Pagina:Zibaldone di pensieri II.djvu/241: differenze tra le versioni

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<section begin=1 /><!--{{ZbPagina|864}}-->e modi per lo piú ricercati ed antichi, e la cui italianità risalta e dà negli occhi; contrasta colla innazionalità ed anche coll’assoluta differenza del carattere totale della scrittura (24 marzo 1821). <section end=1 /><section begin=2 />{{ZbPagina|865}}
<section begin=1 /><!--{{ZbPagina|864}}-->e modi per lo piú ricercati ed antichi, e la cui italianità risalta e dà negli occhi; contrasta colla innazionalità ed anche coll’assoluta differenza del carattere totale della scrittura (24 marzo 1821). <section end=1 /><section begin=2 />{{ZbPagina|865}}




{{ZbPensiero|ZbPensiero}}Lodo che si distornino gl’italiani dal cieco amore e imitazione delle cose straniere, e molto piú che si richiamino e invitino a servirsi e a considerare le proprie; lodo che si proccuri ridestare in loro quello spirito nazionale, senza cui non v’é stata mai grandezza a questo mondo, non solo grandezza nazionale, ma appena grandezza individuale; ma non posso lodare che le nostre cose presenti, e parlando di studi, la nostra presente letteratura, la massima parte de’ nostri scrittori, ec. ec. si celebrino, si esaltino tutto giorno quasi superiori a tutti i sommi stranieri, quando sono inferiori agli ultimi: che ci si propongano per modelli; e che alla fine quasi ci s’inculchi di seguire quella strada in cui ci troviamo. Se noi dobbiamo risvegliarci una volta, e riprendere lo spirito di nazione, il primo nostro moto dev’essere, non la superbia né la stima delle nostre cose presenti, ma la vergogna. E questa ci deve spronare a cangiare strada del tutto, e rinnovellare ogni cosa. Senza ciò non faremo <section end=2 /><section begin=3 />{{ZbPagina|866}} mai nulla. Commemorare le nostre glorie passate, è stimolo alla virtú, ma mentire e fingere le presenti è conforto all’ignavia, e argomento di rimanersi contenti in questa vilissima condizione. Oltre che questo serve ancora ad alimentare e confermare e mantenere quella miseria di giudizio, o piuttosto quella incapacità d’ogni retto giudizio, e mancanza d’ogni arte critica, di cui lagnavasi l’{{AutoreCitato|Alfieri}} (nella sua vita) rispetto all’Italia, e che oggidí è cosí evidente per la continua esperienza sí delle grandi scempiaggini lodate, sí dei pregi (se qualcuno per miracolo ne occorre) o sconosciuti, o trascurati, o negati, o biasimati (24 marzo 1821).<section end=3 />
{{ZbPensiero|865/1}}Lodo che si distornino gl’italiani dal cieco amore e imitazione delle cose straniere, e molto piú che si richiamino e invitino a servirsi e a considerare le proprie; lodo che si proccuri ridestare in loro quello spirito nazionale, senza cui non v’é stata mai grandezza a questo mondo, non solo grandezza nazionale, ma appena grandezza individuale; ma non posso lodare che le nostre cose presenti, e parlando di studi, la nostra presente letteratura, la massima parte de’ nostri scrittori, ec. ec. si celebrino, si esaltino tutto giorno quasi superiori a tutti i sommi stranieri, quando sono inferiori agli ultimi: che ci si propongano per modelli; e che alla fine quasi ci s’inculchi di seguire quella strada in cui ci troviamo. Se noi dobbiamo risvegliarci una volta, e riprendere lo spirito di nazione, il primo nostro moto dev’essere, non la superbia né la stima delle nostre cose presenti, ma la vergogna. E questa ci deve spronare a cangiare strada del tutto, e rinnovellare ogni cosa. Senza ciò non faremo <section end=2 /><section begin=3 />{{ZbPagina|866}} mai nulla. Commemorare le nostre glorie passate, è stimolo alla virtú, ma mentire e fingere le presenti è conforto all’ignavia, e argomento di rimanersi contenti in questa vilissima condizione. Oltre che questo serve ancora ad alimentare e confermare e mantenere quella miseria di giudizio, o piuttosto quella incapacità d’ogni retto giudizio, e mancanza d’ogni arte critica, di cui lagnavasi l’{{AutoreCitato|Alfieri}} (nella sua vita) rispetto all’Italia, e che oggidí è cosí evidente per la continua esperienza sí delle grandi scempiaggini lodate, sí dei pregi (se qualcuno per miracolo ne occorre) o sconosciuti, o trascurati, o negati, o biasimati (24 marzo 1821).<section end=3 />