Il sorbetto della regina/Parte prima/VII: differenze tra le versioni
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I due amici uscirono dal caffè: don Gabriele grattandosi la schiena, le mani giunte sul dorso, facendo dei visacci, come chi inghiotta qualcosa
In quel tempo la polizia non aveva ancora soppresso Rinaldo, come un nemico del trono e
Il cantastorie di Rinaldo - zio Siria - fioriva bellamente e si pavoneggiava in mezzo ad un numeroso uditorio, cui entusiasmava col racconto di Angelica; - avendo da un lato la donna che vendeva
Giunti a questa latitudine, don Gabriele si voltò verso Bruto e gli disse:
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- Cominciamo dal resto. La buona azione è ancora un progetto, una speranza e pel momento un segreto.
- Poichè
- Don Gabriele, non vi stillate il cervello. Ad una povera ragazza, che conosco solo di vista, si promette di farla esordire ai Fiorentini appena ci sia una particina che le sia adatta. Io voglio scrivere questa parte e mettere, per condizione alla rappresentazione del mio dramma,
- Comprendo la filantropia dei vostri venti anni e le circostanze giustificative che ci attaccate. Continuate.
- Per oggi, caro don Gabriele, non possiamo nè continuare nè retrocedere, per la enorme ragione che non ho in testa neppure
- È bella la futura artista, di cui vi siete fatto
- Per me, sì. Ma non è ciò che mi fa agire.
- Tanto peggio. Se fosse stato ciò, sarei stato sicuro che in quindici giorni la faccenda era
- Lo sarà in ogni maniera. A domani, caro don Gabriele.
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Al domani, infatti, esatto come un bambino cui si è promesso un balocco, Bruto rivedeva don Gabriele e gli portava il suo progetto.
Bruto aveva letto, qua e là, senza farci attenzione, alcune cattive tragedie, comprese quelle
Don Gabriele era più provetto di lui. Da venti anni frequentava i teatri: da quindici anni improvvisava e rappresentava delle farse colle marionette. Era, senza saperlo, senza addarsene e colla più grande ingenuità, un uomo di genio, al quale non mancava altro che la cultura,
Bisognava vedere come era eloquente, tenero, ardito, nelle commedie melanconiche, come seminava a larga mano la gaiezza quando metteva in iscena Pulcinella, come era fieramente e poeticamente gran signore quando dava la parola ad un paladino di Carlo Magno! Don Gabriele possedeva tutti i tasti. Non gli mancava che
Tutti e due misero al giorno un mostruoso scenario. Bruto, il più letterato dei due, don Gabriele non sapeva neppur leggere, si prese
Suo zio, che lo vedeva scrivere dalla mattina alla sera e dalla sera al mattino, gli chiese di che diavolo imbrattava tanta carta; era a mille miglia dal sospettare la verità.
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- La malattia di don Noè, esclamò ingenuamente Tartaruga, segnandosi e portando la mano al naso.
Il sagrestano si tranquillò. Bruto finì il dramma, lo trascrisse sopra una bella carta color pistacchio e lo lesse a Don Gabriele. Questi fece alcune osservazioni, alle quali Bruto oppose
Ma la ''via crucis'' cominciava appunto allora: la rappresentazione.
- Prima di tutto, disse don Gabriele, bisogna che vi vestiate un
- Pur troppo sono un povero diavolo, sospirò Bruto. Ahimè!
- Ragione di più per non parerlo. Vi presenterete, poi, al direttore del teatro, onde avere il suo assenso preventivo, continuò don Gabriele, e
- Diamine! chi gliele ha prese?
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- Per timore dei peccati di pensiero, forse?
- No, no. Don Gaetano non pensa mai;
- E questi?
- È un idiota. Don Ciccio Ruffa ne farà rapporto al ministro
- Che ne parlerà col confessore?
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- Come? ingenuo ragazzo, credete, forse, che nel nostro glorioso paese si paghino le produzioni teatrali?
- E poi, non
- Non ne sono ben certo, rispose don Gabriele grattandosi il capo. Eh! eh!
Qualunque altro, dinanzi a questa odissea di ostacoli, si sarebbe spaventato, avrebbe indietreggiato dinanzi a quei ritardi, a quegli insulti, a quelle spese, a quelle censure: Bruto no. La difficoltà era per lui una curiosità.
Un sarto gli diede a credenza un abito disusato
Trovò esattamente tutto quello che il burattinaio gli aveva predetto.
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- Entrate, signore, andiamo ad avvertire lo zio.
Bisognò, quindi, lasciarlo entrare.
Aveva gli occhiali sul naso, il viso stupido, un sorriso sciocco sulle labbra, capelli neri e barba bianca, fenomeno che Bruto spiegò pensando che
- Ah! un dramma?
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- Una donna che muore di mal di petto.
