti ormai da anni dai diversi ministri attraverso le destinazioni di bilancio, che hanno portato ad un netto ridimensionamento del ruolo dei mediatori culturali e non hanno permesso che fosse resa sistematica la presenza all’interno della scuola di operatori, organizzazioni ed azioni volti all’accoglienza ed all’instaurazione di un dialogo tra istituzioni e famiglie.
Se in gran parte delle scuole italiane dove si riscontra la massiccia presenza di studenti di cultura non italiana si è organizzata un’ampia gamma di iniziative, ciò è dovuto, come in molti altri casi, alla buona volontà ed all’impegno, talora realmente eroico e quasi sempre disinteressato, degli insegnanti e del personale non docente ed alla collaborazione di diversi enti locali e varie organizzazioni.
Molte scuole stanno approfondendo, tra le altre, la conoscenza della cultura cinese con l’intento di capire e, ove possibile, prevedere le necessità di una compagine studentesca che le statistiche mostrano in crescita.
La società italiana è in trasformazione verso il multiculturalismo che si spera di poter trasformare in inter- o transcultrualismo almeno in quelle istituzioni come la scuola, in cui l’incontro tra individui e gruppi umani deve tendere alla costituzione degli elementi sociali di domani.
L’altro grande ambito di incontro è oggi il lavoro. Forse tra breve anche altri ambienti saranno interessati da queste dinamiche, ma nella scuola italiana di oggi le persone di culture diverse si incontrano in percentuale maggiore che nel resto dei contesti sociali.
Gli insegnanti hanno quindi un compito di importanza strategica nell’amalgamare la nuova umanità nata dai fenomeni migratorii e dalla globalizzazione.
 
6.2 La domanda fondamentale
Quale matematica insegnare in una classe piena di studenti cinesi e con che metodi? Nessuno ha oggi la risposta ad un quesito del genere ma possiamo sperare che la comunicazione tra insegnanti e tra esperti possa aiutare il singolo docente permettendogli di accedere ad una bibliografia di resoconti di esperienze didattiche, liste di spunti e soprattutto studi didattici teoricamente ben fondati. Speriamo insomma di avere a disposizione un arsenale di strumenti con cui gestire il dialogo interculturale anche in matematica.
Per questo è necessario sconfiggere due nemici che hanno la forma di due istanze culturali implicite nel sentire di molti insegnanti. La prima è la tendenza alla monoculturalità che la nostra scuola eredita dalle sue origini gentiliane.
La seconda è l’idea di una matematica astratta ed assoluta, anche essa eredità di una storia che ha avuto corso prevalentemente nell’area mediterranea. Il distacco della matematica dalla vita pratica delle persone e la concezione di un mondo di idee universali di cui notare semplicemente i rapporti logici, se da un lato ha caratterizzato il filone derivante dalla Grecia classica e gli ha permesso grandi conquiste culturali, dall’altro, con la forza dei suoi criteri di accettabilità dei risultati proposti, ha portato all’esclusione di molti contenuti e pratiche socialmente condivisi da gruppi umani anche assai grandi cui oggi riconsociamo innegabili caratteristiche matematiche. Spesso ciò che è presentato come astratto ed assoluto diviene anche unico.
Bisogna ricordare che la diffusione planetaria della matematica di origine greca non è avvenuta solo in virtù dei suoi grandi risultati e delle loro ricadute tecnologiche nel corso di scambi pacifici con altre civiltà, ma anche con diverse forme di imposizione più o meno violente.
Oggi, grazie agli studi storico-critici, didattici e soprattuto etnomatematici possiamo rivalutare ed apprezzare metodi di misura, calcolo, inferenza, ripartizione,… intere aree di applicazione e di interesse, grandi tematiche che erano state tralasciate e dimenticate. L’insorgenza di movimenti culturali di emancipazione delle minoranze ed i fenomeni legati al traffico globale di merci e simboli che viviamo ogni giorno rendono questa rivalutazione assai urgente.
Inoltre nella fase storica presente sembra che la cultura cinese, dopo un periodo di subordinazione a quella occidentale ed avendone raccolto i frutti migliori, stia per riprendere il suo posto centrale nella storia umana. Il mondo di un futuro non troppo lontano sarà probabilmente ricco di oggetti materiali e simbolici derivati dalla cultura cinese e prodotti secondo il sentire di questa. La matematica non farà eccezione.
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Jongo: The Worlds Portal and Search Engine for China
http://www.jongo.com/
 
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