Morgante/Cantare terzo: differenze tra le versioni

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<poem>
<span style="font-size:80%">1</span>&nbsp;&nbsp; Padre, o giusto, incomprensibil Dio,
illumina il mio cor perfettamente,
sì che e' si mondi del peccato rio;
e pur s'io sono stato negligente,
tu se' pur finalmente il Signor mio,
tu se' salute dell'umana gente;
tu se' colui che 'l mio legno movesti
e 'nsino al porto aiutar mi dicesti.{{r|8}}
<span style="font-size:80%">2</span>&nbsp;&nbsp; Orlando gli rispose: - Egli è dovere. -
 
E colle spade si son disfidati.
Orlando gli rispose: - Egli è dovere. -
E Lïonetto, ch'avea gran potere,
E colle spade si son disfidati.
molti pensieri aveva essaminati
E Lïonetto, ch'avea gran potere,
per fare al conte Orlando dispiacere;
molti pensieri aveva essaminati
e perché tutti non venghin fallati,
per fare al conte Orlando dispiacere;
alzava con due man la spada forte
e perché tutti non venghin fallati,
per dare al suo caval, se può, la morte.
alzava con due man la spada forte
<span style="font-size:80%">3</span>&nbsp;&nbsp; Orlando vide il pagano adirato:
per dare al suo caval, se può, la morte.{{r|16}}
pensò volere il colpo riparare,
 
ma non poté, ché 'l brando è giù calato
Orlando vide il pagano adirato:
in su la groppa e Rondel fe' cascare,
pensò volere il colpo riparare,
tanto ch'Orlando si trovò in sul prato,
ma non poté, ché 'l brando è giù calato
e disse: - Iddio non si poté guardare
in su la groppa e Rondel fe' cascare,
da' traditor: però chi può guardarsi?
tanto ch'Orlando si trovò in sul prato,
Ma la vergogna qua non debbe usarsi. -
e disse: - Iddio non si poté guardare
<span style="font-size:80%">4</span>&nbsp;&nbsp; Poi fra sé disse: «Ove se', Vegliantino?»;
da' traditor: però chi può guardarsi?
ma non disse sì pian che 'l suo nimico
Ma la vergogna qua non debbe usarsi. -{{r|24}}
non intendessi ben questo latino:
 
e' si pensò di dirlo al padre antico.
Poi fra sé disse: «Ove se', Vegliantino?»;
Orlando s'accorgea del saracino,
ma non disse sì pian che 'l suo nimico
e disse: «Se più oltre a costui dico,
non intendessi ben questo latino:
in dubbio son se mi conosce scorto:
e' si pensò di dirlo al padre antico.
il me' sarà ch'e' resti al campo morto».
Orlando s'accorgea del saracino,
<span style="font-size:80%">5</span>&nbsp;&nbsp; La gente fu dintorno al conte Orlando
e disse: «Se più oltre a costui dico,
con lance e spade, con dardi e spuntoni;
in dubbio son se mi conosce scorto:
e lui soletto s'aiuta col brando:
il me' sarà ch'e' resti al campo morto».{{r|32}}
a quale il braccio tagliava e' faldoni,
 
a chi tagliava sbergo, a chi potando
La gente fu dintorno al conte Orlando
venìa le mani, e cascono i monconi;
con lance e spade, con dardi e spuntoni;
a chi cacciava di capo la mosca,
e lui soletto s'aiuta col brando:
acciò ch'ognun la sua virtù conosca.
a quale il braccio tagliava e' faldoni,
<span style="font-size:80%">6</span>&nbsp;&nbsp; Morgante vide in sì fatto travaglio
a chi tagliava sbergo, a chi potando
il conte Orlando, e in là n'andava tosto,
venìa le mani, e cascono i monconi;
e cominciò a sciorinare il battaglio
a chi cacciava di capo la mosca,
e fa veder più lucciole che agosto;
acciò ch'ognun la sua virtù conosca.{{r|40}}
e saracin di lui fanno un berzaglio
 
di dardi e lance, ma gettan discosto;
Morgante vide in sì fatto travaglio
tanto che, quando dove è il conte venne,
il conte Orlando, e in là n'andava tosto,
un istrice coperto par di penne.
e cominciò a sciorinare il battaglio
<span style="font-size:80%">7</span>&nbsp;&nbsp; Era a cavallo Orlando risalito,
e fa veder più lucciole che agosto;
e già di Lïonetto ricercava;
e saracin di lui fanno un berzaglio
ma Lïonetto, come e' l'ha scolpito,
di dardi e lance, ma gettan discosto;
inverso la città si ritornava,
tanto che, quando dove è il conte venne,
e per paura l'aveva fuggito.
un istrice coperto par di penne.{{r|48}}
Orlando forte Rondello spronava,
 
e tanto e tanto in su' fianchi lo punse
Era a cavallo Orlando risalito,
e già di che Lïonetto ricercava;alla porta raggiunse.
<span style="font-size:80%">8</span>&nbsp;&nbsp; Volgiti indrieto; onde è tanta paura, -
ma Lïonetto, come e' l'ha scolpito,
gridò - pagano? - E colui pur fuggiva,
inverso la città si ritornava,
perché e' temeva della sua sciagura.
e per paura l'aveva fuggito.
Orlando fortecolla Rondellospada spronaval'assaliva,
e non poté fuggir drento alle mura
e tanto e tanto in su' fianchi lo punse
il giovinetto, ch'Orlando il feriva
che Lïonetto alla porta raggiunse.{{r|56}}
irato con tal furia e con tempesta
 
che gli spiccò dallo imbusto la testa.
Volgiti indrieto; onde è tanta paura, -
<span style="font-size:80%">9</span>&nbsp;&nbsp; Nel campo si tornò poi che l'ha morto;
gridò - pagano? - E colui pur fuggiva,
trovò Morgante che nella pressa era:
perché e' temeva della sua sciagura.
ebbe di Lïonetto assai conforto,
Orlando colla spada l'assaliva,
e ritornârsi inverso la bandiera.
e non poté fuggir drento alle mura
Il caso presto alla dama fu porto,
il giovinetto, ch'Orlando il feriva
che luce più ch'ogni celeste spera:
irato con tal furia e con tempesta
graffiossi il volto e straccia i capei d'oro,
che gli spiccò dallo imbusto la testa.{{r|64}}
sì che fe' pianger tutto il concestoro.
 
<span style="font-size:80%">10</span> E 'l vecchio padre dicea: - Figliuol mio,
Nel campo si tornò poi che l'ha morto;
chi mi t'ha morto? - e gran pianto facea.
trovò Morgante che nella pressa era:
- O Macometto, tu se' falso iddio,
ebbe di Lïonetto assai conforto,
non te ne incresce di sua morte rea?
e ritornârsi inverso la bandiera.
Che pensi tu ch'onor più ti faccia io,
Il caso presto alla dama fu porto,
o ch'io t'adori nella tua moschea? -
che luce più ch'ogni celeste spera:
Meredïana in così fatto pianto
graffiossi il volto e straccia i capei d'oro,
fece trovar tutte sue arme intanto.
sì che fe' pianger tutto il concestoro.{{r|72}}
<span style="font-size:80%">11</span> Vennono arnesi perfetti e gambiere
 
sùbito innanzi a questa damigella;
E 'l vecchio padre dicea: - Figliuol mio,
di tutta botta lo sbergo e lamiere,
chi mi t'ha morto? - e gran pianto facea.
e la corazza provata era anch'ella,
- O Macometto, tu se' falso iddio,
elmetto e guanti e bracciali e gorgiere:
non te ne incresce di sua morte rea?
mai non si vide armadura sì bella;
Che pensi tu ch'onor più ti faccia io,
e spada che già mai non fece fallo;
o ch'io t'adori nella tua moschea? -
e così armata saltò in sul cavallo.
Meredïana in così fatto pianto
<span style="font-size:80%">12</span> Gente non volle che l'accompagnasse:
fece trovar tutte sue arme intanto.{{r|80}}
uno scudiere a piè sol colla lancia;
 
e così par che in sul campo n'andasse,
Vennono arnesi perfetti e gambiere
se l'aütor della istoria non ciancia,
sùbito innanzi a questa damigella;
e come giunse, un bel corno sonasse
di tutta botta lo sbergo e lamiere,
ch'avea d'avorio, come era la guancia.
e la corazza provata era anch'ella,
Orlando disse a Manfredonio: - Io torno
elmetto e guanti e bracciali e gorgiere:
alla battaglia, perch'io odo il corno. -
mai non si vide armadura sì bella;
<span style="font-size:80%">13</span> Morgante presto assettava Rondello;
e spada che già mai non fece fallo;
Orlando verso la dama ne gìa
e così armata saltò in sul cavallo.{{r|88}}
che vendicar voleva il suo fratello;
 