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- Ma questa donna non può morire che così.
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- Tanto peggio. Respingo il dramma. È il mio mestiere: sono stato decorato per questo.
- Allora la faremo etica al settimo quadro;
- Eh! eh!
- Troppo buono, eccellenza.
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- Cancellate. "Non nominerai mai il nome di Dio invano." Conoscete i precetti del ''Decamerone''?
- Per bacco!
- ''San'' Giovanni, ''san'' Giovanni, gridò don Gaetano, che per distrazione, o per abitudine di lettura, aveva detto il ''Decamerone'', invece del ''Decalogo''. E ancora non è san Giovanni, è san Matteo che
- Mille scuse, signor censore. Non sapevo che san Matteo fosse
- Basta così, interruppe bruscamente don Gaetano. Dove succede
- In un caffè della città
- Come avete fatto parlare Ippocrate?
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Don Gaetano, che, ignorando la storia naturale, ignorava ragionevolmente se le ''chiucchiurlaie'' fossero mammiferi od ovipari, evitò di rispondere e cangiò tema.
-
- Ippocrate vorrebbe avvelenarsi con
- Può andare. Vi sono donne?
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- No, no, signor censore.
- Benissimo! continuò don Gaetano. Poichè oggi si va più al teatro che alla predica, bisogna annoiare gli spettatori, che così non andranno nè
- Oh! non ne dubiti.
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- Vi sono organi, campane, arpe, chiese?
- Sì, signore, la chiesa della Madonna delle Grazie, che non si vede, ma si odono le campane,
- Ci avete messo dei duelli, delle taverne, nel vostro dramma?
- Sì, signore, la trattoria
- Bravo, vedo che siete un giovane intelligente.
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E così dicendo apriva il manoscritto, ne volgeva i fogli, leggendone qua e là qualche linea e continuava a parlare.
- Osservo nella vostra produzione un dialogo ben condotto ed una grande fedeltà storica e di costumi. Si vede che avete studiato
- Ella crede proprio....
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Il dramma di Bruto e di Gabriele Campigiia fu approvato su tutta la linea dai revisori e dai censori. Bruto lo presentò al direttore del teatro. Prepiani tentò di leggerlo e lo gettò da parte. Una mattina Marchionni lo trovò fuori di sè, credendo che si avesse voluto dargli la berta.
- Beffarsi di me, gridava furibondo, di me che ho
Marchionni prese il dramma e se lo portò a casa. Lo lesse alla sua volta e al domani ritornò raggiante da Prepiani. Il grande artista aveva scoperto un gioiello, che gli autori non sospettavano certamente di avervi nascosto.
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- Dove! domandò Prepiani aggrottando le ciglia.
- Ebbene, sì, proprio un capolavoro. Gli autori hanno creduto in buona fede di scrivere un dramma: ed hanno schizzata la più esilarante caricatura del dramma ultra-romantico,
- Ma dimmi, Marchionni, hai voglia di scherzare oggi, eh?
- Per tutti gli déi
''Ippocrate'' fu rappresentato.
Il teatro era zeppo; gli attori non erano troppo cattivi. Vi era inoltre una giovane esordiente, di cui si diceva molto bene e si aggiungeva che era sorella, fidanzata, o altro che fosse, di uno dei due autori, allieva della Tessari, e
Marchionni aveva colpito giusto. Ciò che era stato offerto come dramma dagli autori, fu ricevuto come farsa dagli spettatori. Fu un parossismo di ilarità, che durò tre ore. Bruto e don Gaetano si guardavano in faccia stupefatti. Non ci capivano più nulla. Il dolore che, secondo essi, doveva spremere la glandula lacrimale, metteva invece in sussulto il diaframma.
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Non analizziamo questa produzione, di un interesse così vivo e attuale in quel tempo, in cui il classicismo era divenuto un istrumento di Chiesa e di Stato.
Quando gli ambasciatori
Il teatro tremò dagli applausi; i due autori furono chiamati al proscenio. Altri applausi scoppiarono al racconto del viaggio fatto
Si tornò ad applaudire quando
Sua madre era in tale parossismo
Gli autori non rinvenivano dalla sorpresa, che destava in loro
La critica classica si sforzò di contestarlo.
Bruto inviò due padrini ad un giornalista, che rifiutò il duello, sotto pretesto che si credeva padrone di trovare che la figlia di Ippocrate non doveva portare guardinfante. Bruto gli spianò le spalle. Diede dei buffetti ad un altro critico, il quale pretendeva che i cannoni non esistevano in
La polizia
La buona azione metteva capo ad un carcere.
Lena Minutolo non seppe mai che Bruto avesse scritto quella produzione apposta per lei, che a lui era debitrice del suo primo debutto, nè
Ci volle
Una prima ruga gli solcò la fronte.
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Egli pensò.
Al domani della rappresentazione
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