Pensieri di varia filosofia e di bella letteratura/4170: differenze tra le versioni

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Pensieri di varia filosofia e di bella letteratura/Intestazione

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[p. 102 modifica]*    Pece-pegola, impegolare ec.


*    Maledetto, esecrato, odiato, abbominato, abborrito ec. per degno di maledizione ec., o che suole essere maledetto ec.; e vedi Forcellini. E per contrario amato, desiderato, sospirato ec.


*    Alla p. 4137. L’uomo tende ad un fine principale e unico. Ogni suo atto volontario o di pensiero o d’opera è indirizzato a questo fine. Questo fine è dunque il suo sommo bene. E questo sommo bene che è? Certamente la felicità. Sin qui tutti i filosofi sono d’accordo, antichi e moderni. Ma che è, ed in che consiste, e di che natura è la felicità conveniente e propria alla natura dell’uomo, desiderata sommamente e supremamente, anzi per verità unicamente, dall’uomo, cercata e procacciata continuamente dall’uomo? Che cosa è per conseguenza il sommo bene dell’uomo, il fine dell’uomo? Qui non v’è setta, non v’è filosofo, né tra gli antichi né tra i moderni, che non discordi dagli altri. Sonovi alcuni che si maravigliano di tanta discordia dei filosofi in questo punto, dopo tanta loro concordia nel rimanente. Ma che maraviglia? Come trovare, come determinare quello che non esiste, che non ha natura né essenza alcuna, ch’è un ente di ragione? [p. 103 modifica]Il fine dell’uomo, il sommo suo bene, la sua felicità, non esistono. Ed egli cerca e cercherà sempre sommamente ed unicamente queste cose, ma le cerca senza sapere di che natura sieno, in che consistano, né mai lo saprà, perché infatti queste cose non esistono, benché per natura dell’uomo sieno il necessario fine dell’uomo. Ecco spiegate le famose controversie intorno al sommo bene. Il sommo bene è voluto, desiderato, cercato di necessità, e ciò sempre e sommamente, anzi unicamente, dall’uomo; ma egli nel volerlo, cercarlo, desiderarlo, non ha mai saputo né mai saprà che cosa esso sia (le dette controversie medesime ne sono prova); e ciò perché il suo sommo bene non esiste in niun modo. Il fine della natura dell’uomo esisterà forse in natura. Ma bisogna ben distinguerlo dal fine cercato dalla natura dell’uomo. Questo fine non esiste in natura, e non può esistere per natura. E questo discorso debbe estendersi al sommo bene di tutti gli animali e viventi (11 marzo, Vigilia della domenica di Passione, 1826; Bologna).


*    L’uomo (e cosí gli altri animali) non nasce per goder della vita, ma solo per perpetuare la vita, per comunicarla ad altri che gli succedano, per conservarla. Né esso, né la vita, né oggetto alcuno di questo mondo è propriamente per lui, ma al contrario esso è tutto per la vita. - Spaventevole, ma vera proposizione e conchiusione di tutta la metafisica. L’esistenza non è per l’esistente, non ha per suo fine l’esistente, né il bene dell’esistente; se anche egli vi prova alcun bene, ciò è un puro caso: l’esistente è per l’esistenza, tutto per l’esistenza, questa è il suo puro fine reale. Gli esistenti esistono perché si esista, l’individuo esistente nasce ed esiste perché si continui ad esistere e l’esistenza si conservi in lui e dopo di lui. Tutto ciò è manifesto dal vedere che il vero e solo fine della natura è la conservazione delle specie, [p. 104 modifica]e non la conservazione né la felicità degl’individui; la qual felicità non esiste neppur punto al mondo, né per gl’individui né per le specie. Da ciò necessariamente si dee venire in ultimo grado alla generale, sommaria, suprema e terribile conclusione detta di sopra (Bologna, 11 marzo 1826).


*    Negletto, contemptus (vedi Fedro, fab. Calvus et musca), spregiato, dispregiato o disprezzato ec. ec. per dispregevole. Implacato per implacabile. Vedi Forcellini ec. Provvisto per che provvede o ha provveduto, del che altrove. Vedi Monti, Proposta, in provvisto, dove nel secondo esempio trovi anche avvisato in senso simile.


*    Puretto diminutivo positivato, aggettivo per puro, come pretto. Vedi Crusca.


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