Pagina:Zibaldone di pensieri I.djvu/437: differenze tra le versioni

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{{ZbPagina|340}} o la cosa che si dovrebbe, e spesso anche d’altronde si vorrebbe tener nascosta, di raccontar subito una nuova, una cosa scoperta, un piacere un timore un dolore una noia provata ec. e tutta la loquacità che appartiene al riferire, (20. Nov. 1820.) o al dir quello che si pensa nel momento, o si è pensato ec. come i fanciulli non si possono tenere di ciarlare su qualunque soggetto.
a sentire e prevedere la febbre divorante e consuntiva della ragione, e della filosofia; la distruzione di tutto il bello il buono il grande, e di tutta la vita; l’opera micidiale e le stragi di quella ragione e filosofia che aveva avuto il primo impulso, e cominciò la sua trista devastazione in Germania, patria del pensiero, (come la chiama la Staël) non inducendo gli uomini da principio se non ad esaminar la religione, e negarne alcuni punti, per poi condurli alla scoperta di tutte le verità piú dannose, e all’abbandono di tutti gli errori piú vitali e necessari. I lumi cagionati dal risorgimento delle lettere, erano appunto allora giunti a quel grado che bastava per cominciare l’infelicità e il tormento di un popolo, al quale la natura era stata meno larga dei mezzi di felicità, che sono l’immaginazione ricca e varia, e le illusioni. Ne avevano naturalmente quanto bastava (e cosí gl’inglesi ai tempi di Ossian, come gli stessi germani ai tempi de’ Bardi e di Tacito), ma non tanti, né tanto forti da resistere ai lumi cosí lungamente, come i paesi meridionali, e soprattutto (la Spagna e) l’Italia, dove anche oggidí si vive poco, è vero, perché manca il corpo e il pascolo materiale e sociale delle illusioni, ma si pensa anche ben poco. (23 novembre 1820).


La Spagna s’é trovata finora nello stesso caso. Il suo clima, e la situazione geografica, e il governo ec. {{ZbPagina|351}}
In somma considerate gli antichi e i moderni: vedrete evidentemente una gradazione incontrastabile e notabilissima di grandezza, sempre in ragion diretta dell’antichità. Cominciando dagli uomini di Omero, un palmo più alti dei moderni, come dicea quel francese, e dalle piramidi di Egitto ec. discendete alle imprese nobilissime e grandiosissime, ai lavori immensi, alle fabbriche, alla solidità delle loro costruzioni fatte per l’eternità (cosa propria anche de’ tempi bassi, e fino al cinque o secento), alla profondissima impronta delle monete, all’eroismo, e a tutti gli altri generi di grandezza che distinguono i greci, i romani ec. E poi venendo ai tempi bassi e gradatamente ai moderni, vedete come l’uomo si vada sensibilmente impiccolendo, finchè giunge a quest’ultimo grado di piccolezza generale e individuale, e d’impotenza in cui lo vediamo oggidì. In maniera che l’eterna fonte del grande (come del bello) sono gli scrittori, le opere d’ogni sorta, gli esempi, i costumi, i sentimenti degli antichi; e degli antichi si pasce ogni anima straordinaria de’ nostri tempi. (V. p.338. capoverso 1.) Che segno è questo? La ragione ingrandisce oegli è divenuto indifferente, o poco sensibile verso quell'oggetto ''ch'è il solo capace d'interessarlo'' e di muoverlo moralmente o fisicamente verso tutti gli altri oggetti in qualunque modo, dico se stesso.
proteggevano le illusioni come in Italia, senza però lasciarnela profittare, né proccurarsene punto di vita, massime esterna e sociale.


A tutto quello che ho detto di Teofrasto, si può aggiungere come altra cagione della qualità che ho notato in lui, il suo sapere enciclopedico, che apparisce dal catalogo delle sue opere, la massima parte perdute. Il qual sapere, e la quale speculazione intorno ad ogni genere di scibile, egli non lo faceva servire, come Platone, all’immaginativa, per fabbricarne un
Altra cagione dello snervamento prodotto nell'uomo dall'infelicità, è la diffidenza di se stesso o delle cose, affezione mortifera, com'è vivifica e principalissima nel mondo e nei viventi la confidenza, e massime in se stesso: e questa è una qualità primitiva e naturale nell'uomo e nel vivente, innanzi all'esperienza. ec. ec. Così pure l'uomo che ha perduto, o per viltà e vizio, o per forza delle avversità e delle contraddizioni e avvilimenti e disprezzi sofferti, la stima di se stesso, non è più buono a niente di grande nè di magnanimo. E dicendo la stima, distinguo questa qualità dalla confidenza, ch'è cosa ben diversa considerandola bene.

(19. Aprile 1821.)


Le sopraddette considerazioni possono portare ad una gran generalità, e semplicizzare l'idea che abbiamo del sistema delle cose umane, o la teoria dell'uomo, facendo conoscere come sotto tutti i riguardi, ed in tutte le circostanze possibili della vita, agisca quell'unico principio ch'è l'amor proprio, e come tutti gli effetti della vita umana sieno proporzionati alla maggiore o minor forza, maggiore o minor debolezza, e diversa direzione di quel solo movente: per quanto i detti effetti si presentino a prima vista, come derivati da diverse cagioni.

(19. Aprile 1821.){{ZbPagina|361}} fino all’ultima denominazione, cioè trenta o quaranta, la quale contiene la somma di tutte le pietre, e desta un’idea che può essere abbracciata tutta in uno stesso tempo dall’intelletto e dalla memoria, essendo complessiva ma definita ed intera. Voi nel detto caso, non mi saprete dire, nè concepirete in nessun modo fra voi stesso la quantità precisa delle dette pietre; perchè quando siete arrivato all’ultima, per sapere e concepire detta quantità, bisogna che l’intelletto concepisca, e la memoria abbia presenti in uno stesso momento tutti gl’individui di essa quantità, la qual cosa è impossibile all’uomo. Neanche giova l’aiuto dell’occhio, perchè volendo sapere il numero di alcuni oggetti presenti, e non sapendo contarli, è necessaria la stessa operazione simultanea e individuale della memoria. E così se tu non sapessi fuorchè una sola denominazione numerica, e contando non potessi dir altro che uno, uno, uno; per quanta attenzione vi ponessi, affine di raccogliere progressivamente coll’animo e la memoria, la somma precisa di queste unità, fino all’ultimo; tu saresti sempre nello stesso caso. Così se non sapessi altro che due denominazioni ec. Eccetto una piccolissima quantità, come cinque o sei, che la memoria e l’intelletto può concepire senza favella, perchè arriva ad aver presenti simultaneamente tutti i pochi individui di essa quantità. Nello stesso modo e per la stessa ragione
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