Morgante sempre alla staffa seguia.
Gente non volle che l'accompagnasse:
Meredïana, come vide quello,
uno scudiere a piè sol colla lancia;
presto s'accorse che Brunoro sia.
e così par che in sul campo n'andasse,
Orlando giunse e diègli un bel saluto;
se l'aütor della istoria non ciancia,
disse la dama: - Tu sia il mal venuto.
e come giunse, un bel corno sonasse
<span style="font-size:80%">14</span> Se se' colui ch'hai morto Lïonetto,
ch'avea d'avorio, come era la guancia.
ch'era la gloria e l'onor di Levante,
Orlando disse a Manfredonio: - Io torno
per mille volte lo iddio Macometto
alla battaglia, perch'io odo il corno. -{{r|96}}
ti sconfonda, Apollino e Trivigante!
 
Sappi ch'a quel famoso giovinetto
Morgante presto assettava Rondello;
non fu mai al mondo o sarà simigliante. -
Orlando verso la dama ne gìa
Orlando disse con parlare accorto:
che vendicar voleva il suo fratello;
- Io son colui che Lïonetto ho morto. -
Morgante sempre alla staffa seguia.
<span style="font-size:80%">15</span> Disse la dama: - Non far più parole:
Meredïana, come vide quello,
prendi del campo, io ne farò vendetta.
presto s'accorse che Brunoro sia.
O Macometto crudel, non ti duole
Orlando giunse e diègli un bel saluto;
che spento sia il valor della tua setta?
disse la dama: - Tu sia il mal venuto.{{r|104}}
ché mai tal cavalier vedrà più il sole,
 
né rifarà così Natura in fretta. -
Se se' colui ch'hai morto Lïonetto,
E rivoltò il destrier suo lacrimando;
ch'era la gloria e l'onor di Levante,
così dall'altra parte fece Orlando.
per mille volte lo iddio Macometto
<span style="font-size:80%">16</span> Poi colle lance insieme si scontrorno.
ti sconfonda, Apollino e Trivigante!
Il colpo della dama fu possente,
Sappi ch'a quel famoso giovinetto
quando al principio l'aste s'appiccorno,
non fu mai al mondo o sarà simigliante. -
tanto ch'Orlando dissedel concolpo parlaresi accorto:sente.
Le lance al vento in più pezzi volorno,
- Io son colui che Lïonetto ho morto. -{{r|112}}
e Rondel passa furïosamente
 
col suo signor, che tutto si scontorse
Disse la dama: - Non far più parole:
pel grave colpo che colei gli porse.
prendi del campo, io ne farò vendetta.
<span style="font-size:80%">17</span> Orlando ferì lei di furia pieno:
O Macometto crudel, non ti duole
giunse al cimier che 'n su l'elmetto avea,
che spento sia il valor della tua setta?
e cadde col pennacchio in sul terreno:
ché mai tal cavalier vedrà più il sole,
l'elmo gli uscì, la treccia si vedea,
né rifarà così Natura in fretta. -
che raggia come stelle per sereno,
E rivoltò il destrier suo lacrimando;
anzi pareva di Venere iddea,
così dall'altra parte fece Orlando.{{r|120}}
anzi di quella che è fatta un alloro,
 
anzi parea d'argento, anzi pur d'oro.
Poi colle lance insieme si scontrorno.
<span style="font-size:80%">18</span> Orlando rise, e guardava Morgante,
Il colpo della dama fu possente,
e disse: - Andianne omai per la più piana.
quando al principio l'aste s'appiccorno,
Io credea pur qualche baron prestante
tanto ch'Orlando del colpo si sente.
pugnassi qui per la dama sovrana:
Le lance al vento in più pezzi volorno,
per vagheggiar non venimo in Levante. -
e Rondel passa furïosamente
Ebbe vergogna assai Meridïana:
col suo signor, che tutto si scontorse
sanz'altro dir, colla sua chioma sciolta,
pel grave colpo che colei gli porse.{{r|128}}
collo scudiere alla terra diè volta.
 
<span style="font-size:80%">19</span> Manfredon disse, come e' vide Orlando:
Orlando ferì lei di furia pieno:
- Dimmi, baron, come andò la battaglia? -
giunse al cimier che 'n su l'elmetto avea,
Orlando gli rispose sogghignando:
e cadde col pennacchio in sul terreno:
- Venne una donna coperta di maglia,
l'elmo gli uscì, la treccia si vedea,
e perché l'elmo gli venni cavando,
che raggia come stelle per sereno,
su per le spalle la treccia sparpaglia.
anzi pareva di Venere iddea,
Com'io cognobbi che l'era la dama,
anzi di quella che è fatta un alloro,
partito son per salvar la sua fama. -
anzi parea d'argento, anzi pur d'oro.{{r|136}}
<span style="font-size:80%">20</span> Lasciamo Orlando star col saracino,
 
e ritorniamo in Francia a Carlo Mano.
Orlando rise, e guardava Morgante,
Carlo si stava pur molto tapino,
e disse: - Andianne omai per la più piana.
così il Danese, e lieto era sol Gano,
Io credea pur qualche baron prestante
poi che non v'è più Orlando paladino;
pugnassi qui per la dama sovrana:
ma sopra tutti il sir da Montalbano,
per vagheggiar non venimo in Levante. -
Astolfo, Avino, Avolio ed Ulivieri
Ebbe vergogna assai Meridïana:
piangevan questo, e così Berlinghieri.
sanz'altro dir, colla sua chioma sciolta,
<span style="font-size:80%">21</span> Chimento un giorno, il messaggio, è tornato,
collo scudiere alla terra diè volta.{{r|144}}
e inginocchiossi innanzi alla Corona
 
dicendo: - Carlo, tu sia il ben trovato,
Manfredon disse, come e' vide Orlando:
di cui tanto il gran nome e 'l pregio suona. -
- Dimmi, baron, come andò la battaglia? -
Rinaldo, che lo vide addolorato,
Orlando gli rispose sogghignando:
disse: - Novella non debbi aver buona. -
- Venne una donna coperta di maglia,
Donde il messaggio disse lacrimando:
e perché l'elmo gli venni cavando,
- Io ho trovato il tuo cugino Orlando. -
su per le spalle la treccia sparpaglia.
<span style="font-size:80%">22</span> E mentre che più oltre volea dire,
Com'io cognobbi che l'era la dama,
sì fatta tenerezza gli abbondava
partito son per salvar la sua fama. -{{r|152}}
che e' non poté le parole finire,
 
quando i baroni intorno riguardava
Lasciamo Orlando star col saracino,
ch'Orlando ricordò nel suo partire,
e ritorniamo in Francia a Carlo Mano.
e tramortito in terra si posava;
Carlo si stava pur molto tapino,
per che ciascuno allor giudica scorto
così il Danese, e lieto era sol Gano,
poi che non v che 'èl piùconte Orlando paladino;dovessi esser morto.
<span style="font-size:80%">23</span> Dicea Rinaldo: - Caro cugin mio,
ma sopra tutti il sir da Montalbano,
poi che tu se' di questa vita uscito,
Astolfo, Avino, Avolio ed Ulivieri
sanza te, lasso, che farei più io? -
piangevan questo, e così Berlinghieri.{{r|160}}
ed Ulivier piangea tutto smarrito.
 
