Pagina:Zibaldone di pensieri I.djvu/382: differenze tra le versioni

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<section begin=1 /><!--{{ZbPagina|264}}--><section end=1 /><section begin=2 />{{ZbPagina|265}} dell’altra, e scegliere quale si voleva seguire, giacché ciascuna contraddiceva alle altre. E perciò gli uomini di un certo ingegno mediocre si attaccavano ad una setta, imparavano i dogmi di una sola scuola, di quelli erano contenti, e si chiamavano col nome della loro setta. Altri un poco maggiori d’ingegno o di presunzione introducevano qualche cangiamento nelle dottrine de’ loro maestri, o vi aggiungevano qualche cosa, e si facevano capi di un nuovo ramo della setta stessa. Gl’ingegni superiori, non si servivano della istruzione che prendevano in diverse scuole se non per isceglierne il meglio, o quello che credessero tale, e fondere insieme i dogmi scelti da varie sette, per formare o di essi soli, o di altri che v’aggiungessero del proprio, o di un nuovo sistema cavato dalle varie e discordanti idee acquistate, una nuova scuola e setta, come fece Platone che amò d’istruirsi in varie scuole, e ascoltò Socrate, (altri due subito dopo la sua morte, nominati dal Laerzio nel principio della vita di Platone), i Pitagorici, gli Egiziani, e voleva anche ascoltare i maghi di Persia, ma non poté a cagione delle guerre d’Asia. E<section end=2 /><section begin=3 />{{ZbPagina|266}} delle varie dottrine imparate e scelte da queste sette compose il suo nuovo sistema (6. Ottobre 1820).
<section begin=1 /><!--{{ZbPagina|265}}--> Socrate, (altri due subito dopo la sua morte, nominati dal Laerzio nel principio della vita di Platone), i Pitagorici, gli Egiziani, e voleva anche ascoltare i maghi di Persia, ma non poté a cagione delle guerre d’Asia. E<section end=1 /><section begin=2 />{{ZbPagina|266}} delle varie dottrine imparate e scelte da queste sette compose il suo nuovo sistema (6. Ottobre 1820).




{{ZbPensiero|266/1}}Le passioni e i sentimenti dell’uomo si può dire che da principio stessero nella superficie, poi si rannicchiassero nel fondo piú cupo dell’anima, e finalmente siano venuti e rimasti nel mezzo. Perché l’uomo naturale, sebbene sensibilissimo, tuttavia si può dire che abbia le sue passioni nella superficie, sfogandole con ogni sorta di azioni esterne, suggerite e volute dalla natura per aprire una strada alla soverchia fuga ed impeto del sentimento, il quale appunto perché violentissimo nel dimostrarsi, e perché richiamato subito al di fuori, dopo un grand’empito esterno, presto veniva meno, se bene fosse molto piú frequente. L’uomo non piú naturale, ma che tuttavia conserva un poco di natura, risentendo tutta o quasi tutta la forza della passione, come l’uomo primitivo, la contiene tutta al di dentro, non ne dà segni se non leggeri ed equivoci, e però il sentimento si rannicchia tutto nel profondo, ed acquista maggior forza e durevolezza, e se il sentimento è doloroso, non avendo lo sfogo voluto dalla natura, diventa capace anche di uccidere o di tormentare piú o meno, secondo la qualità sua e dell’individuo. Di queste persone si trovano anche oggidí,<section end=3 /><section begin=4 />{{ZbPagina|267}} perché, tolto qualche parte del volgo, nessuno conserva tanta natura da lasciar tutta la passione lanciarsi alla superficie (eccetto in alcuni casi eccessivi, dove la natura trionfa); ma molti ne hanno quanto basta per sentirla vivamente, e poterla provare contenuta e chiusa nel fondo dell’animo. Tuttavia è certo che questi tali appartengono ad un’epoca di mezza natura, a quel tempo in cui la vera sensibilità non era né cosí ordinaria nelle parole, né cosí straordinaria nel fatto, come presentemente. L’uomo perfettamente moderno, non prova quasi mai passione o sentimento che si lanci all’esterno o si rannicchi nell’interno, ma quasi tutte le sue passioni si contengono per cosí dire nel mezzo del suo animo, vale a dire che non lo commuovono se non mediocremente, gli lasciano il libero esercizio di tutte le sue facoltà naturali, abitudini ec. In maniera che la massima parte della sua vita si passa nell’indifferenza e conseguentemente nella noia, mancando d’impressioni forti e straordinarie. Esempio. Un amico o persona desiderata che ritorni dopo lungo tempo, o che vediate per la prima volta. Il fanciullo e l’uomo selvaggio l’abbraccerà, lo carezzerà, salterà, darà mille segni esterni di quella gioia che l’anima veramente e vivamente; segni non fallaci, ma verissimi<section end=4 />
{{ZbPensiero|266/1}}Le passioni e i sentimenti dell’uomo si può dire che da principio stessero nella superficie, poi si rannicchiassero nel fondo piú cupo dell’anima, e finalmente siano venuti e rimasti nel mezzo. Perché l’uomo naturale, sebbene sensibilissimo, tuttavia si può dire che abbia le sue passioni nella superficie, sfogandole con ogni sorta di azioni esterne, suggerite e volute dalla natura per aprire una strada alla soverchia fuga ed impeto del sentimento, il quale appunto perché violentissimo nel dimostrarsi, e perché richiamato subito al di fuori, dopo un grand’empito esterno, presto veniva meno, se bene fosse molto piú frequente. L’uomo non piú naturale, ma che tuttavia conserva un poco di natura, risentendo tutta o quasi tutta la forza della passione, come l’uomo primitivo, la contiene tutta al di dentro, non ne dà segni se non leggeri ed equivoci, e però il sentimento si rannicchia tutto nel profondo, ed acquista maggior forza e durevolezza, e se il sentimento è doloroso, non avendo lo sfogo voluto dalla natura, diventa capace anche di uccidere o di tormentare piú o meno, secondo la qualità sua e dell’individuo. Di queste persone si trovano anche oggidí,<section end=2 /><section begin=3 />{{ZbPagina|267}} perché, tolto qualche parte del volgo, nessuno conserva tanta natura da lasciar tutta la passione lanciarsi alla superficie (eccetto in alcuni casi eccessivi, dove la natura trionfa); ma molti ne hanno quanto basta per sentirla vivamente, e poterla provare contenuta e chiusa nel fondo dell’animo. Tuttavia è certo che questi tali appartengono ad un’epoca di<section end=3 />
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