Pagina:Zibaldone di pensieri VI.djvu/185: differenze tra le versioni

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mancanza di nazionalità e dal preteso amore universale ec. Il tutto, supposta una società stretta, e che questa non si possa piú (come già non puossi) evitare.
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Or che la specie umana costantemente e regolarmente perisca per le sue proprie mani, e ne perisca in questo modo cosí gran parte e cosí ordinatamente come avviene per la guerra, è cosa da un lato {{ZbPagina|3792}} tanto contraria e ripugnante alla natura quanto il suicidio, conforme di sopra (pag. 3784). si è detto, dall’altro lato priva affatto di esempio e di analogia in qualsivoglia altra specie conosciuta, sia inanimata o animata, sia d’animali insocievoli o de’ piú socievoli dopo l’uomo. Che una specie di cose distrugga e consumi l’altra, questo è l’ordine della natura, ma che una specie qualunque (e massime la principale, com’é l’umana) distrugga e consumi regolarmente se stessa, tanto può esser secondo natura, quanto che un individuo qualunque sia esso stesso regolarmente la causa e l’istrumento della propria distruzione. Cani, orsi e simili animali vengono molte fiate a contesa tra loro, e fannosi non di rado del male ma rado è che una bestia sia uccisa dalla sua simile, anzi pur che ne soffra piú che un male passeggero e curabile. E quando pur ne rimanga uccisa, primieramente questo è un di quei disordini affatto accidentali, non voluti, ma neanche provvedibili dalla natura, e di cui ella non ha colpa, accadendo e contro le sue intenzioni e contro le sue provvisioni, che, benché non in quel caso particolare, nel generale però riescono sufficienti ed ottengono il loro fine. Questo caso, rispetto alla natura e all’ordine sí generale delle cose, sí generale della specie, è cosí accidentale come se un animale ammazza un suo simile involontariamente inscientemente ec., o se ammazza nello stesso modo qualche animale d’altra specie ec., o s’é ucciso dalla caduta di un albero, o da un fulmine, o da morbo ec. ec. ec.

</noinclude>mancanza di nazionalità e dal preteso amore universale ec. Il tutto, supposta una società stretta, e che questa non si possa piú (come già non puossi) evitare.

Or che la specie umana costantemente e regolarmente perisca per le sue proprie mani, e ne perisca in questo modo cosí gran parte e cosí ordinatamente come avviene per la guerra, è cosa da un lato <section end=1 /><section begin=2 />{{ZbPagina|3792}} tanto contraria e ripugnante alla natura quanto il suicidio, conforme di sopra (pag. 3784). si è detto, dall’altro lato priva affatto di esempio e di analogia in qualsivoglia altra specie conosciuta, sia inanimata o animata, sia d’animali insocievoli o de’ piú socievoli dopo l’uomo. Che una specie di cose distrugga e consumi l’altra, questo è l’ordine della natura, ma che una specie qualunque (e massime la principale, com’é l’umana) distrugga e consumi regolarmente se stessa, tanto può esser secondo natura, quanto che un individuo qualunque sia esso stesso regolarmente la causa e l’istrumento della propria distruzione. Cani, orsi e simili animali vengono molte fiate a contesa tra loro, e fannosi non di rado del male ma rado è che una bestia sia uccisa dalla sua simile, anzi pur che ne soffra piú che un male passeggero e curabile. E quando pur ne rimanga uccisa, primieramente questo è un di quei disordini affatto accidentali, non voluti, ma neanche provvedibili dalla natura, e di cui ella non ha colpa, accadendo e contro le sue intenzioni e contro le sue provvisioni, che, benché non in quel caso particolare, nel generale però riescono sufficienti ed ottengono il loro fine. Questo caso, rispetto alla natura e all’ordine sí generale delle cose, sí generale della specie, è cosí accidentale come se un animale ammazza un suo simile involontariamente inscientemente ec., o se ammazza nello stesso modo qualche animale d’altra specie ec., o s’é ucciso dalla caduta di un albero, o da un fulmine, o da morbo ec. ec. ec.<section end=2 /><noinclude>
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