Rivoluzioni della Germania: differenze tra le versioni

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Carattere di Gustavo Adolfo Re di Svezia, che diviene capo d’una gran lega contro l’Imperatore e fa cangiar d’aspetto tutto l’Imperio
 
Era Gustavo Adolfo discendente in linea laterale di Gustavo Vasa, che aveva non pur sottratta la Svezia dal giogo de’ Danesi, ma acquistato alla sua Patria nome e riputazione in tutta Europa. Il nipote Gustavo Adolfo pervenuto al trono in età giovanile, ma dopo aver fatto acquisto di tutte le cognizioni, e le doti dell’animo, e del corpo, che può dare una educazione ben regolata, aveva già date prove di sua virtù militare in due guerre sostenute or contro i Danesi, or contro i Russi, e contro i Pollacchi.
Era Gustavo Adolfo discendente in linea laterale di Gustavo Vasa, che aveva non pur sottratta la Svezia dal giogo de’ Danesi, ma acquistato alla sua Patria nome e riputazione in tutta Europa. Il nipote Gustavo Adolfo pervenuto al trono in età giovanile, ma dopo aver fatto acquisto di tutte le cognizioni, e le doti dell’animo, e del corpo, che può dare una educazione ben regolata, aveva già date prove di sua virtù militare in due guerre sostenute or contro i Danesi, or contro i Russi, e contro i Pollacchi. Trovavasi nel vigor dell’età compito appena il sesto lustro, allorché i Protestanti della Germania lo sollecitarono a venir in loro ajuto, e a farsi lor protettore, e lor Capo. Gustavo ambiva questo onore più vivamente, che altri desiderasse di conferirglielo; ma conoscendo quanto poco fondamento si potesse fare sopra una moltitudine di piccoli sovrani uniti bensì nell’oggetto essenziale di opporsi all’esuberante potenza di Cesare, ma divisi tuttavia per private gelosie, e particolari interessi, non volea cimentar le sue forze contro quelle dell’Imperatore, se non era egli stesso assicurato di essere appoggiato, e soccorso da potentati stranieri o con uomini, o con denari. Per la qual cosa prima di dichiararsi, benché già risoluto in cuor suo, volle sapere ciò, che fosse da sperare di ajuti esterni, e mandò il Conte Volua di Farensbach in Olanda, in Inghilterra, e in Francia, e quindi ancora al Duca di Mantova, e a Venezia, e poi fino in Ungheria per formare una poderosa alleanza capace di far testa alla Potenza Austriaca. Il Ministro Svezzese trovò generalmente grandissima disposizione a entrare in lega contro l’Austria, ma nissuno si confidava abbastanza nelle forze, che la Svezia poteva mettere in campo. La guerra contro la Polonia felicemente condotta avea piuttosto fatto concepir buona opinione del valor personale di Gustavo che delle forze del suo Regno; cosicché né con gl’Inglesi, né con gli Olandesi non si era potuto venire a conclusione alcuna di momento. Dall’Italia il Duca di Mantova non poteva né mandar truppe, né metter fuori denari, mancandogli egualmente le une, e gli altri per sostenersi nel nuovo suo Stato. I Veneziani si contentarono di dargli lettere di credenza, affinché andasse a negoziare col Ragotski, che era succeduto a Betlem Gabor nella Transilvania. Ma il Cardinal Richelieu, che era allora appunto divenuto padrone assoluto del Regno di Francia, sotto nome di primo Ministro di Luigi XIII, e che repressi coll’espugnazione della Rocella gli Ugonotti, aveva rivolti tutti i suoi pensieri al gran disegno di abbassare la Casa d’Austria, non trascurò l’opportunità, che si offeriva di impegnare nella grande impresa un Re fortunato ed attivo, quale appunto si richiedeva per metterlo alle prese con gli Austriaci. Volle però, innanzi di stringere lega tra la Francia, e la Svezia, essere esattamente informato di quanto poteva fare questa Nazione, che da ben un secolo, dopo la morte di Gustavo Vasa, era caduta nel totale oblio dell’altre nazioni, e considerata per nulla, ancorché le ultime vittorie in Polonia cominciassero a ritirarla dall’universale non-curanza . Istrutto quanto bastava da un suo segreto emissario del carattere, e della disposizione degli Svezzesi, e delle truppe, che la penisola potea trasportare in Germania, diede orecchio di miglior grado ai Ministri o Messaggeri che Gustavo aveva mandato a trattar con lui, e si convenne delle condizioni dell’alleanza, che poi si stipulò in Bernewal nella nuova marca del Brandenburgo, quando Gustavo ebbe con quindici mila combattenti passato il Sund, che era il primo difficil passo che gli toccava a fare. La Svezia non aveva ancora porti, né piazze nel continente. Il tragitto non si poteva fare più comodamente per altra parte, che per i porti della Pomerania, tanto più, che né per Danzica, né per Kiel nell’Holstein non gli sarebbe stato facile l’accesso amichevolmente. Vismar, né Rostock nel Mecklenburgo, oltreché vi erano ancora presidj Austriaci, non gli riuscivano cosi opportuni; laddove entrando per l’imboccatura dell’Oder si avanzava co’ suoi legni di trasporto fino a Stettino. Viveva ancora Bogeslao XV ultimo Duca della Pomerania. Questi non era punto più disposto a ricevere ne’ suoi stati un’armata Svezzese, di quel che si fosse il Re di Danimarca, il quale geloso, ed emolo di Gustavo Adolfo, cercava a tutto potere di distoglierlo dall’impresa. Ma invano Bogeslao XV cercò anch’egli di tener lontano da’ suoi porti il Re di Svezia, perché sapendo, che il buon Duca di Pomerania non aveva forze da opporgli, scese subito nell’Isola di Rugen, e di la passò a Usedome, e Wollin e s’avanzò rimontando l’Oder fino a Stettino. Prima però di sbarcare nelle terre, che fanno parte dell’Imperio Germanico, come ne fa la Pomerania, scacciò via da ogni parte le poche truppe Imperiali che parte si opponevano al suo passaggio, parte tenevano Bogeslao in soggezione, cosicché quando Gustavo ebbe occupato Stettino, convenne al Duca venir con lui ad accordo. Gustavo Adolfo, secondo l’uso già introdotto, pubblicò un manifesto, nel quale allegava le ragioni, che lo movevano a portar l’armi contro l’Imperatore. I pretesti e i titoli anche plausibili non gli mancavano. Alcuni erano di causa pubblica, almeno nel senso de’ protestanti; cioè l’oppressione a cui questi erano ridotti, e il Duca di Meklenburgo spogliato degli Stati suoi. Gustavo aveva poi motivi particolari di nimicizia con Ferdinando II, il quale aveva mandati contro di lui ajuti potenti al suo rivale Re di Polonia; gli ricusava il titolo di Re, ed aveva con oltraggio non facile a dimenticarsi fatta escludere dai congressi di Lubecca i suoi Ambasciatori .
 
