Pagina:Zibaldone di pensieri I.djvu/102: differenze tra le versioni

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<section begin="1" />{{ZbPensiero|1/3}}Una dama vecchia, avendo chiesto a un giovane di leggere alcuni suoi versi pieni di parole antiche, e avutili, poco dopo rendendoglieli disse che non gl’intendeva, perché quelle parole non s’usavano al tempo suo. Rispose il giovane: Anzi credea che s’usassero, perché sono molto antiche.
<section begin=1 />{{ZbPensiero|1/3}}Una dama vecchia, avendo chiesto a un giovane di leggere alcuni suoi versi pieni di parole antiche, e avutili, poco dopo rendendoglieli disse che non gl’intendeva, perché quelle parole non s’usavano al tempo suo. Rispose il giovane: Anzi credea che s’usassero, perché sono molto antiche.




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{{ZbPensiero|1/6}}Il trecento fu il principio della nostra letteratura, non già il colmo, imperocché non ebbe se non tre scrittori grandi; il quattrocento non fu corruzione né {{ZbPagina|2}} raffinamento del trecento, ma un sonno della letteratura (che avea dato luogo all’erudizione), la quale restava ancora incorrotta e peccava ancora piú tosto di poco. {{AutoreCitato|Angelo Poliziano|Poliziano}}, {{AutoreCitato|Luigi Pulci|Pulci}}. Il cinquecento fu vera continuazione del trecento e il colmo della nostra letteratura. Di poi venne il raffinamento del seicento, che nel settecento s’è solamente mutato in corruzione d’altra specie; ma il buon gusto nel volgo dei letterati non è tornato piú, né tornerà secondo me, perché dal niente si può passare al buono, ma dal troppo buono o sia dal corrotto stimo che non si possa.
{{ZbPensiero|1/6}}Il trecento fu il principio della nostra letteratura, non già il colmo, imperocché non ebbe se non tre scrittori grandi; il quattrocento non fu corruzione né <section end=1 /><section begin=2 />{{ZbPagina|2}} raffinamento del trecento, ma un sonno della letteratura (che avea dato luogo all’erudizione), la quale restava ancora incorrotta e peccava ancora piú tosto di poco. {{AutoreCitato|Angelo Poliziano|Poliziano}}, {{AutoreCitato|Luigi Pulci|Pulci}}. Il cinquecento fu vera continuazione del trecento e il colmo della nostra letteratura. Di poi venne il raffinamento del seicento, che nel settecento s’è solamente mutato in corruzione d’altra specie; ma il buon gusto nel volgo dei letterati non è tornato piú, né tornerà secondo me, perché dal niente si può passare al buono, ma dal troppo buono o sia dal corrotto stimo che non si possa.




{{ZbPensiero|2/1}}Non il bello ma il vero o sia l’imitazione della Natura qualunque, si è l’oggetto delle belle arti. Se fosse il bello, piacerebbe piú quello che fosse piú bello e cosí si andrebbe alla perfezion metafisica, la quale in
{{ZbPensiero|2/1}}Non il bello ma il vero o sia l’imitazione della Natura qualunque, si è l’oggetto delle belle arti. Se fosse il bello, piacerebbe piú quello che fosse piú bello e cosí si andrebbe alla perfezion metafisica, la quale in<section end=2 />