Pagina:Zibaldone di pensieri II.djvu/64: differenze tra le versioni

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<section begin=1 /><!--{{ZbPagina|539}}-->il negare, quanto sia vero che dall’incertezza e oscurità delle cose, dalla difficoltà di affermare, deriva necessariamente anche quella di negare, cioè affermare che una cosa non è, genere anch’esso di affermazione. E però se una cosa non manca affatto di prova, o di prova sufficiente a muover dubbio, o s’ella non è del tutto assurda, o riconosciuta evidentemente da lui stesso per falsa o col fatto, o colla ragione; eccetto in questi casi, <section end=1 /><section begin=2 />{{ZbPagina|540}} il vero saggio e filosofo e conoscitore delle cose in quanto (sono conoscibili), ἐπέχει καὶ διασκέπτεται, e ritiene come l’assenso cosí anche il dissenso. Ma uomini di non molto ingegno, bensí di molta apparenza, o desiderio di essa apparenza, credono mostrar talento quando al primo aspetto di una proposizione o cosa non ordinaria, o difficile a credere (o non concorde colle loro opinioni e principii, o non ben dimostrata o fondata), si determinano subito a non credere. E se ne compiacciono seco stessi, e si credono forti di spirito, perché sanno determinatamente e prontamente non credere, quando è tutto l’opposto. E se bene in questo si mescola spesse volte l’ostentazione, non è però che non lo facciano ordinariamente di buona fede, e con verità, e che l’interno non corrisponda alle parole. Giacché hanno veramente questa ''facilità di risolversi a non credere''. Perché appunto sono lontani dalla vera e perfetta sapienza, e cognizione delle cose (22 gennaio 1821).
<section begin=1 />il negare, quanto sia vero che dall’incertezza e oscurità delle cose, dalla difficoltà di affermare, deriva necessariamente anche quella di negare, cioè affermare che una cosa non è, genere anch’esso di affermazione. E però se una cosa non manca affatto di prova o di prova sufficiente a muover dubbio, o s’ella non è del tutto assurda o riconosciuta evidentemente da lui stesso per falsa o col fatto, o colla ragione; eccetto in questi casi,<section end=1 /> <section begin=2 />{{ZbPagina|540}} il vero saggio e filosofo e conoscitore delle cose (in quanto sono conoscibili), ἐπέχει καὶ διασκέπτεται, e ritiene come l’assenso cosí anche il dissenso. Ma uomini di non molto ingegno, bensí di molta apparenza, o desiderio di essa apparenza, credono mostrar talento quando al primo aspetto di una proposizione o cosa non ordinaria, o difficile a credere (o non concorde colle loro opinioni e principii o non ben dimostrata o fondata) si determinano subito a non credere, e se ne compiacciono seco stessi e si credono forti di spirito, perché sanno determinatamente e prontamente non credere, quando è tutto l’opposto. E se bene in questo si mescola spesse volte l’ostentazione, non è però che non lo facciano ordinariamente di buona fede e con verità e che l’interno non corrisponda alle parole. Giacché hanno veramente questa ''facilità di risolversi a non credere''. Perché appunto sono lontani dalla vera e perfetta sapienza, e cognizione delle cose (22 gennaio 1821).




{{ZbPensiero|540/1}} Sic enim mihi perspicere videor, ita natos esse nos, <section end=2 /><section begin=3 />{{ZbPagina|541}} ut inter omnes esset societas quaedam; (ecco l’amore universale, notato anche da {{AutoreCitato|Cicerone}}, e naturale, perché la natura, e tutti gli animali tendono piú che ad altro al loro simile; preferiscono nella inclinazione, nell’amore, nella società, il loro simile, allo straniero e diverso. Questo è il vero confine dell’amore universale secondo natura, non quelli che gli assegnano i nostri filosofi. Ma seguitiamo) maior autem, ut quisque ''<section end=3 />
{{ZbPensiero|540/1}} ''Sic enim mihi perspicere videor, ita natos esse nos,<section end=2 /> <section begin=3 />{{ZbPagina|541}} ut inter omnes esset societas quaedam'' (ecco l’amore universale, notato anche da {{AutoreCitato|Cicerone}}, e naturale, perché la natura, e tutti gli animali tendono piú che ad altro al loro simile; preferiscono nella inclinazione, nell’amore, nella società, il loro simile, allo straniero e diverso. Questo è il vero confine dell’amore universale secondo natura, non quelli che gli assegnano i nostri filosofi. Ma seguitiamo); ''maior autem, ut quisque''<section end=3 />