Carlo pregava umilemente Iddio
Chimento un giorno, il messaggio, è tornato,
pel suo nipote, tutto sbigottito,
e inginocchiossi innanzi alla Corona
e maladia quel dì che di sua corte
dicendo: - Carlo, tu sia il ben trovato,
e' si partì, ch'a Gan non diè la morte.
di cui tanto il gran nome e 'l pregio suona. -
<span style="font-size:80%">24</span> Piangeva il savio Namo di Baviera
Rinaldo, che lo vide addolorato,
e Salamon ne facea gran lamento.
disse: - Novella non debbi aver buona. -
Bastò quel pianto per infino a sera,
Donde il messaggio disse lacrimando:
ch'ognun pareva fuor del sentimento;
- Io ho trovato il tuo cugino Orlando. -{{r|168}}
e Gan fingea con simulata cera.
 
Ma risentito alla fine Chimento
E mentre che più oltre volea dire,
levossi e confortò costor, pregando
sì fatta tenerezza gli abbondava
che e' che non potépiangessin lecome parolemorto finireOrlando,
<span style="font-size:80%">25</span> dicendo: - Orlando sta di buona voglia -,
quando i baroni intorno riguardava
e tutti per sua parte salutòe.
ch'Orlando ricordò nel suo partire,
- Io il trovai nel deserto di Girfoglia,
e tramortito in terra si posava;
ch'a una fonte per caso arrivòe,
per che ciascuno allor giudica scorto
dove un altro corrier mi diè gran doglia
che 'l conte Orlando dovessi esser morto.{{r|176}}
(ma nella fonte annegato restòe),
 
che lo mandava qui Gan traditore
Dicea Rinaldo: - Caro cugin mio,
per far morire il roman senatore. -
poi che tu se' di questa vita uscito,
<span style="font-size:80%">26</span> Gridò Rinaldo: - Questo rinnegato
sanza te, lasso, che farei più io? -
distrugge pure il sangue di Chiarmonte,
ed Ulivier piangea tutto smarrito.
come tu vuoi, o Carlo mio impazzato. -
Carlo pregava umilemente Iddio
Gan gli rispose con ardita fronte
pel suo nipote, tutto sbigottito,
e disse: - Io son miglior in ogni lato
e maladia quel dì che di sua corte
di te, Rinaldo, e del cugin tuo conte. -
e' si partì, ch'a Gan non diè la morte.{{r|184}}
Rinaldo disse: - Per la gola menti,
 
ché mai non pensi se non tradimenti. -
Piangeva il savio Namo di Baviera
<span style="font-size:80%">27</span> E volle colla spada dare a Gano;
e Salamon ne facea gran lamento.
Gan si fuggì, ch'appunto il cognosceva.
Bastò quel pianto per infino a sera,
Bernardo da Pontier, suo capitano,
ch'ognun pareva fuor del sentimento;
irato verso Rinaldo diceva:
e Gan fingea con simulata cera.
- Rinaldo, tu se' uom troppo villano. -
Ma risentito alla fine Chimento
Allor Rinaldo addosso gli correva
levossi e confortò costor, pregando
e 'l capo dalle spalle gli spiccava,
che non piangessin come morto Orlando,{{r|192}}
e tutti i Maganzesi minacciava.
 
<span style="font-size:80%">28</span> I Maganzesi, veggendo il furore,
dicendo: - Orlando sta di buona voglia -,
di sùbito la sala sgomberorno.
e tutti per sua parte salutòe.
Carlo gridava: - Questo è troppo errore!
- Io il trovai nel deserto di Girfoglia,
Rinaldo mette sozzopra ogni giorno
ch'a una fonte per caso arrivòe,
la corte nostra, e fammi poco onore. -
dove un altro corrier mi diè gran doglia
I paladini in questo mezzo entrorno,
(ma nella fonte annegato restòe),
e tutti quanti confortâr Rinaldo
che lo mandava qui Gan traditore
ch'avessi pazïenza e stessi saldo.
per far morire il roman senatore. -{{r|200}}
<span style="font-size:80%">29</span> Rinaldo dicea pur: - Questo fellone
 
non vo' che facci mai più tradimento.
Gridò Rinaldo: - Questo rinnegato
O Carlo, Carlo, questo Ganellone
distrugge pure il sangue di Chiarmonte,
vedrai ch'un dì ti farà mal contento. -
come tu vuoi, o Carlo mio impazzato. -
Gan gli Carlo rispose: con- arditaRinaldo fronted'Amone,
tempo è da operar sì fatto unguento:
e disse: - Io son miglior in ogni lato
a qualche fine ogni cosa comporto. -
di te, Rinaldo, e del cugin tuo conte. -
Disse Rinaldo: - Ch'Orlando sia morto:
Rinaldo disse: - Per la gola menti,
<span style="font-size:80%">30</span> a questo fine il comporti tu, Carlo,
ché mai non pensi se non tradimenti. -{{r|208}}
e che distrugga te, la corte e 'l regno.
 
Io voglio il mio cugino ire a trovarlo. -
E volle colla spada dare a Gano;
Ed Ulivier dicea: - Teco ne vegno. -
Gan si fuggì, ch'appunto il cognosceva.
Dodon pregò ch'e' dovessi menarlo,
Bernardo da Pontier, suo capitano,
dicendo: - Fammi di tal grazia degno. -
irato verso Rinaldo diceva:
Disse Rinaldo: - Tu credi ch'io andassi
- Rinaldo, tu se' uom troppo villano. -
che 'l mio Dodon con meco non menassi? -
Allor Rinaldo addosso gli correva
<span style="font-size:80%">31</span> Chiamò Guicciardo, Alardo e Ricciardetto:
e 'l capo dalle spalle gli spiccava,
- Fate che Montalban sia ben guardato,
e tutti i Maganzesi minacciava.{{r|216}}
tanto ch'io truovi il cugin mio perfetto:
 
ognun sia presto là rappresentato,
I Maganzesi, veggendo il furore,
ch'io ho de' traditor sempre sospetto,
di sùbito la sala sgomberorno.
e Gan fu traditor prima che nato;
Carlo gridava: - Questo è troppo errore!
non vi fidate se non di voi stesso,
Rinaldo mette sozzopra ogni giorno
e Malagigi getti l'arte spesso. -
la corte nostra, e fammi poco onore. -
<span style="font-size:80%">32</span> Rinaldo e 'l suo Dodone ed Ulivieri
I paladini in questo mezzo entrorno,
da Carlo imperador s'accomiatorno;
e tutti quanti confortâr Rinaldo
e nel partirsi questi cavalieri
ch'avessi pazïenza e stessi saldo.{{r|224}}
tre sopravveste verde s'acconciorno,
 
che in una lista rossa due cervieri
Rinaldo dicea pur: - Questo fellone
v'era, e con esse pel camino entrorno:
non vo' che facci mai più tradimento.
era questa arme d'un gran saracino
O Carlo, Carlo, questo Ganellone
disceso della schiatta di Mambrino.
vedrai ch'un dì ti farà mal contento. -
<span style="font-size:80%">33</span> Così vanno costor alla ventura:
Carlo rispose: - Rinaldo d'Amone,
usciron della Francia incontanente,
tempo è da operar sì fatto unguento:
passoron della Spagna ogni pianura:
a qualche fine ogni cosa comporto. -
tra mezzodì ne vanno e tra ponente.
Disse Rinaldo: - Ch'Orlando sia morto:{{r|232}}
Lasciàngli andar, che Cristo sia lor cura,
 
e tratterem d'un saracin possente
a questo fine il comporti tu, Carlo,
che inverso Barberia facea dimoro:
e che distrugga te, la corte e 'l regno.
era gigante e chiamato Brunoro,
Io voglio il mio cugino ire a trovarlo. -
<span style="font-size:80%">34</span> ovver cugin carnale ovver fratello
Ed Ulivier dicea: - Teco ne vegno. -
del gran Morgante, ch'avea seco Orlando,
Dodon pregò ch'e' dovessi menarlo,
e Passamonte ed Alabastro, quello
dicendo: - Fammi di tal grazia degno. -
ch'Orlando nel deserto uccise quando
Disse Rinaldo: - Tu credi ch'io andassi
il santo abate riconobbe, e féllo
che 'l mio Dodon con meco non menassi? -{{r|240}}
contento il parentado ritrovando.
 
