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<section begin=1 /><!--{{ZbPagina|235}}-->
<section begin=1 /><!--{{ZbPagina|234}}--><section end=1 /><section begin=2 />{{ZbPagina|235}} natura o acquistato dalla disgrazia una dolcezza e mansuetudine di carattere, almeno apparente. E questo deve servir di regola ai poeti ed artisti nel formare i personaggi che si vogliono compassionevoli. Sebbene l’eroismo, e il disprezzo del male che si soffre possa ancora produrre un buon effetto, contuttociò relativamente al muover la compassione non c’é miglior qualità della sopraddetta, qualità la quale io so per esperienza che si acquista quasi per forza coll’uso delle sventure, non ostante che naturalmente fossimo dominati dalla qualità contraria.




{{ZbPensiero|235/1}}Non è cosa tanto nemica della compassione quanto il vedere uno sventurato che non è stato in niente migliorato, né ha punto appreso dalle lezioni della sventura, maestra somma della vita. Perché la prosperità abbagliando e distraendo l’intelletto, è madre e conservatrice d’illusioni, e la sventura dissipatrice degl’inganni, e introduttrice della ragione e della certezza del nulla delle cose. E uno sventurato che non ha goccia di sentimento, che non arriva a sublimare un istante l’anima sua colla considerazione dei mali, che non ha acquistato nelle sue parole, almeno quando parla di se, niente di eloquenza e di affetto, che non mostra una certa grandezza d’animo, non per disprezzare, ma per nobilitare la sua sventura<section end=2 /><section begin=3 />{{ZbPagina|236}} quasi col sentimento di esserne indegno, e di non lasciarsene abbattere senza una magnanima compassione di se; uno sventurato che vi parla delle sue sventure, coll’amor proprio il piú basso, col dolore il piú egoista, e vi fa capire che egli è tanto afflitto del male che soffre, che voi non potreste mai arrivare (notate) ad uguagliare l’afflizion sua colla vostra compassione (l’uomo veramente penetrato di compassione si persuade che il paziente non sia piú addolorato di lui, in somma non fa differenza fra il paziente e se stesso, essendo pronto a tutto per aiutarlo, e perciò non mette divario tra il dolore del paziente e il suo proprio); questo sventurato non otterrà forse un’ombra di compassione, e il suo male sarà dimenticato, appena saremo lontani da lui.
{{ZbPensiero|235/1}}Non è cosa tanto nemica della compassione quanto il vedere uno sventurato che non è stato in niente migliorato, né ha punto appreso dalle lezioni della sventura, maestra somma della vita. Perché la prosperità abbagliando e distraendo l’intelletto, è madre e conservatrice d’illusioni, e la sventura dissipatrice degl’inganni, e introduttrice della ragione e della certezza del nulla delle cose. E uno sventurato che non ha goccia di sentimento, che non arriva a sublimare un istante l’anima sua colla considerazione dei mali, che non ha acquistato nelle sue parole, almeno quando parla di se, niente di eloquenza e di affetto, che non mostra una certa grandezza d’animo, non per disprezzare, ma per nobilitare la sua sventura<section end=1 /><section begin=2 />{{ZbPagina|236}} quasi col sentimento di esserne indegno, e di non lasciarsene abbattere senza una magnanima compassione di se; uno sventurato che vi parla delle sue sventure, coll’amor proprio il piú basso, col dolore il piú egoista, e vi fa capire che egli è tanto afflitto del male che soffre, che voi non potreste mai arrivare (notate) ad uguagliare l’afflizion sua colla vostra compassione (l’uomo veramente penetrato di compassione si persuade che il paziente non sia piú addolorato di lui, in somma non fa differenza fra il paziente e se stesso, essendo pronto a tutto per aiutarlo, e perciò non mette divario tra il dolore del paziente e il suo proprio); questo sventurato non otterrà forse un’ombra di compassione, e il suo male sarà dimenticato, appena saremo lontani da lui.




{{ZbPensiero|236/1}}Tutto quello che ho detto in parecchi luoghi dell’affettazione dei francesi, della loro impossibilità di esser graziosi ec. bisogna intenderlo relativamente alle idee che le altre nazioni o tutte o in parte, o riguardo al genere, o solamente ad alcune particolarità, hanno dell’affettazione grazia ec. perché riflette molto bene Morgan France l.3. t.1 p.257. ''Il faut pourtant accorder beaucoup à la différence des maniéres nationales; et celles de la femme françoise la plus amie du naturel doivent porter avec elle ce qu’un Anglois, dans le premier moment, jugera une teinte d’affectation, jusqu’à ce que l’expérience en fasse mieux juger''(9 settembre 1820)<section end=3 />
{{ZbPensiero|236/1}}Tutto quello che ho detto in parecchi luoghi dell’affettazione dei francesi, della loro impossibilità di esser graziosi ec. bisogna intenderlo relativamente alle idee che le altre nazioni o tutte o in parte, o riguardo al genere, o solamente ad alcune particolarità, hanno dell’affettazione grazia ec. perché riflette molto bene Morgan France l.3. t.1 p.257. ''Il faut pourtant accorder''<section end=2 />
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