Epistolario di Renato Serra/A Emilio Lovarini - 14 settembre 1904: differenze tra le versioni

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III: il P. pose la novità dell'opera sua, in confronto a D., al Boccaccio, al Canzoniere, nella imitazione materiale e formale, dei grandi poeti latini (in una ep. egli nega ogni imitazione nelle rime volgari; non già nelle op. latine, di cui, secondo le teoriche del tempo, la dottrina e la imitazione classica costituiscono il maggior pregio. - Nei Tr. ''imita'' scopertamente).
 
E valendomi specialmente del {{AutoreCitato|Lodovico Catelvetro|Castelvetro}} e delle note dell'Appel, che raccoglie anche i più moderni, noto le imitazioni: da Lattanzio che ricorda un Tr. Cupidinis - e che è nel I Canto del Tr.d'Am. tradotto ''ad literam'', da Prudenzio - battaglia della Pudicizia; gli elegiaci, e sp. Properzio per il disegno, e da {{AutoreCitato|Publio Virgilio Marone|Virgilio}}, {{AutoreCitato|Publio OvdioOvidio Nasone|Ovidio}}, {{AutoreCitato|Marco Tullio Cicerone|Cicerone}}, {{AutoreCitato|Lucio Anneo Seneca|Seneca}} (e Livio, {{AutoreCitato|Quinto Orazio Flacco|Orazio}}, {{TestoCitato|Decimo Giunio Giovenale|Giovenale}}), {{AutoreCitato|Marco Anneo Lucano|Lucano}} etc. per tutta quanta la materia. Onde i Trionfi si possono dire quasi una galleria di tutti i più rari "dipinti" della letteratura latina.
 
Ma non solo. Il P. non solo ha trattato di così nobili e dotte cose in volgare, ma ha voluto proprio far prova delle forze della lingua riproducendo da vicino i modi stessi dell'arte latina. I poeti sono tradotti quasi letteralmente, e in modo ben diverso da come gli elegiaci e Virg. sono spesso ricordati dal Canzoniere.
 
Che anzi tutto quanto lo stile e il tono dei Tr. è improntato dell'intendimento di serbare, come fu detto, nobiltà e dignità classica nel volgare.
 
I Tr. in vero confrontati al Canz. mostrano: nel ''lessico'', una copia incomparabilmente maggiore di termini latini o latineggianti (ben diversamente da D. nel Paradiso, che lo fa per argomenti di teologia e di scienza) - fuor di rima; nella sintassi, una maggiore lunghezza e complessità del periodo poetico; uso tutto nuovo del relativo, staccato e lontano dal nome; descrizioni senza verbi finiti, per efficacia rappresentativa ("4 destrier vie più che neve bianchi" etc.); uso dell'accusativo di relazione ("vergine bruna i begli occhi e le chiome"; "faciem decorus et nigrum capillum" Or.) etc. etc. (modi non tutti nuovi, nelle traduzioni dal latino del 300; ma nuovi per l'intenzione e l'uso).
 
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