Pagina:Zibaldone di pensieri I.djvu/353: differenze tra le versioni

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{{ZbPagina|225}} di carattere affatto straordinario non sono personaggi adattati alla poesia. Già diceva Aristotele che il protagonista della tragedia non doveva essere né affatto scellerato né affatto virtuoso. Schernite pure Aristotele quanto volete, anche per questo insegnamento (come credo che abbian fatto); alla fine la vostra psicologia, s’é vera, vi deve ricondurre allo stesso luogo, e a ritrovare il già trovato (24 agosto 1820).. Vedi p.238. pensiero 1.
<section begin=1 /><!--{{ZbPagina|224}}--><section end=1 /><section begin=2 />{{ZbPagina|225}} di carattere affatto straordinario non sono personaggi adattati alla poesia. Già diceva Aristotele che il protagonista della tragedia non doveva essere né affatto scellerato né affatto virtuoso. Schernite pure Aristotele quanto volete, anche per questo insegnamento (come credo che abbian fatto); alla fine la vostra psicologia, s’é vera, vi deve ricondurre allo stesso luogo, e a ritrovare il già trovato (24 agosto 1820).. Vedi p.238. pensiero 1.




{{ZbPensiero|225/1}}La sola cosa che deve mostrare il poeta è di non capire l’effetto che dovranno produrre in chi legge, le sue immagini, descrizioni, affetti ec. Cosí l’oratore, e ogni scrittore di bella letteratura, e si può dir quasi in genere, ogni scrittore. ''Il ne paraît point chercher à vous attendrir'':, dice di Demostene il Card. Maury Discours sur l’Éloquence, ''écoutez-le cependant, et il vous fera pleurer par réflexion''. E quantunque anche la disinvoltura possa essere affettata, e da ciò guasta, tuttavia possiamo dire iperbolicamente, che se veruna affettazione è permessa allo scrittore, non è altra che questa di non accorgersi né prevedere i begli effetti che le sue parole faranno in chi leggerà, o ascolterà, e di non aver volontà né scopo nessuno, eccetto quello ch’é manifesto e naturale, di narrare, di celebrare, compiangere ec. Laonde è veramente miserabile e barbaro quell’uso moderno di tramezzare tutta la scrittura o poesia di segnetti e{{ZbPagina|226}} lineette, e punti ammirativi doppi, tripli, ec. Tutto il Corsaro di Lord Byron (parlo della traduzione non so del testo né delle altre sue opere) è tramezzato di lineette, non solo tra periodo e periodo, ma tra frase e frase, anzi spessissimo la stessa frase è spezzata, e il sostantivo è diviso dall’aggettivo con queste lineette (poco manca che le stesse parole non siano cosí divise), le quali ci dicono a ogni tratto come il ciarlatano che fa veder qualche bella cosa; ''fate attenzione, avvertite che questo che viene è un bel pezzo, osservate questo epiteto ch’é notabile, fermatevi sopra questa espressione, ponete mente a questa immagine'' ec. ec. cosa che fa dispetto al lettore, il quale quanto piú si vede obbligato a fare avvertenza, tanto piú vorrebbe trascurare, e quanto piú quella cosa gli si dà per bella, tanto piú desidera di trovarla brutta, e finalmente non fa nessun caso di quella segnatura, e legge alla distesa, come non ci fosse. Lascio l’incredibile, continuo e manifestissimo stento con cui il povero Lord suda e si affatica perché ogni minima frase, ogni minimo aggiunto sia originale e nuovo, e non ci sia cosa tanti milioni di volte detta, ch’egli non la ridica in un altro modo, affettazione piú chiara del sole, che disgusta eccessivamente, e oltracciò stanca per l’uniformità, e per la continua fatica dell’intelletto necessaria a capire quella studiatissima oscurissima e perenne originalità (25 agosto 1820).{{ZbPagina|227}} Come le persone di poca immaginazione e sentimento non sono atte a giudicare di poesia, o scritture di tal genere, e leggendole, e sapendo che sono famose, non capiscono il perché, a motivo che non si sentono trasportare, e non s’immedesimano in verun modo collo scrittore, e questo, quando anche siano di buon gusto e giudizio, cosí vi sono molte ore, giorni, mesi, stagioni, anni, in cui le stesse persone di entusiasmo ec. non sono atte a sentire, e ad essere trasportate, e però a giudicare rettamente di tali scritture. Ed avverrà spesso per questa ragione, che un uomo per altro, capacissimo giudice di bella letteratura, e d’arti liberali, concepisca diversissimo giudizio di due opere egualmente pregevoli. Io l’ho provato spesse volte. Mettendomi a leggere coll’animo disposto, trovava tutto gustoso, ogni bellezza mi risaltava all’occhio, tutto mi riscaldava, e mi riempieva d’entusiasmo, e lo scrittore da quel momento mi diventava ammirabile, ed io continuava sempre ad averlo in gran concetto. In questa tal disposizione, forse il giudizio può anche peccare attribuendo al libro ec. quel merito che in gran parte spetta al lettore. Altre volte mi poneva a leggere coll’animo freddissimo, e le piú belle, piú tenere, piú profonde cose non erano capaci di commuovermi: per giudicare non mi restava altro
