Trattatello in laude di Dante/XX: differenze tra le versioni

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Fu adunque questo nostro poeta di mediocre statura, e, poi che alla matura età fu pervenuto, andò alquanto curvetto, e era il suo andare grave e mansueto, d'onestissimi panni sempre vestito in quell'abito che era alla sua maturità convenevole. Il suo volto fu lungo, e il naso aquilino, e gli occhi anzi grossi che piccioli, le mascelle grandi, e dal labbro di sotto era quel di sopra avanzato; e il colore era bruno, e i capelli e la barba spessi, neri e crespi, e sempre nella faccia malinconico e pensoso. Per la qual cosa avvenne un giorno in Verona ,essendo già divulgata pertutto la fama delle sue opere, e massimamente quella parte della sua ''Comedia'', la quale egli intitola ''Inferno'', e esso conosciuto da molti e uomini e donne, che, passando egli davanti a una porta dove più donne sedevano, una di quelle pianamente, non però tanto che bene da lui e da chi con lui era non fosse udita, disse all'altre: <<«Donne, vedete colui che va nell'inferno, e torna quando gli piace, e qua su reca novelle di coloro che là giù sono?>>» Alla quale una dell'altre rispose semplicemente: <<«In verità tu dèi dir vero: non vedi tu com'egli ha la barba crespa e il color bruno per lo caldo e per lo fummo che è là giù?>>». Le quali parole udendo egli dir dietro a sé, e conoscendo che da pura credenza delle donne venivano, piacendogli, e quasi contento ch'esse in cotale oppinione fossero, sorridendo alquanto, passò avanti.
 
Ne' costumi domestici e publici mirabilemente fu ordinato e composto, e in tutti più che alcuno altro cortese e civile.