Pagina:Storia della letteratura italiana I.djvu/16: differenze tra le versioni
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Questo linguaggio comune si forma più facilmente dove sia un gran centro di coltura, che avvicini le classi colte e sia come il convegno degli uomini più illustri. Questo fu a Palermo, nella corte di Federico secondo, dove convenivano siciliani, pugliesi, toscani, romagnoli, o per dirla col ''Novellino'', «dove la gente che avea bontade venìa a lui da tutte le parti».<br /> |
Questo linguaggio comune si forma più facilmente dove sia un gran centro di coltura, che avvicini le classi colte e sia come il convegno degli uomini più illustri. Questo fu a Palermo, nella corte di Federico secondo, dove convenivano siciliani, pugliesi, toscani, romagnoli, o per dirla col ''Novellino'', «dove la gente che avea bontade venìa a lui da tutte le parti».<br /> |
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Il dialetto siciliano era già sopra agli altri, come confessa Dante. E in Sicilia troviamo appunto un volgare cantato e scritto, che non è più dialetto siciliano e non è ancora lingua italiana, ma è già, malgrado gli elementi locali, un parlare comune a tutt'i rimatori italiani, e che tende più e più a scostarsi dal particolare del dialetto, e divenire il linguaggio delle persone civili.<br /> |
Il dialetto siciliano era già sopra agli altri, come confessa Dante. E in Sicilia troviamo appunto un volgare cantato e scritto, che non è più dialetto siciliano e non è ancora lingua italiana, ma è già, malgrado gli elementi locali, un parlare comune a tutt'i rimatori italiani, e che tende più e più a scostarsi dal particolare del dialetto, e divenire il linguaggio delle persone civili.<br /> |
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La Sicilia avea avuto già due grandi epoche di coltura, l'araba e la normanna. Il mondo fantastico e voluttuoso orientale vi era penetrato con gli arabi, e il mondo cavalleresco germanico vi era penetrato co' normanni, che ebbero parte così splendida nelle Crociate. Ivi più che in altre parti d'Italia erano vive le impressioni, le rimembranze e i sentimenti di quella grande epoca da Goffredo a Saladino; i canti de' trovatori, le novelle orientali, la Tavola rotonda, un contatto immediato con popoli così diversi di vita e di coltura, avea colpito le immaginazioni e svegliata la vita intellettuale e morale. La Sicilia divenne il centro della coltura italiana. Fin dal 1166 nella corte del normanno Guglielmo II convenivano i trovatori italiani. Sotto Federico secondo l'Italia colta avea |
La Sicilia avea avuto già due grandi epoche di coltura, l'araba e la normanna. Il mondo fantastico e voluttuoso orientale vi era penetrato con gli arabi, e il mondo cavalleresco germanico vi era penetrato co' normanni, che ebbero parte così splendida nelle Crociate. Ivi più che in altre parti d'Italia erano vive le impressioni, le rimembranze e i sentimenti di quella grande epoca da Goffredo a Saladino; i canti de' trovatori, le novelle orientali, la Tavola rotonda, un contatto immediato con popoli così diversi di vita e di coltura, avea colpito le immaginazioni e svegliata la vita intellettuale e morale. La Sicilia divenne il centro della coltura italiana. Fin dal 1166 nella corte del normanno Guglielmo II convenivano i trovatori italiani. Sotto Federico secondo l'Italia colta avea |
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La lingua di Ciullo non è dialetto siciliano, ma già il volgare, com'era usato in tutt'i trovatori italiani, ancora barbaro, incerto e mescolato di elementi locali, materia ancora greggia.<br /> |
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Vi si trova una forma poetica molto artificiosa e musicale, con un gioco assai bene inteso di rime, e grande ricchezza e spontaneità di forme e di concetti. Per giungere fin qui è stato necessario un lungo periodo di elaborazione. Ciullo è l'eco ancora plebea di quella vita nuova svegliatasi in Europa al tempo delle Crociate, e che avea avuta la sua espressione anche in Italia, e massime nella normanna Sicilia. Di quella vita un'espressione ancor semplice e immediata, ma più nobile, più diretta e meno locale, è nella romanza attribuita al re di ''Gerusalemme'' e nel ''Lamento dell'amante del crociato'', di [[Autore:Rinaldo d'Aquino]]. Sentimenti gentili e affettuosi sono qui espressi in lingua schietta e di un pretto stampo italiano, con semplicità e verità di stile, con melodia soave. Cantato e accompagnato da istrumenti musicali, questo «[[Già mai non mi conforto|sonetto]]», come lo chiama l'innamorata, dovea fare la più grande impressione. Comincia così: <poem> |
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Giammai non mi conforto |
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nè mi voglio allegrare. |
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Le navi sono al porto |
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e vogliono collare. |
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Vassene la più gente |
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in terre d'oltremare. |
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Ed io, oimè lassa d |