Brunor, per far de' suo' fratei vendetta,
Chiamò Guicciardo, Alardo e Ricciardetto:
di Barberia s'è mosso con gran fretta,
- Fate che Montalban sia ben guardato,
<span style="font-size:80%">35</span> con forse trentamila ben armati
tanto ch'io truovi il cugin mio perfetto:
e tutti quanti usati a guerreggiare:
ognun sia presto là rappresentato,
alla badia ne vengon difilati
ch'io ho de' traditor sempre sospetto,
per far l'abate e' monaci sbucare;
e Gan fu traditor prima che nato;
e tanto sono a stracca cavalcati
non vi fidate se non di voi stesso,
che cominciorno le mura a guardare;
e Malagigi getti l'arte spesso. -{{r|248}}
e giunti alla badia, drento v'entraro,
 
ché contro a lor non vi fu alcun riparo.
Rinaldo e 'l suo Dodone ed Ulivieri
<span style="font-size:80%">36</span> E 'l domine messer lo nostro abate
da Carlo imperador s'accomiatorno;
la prima cosa missono in prigione.
e nel partirsi questi cavalieri
Disse Brunoro: - Colle scorreggiate
tre sopravveste verde s'acconciorno,
uccider si vorria questo ghiottone;
che in una lista rossa due cervieri
ma pur per ora in prigion lo cacciate:
v'era, e con esse pel camino entrorno:
riserberello a maggior punizione:
era questa arme d'un gran saracino
cagione è stato principale e mastro
disceso della schiatta di Mambrino.{{r|256}}
che Passamonte è morto ed Alabastro. -
 
<span style="font-size:80%">37</span> Rinaldo in questo tempo alla badia
Così vanno costor alla ventura:
con Ulivieri e Dodone arrivava;
usciron della Francia incontanente,
vide de' saracin la compagnia,
passoron della Spagna ogni pianura:
e del signor, chi fusse domandava.
tra mezzodì ne vanno e tra ponente.
Brunor rispose con gran cortesia:
Lasciàngli andar, che Cristo sia lor cura,
- Io son desso io, e se ciò non vi grava,
e tratterem d'un saracin possente
ditemi ancor chi voi, cavalier, siete. -
che inverso Barberia facea dimoro:
Disse Rinaldo: - Voi lo 'ntenderete.
era gigante e chiamato Brunoro,{{r|264}}
<span style="font-size:80%">38</span> Noi siàn là de' paesi del Soldano
 
pur cavalieri erranti e di ventura:
ovver cugin carnale ovver fratello
per la ragion come Ercul combattiàno;
del gran Morgante, ch'avea seco Orlando,
abbiamo avuto assai disavventura:
e Passamonte ed Alabastro, quello
questo ci avvenne perché il torto avàno,
ch'Orlando nel deserto uccise quando
e la ragion pur ebbe sua misura;
il santo abate riconobbe, e féllo
nostri compagni alcun n'è stato morto,
contento il parentado ritrovando.
che nol sappiendo difendeano il torto. -
Brunor, per far de' suo' fratei vendetta,
<span style="font-size:80%">39</span> Disse Brunoro: - Io mi fo maraviglia
di Barberia s'è mosso con gran fretta,{{r|272}}
che voi campassi, e per Dio mi vergogno
 
a dirvi quel che la mente bisbiglia:
con forse trentamila ben armati
voi siete armati in visïone o in sogno.
e tutti quanti usati a guerreggiare:
Se voi volete colla mia famiglia
alla badia ne vengon difilati
mangiar, che forse n'avete bisogno,
per far l'abate e' monaci sbucare;
dismonterete, ed onor vi fia fatto,
e tanto sono a stracca cavalcati
e fate buono scotto per un tratto. -
che cominciorno le mura a guardare;
<span style="font-size:80%">40</span> Disse Rinaldo: - Da mangiare e bere
e giunti alla badia, drento v'entraro,
accetto. - Il re chiamava un saracino;
ché contro a lor non vi fu alcun riparo.{{r|280}}
disse: - Costor son gente da godere,
 
e vanno combattendo il pane e 'l vino,
E 'l domine messer lo nostro abate
e carne quando e' ne possono avere;
la prima cosa missono in prigione.
non debbe bisognar dar loro uncino
Disse Brunoro: - Colle scorreggiate
o por la scala, ove aggiungon con mano;
uccider si vorria questo ghiottone;
dice che son cavalier del Soldano.
ma pur per ora in prigion lo cacciate:
<span style="font-size:80%">41</span> Se la ragione aspetta che costoro
riserberello a maggior punizione:
l'aiutino, in prigion se n'andrà tosto,
cagione è stato principale e mastro
s'avessi più avvocati, argento o oro
che Passamonte è morto ed Alabastro. -{{r|288}}
o carte o testimon che fichi agosto. -
 
Dicea fra sé sorridendo Brunoro:
Rinaldo in questo tempo alla badia
«A Ercol s'agguagliò quel ciuffalmosto,
con Ulivieri e Dodone arrivava;
o cavalier di gatta o qualche araldo».
vide de' saracin la compagnia,
Ed ogni cosa intendeva Rinaldo.
e del signor, chi fusse domandava.
<span style="font-size:80%">42</span> Truova cosa che faccin collezione,
Brunor rispose con gran cortesia:
se v'è reliquia, arcame o catrïosso
- Io son desso io, e se ciò non vi grava,
rimaso, o piedi o capi di cappone,
ditemi ancor chi voi, cavalier, siete. -
e dà pur broda e macco a l'uom ch'è grosso:
Disse Rinaldo: - Voi lo 'ntenderete.{{r|296}}
vedrai come egli scuffia, quel ghiottone,
 
che debbe come il can rodere ogn'osso.
Noi siàn là de' paesi del Soldano
Assettagli a mangiare in qualche luogo,
pur cavalieri erranti e di ventura:
e lascia i porci poi pescar nel truogo. -
per la ragion come Ercul combattiàno;
<span style="font-size:80%">43</span> Rinaldo facea vista non udire
abbiamo avuto assai disavventura:
e non gustar quel che diceva quello:
questo ci avvenne perché il torto avàno,
non si voleva al pagano scoprire
e la ragion pur ebbe sua misura;
per nessun modo, e fa del buffoncello.
nostri compagni alcun n'è stato morto,
Ecco di molta broda comparire
che nol sappiendo difendeano il torto. -{{r|304}}
in un paiuol, come si fa al porcello,
 