Trovavasi nel vigor dell’età compito appena il sesto lustro, allorché i Protestanti della Germania lo sollecitarono a venir in loro ajuto, e a farsi lor protettore, e lor Capo. Gustavo ambiva questo onore più vivamente, che altri desiderasse di conferirglielo; ma conoscendo quanto poco fondamento si potesse fare sopra una moltitudine di piccoli sovrani uniti bensì nell’oggetto essenziale di opporsi all’esuberante potenza di Cesare, ma divisi tuttavia per private gelosie, e particolari interessi, non volea cimentar le sue forze contro quelle dell’Imperatore, se non era egli stesso assicurato di essere appoggiato, e soccorso da potentati stranieri o con uomini, o con denari. Per la qual cosa prima di dichiararsi, benché già risoluto in cuor suo, volle sapere ciò, che fosse da sperare di ajuti esterni, e mandò il Conte Volua di Farensbach in Olanda, in Inghilterra, e in Francia, e quindi ancora al Duca di Mantova, e a Venezia, e poi fino in Ungheria per formare una poderosa alleanza capace di far testa alla Potenza Austriaca. Il Ministro Svezzese trovò generalmente grandissima disposizione a entrare in lega contro l’Austria, ma nissuno si confidava abbastanza nelle forze, che la Svezia poteva mettere in campo. La guerra contro la Polonia felicemente condotta avea piuttosto fatto concepir buona opinione del valor personale di Gustavo che delle forze del suo Regno; cosicché né con gl’Inglesi, né con gli Olandesi non si era potuto venire a conclusione alcuna di momento. Dall’Italia il Duca di Mantova non poteva né mandar truppe, né metter fuori denari, mancandogli egualmente le une, e gli altri per sostenersi nel nuovo suo Stato. I Veneziani si contentarono di dargli lettere di credenza, affinché andasse a negoziare col Ragotski, che era succeduto a Betlem Gabor nella Transilvania.
Restava ancora al valoroso Svezzese tutto il Brandenburgo da traversare, prima che potesse portar soccorso a’ Magdeburghesi, che l’aspettavano, e ai quali mandato aveva qualche suo officiale per incoraggirli ed assisterli nell’assedio, onde Tilly stringevali fortemente. All’Elettor Giorgio Guglielmo, come Principe Protestante, sarebbe forse convenuto di collegarsi collo Svezzese; poiché prevalendo l’unione, come era allora da sperare, egli si liberava dalla soggezione dell’Austriaco; conservava i Vescovadi occupati, e si facilitava l’acquisto di nuovi beni, e Stati Ecclesiastici. Ma il suo Ministro Conte di Schwarzenberg era venduto a Ferdinando II come poi si seppe, e questi lo consigliò a ricusare il libero passaggio a Gustavo. L’esercito Svezzese avanzava tuttavia, e Giorgio Guglielmo fu forzato di cedergli ora Spandau, ora altre terre con diverse condizioni: sempre però titubante fra i due partiti. L’irresoluzione dell’Elettore di Brandenburgo ritenne in qualche sorta d’inazione il Re di Svezia, il quale non voleva inoltrarsi nella Sassonia con lasciarsi dietro alle spalle un Principe, che gli si mostrava nemico; e molto meno i presidj Imperiali, che erano nelle Marche Brandenburghesi. Gli fu d’uopo arrestarsi qua, e là ad espugnar Francfort sull’Oder, che prese d’assalto, e cacciar gl’Imperiali dove erano in presidio, e marciare così a rilento. Questo ritardo di Gustavo cagionò l’eccidio funestissimo di Magdeburgo. Tilly non sapendo come opporsi ai progressi degli Svezzesi, si rivolse con maggior forza contro quella Città già messa al bando dell’Imperio, perché non aveva pagate le contribuzioni imposte da Ferdinando II, e perché non riceveva come Arcivescovo e Sovrano l’Arciduca Leopoldo suo figlio. I Magdeburghesi sperando di essere d’un giorno all’altro soccorsi da Gustavo ricusarono di rendersi alle domande, e alle minaccie del Generale Austriaco, il quale assaltò, prese ed abbandonò al sacco, ed alle fiamme l’infelice Città, di cui dicesi, che scampasse appena dal ferro e dal fuoco qualche centinajo d’abitanti. Per l’eccidio di Magdeburgo, narrato particolarmente da infiniti scrittori di quel tempo, acquistarono egualmente biasimo e il Tilly che l’espugnò, e Gustavo, che non accorse alla difesa: l’uno per aver comandato o permesso il crudele saccheggio, e l’incendio, fu riguardato come un nuovo Attila, e l’altro rischiò di perdere la stima, che già s’era acquistata, e quella, che pareva dover acquistare. Gustavo sentì il biasimo, che gli era dato, e per ovviare alle conseguenze, che ne poteva temere alienando gli animi de’ Protestanti, che l’avevano atteso come liberatore, fece pubblicare un’apologia, nella quale mostrò, che i Magdeburghesi troppo confidati nel soccorso straniero, che aspettavano, avean trascurato di agire per sé stessi, come poteano fare ancora; ed espose le circostanze, che lo avevano ritardato nella sua spedizione . Intanto vedendo, che troppo tardi, e inutilmente sarebbesi portato alle porte d’una Città deserta, e ridotta in cenere, come si suol dire, benché molti edifizi, e le Chiese specialmente rimanessero illese, si voltò contro Berlino, e costrinse con tal sorpresa l’Elettor Giorgio Guglielmo a far con lui accordo ed alleanza, con tai termini a un dipresso, che si era fatto al Duca di Pomerania.
 
