Pagina:Zibaldone di pensieri II.djvu/378: differenze tra le versioni

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<section begin=1 /><!--{{ZbPagina|1046}}--><br />
<section begin=1 /><!--{{ZbPagina|1046}}-->{{ZbPensiero|1046/2}} Principalissime cagioni dell’essersi la lingua greca per sí lungo tempo mantenuta incorrotta (Vedi Giordani nel fine della lettera sul Dionigi) furono indubitatamente la sua ricchezza, e la sua libertà d’indole e di fatto. La qual libertà produce in buona parte la ricchezza; la qual libertà è la piú <section end=1 /><section begin=2 />{{ZbPagina|1047}} certa, anzi necessaria, anzi unica salvaguardia della purità di qualunque lingua. La quale se non è libera primitivamente e per indole, stante l’inevitabile mutazione e novità delle cose, deve infallibilmente declinare dalla sua indole primitiva, e per conseguenza alterarsi, perdere la sua naturalezza e corrompersi: laddove ella conserva l’indole sua primitiva, se fra le proprietà di questa è compresa la libertà. E quindi si veda quanto bene provveggano alla conservazione della purità del nostro idioma, coloro che vogliono togliergli la libertà, che per buona fortuna, non solo è nella sua indole, ma ne costituisce una delle principali parti, e uno de’ caratteri distintivi. E ciò è naturale ad una lingua che ricevé buona parte di formazione nel trecento, tempo liberissimo, perché antichissimo, e quindi naturale, e l’antichità e la natura non furono mai soggette alle regole minuziose e scrupolose della ragione, e molto meno della matematica. Dico antichissimo, rispetto alle lingue moderne, nessuna delle quali data da sí lontano tempo il principio vero di una formazione molto inoltrata, e di una notabilissima coltura, ed applicazione alla scrittura: né può di gran lunga mostrare in un secolo cosí remoto sí grande universalità e numero di scrittori e di parlatori ec. che le servano anche oggi di modello. E questa antichità <section end=2 /><section begin=3 />{{ZbPagina|1048}} di formazione e di coltura, antichità unica fra le lingue moderne, è forse la cagione per cui l’indole primitiva della lingua italiana formata, è piú libera forse di quella d’ogni altra lingua moderna colta (siccome pure dell’esser piú naturale, piú immaginosa, piú varia, piú lontana dal geometrico ec).<section end=3 />


{{ZbPensiero|1046/2}} Principalissime cagioni dell’essersi la lingua greca per sí lungo tempo mantenuta incorrotta (Vedi Giordani nel fine della lettera sul Dionigi) furono indubitatamente la sua ricchezza, e la sua libertà d’indole e di fatto. La qual libertà produce in buona parte la ricchezza; la qual libertà è la piú <section end=1 /><section begin=2 />{{ZbPagina|1047}} certa, anzi necessaria, anzi unica salvaguardia della purità di qualunque lingua. La quale se non è libera primitivamente e per indole, stante l’inevitabile mutazione e novità delle cose, deve infallibilmente declinare dalla sua indole primitiva, e per conseguenza alterarsi, perdere la sua naturalezza e corrompersi: laddove ella conserva l’indole sua primitiva, se fra le proprietà di questa è compresa la libertà. E quindi si veda quanto bene provveggano alla conservazione della purità del nostro idioma, coloro che vogliono togliergli la libertà, che per buona fortuna, non solo è nella sua indole, ma ne costituisce una delle principali parti, e uno de’ caratteri distintivi. E ciò è naturale ad una lingua che ricevé buona parte di formazione nel trecento, tempo liberissimo, perché antichissimo, e quindi naturale, e l’antichità e la natura non furono mai soggette alle regole minuziose e scrupolose della ragione, e molto meno della matematica. Dico antichissimo, rispetto alle lingue moderne, nessuna delle quali data da sí lontano tempo il principio vero di una formazione molto inoltrata, e di una notabilissima coltura, ed applicazione alla scrittura: né può di gran lunga mostrare in un secolo cosí remoto sí grande universalità e numero di scrittori e di parlatori ec. che le servano anche oggi di modello. E questa antichità <section end=2 /><section begin=3 />{{ZbPagina|1048}} di formazione e di coltura, antichità unica fra le lingue moderne, è forse la cagione per cui l’indole primitiva della lingua italiana formata, è piú libera forse di quella d’ogni altra lingua moderna colta (siccome pure dell’esser piú naturale, piú immaginosa, piú varia, piú lontana dal geometrico ec).<section end=3 />