ed ossa, dove i cani impazzerebbono,
Disse Brunoro: - Io mi fo maraviglia
e in Giusaffà non si ritroverrebbono.
che voi campassi, e per Dio mi vergogno
<span style="font-size:80%">44</span> Rinaldo cominciava a piluccare,
a dirvi quel che la mente bisbiglia:
e trassesi di testa allor l'elmetto;
voi siete armati in visïone o in sogno.
ma Ulivier non sel volle cavare,
Se voi volete colla mia famiglia
così Dodon, ché stavon con sospetto:
mangiar, che forse n'avete bisogno,
per che Brunor, veggendogli imbeccare
dismonterete, ed onor vi fia fatto,
per la visiera, guardava a diletto;
e fate buono scotto per un tratto. -{{r|312}}
e comandava a un di sua famiglia
 
ch'a' lor destrier si traessi la briglia;
Disse Rinaldo: - Da mangiare e bere
<span style="font-size:80%">45</span> e fece dar lor biada e roba assai,
accetto. - Il re chiamava un saracino;
dicendo: - Questi pagheran lo scotto,
disse: - Costor son gente da godere,
o l'arme lasceran con molti guai:
e vanno combattendo il pane e 'l vino,
non mangeranno così a bertolotto. -
e carne quando e' ne possono avere;
Dicea Rinaldo: «Alla barba l'arai»;
non debbe bisognar dar loro uncino
e cominciò a mangiar come un arlotto.
o por la scala, ove aggiungon con mano;
Ma quel sergente a chi fu comandato
dice che son cavalier del Soldano.{{r|320}}
avea il caval di Dodon governato.
 
<span style="font-size:80%">46</span> Poi governò, dopo quel, Vegliantino
Se la ragione aspetta che costoro
ch'avea con seco menato il marchese;
l'aiutino, in prigion se n'andrà tosto,
poi se ne va a Baiardo il saracino;
s'avessi più avvocati, argento o oro
e come il braccio alla greppia distese,
o carte o testimon che fichi agosto. -
Baiardo lo ciuffòe come un maschino
Dicea fra sé sorridendo Brunoro:
e in sulla spalla all'omero lo prese,
«A Ercol s'agguagliò quel ciuffalmosto,
che lo schiacciò come e' fussi una canna,
o cavalier di gatta o qualche araldo».
tal che con bocca ne spicca una spanna.
Ed ogni cosa intendeva Rinaldo.{{r|328}}
<span style="font-size:80%">47</span> Sùbito cadde quel famiglio in terra
 
e poi per grande spasimo morìo.
Truova cosa che faccin collezione,
Disse Rinaldo: - Appiccata è la guerra:
se v'è reliquia, arcame o catrïosso
lo scotto pagherai tu, mi credo io:
rimaso, o piedi o capi di cappone,
vedi che spesso il disegno altrui erra. -
e dà pur broda e macco a l'uom ch'è grosso:
Quando Brunor questo caso sentìo,
vedrai come egli scuffia, quel ghiottone,
disse: - Mai vidi il più fero cavallo:
che debbe come il can rodere ogn'osso.
io vo' che tu mel doni sanza fallo. -
Assettagli a mangiare in qualche luogo,
<span style="font-size:80%">48</span> Rinaldo fece «albanese, messere»;
e lascia i porci poi pescar nel truogo. -{{r|336}}
disse: - Questo orzo mi par del verace. -
 
Brunor diceva con un suo scudiere:
Rinaldo facea vista non udire
- Questo caval si vorrà, ché mi piace. -
e non gustar quel che diceva quello:
Rinaldo torna e riponsi a sedere,
non si voleva al pagano scoprire
e rimangiò come un lupo rapace.
per nessun modo, e fa del buffoncello.
Un saracin, che ancor lui fame avea,
Ecco di molta broda comparire
allato a lui a mangiar si ponea.
in un paiuol, come si fa al porcello,
<span style="font-size:80%">49</span> Rinaldo l'ebbe alla fine in dispetto,
ed ossa, dove i cani impazzerebbono,
però che diluviava a maraviglia
e in Giusaffà non si ritroverrebbono.{{r|344}}
e cadegli la broda giù pel petto;
 
guardò più volte, e torceva le ciglia;
Rinaldo cominciava a piluccare,
poi disse: - Saracin, per Macometto,
e trassesi di testa allor l'elmetto;
che tu se' porco o bestia che 'l somiglia!
ma Ulivier non sel volle cavare,
Io ti prometto, s' tu non te ne vai,
così Dodon, ché stavon con sospetto:
farò tal giuoco che tu piangerai. -
per che Brunor, veggendogli imbeccare
<span style="font-size:80%">50</span> Disse il pagan: - Tu debbi esser un matto,
per la visiera, guardava a diletto;
poi che di casa mia mi vuoi cacciare. -
e comandava a un di sua famiglia
Disse Rinaldo: - Tu vedrai bell'atto. -
ch'a' lor destrier si traessi la briglia;{{r|352}}
Il saracin non se ne vuole andare,
 
e nel paiuol si tuffava allo 'mbratto.
e fece dar lor biada e roba assai,
Rinaldo non poté più comportare,
dicendo: - Questi pagheran lo scotto,
e 'l guanto si mettea nella man destra,
o l'arme lasceran con molti guai:
tal che gli fece smaltir la minestra:
non mangeranno così a bertolotto. -
<span style="font-size:80%">51</span> ché gli appiccò in sul capo una sorba
Dicea Rinaldo: «Alla barba l'arai»;
che come e' fussi una noce lo schiaccia:
e cominciò a mangiar come un arlotto.
non bisognò che con man vi si forba,
Ma quel sergente a chi fu comandato
e morto nel paiuol quasi lo caccia,
avea il caval di Dodon governato.{{r|360}}
tanto che tutta la broda s'intorba.
 
Dodon gridava al marchese: - Sù, spaccia,
Poi governò, dopo quel, Vegliantino
lieva sù presto, la zuffa s'appicca! -
ch'avea con seco menato il marchese;
donde Ulivieri abandonò la micca.
poi se ne va a Baiardo il saracino;
<span style="font-size:80%">52</span> Allora una brigata di que' cani
e come il braccio alla greppia distese,
sùbito addosso corsono a Dodone,
Baiardo lo ciuffòe come un maschino
e cominciossi a menarvi le mani.
e in sulla spalla all'omero lo prese,
Rinaldo vide appiccar la quistione
che lo schiacciò come e' fussi una canna,
e in mezzo si scagliò di que' pagani;
tal che con bocca ne spicca una spanna.{{r|368}}
così faceva Ulivier borgognone:
 
trasse dallato la spada sua bella,
Sùbito cadde quel famiglio in terra
ma presto brutta e sanguinosa félla.
e poi per grande spasimo morìo.
<span style="font-size:80%">53</span> Al primo che trovò la zucca taglia;
Disse Rinaldo: - Appiccata è la guerra:
Dodone uccise un pagan molto ardito.
lo scotto pagherai tu, mi credo io:
Brunor, veggendo avvïar la battaglia,
vedi che spesso il disegno altrui erra. -
sùbito verso Rinaldo fu ito
Quando Brunor questo caso sentìo,
e disse: - MaiCavalier, vidise ilIddio piùti fero cavallo:vaglia,
io vo' per che tucagion melse' donitu sanzastato fallo.assalito? -{{r|376}}
e gridò forte che ciascun s'arresti,
 
tanto che 'l caso a lui si manifesti.
Rinaldo fece «albanese, messere»;
<span style="font-size:80%">54</span> Sùbito la battaglia s'arrestava.
disse: - Questo orzo mi par del verace. -
Saper voleva ogni cosa Brunoro;
Brunor diceva con un suo scudiere:
verso Rinaldo di nuovo parlava:
- Questo caval si vorrà, ché mi piace. -
- Dimmi, baron, perché tu dài martoro
Rinaldo torna e riponsi a sedere,
alla mia gente, che troppo mi grava? -
e rimangiò come un lupo rapace.
Disse Rinaldo: - Come san costoro,
Un saracin, che ancor lui fame avea,
non vo' mai noia quando io sono a desco,
allato a lui a mangiar si ponea.{{r|384}}
e sto, come il caval, sempre in cagnesco.
 