{{ZbPensiero|225/1}}La sola cosa che deve mostrare il poeta è di non capire l’effetto che dovranno produrre in chi legge, le sue immagini, descrizioni, affetti ec. Cosí l’oratore, e ogni scrittore di bella letteratura, e si può dir quasi in genere, ogni scrittore. ''Il ne paraît point chercher à vous attendrir'':, dice di Demostene il Card. Maury Discours sur l’Éloquence, ''écoutez-le cependant, et il vous fera pleurer par réflexion''. E quantunque anche la disinvoltura possa essere affettata, e da ciò guasta, tuttavia possiamo dire iperbolicamente, che se veruna affettazione è permessa allo scrittore, non è altra che questa di non accorgersi né prevedere i begli effetti che le sue parole faranno in chi leggerà, o ascolterà, e di non aver volontà né scopo nessuno, eccetto quello ch’é manifesto e naturale, di narrare, di celebrare, compiangere ec. Laonde è veramente miserabile e barbaro quell’uso moderno di tramezzare tutta la scrittura o poesia di segnetti e<section end=2 /><section begin=3 />{{ZbPagina|226}} lineette, e punti ammirativi doppi, tripli, ec. Tutto il Corsaro di Lord Byron (parlo della traduzione non so del testo né delle altre sue opere) è tramezzato di lineette, non solo tra periodo e periodo, ma tra frase e frase, anzi spessissimo la stessa frase è spezzata, e il sostantivo è diviso dall’aggettivo con queste lineette (poco manca che le stesse parole non siano cosí divise), le quali ci dicono a ogni tratto come il ciarlatano che fa veder qualche bella cosa; ''fate attenzione, avvertite che questo che viene è un bel pezzo, osservate questo epiteto ch’é notabile, fermatevi sopra questa espressione, ponete mente a questa immagine'' ec. ec. cosa che fa dispetto al lettore, il quale quanto piú si vede obbligato a fare avvertenza, tanto piú vorrebbe trascurare, e quanto piú quella cosa gli si dà per bella, tanto piú desidera di trovarla brutta, e finalmente non fa nessun caso di quella segnatura, e legge alla distesa, come non ci fosse. Lascio l’incredibile, continuo e manifestissimo stento con cui il povero Lord suda e si affatica perché ogni minima frase, ogni minimo aggiunto sia originale e nuovo, e non ci sia cosa tanti milioni di volte detta, ch’egli non la ridica in un altro modo, affettazione piú chiara del sole, che disgusta eccessivamente, e oltracciò stanca per l’uniformità, e per la continua fatica dell’intelletto necessaria a capire quella studiatissima oscurissima e perenne originalità (25 agosto 1820).<section end=3 /><section begin=4 />{{ZbPagina|227}} Come le persone di poca immaginazione e sentimento non sono atte a giudicare di poesia, o scritture di tal genere, e leggendole, e sapendo che sono famose, non capiscono il perché, a motivo che non si sentono trasportare, e non s’immedesimano in verun modo collo scrittore, e questo, quando anche siano di buon gusto e giudizio, cosí vi sono molte ore, giorni, mesi, stagioni, anni, in cui le stesse persone di entusiasmo ec. non sono atte a sentire, e ad essere trasportate, e però a giudicare rettamente di tali scritture. Ed avverrà spesso per questa ragione, che un uomo per altro, capacissimo giudice di bella letteratura, e d’arti liberali, concepisca diversissimo giudizio di due opere egualmente pregevoli. Io l’ho provato spesse volte. Mettendomi a leggere coll’animo disposto, trovava tutto gustoso, ogni bellezza mi risaltava all’occhio, tutto mi riscaldava, e mi riempieva d’entusiasmo, e lo scrittore da quel momento mi diventava ammirabile, ed io continuava sempre ad averlo in gran concetto. In questa tal disposizione, forse il giudizio può anche peccare attribuendo al libro ec. quel merito che in gran parte spetta al lettore. Altre volte mi poneva a leggere coll’animo freddissimo, e le piú belle, piú tenere, piú profonde cose non erano capaci di commuovermi: per giudicare non mi restava altro<section end=4 />