Ma il Cardinal Richelieu, che era allora appunto divenuto padrone assoluto del Regno di Francia, sotto nome di primo Ministro di Luigi XIII, e che repressi coll’espugnazione della Rocella gli Ugonotti, aveva rivolti tutti i suoi pensieri al gran disegno di abbassare la Casa d’Austria, non trascurò l’opportunità, che si offeriva di impegnare nella grande impresa un Re fortunato ed attivo, quale appunto si richiedeva per metterlo alle prese con gli Austriaci. Volle però, innanzi di stringere lega tra la Francia, e la Svezia, essere esattamente informato di quanto poteva fare questa Nazione, che da ben un secolo, dopo la morte di Gustavo Vasa, era caduta nel totale oblio dell’altre nazioni, e considerata per nulla, ancorché le ultime vittorie in Polonia cominciassero a ritirarla dall’universale non-curanza . Istrutto quanto bastava da un suo segreto emissario del carattere, e della disposizione degli Svezzesi, e delle truppe, che la penisola potea trasportare in Germania, diede orecchio di miglior grado ai Ministri o Messaggeri che Gustavo aveva mandato a trattar con lui, e si convenne delle condizioni dell’alleanza, che poi si stipulò in Bernewal nella nuova marca del Brandenburgo, quando Gustavo ebbe con quindici mila combattenti passato il Sund, che era il primo difficil passo che gli toccava a fare. La Svezia non aveva ancora porti, né piazze nel continente. Il tragitto non si poteva fare più comodamente per altra parte, che per i porti della Pomerania, tanto più, che né per Danzica, né per Kiel nell’Holstein non gli sarebbe stato facile l’accesso amichevolmente.
 