<span style="font-size:80%">55</span> Venne a mangiar qua uno; io lo pregai
Rinaldo l'ebbe alla fine in dispetto,
che se n'andassi, e' non curò il mio dire:
però che diluviava a maraviglia
mangiato non parea ch'avessi mai
e cadegli la broda giù pel petto;
ed ogni cosa faceva sparire.
guardò più volte, e torceva le ciglia;
Le frutte dopo al mangiar gli donai
poi disse: - Saracin, per Macometto,
perché il convito s'avessi a fornire. -
che tu se' porco o bestia che 'l somiglia!
E mentre che e' dicea questo al pagano,
Io ti prometto, s' tu non te ne vai,
Frusberta sanguinosa tenea in mano.
farò tal giuoco che tu piangerai. -{{r|392}}
<span style="font-size:80%">56</span> Disse Brunor: - Poi che così mi conti,
 
di questo fatto se ne vuol far pace.
Disse il pagan: - Tu debbi esser un matto,
Non siate così tosto al ferir pronti.
poi che di casa mia mi vuoi cacciare. -
Io t'ho fatto piacer: se non ti spiace,
Disse Rinaldo: - Tu vedrai bell'atto. -
i peccati commessi sieno sconti;
Il saracin non se ne vuole andare,
rimettete le spade, se vi piace. -
e nel paiuol si tuffava allo 'mbratto.
Rimisson tutti allora il brando drento.
Rinaldo non poté più comportare,
Brunor seguiva il suo ragionamento:
e 'l guanto si mettea nella man destra,
<span style="font-size:80%">57</span> Detto m'avete, s'io v'ho inteso bene,
tal che gli fece smaltir la minestra:{{r|400}}
che combattete sol per la ragione:
 
però d'un altro caso vi conviene
ché gli appiccò in sul capo una sorba
dirne con meco vostra oppinïone.
che come e' fussi una noce lo schiaccia:
Dirovvi prima quel che s'appartiene,
non bisognò che con man vi si forba,
e voi poi solverete la quistione;
e morto nel paiuol quasi lo caccia,
se non, tu lascerai qui il tuo cavallo,
tanto che tutta la broda s'intorba.
che ristorò dell'orzo il mio vassallo. -
Dodon gridava al marchese: - Sù, spaccia,
<span style="font-size:80%">58</span> Disse Rinaldo: - Apparecchiato sono. -
lieva sù presto, la zuffa s'appicca! -
Brunoro allor gli raccontava il fatto:
donde Ulivieri abandonò la micca.{{r|408}}
- Questa badia s'è messa in abbandono
 
perché due miei frategli furno a un tratto
Allora una brigata di que' cani
fatti morir sanza trovar perdono;
sùbito addosso corsono a Dodone,
ond'io, sentendo sì tristo misfatto,
e cominciossi a menarvi le mani.
venuto sono a vendicargli, e preso
Rinaldo vide appiccar la quistione
l'abate ho qui, da cui mi tengo offeso.
e in mezzo si scagliò di que' pagani;
<span style="font-size:80%">59</span> Se la ragion tu di' che suol difendere,
così faceva Ulivier borgognone:
tu doverresti aiutar me per certo,
trasse dallato la spada sua bella,
ed a me par che tu mi vogli offendere:
ma presto brutta e sanguinosa félla.{{r|416}}
onor t'ho fatto aspettando buon merto. -
 
Disse Rinaldo: - Falso è il tuo contendere.
Al primo che trovò la zucca taglia;
Io ti dirò quel ch'io ne 'ntendo aperto:
Dodone uccise un pagan molto ardito.
con un sol bue io non son buon bifolco,
Brunor, veggendo avvïar la battaglia,
ma s'io n'ho due, andrà diritto il solco.
sùbito verso Rinaldo fu ito
<span style="font-size:80%">60</span> Se due campane l'una odi sonare
e disse: - Cavalier, se Iddio ti vaglia,
e l'altra no, chi può giudicar questo,
per che cagion se' tu stato assalito? -
qual sia migliore? Io odo il tuo parlare;
e gridò forte che ciascun s'arresti,
vorrei da quello abate udire il resto. -
tanto che 'l caso a lui si manifesti.{{r|424}}
Disse Brunoro: - E questo anco a me pare. -
 
Venne l'abate appiccato al capresto,
Sùbito la battaglia s'arrestava.
e liberato fu della prigione
Saper voleva ogni cosa Brunoro;
perché e' potessi dir la sua ragione.
verso Rinaldo di nuovo parlava:
<span style="font-size:80%">61</span> Disse Brunoro: - Io ho detto a costui
- Dimmi, baron, perché tu dài martoro
l'oltraggio che da te ho ricevuto:
alla mia gente, che troppo mi grava? -
contato gli ho come diserto fui
Disse Rinaldo: - Come san costoro,
pe' tuoi consigli da chi t'ha creduto.
non vo' mai noia quando io sono a desco,
Or tu le ragion tue puoi dire a lui,
e sto, come il caval, sempre in cagnesco.{{r|432}}
che mi pare uom assai giusto e saputo. -
 
Disse l'abate: - Or l'altra parte udite,
Venne a mangiar qua uno; io lo pregai
a voler ben giudicar nostra lite.
che se n'andassi, e' non curò il mio dire:
<span style="font-size:80%">62</span> Io mi posavo in queste selve strane,
mangiato non parea ch'avessi mai
e' suoi frategli ogni dì mi facevano
ed ogni cosa faceva sparire.
a torto mille ingiurie assai villane,
Le frutte dopo al mangiar gli donai
e spesso i faggi e le pietre sveglievano;
perché il convito s'avessi a fornire. -
hanno più volte rotte le campane
E mentre che e' dicea questo al pagano,
e de' miei frati con esse uccidevano.
Frusberta sanguinosa tenea in mano.{{r|440}}
Convennemi alcun tempo comportarli,
 
ché forze non avea da contastarli.
Disse Brunor: - Poi che così mi conti,
<span style="font-size:80%">63</span> Ma come piacque a quel Signor divino
di questo fatto se ne vuol far pace.
ch'aiuta sempre ognun c'ha la ragione,
Non siate così tosto al ferir pronti.
ci capitò un mio fratel cugino
Io t'ho fatto piacer: se non ti spiace,
il qual si chiama Orlando di Millone;
i peccati commessi sieno sconti;
e come quel che è giusto paladino
rimettete le spade, se vi piace. -
ebbe di me giusta compassïone,
Rimisson tutti allora il brando drento.
e in su quel monte andò a trovar costoro
Brunor seguiva il suo ragionamento:{{r|448}}
e con sua mano uccise due di loro.
 
