Giuseppe Aurelio Costanzo: differenze tra le versioni

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{{Qualità|avz=75%|data=24 gennaio 2010|arg=biografia}}{{Intestazione letteratura
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Leggete i Versi; il poemetto Un'anima, leggete i sonetti alla Madre Maria, leggete Funeralia e le altre poesie liriche e vedrete se tutto questo sia giusto o no. Sentirete lo stesso eterno gorgheggio di rosignuolo, che piace anche quando può sembrare rnonotono, anche quando un sentimento, non contento di manifestarsi in un modo, si manifesta in tanti altri modi. Ma quel sentimento è vero, è profondo; e, perciò, considerate anche sotto diversi aspetti, non stanca mai; è un bel prisma iridescente che si mostra in tutte le sue faccette, bello sempre. Sentirete la stessa animazione delle cose belle e buone che palpitano e vivono nella natura; odori e fragranze come di fiori modesti di campi; ronzii armoniosi come di alveari; rumori lievi come di cascatelle d'acqua o di ruscelletti che scorrono in mezzo, all' erba porennemente verde; tutte, tutte, insomma, le seduzioni di qualcosa di primitivo, vergine e freschissimo.
Il poeta, che, con dolore in finito della mamma, ha già lasciati i patrii monti iblei per correre in mezzo al mondo in cerca di buone venture, ne' momenti di desolazione maggiore ricorda a se stesso ciò che gli rispondeva la madre quando, bambino, la tempestava di domande sui grandi misteri della vita. Oh, come con poche parole gli scioglieva tutti i problemi più ardui quella buona madre!
 
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La vecchierella non avea mai letto
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e allor sapeva tutto.
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Ma il poeta in mezzo al mondo non ha trovato che triboli e spine e allora pensa che troverebbe un porto sicuro per tante tempeste solo tornando a casa, in seno alla madre sua.
 
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''Sovra i ginocchi de la madre assiso,
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saranno i baci de la madre mia.''
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Una volta, quando la madre era già morta, il poeta si avviò al camposanto. Davanti alla porta del luogo pio trovò due fanciulli:
 
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— Dimmi, fanciullo mio, dimmi che hai,
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la madre mia, che non vedrò più mai.
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Oh, non per nulla il Settembrini scriveva del Costanzo: « Io non conosco poeta che abbia parlato si lungamente di sua madre e con tanto affetto verecondo e, direi quasi, fanciullesco. Deve essere un buon giovane questo Aurelio! Oh giovane, se vuoi esser poeta. parla al mondo come hai parlato a tua madre! »
Ed egli così ha parlato al mondo ed il mondo l'ha sentito, e certo lo sentirà per sempre; perchè G. Aurelio Costanzo è il vero poeta dell'anima e la poesia dell'anima non invecchia mai. Ed egli è così che il Bonghi gli ha potuto scrivere, qualche diecina di anni sono:
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Ma il voto gentile del critico galantuomo non venne, nè poteva venire esaudito. Il poeta conobbe gli uomini e quella conoscenza non potè che essergli fatale.
Una contraddizione stridente, sanguinosa sorse allora tra lui e il mondo, tra i suoi sogni e la realtà, tra il suo cuore e la storia. Avea creduto che il mondo fosse popolato di angeli e visse per un pezzo pieno di questa credenza ingannevole. Ma, quando apri gli occhi, sdegnato del fango che si trovò davanti, chiese al destino la virtù di tornare a sognare come prima.
 
Invano, però. Gli occhi del pensiero, una volta aperti, non vollero richiudersi mai più:
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Ma se la sorte del teatro non arrise alla sua arte della ribellione, il poeta non si .spaventò. Da una parte egli pensava d' iinporre questo suo stato d'animo nella lirica, diventata lirica ribelle; e, dall'altra, dall'ordine sociale l' andava stendendo all' ordine naturale, partecipando più da vicino, con i più alti ingegni poetici del secolo, alla grande malinconia dell' infinito, al dolore universale. I Ribelli^ così, diventano gli ''Eroi della Soffitta'', ''l'ode al Marzo'', i versi a Dafne Gargiolli; l'insuccesso si cambia in successo; il poeta impone il suo gusto e n' è altamente soddisfatto.
Che sono gli Eroi della Soffitta? La stessa definizione de' Ribelli vale per questi poveri Eroi. Il poeta però, che prima la dava in prosa, questa definizione ora la dà in versi.
 
