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{{Pt|[[Pagina:Sotto_il_velame.djvu/25|I]]|[[Sotto il velame/La selva oscura/I|I]]<br />}}. Dante viene a dire d’essersi smarrito adolescente, non ostante che adolescente non fosse: il suo fu uno smarrirsi proprio dell’adolescenza; e anche il ''sonno'' è indizio d’essa, e le false imagini di bene sono le blande dilettazioni proprie d’essa. {{Pt|[[Pagina:Sotto_il_velame.djvu/30|—&nbsp;II]]|[[Sotto il velame/La selva oscura/II|II]]<br />}}. Fu un traviamento scusabile con l’eta e causato dalla semplicità del ''cuore'' (appetito), che s’ingannava; come si vede dall’esempio della Vita Nuova: ciò, non ostante la gravità dei rimproveri di Beatrice. {{Pt|[[Pagina:Sotto_il_velame.djvu/37|—&nbsp;III]]|[[Sotto il velame/La selva oscura/III|III]]<br />}}. La terribilità delle espressioni Dantesche si spiega con raffronti del Convivio. {{Pt|[[Pagina:Sotto_il_velame.djvu/42|—&nbsp;IV]]|[[Sotto il velame/La selva oscura/IV|IV]]<br />}}. L’oscurità della selva significa il manco di discrezione proprio dei fanciulli; e l’anima non riparava questo difetto con l’ubbidire. {{Pt|[[Pagina:Sotto_il_velame.djvu/48|—&nbsp;V]]|[[Sotto il velame/La selva oscura/V|V]]<br />}}. Quel difetto è manco della virtù di ''prudenza'', poichè ''incostanza'' fu quella di Dante. {{Pt|[[Pagina:Sotto_il_velame.djvu/52|—&nbsp;VI]]|[[Sotto il velame/La selva oscura/VI|VI]]<br />}}. Si smarrì, non avendo la virtù che dirige; in una selva oscura, non avendo il lume; e amara come la morte, perchè il difetto di quel lume equivale al peccato d’origine; ed e perciò anche servitù; e perciò il limbo è una selva anch’esso; e v’è il sonno. <ref>Si aggiunga che Dante dice d’essere stato ''cieco'', allora. Purg. XXVI 58. Vedi a pag. 285 nota 1.</ref> {{Pt|[[Pagina:Sotto_il_velame.djvu/58|—&nbsp;VII]]|[[Sotto il velame/La selva oscura/VII|VII]]<br />}}. Nella notte pietosa lo rimise in via la luna, che è la ''prudenza'' senza la quale non è liberta d’arbitrio, come si conferma dall’interpretazione di Par. 27, 124 segg. {{Pt|[[Pagina:Sotto_il_velame.djvu/64|—&nbsp;VIII]]|[[Sotto il velame/La selva oscura/VIII|VIII]]<br />}}. Dante, dunque, traviò per il difetto di prudenza, e si ritrovò per il racquisto di quella; e così travia il genere umano, per il difetto di quella virtù che ha da essere dell’imperatore. <ref>Cfr. a pag. 173 e cfr. Par. XIII 104.</ref> Ma se nella selva non è alcuna virtù, non è nemmeno il vizio: è il peccato originale, non l’attuale.<section end="1" />
{{Pt|[[Pagina:Sotto_il_velame.djvu/25|I]]|[[Sotto il velame/La selva oscura/I]]}}. Dante viene a dire d’essersi smarrito adolescente, non
ostante che adolescente non fosse: il suo fu uno smarrirsi proprio dell’adolescenza; e anche il ''sonno'' è indizio d’essa, e le
false imagini di bene sono le blande dilettazioni proprie d’essa. {{Pt|[[Pagina:Sotto_il_velame.djvu/30|—&nbsp;II]]|[[Sotto il velame/La selva oscura/II|II]]}}. Fu un traviamento scusabile con l’eta e causato dalla semplicità del ''cuore'' (appetito), che s’ingannava; come si vede dall’esempio della Vita Nuova: ciò, non ostante la gravità dei rimproveri di Beatrice. {{Pt|[[Pagina:Sotto_il_velame.djvu/37|—&nbsp;III]]|[[Sotto il velame/La selva oscura/III|III]]}}. La terribilità delle espressioni Dantesche si spiega con raffronti del Convivio. {{Pt|[[Pagina:Sotto_il_velame.djvu/42|—&nbsp;IV]]|[[Sotto il velame/La selva oscura/IV|IV]]}}. L’oscurità della selva significa il manco di discrezione proprio dei fanciulli; e l’anima non riparava questo difetto con l’ubbidire. —&nbsp;V. Quel difetto è manco della virtù di ''prudenza'', poichè ''incostanza'' fu quella di Dante. —&nbsp;VI. Si smarrì, non avendo la virtù che dirige; in una selva oscura, non avendo il lume; e amara come la morte, perchè il difetto di quel lume equivale al peccato d’origine; ed e perciò anche servitù; e perciò il limbo è una selva anch’esso; e v’è il sonno. <ref>Si aggiunga che Dante dice d’essere stato ''cieco'', allora. Purg. XXVI 58. Vedi a pag. 285 nota 1.</ref> —&nbsp;VII. Nella notte pietosa lo rimise in via la luna, che è la ''prudenza'' senza la quale non è liberta d’arbitrio, come si conferma dall’interpretazione di Par. 27, 124 segg. —&nbsp;VIII. Dante, dunque, traviò per il difetto di prudenza, e si ritrovò per il racquisto di quella; e così travia il genere umano, per il difetto di quella virtù che ha da essere dell’imperatore. <ref>Cfr. a pag. 173 e cfr. Par. XIII 104.</ref> Ma se nella selva non è alcuna virtù, non è nemmeno il vizio: è il peccato originale, non l’attuale.<section end="1" />