<span style="font-size:80%">64</span> E 'l terzo per suo amor si convertìe
Detto m'avete, s'io v'ho inteso bene,
e con quel conte Orlando se n'andòe
che combattete sol per la ragione:
verso Levante, e da me si partìe,
però d'un altro caso vi conviene
tanto che sempre ne sospireròe. -
dirne con meco vostra oppinïone.
Quando Rinaldo le parole udìe,
Dirovvi prima quel che s'appartiene,
molto d'Orlando si maravigliòe,
e voi poi solverete la quistione;
e non sapea rassettar nella mente
se non, tu lascerai qui il tuo cavallo,
come l'abate fussi suo parente.
che ristorò dell'orzo il mio vassallo. -{{r|456}}
<span style="font-size:80%">65</span> E cominciò così al pagano a dire:
 
- Or ti parrà che 'l solco vadi ritto,
Disse Rinaldo: - Apparecchiato sono. -
or due campane si possono udire.
Brunoro allor gli raccontava il fatto:
Tu mi parlavi simulato e fitto;
- Questa badia s'è messa in abbandono
però, s'a questo non sai contraddire,
perché due miei frategli furno a un tratto
la mia sentenzia è data già in iscritto:
fatti morir sanza trovar perdono;
se vero è quel che l'abate m'ha porto,
ond'io, sentendo sì tristo misfatto,
egli ha ragione, e tu, pagano, hai il torto.
venuto sono a vendicargli, e preso
<span style="font-size:80%">66</span> E intendo di provar quel ch'io ti dico
l'abate ho qui, da cui mi tengo offeso.{{r|464}}
a corpo a corpo, a piede o a cavallo,
 
perch'io son troppo alla ragione amico. -
Se la ragion tu di' che suol difendere,
Disse il pagano: - E' si vorria impiccallo
tu doverresti aiutar me per certo,
con teco. Or guârti come mio nimico:
ed a me par che tu mi vogli offendere:
tu debbi esser un ghiotto sanza fallo. -
onor t'ho fatto aspettando buon merto. -
Disse Rinaldo: - Falso èCome ilio tuosarò contendere.ghiotto
tu mel saprai dir meglio al primo botto. -
Io ti dirò quel ch'io ne 'ntendo aperto:
<span style="font-size:80%">67</span> Disse Brunoro: - Noi faremo un patto:
con un sol bue io non son buon bifolco,
che s'io ti vinco, io vo' questo destriere,
ma s'io n'ho due, andrà diritto il solco.{{r|472}}
ch'al primo so ti darò scaccomatto
 
colla pedona in mezzo lo scacchiere. -
Se due campane l'una odi sonare
Disse Rinaldo: - Come vuoi sia fatto:
e l'altra no, chi può giudicar questo,
se tu m'abbatti, questo è ben dovere;
qual sia migliore? Io odo il tuo parlare;
ed anco a scacchi ti potria dir reo,
vorrei da quello abate udire il resto. -
ch'io fo i tuo' par ballar come il paleo.
Disse Brunoro: - E questo anco a me pare. -
<span style="font-size:80%">68</span> Ma voglio un altro patto, se ti piace:
Venne l'abate appiccato al capresto,
che s'io ti vincerò nella battaglia,
e liberato fu della prigione
l'abate liber sia lasciato in pace
perché e' potessi dir la sua ragione.{{r|480}}
dalla tua gente sanz'altra puntaglia.
 
Così, se 'l mio pensier fussi fallace,
Disse Brunoro: - Io ho detto a costui
questo caval ch'io ho, coperto a maglia,
l'oltraggio che da te ho ricevuto:
vo' che sia tuo; ma s' tu m'abbatterai,
contato gli ho come diserto fui
a ogni modo che dich'io l'arai. -
pe' tuoi consigli da chi t'ha creduto.
<span style="font-size:80%">69</span> Poi che l'accordo così si fermava,
Or tu le ragion tue puoi dire a lui,
ognun quanto volea del campo tolse;
che mi pare uom assai giusto e saputo. -
come Brunoro il suo destrier girava,
Disse l'abate: - Or l'altra parte udite,
così Rinaldo Baiardo rivolse.
a voler ben giudicar nostra lite.{{r|488}}
Il saracin la sua lancia abbassava:
 
sopra lo scudo di Rinaldo colse,
Io mi posavo in queste selve strane,
passollo tutto, e pel colpo si spezza.
e' suoi frategli ogni dì mi facevano
Rinaldo ferì lui con gran fierezza,
a torto mille ingiurie assai villane,
<span style="font-size:80%">70</span> e passagli lo scudo e l'armadura:
e spesso i faggi e le pietre sveglievano;
per mezzo il petto la lancia passava;
hanno più volte rotte le campane
due braccia o più d'una buona misura
e de' miei frati con esse uccidevano.
dall'altra parte sanguinosa andava;
Convennemi alcun tempo comportarli,
e cadde arrovesciato alla verzura;
ché forze non avea da contastarli.{{r|496}}
l'anima nello inferno s'avvïava.
 
Gli altri pagani, veggendol morire,
Ma come piacque a quel Signor divino
Ulivier presto corsono assalire.
ch'aiuta sempre ognun c'ha la ragione,
<span style="font-size:80%">71</span> Rinaldo non avea rotta la lancia,
ci capitò un mio fratel cugino
e 'l primo ch'egli scontra de' pagani
il qual si chiama Orlando di Millone;
gli passò la corazza e poi la pancia;
e come quel che è giusto paladino
poi con Frusberta sgranchiava le mani;
ebbe di me giusta compassïone,
ed Ulivier, che è pur di que' di Francia,
e in su quel monte andò a trovar costoro
que' saracini affetta come pani,
e con sua mano uccise due di loro.{{r|504}}
e sopra Vegliantino era salito
 
e del diciotto teneva ogni invito.
E 'l terzo per suo amor si convertìe
<span style="font-size:80%">72</span> Allor Dodone all'abate correa,
e con quel conte Orlando se n'andòe
il quale era legato molto stretto:
verso Levante, e da me si partìe,
tagliò il capresto e le mani sciogliea.
tanto che sempre ne sospireròe. -
L'abate presto si misse in assetto:
Quando Rinaldo le parole udìe,
uno stangon dalla porta togliea
molto d'Orlando si maravigliòe,
ch'a un pagan levò il capo di netto;
e non sapea rassettar nella mente
poi nella calca in modo arrandellollo
come l'abate fussi suo parente.{{r|512}}
ch'a più di sei levò il capo dal collo.
 
<span style="font-size:80%">73</span> I frati ognun la cappa si cavava:
E cominciò così al pagano a dire:
chi piglia sassi e chi stanga e chi mazza;
- Or ti parrà che 'l solco vadi ritto,
ognuno addosso a costor si cacciava,
or due campane si possono udire.
molti uccidean di quella turba pazza.
Tu mi parlavi simulato e fitto;
Rinaldo tanti quel dì n'affettava
però, s'a questo non sai contraddire,
che in ogni luogo pel sangue si guazza:
la mia sentenzia è data già in iscritto:
a chi balzava il capo e chi il cervello
se vero è quel che l'abate m'ha porto,
come si fa delle bestie al macello.
egli ha ragione, e tu, pagano, hai il torto.{{r|520}}
<span style="font-size:80%">74</span> Ed Ulivier, ch'aveva Durlindana,
 
tu dèi pensar quel che facea di loro:
E intendo di provar quel ch'io ti dico
e' fece in terra di sangue una chiana.
a corpo a corpo, a piede o a cavallo,
Dodon pareva più bravo ch'un toro.
perch'io son troppo alla ragione amico. -
Missesi in fuga la gente pagana,
Disse il pagano: - E' si vorria impiccallo
ché non potean più regger al martoro.
con teco. Or guârti come mio nimico:
L'abate all'uscio per più loro angoscia
tu debbi esser un ghiotto sanza fallo. -
s'era arrecato, e nell'uscir fuor croscia.
Disse Rinaldo: - Come io sarò ghiotto
<span style="font-size:80%">75</span> Sùbito la badia isgomberorno:
tu mel saprai dir meglio al primo botto. -{{r|528}}
molti ne fecion saltar le finestre;
 
fino al deserto gli perseguitorno,
Disse Brunoro: - Noi faremo un patto:
poi gli lasciorno alle fiere silvestre.
che s'io ti vinco, io vo' questo destriere,
E' monaci la porta riserrorno,
ch'al primo so ti darò scaccomatto
e rassettârsi all'antiche minestre.
colla pedona in mezzo lo scacchiere. -
Poi, riposato, all'abate n'andava
Disse Rinaldo: - Come vuoi sia fatto:
Rinaldo presto, e così gli parlava:
se tu m'abbatti, questo è ben dovere;
<span style="font-size:80%">76</span> Voi dite, abate, che siete cugino,
ed anco a scacchi ti potria dir reo,
se bene ho inteso tal ragionamento,
ch'io fo i tuo' par ballar come il paleo.{{r|536}}
d'Orlando nostro, degno paladino;
 
