Pagina:Zibaldone di pensieri I.djvu/174: differenze tra le versioni

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non per altro (giacchè non era punto per predilezione de’ genitori) se non perch’era mutato il genere della vita nostra che convivevamo con lui, anch’egli partecipava non poco alla nostra larghezza, ed avea molto più comodi e piaceruzzi che non avevamo noi in quella età, e molto meno incomodi e noie e lacci e strettezze e gastighi, ed era perciò molto più petulante ed ardito di noi in quell’età, perciò io ne risentiva naturalmente una verissima invidia, cioè non di quei beni giacch’io gli avea allora, e pel tempo passato non li potea più avere, ma mero e solo dispiacere ch’ei gli avesse, e desiderio che fosse incomodato e tormentato come noi, ch’è la pura e legittima invidia del pessimo genere, e io la sentiva naturalmente e senza volerla sentire, ma in somma compresi allora (e allora appunto scrissi queste parole) che tale è la natura umana, onde mi erano men cari quei beni ch’io aveva qualunque fossero, perch’io li comunicava con lui, forse parendomi che non fossero più degno termine di tanti stenti dopo che non costavano niente a un altro che si trovava nelle mie circostanze, e con meno merito di me, ec. Quindi applico ai Cappuccini, i quali trovando la sorte dei fratelli minori che sono i novizzi dipendente da loro, seguono gl’impulsi di questa inclinazione che ho detto, e non soffrono che si possano dire a se stessi essere scarso quel bene a cui son giunti poichè altri gli acquista con assai meno travaglio di loro, che abbiano a provare il dispiacere che questi tali non soffrano quegl’incomodi ch’essi in quelle circostanze hanno sofferti. {{ZbPagina|46}}
non per altro (giacché non era punto per predilezione de’ genitori) se non perch’era mutato il genere della vita nostra che convivevamo con lui, anch’egli partecipava non poco alla nostra larghezza, ed avea molto piú comodi e piaceruzzi che non avevamo noi in quella età, e molto meno incomodi e noie e lacci e strettezze e gastighi, ed era perciò molto piú petulante ed ardito di noi in quell’età, perciò io ne risentiva naturalmente una verissima invidia, cioè non di quei beni giacch’io gli avea allora, e pel tempo passato non li potea piú avere, ma mero e solo dispiacere ch’ei gli avesse, e desiderio che fosse incomodato e tormentato come noi, ch’è la pura e legittima invidia del pessimo genere, e io la sentiva naturalmente e senza volerla sentire, ma in somma compresi allora (e allora appunto scrissi queste parole) che tale è la natura umana, onde mi erano men cari quei beni ch’io aveva qualunque fossero, perch’io li comunicava con lui, forse parendomi che non fossero piú degno termine di tanti stenti dopo che non costavano niente a un altro che si trovava nelle mie circostanze, e con meno merito di me, ec. Quindi applico ai Cappuccini, i quali trovando la sorte dei fratelli minori che sono i novizzi dipendente da loro, seguono gl’impulsi di questa inclinazione che ho detto, e non soffrono che si possano dire a se stessi essere scarso quel bene a cui son giunti poiché altri gli acquista con assai meno travaglio di loro, che abbiano a provare il dispiacere che questi tali non soffrano quegl’incomodi ch’essi in quelle circostanze hanno sofferti. {{ZbPagina|46}}






{{ZbPensiero|x}}Quando colla lettura col tratto col discorso coi trattenimenti o letterari o di qualunque genere (ma massime coi libri in quanto al gusto dello scrivere, e colla conversazione degli uomini in quanto al costume) ci siamo formati un abito cattivo, crediamo
{{ZbPensiero|46/1}}Quando colla lettura col tratto col discorso coi trattenimenti o letterari o di qualunque genere (ma massime coi libri in quanto al gusto dello scrivere, e colla conversazione degli uomini in quanto al costume) ci siamo formati un abito cattivo, crediamo