Pagina:Zibaldone di pensieri I.djvu/105: differenze tra le versioni

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<section begin="1" /><noinclude>dio</noinclude> de’ Classici e l’erudizione dominante nel secolo. Il cinquecento col capitale acquistato nel 400 e coll’istradamento del 300 tornò a fare. Ma il seicento perché era non debole ma corrotto, non solamente non sapea far bene, ma disprezzava il ben fatto anzi gli dispiacea. Quindi la dimenticanza di {{AutoreCitato|Dante Alighieri|Dante}} del {{AutoreCitato|Francesco Petrarca|Petrarca}} ec. che non si stampavano piú. Nel principio del settecento ripigliammo non le forze, ma solo il buon gusto e l’amore degli studi classici, e la prima metà di questo secolo somiglia però al quattrocento, né si fa molto conto di quest’epoca di risorgimento perché non produsse (come il 400) nessun lavoro d’arte fuorché la ''{{TestoCitato|Merope}}'', e durò tanto poco che un uomo stesso poté aver veduto il tempo di corruzione il risorgimento e il ricadimento. Ricadute le nostre lettere (nella imitazione e studio degli stranieri) son comparsi nella seconda metà del 700 e principio dell’800 i nostri<section end="1" /> <section begin="2" />{{ZbPagina|4}} ultimi lavori d’arte. Questi sono di quegli scrittori che nella corruzione si conservano illesi, non possono essere stimati da molti ec. Ma adesso l’arte è venuta in un incredibile accrescimento, tutto è arte e poi arte, non c’è piú quasi niente di spontaneo, la stessa spontaneità si cerca a tutto potere ma con uno studio infinito senza il quale non si può avere, e senza il quale a gran pezza l’aveano (spezialmente nella lingua) {{AutoreCitato|Dante Alighieri|Dante}} il {{AutoreCitato|Francesco Petrarca|Petrarca}} l’{{AutoreCitato|Ludovico Ariosto|Ariosto}} ec. e tutti i bravi trecentisti e cinquecentisti. Questo avviene perché ora si viene da un tempo corrotto (oltreché si sta pure tra’ corrotti) e bisogna porre il piú grande studio per evitare la corruzione, principalmente quella del tempo la quale prima che abbiamo pensato a guardarcene s’è impadronita di noi, e poi quella dei tempi passati, perché adesso conosciamo tutti i vizi delle arti e ce ne vogliamo guardare, e non siamo piú semplici come erano i greci e i latini e i trecentisti e i cinquecentisti perché siamo passati pel tempo di corruzione e siamo divenuti astuti nell’arte, e schiviamo i vizi con questa astuzia e coll’arte,<section end="2" />
<noinclude>dio</noinclude> de’ classici e l’erudizione dominante nel secolo. Il cinquecento col capitale acquistato nel quattrocento e coll’istradamento del trecento tornò a fare. Ma il seicento, perché era non debole ma corrotto, non solamente non sapea far bene, ma disprezzava il ben fatto anzi gli dispiacea. Quindi la dimenticanza di {{AutoreCitato|Dante Alighieri|Dante}} del {{AutoreCitato|Francesco Petrarca|Petrarca}}, ec., che non si stampavano piú. Nel principio del settecento ripigliammo non le forze, ma solo il buon gusto e l’amore degli studi classici; e la prima metà di questo secolo somiglia però al quattrocento, né si fa molto conto di quest’epoca di risorgimento, perché non produsse, come il quattrocento, nessun lavoro d’arte, fuorché la ''{{TestoCitato|Merope}}'', e durò tanto poco che un uomo stesso poté aver veduto il tempo di corruzione, il risorgimento e il ricadimento. Ricadute le nostre lettere nella imitazione e studio degli stranieri, son comparsi nella seconda metà del settecento e principio dell’ottocento i nostri {{ZbPagina|4}} ultimi lavori d’arte. Questi sono di quegli scrittori che nella corruzione si conservano illesi, non possono essere stimati da molti, ec. Ma adesso l’arte è venuta in un incredibile accrescimento, tutto è arte e poi arte, non c’è piú quasi niente di spontaneo, la stessa spontaneità si cerca a tutto potere, ma con uno studio infinito senza il quale non si può avere, e senza il quale a gran pezza l’aveano, spezialmente nella lingua, {{AutoreCitato|Dante Alighieri|Dante}}, il {{AutoreCitato|Francesco Petrarca|Petrarca}}, l’{{AutoreCitato|Ludovico Ariosto|Ariosto}} ec. e tutti i bravi trecentisti e cinquecentisti. Questo avviene perché ora si viene da un tempo corrotto (oltreché si sta pure tra’ corrotti), e bisogna porre il piú grande studio per evitare la corruzione, principalmente quella del tempo, la quale prima che abbiamo pensato a guardarcene s’è impadronita di noi, e poi quella dei tempi passati; perché adesso conosciamo tutti i vizi delle arti e ce ne vogliamo guardare, e non siamo piú semplici come erano i greci e i latini e i trecentisti e i cinquecentisti, perché siamo passati pel tempo di corruzione e siamo divenuti astuti nell’arte, e schiviamo i vizi con questa astuzia e coll’arte,