però di questo mi fate contento:
Ma voglio un altro patto, se ti piace:
donde disceso siete e in qual confino,
che s'io ti vincerò nella battaglia,
e che cagion vi condusse al convento? -
l'abate liber sia lasciato in pace
Disse l'abate: - Se saper t'è caro
dalla tua gente sanz'altra puntaglia.
quel che tu di', tu sarai tosto chiaro.
Così, se 'l mio pensier fussi fallace,
<span style="font-size:80%">77</span> Io fui figliuol d'un figliuol di Bernardo
questo caval ch'io ho, coperto a maglia,
che si chiamò dalla gente Ansuigi,
vo' che sia tuo; ma s' tu m'abbatterai,
fratel d'Amone (e fu tanto gagliardo
a ogni modo che dich'io l'arai. -{{r|544}}
ch'ancor la fama risuona in Parigi),
 
d'Ottone e Buovo, s'io non son bugiardo.
Poi che l'accordo così si fermava,
E la cagion ch'io vesto or panni bigi
ognun quanto volea del campo tolse;
fu dal Ciel prima giusta spirazione,
come Brunoro il suo destrier girava,
poi per conforto di papa Lïone. -
così Rinaldo Baiardo rivolse.
<span style="font-size:80%">78</span> Rinaldo, udendo contar la novella,
Il saracin la sua lancia abbassava:
con molta festa lo corse abbracciare,
sopra lo scudo di Rinaldo colse,
e ringraziava del cielo ogni stella;
passollo tutto, e pel colpo si spezza.
e disse: - Abate, io non vi vo' celare,
Rinaldo ferì lui con gran fierezza,{{r|552}}
poi che scacciata abbiam la gente fella,
 
il nome mio, ch'io nollo potrei fare,
e passagli lo scudo e l'armadura:
tanta dolcezza supera la mente:
per mezzo il petto la lancia passava;
son come Orlando anch'io vostro parente:
due braccia o più d'una buona misura
<span style="font-size:80%">79</span> io son Rinaldo, e fui figliuol d'Amone;
dall'altra parte sanguinosa andava;
e come a lui, a me cugino ancora
e cadde arrovesciato alla verzura;
siete! - e piangeva per affezïone;
l'anima nello inferno s'avvïava.
per che l'abate lo strigneva allora,
Gli altri pagani, veggendol morire,
e mai non ebbe tal consolazione.
Ulivier presto corsono assalire.{{r|560}}
- O giusto Iddio ch'ogni cristiano adora,
 
dopo tante altre grazie e lunga etate
Rinaldo non avea rotta la lancia,
veggo Rinaldo mio, - dicea l'abate
e 'l primo ch'egli scontra de' pagani
<span style="font-size:80%">80</span> ed ho veduto il mio famoso Orlando,
gli passò la corazza e poi la pancia;
benché del suo partir sia sconsolato;
poi con Frusberta sgranchiava le mani;
nunche dimitte servum tuum quando
ed Ulivier, che è pur di que' di Francia,
omai ti piace, Signor mio beato. -
que' saracini affetta come pani,
Rinaldo allor soggiunse lacrimando:
e sopra Vegliantino era salito
- E questo è Ulivier, che è suo cognato;
e del diciotto teneva ogni invito.{{r|568}}
questo è Dodone, il figliuol del Danese. -
 
L'abate abbraccia e Dodone e 'l marchese.
Allor Dodone all'abate correa,
<span style="font-size:80%">81</span> I monaci facevan molta festa,
il quale era legato molto stretto:
perché partito è il popol saracino
tagliò il capresto e le mani sciogliea.
e che per grazia Iddio lor manifesta
L'abate presto si misse in assetto:
che Rinaldo è dell'abate cugino.
uno stangon dalla porta togliea
Ma perch'io sento la terza richiesta
ch'a un pagan levò il capo di netto;
di ringraziar Chi ci scorge il camino,
poi nella calca in modo arrandellollo
farò sempre al cantar quel ch'è dovuto.
ch'a più di sei levò il capo dal collo.{{r|576}}
Cristo vi scampi e sia sempre in aiuto.
 
I frati ognun la cappa si cavava:
chi piglia sassi e chi stanga e chi mazza;
ognuno addosso a costor si cacciava,
molti uccidean di quella turba pazza.
Rinaldo tanti quel dì n'affettava
che in ogni luogo pel sangue si guazza:
a chi balzava il capo e chi il cervello
come si fa delle bestie al macello.{{r|584}}
 
Ed Ulivier, ch'aveva Durlindana,
tu dèi pensar quel che facea di loro:
e' fece in terra di sangue una chiana.
Dodon pareva più bravo ch'un toro.
Missesi in fuga la gente pagana,
ché non potean più regger al martoro.
L'abate all'uscio per più loro angoscia
s'era arrecato, e nell'uscir fuor croscia.{{r|592}}
 
Sùbito la badia isgomberorno:
molti ne fecion saltar le finestre;
fino al deserto gli perseguitorno,
poi gli lasciorno alle fiere silvestre.
E' monaci la porta riserrorno,
e rassettârsi all'antiche minestre.
Poi, riposato, all'abate n'andava
Rinaldo presto, e così gli parlava:{{r|600}}
 
Voi dite, abate, che siete cugino,
se bene ho inteso tal ragionamento,
d'Orlando nostro, degno paladino;
però di questo mi fate contento:
donde disceso siete e in qual confino,
e che cagion vi condusse al convento? -
Disse l'abate: - Se saper t'è caro
quel che tu di', tu sarai tosto chiaro.{{r|608}}
 
Io fui figliuol d'un figliuol di Bernardo
che si chiamò dalla gente Ansuigi,
fratel d'Amone (e fu tanto gagliardo
ch'ancor la fama risuona in Parigi),
d'Ottone e Buovo, s'io non son bugiardo.
E la cagion ch'io vesto or panni bigi
fu dal Ciel prima giusta spirazione,
poi per conforto di papa Lïone. -{{r|616}}
 
Rinaldo, udendo contar la novella,
con molta festa lo corse abbracciare,
e ringraziava del cielo ogni stella;
e disse: - Abate, io non vi vo' celare,
poi che scacciata abbiam la gente fella,
il nome mio, ch'io nollo potrei fare,
tanta dolcezza supera la mente:
son come Orlando anch'io vostro parente:{{r|624}}
 
io son Rinaldo, e fui figliuol d'Amone;
e come a lui, a me cugino ancora
siete! - e piangeva per affezïone;
per che l'abate lo strigneva allora,
e mai non ebbe tal consolazione.
- O giusto Iddio ch'ogni cristiano adora,
dopo tante altre grazie e lunga etate
veggo Rinaldo mio, - dicea l'abate{{r|632}}
 
ed ho veduto il mio famoso Orlando,
benché del suo partir sia sconsolato;
nunche dimitte servum tuum quando
omai ti piace, Signor mio beato. -
Rinaldo allor soggiunse lacrimando:
- E questo è Ulivier, che è suo cognato;
questo è Dodone, il figliuol del Danese. -
L'abate abbraccia e Dodone e 'l marchese.{{r|640}}
 
I monaci facevan molta festa,
perché partito è il popol saracino
e che per grazia Iddio lor manifesta
che Rinaldo è dell'abate cugino.
Ma perch'io sento la terza richiesta
di ringraziar Chi ci scorge il camino,
farò sempre al cantar quel ch'è dovuto.
Cristo vi scampi e sia sempre in aiuto.{{r|648}}
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{{capitolo