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''Chi sono ? — Quanti assetano
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o in un covigho abbajano la vita.''
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Strana, ma non illogica coincidenza! Il poeta dell'Anima, forse appunto perchè poeta dell'Anima, si mostra adattissimo a descrivere con parole roventi tutta l' iliade disastrosa di tante sofferenze occulte, di tanti dolori inascoltati, di tanti propositi nobili andati in fumo, di tanti disprezzi ingiusti, di tante infamie sopportate con pazienza e rassegnazione.
Ecco: il Costanzo, nato per cantare la pace e 1' amore, sembra fatto apposta per cantare la guerra e l' odio. Alcune strofe di questi suoi Eroi, infatti, come munite di uncinetti, dilacerano; alcune, come munite di ferri roventi, carbonizzano addirittura ciò che toccano: tutte, poi, nella loro efficacissima disarmonia e forse monotonia, sono d' un rilievo scultorio profondo, imprimono marchi indelebili e fanno pensare al fare dantesco tutto muscoli, tutto nervi, tutto sprezzature significantissime.
 
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''Come qua e là si vedono
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e sepolta un'idea fu in ogni ruga.''
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Si è detto, che gli Eroi della soffitta ricordano i ''Refractaires di Vallès'' e i ''bohémiens di Murger''. Ma questo che importa? Prima di tutto questa nuova fase dell'arte del poeta italiano è stata, come si è visto avanti, una evoluzione naturale della sua arte stessa. E poi, si soffre per salire in Francia, come si soffre per salire in Italia. Pur troppo il fenomeno è comune per tutti i paesi!
Ma v' ha di più. Gli Eroi della soffitta cantati dal Costanzo furono una volta persone vive, di cui egli solo conobbe le grandi privazioni, i virtuosi sacrifici, l'inesorabile fame e la fine oscura. Tutto questo essi, nobili di ingegno e di animo, non lo meritavano, e, in nome loro, ha protestato nel regno dell' arte, vendicandoli ! Ma v' ha di più ancora. Il Costanzo fu eroe della soffitta anche lui. Ci fu un tempo in cui anche lui viveva con quaranta lire al mese, che pur divideva con gli altri eroi della stessa soffitta... quando le avea.
Cosi che questi Eroi, più che frutto della fantasia montata, più che frutto d' inspirazioni importate, di letture atrabiliari, sono ''lacryma rerum'', sono figli dell' esperienza propria, furono uomini di carne ed ossa ed infelici e si chiamarono {{AutoreCitato|Vincenzo Giordano Zocchi}} e {{AutoreCitato|Tito Cardelli}}, {{AutoreCitato|F. U. Tarchetti}} e {{AutoreCitato|Federico Piantieri}}. Nè vale nominare gli altri, il cui nome non si può ricordare senza una lacrima e senza un rimpiarito.
 
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''O mio Giordano, l' algida
febbre, che il sangue di velen t'intrise,
fu questa eterna antitesi,
fu la lotta del genio che ti uccise!''
Ah, sentir l' ali a fremere
e sentirsi inchiodato ad una zolla,
sentir l' eterno e a un soffio
poi scoppiare così come una bolla!... ''
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V
 
Ma l' invettiva e l' umorismo degli Eroi della soffitta mi ricorda una tirata meravigliosa contro quelli da lui sarcasticamente chiamati ''Eroi della pace''; i quali' quando la patria era in pericolo, si stavano in casa aspettando gli eventi e uscirono dopo il sereno vantando imprese mai compiute.
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