Pagina:Zibaldone di pensieri I.djvu/509: differenze tra le versioni

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:{{ZbPensiero|x}}''Fortunati ambo! si quid mea carmina possunt,
{{ZbPensiero|x}}Fortunati ambo! si quid mea carmina possunt,
::''Nulla dies umquam memori vos eximet aevo:''
Nulla dies umquam memori vos eximet aevo: {{ZbPagina|456}}
::{{ZbPagina|456}} ''Dum domus Aeneae Capitoli immobile saxum''
Dum domus Aeneae Capitoli immobile saxum
::''Adcolet, imperiumque pater Romanus habebit.''
Adcolet, imperiumque pater Romanus habebit.
::::::[[:la:Aeneis/Liber IX|Virg. Aen. IX.]] 446.</poem>
{{sc|Virg.}}, ''Aen.'' IX, 446.




{{ZbPensiero|x}} Usque ego postera
<poem>
Crescam laude recens, dum Capitolium
:::::{{ZbPensiero|x}}''Usque ego postera''
Scandet cum tacita virgine pontifex.
::''Crescam laude recens, dum Capitolium''
''Horat.'', ''Carm.'', III, od.30, v.7.
::''Scandet cum tacita virgine pontifex.''
:::::[[:la:Carmina (Horatius)/Liber III/Carmen XXX|Hor. Carm. III. od.30.]] v.7.</poem>




{{ZbPensiero|x}}Roma non è piú la Regina del mondo, né il padre Romano tiene le redini dell’imperio, né il pontefice ascende piú al Campidoglio colla Vestale, e questo da lunghissimo tempo; e tuttavia si leggono ancora i versi di Virgilio, e Niso ed Eurialo non son caduti dalla memoria degli uomini, e dura la fama di Orazio. La fortuna giuoca nel mondo, e certo questi poeti non s’immaginavano che il tempo dovesse penar piú a distruggere i versi loro, che l’immenso e saldissimo imperio Romano, opera di tanti secoli. Ma quelle carte sono sopravvissute a quella gran mole, per mero giuoco della fortuna la quale ha distrutte infinite altre opere degli antichi ingegni, e conservate queste oltre allo spazio segnato dalla stessa speranza, dallo stesso amor proprio, dalla stessa forza immaginativa de’ loro autori. (23 dicembre 1820).


<center>{{sc|fine del volume primo}}</center>
{{ZbPensiero|x}}Roma non è più la Regina del mondo, né il padre Romano tiene le redini dell’imperio, né il pontefice ascende più al Campidoglio colla vestale, e questo da lunghissimo tempo; e tuttavia si leggono ancora i versi di {{AutoreCitato|Publio Virgilio Marone|Virgilio}}, e Niso ed Eurialo non son caduti dalla memoria degli uomini, e dura la fama di {{AutoreCitato|Quinto Orazio Flacco|Orazio}}. La fortuna giuoca nel mondo, e certo questi poeti non s’immaginavano che il tempo dovesse penar più a distruggere i versi loro che l’immenso e saldissimo imperio Romano, opera di tanti secoli. Ma quelle carte sono sopravvissute a quella gran mole, per mero giuoco della fortuna, la quale ha distrutte infinite altre opere degli antichi ingegni, e conservate queste altre allo spazio segnato dalla stessa speranza, dallo stesso amor proprio, dalla stessa forza immaginativa de’ loro autori. (23 Dicembre 1820).


{{Centrato|<small>FINE DEL VOLUME PRIMO</small>}}