Vismar, né Rostock nel Mecklenburgo, oltreché vi erano ancora presidj Austriaci, non gli riuscivano cosi opportuni; laddove entrando per l’imboccatura dell’Oder si avanzava co’ suoi legni di trasporto fino a Stettino. Viveva ancora Bogeslao XV ultimo Duca della Pomerania. Questi non era punto più disposto a ricevere ne’ suoi stati un’armata Svezzese, di quel che si fosse il Re di Danimarca, il quale geloso, ed emolo di Gustavo Adolfo, cercava a tutto potere di distoglierlo dall’impresa. Ma invano Bogeslao XV cercò anch’egli di tener lontano da’ suoi porti il Re di Svezia, perché sapendo, che il buon Duca di Pomerania non aveva forze da opporgli, scese subito nell’Isola di Rugen, e di la passò a Usedome, e Wollin e s’avanzò rimontando l’Oder fino a Stettino. Prima però di sbarcare nelle terre, che fanno parte dell’Imperio Germanico, come ne fa la Pomerania, scacciò via da ogni parte le poche truppe Imperiali che parte si opponevano al suo passaggio, parte tenevano Bogeslao in soggezione, cosicché quando Gustavo ebbe occupato Stettino, convenne al Duca venir con lui ad accordo. Gustavo Adolfo, secondo l’uso già introdotto, pubblicò un manifesto, nel quale allegava le ragioni, che lo movevano a portar l’armi contro l’Imperatore. I pretesti e i titoli anche plausibili non gli mancavano.
 
Alcuni erano di causa pubblica, almeno nel senso de’ protestanti; cioè l’oppressione a cui questi erano ridotti, e il Duca di Meklenburgo spogliato degli Stati suoi. Gustavo aveva poi motivi particolari di nimicizia con Ferdinando II, il quale aveva mandati contro di lui ajuti potenti al suo rivale Re di Polonia; gli ricusava il titolo di Re, ed aveva con oltraggio non facile a dimenticarsi fatta escludere dai congressi di Lubecca i suoi Ambasciatori .
 
Restava ancora al valoroso Svezzese tutto il Brandenburgo da traversare, prima che potesse portar soccorso a’ Magdeburghesi, che l’aspettavano, e ai quali mandato aveva qualche suo officiale per incoraggirli ed assisterli nell’assedio, onde Tilly stringevali fortemente. All’Elettor Giorgio Guglielmo, come Principe Protestante, sarebbe forse convenuto di collegarsi collo Svezzese; poiché prevalendo l’unione, come era allora da sperare, egli si liberava dalla soggezione dell’Austriaco; conservava i Vescovadi occupati, e si facilitava l’acquisto di nuovi beni, e Stati Ecclesiastici. Ma il suo Ministro Conte di Schwarzenberg era venduto a Ferdinando II come poi si seppe, e questi lo consigliò a ricusare il libero passaggio a Gustavo. L’esercito Svezzese avanzava tuttavia, e Giorgio Guglielmo fu forzato di cedergli ora Spandau, ora altre terre con diverse condizioni: sempre però titubante fra i due partiti. L’irresoluzione dell’Elettore di Brandenburgo ritenne in qualche sorta d’inazione il Re di Svezia, il quale non voleva inoltrarsi nella Sassonia con lasciarsi dietro alle spalle un Principe, che gli si mostrava nemico; e molto meno i presidj Imperiali, che erano nelle Marche Brandenburghesi. Gli fu d’uopo arrestarsi qua, e là ad espugnar Francfort sull’Oder, che prese d’assalto, e cacciar gl’Imperiali dove erano in presidio, e marciare così a rilento. Questo ritardo di Gustavo cagionò l’eccidio funestissimo di Magdeburgo. Tilly non sapendo come opporsi ai progressi degli Svezzesi, si rivolse con maggior forza contro quella Città già messa al bando dell’Imperio, perché non aveva pagate le contribuzioni imposte da Ferdinando II, e perché non riceveva come Arcivescovo e Sovrano l’Arciduca Leopoldo suo figlio. I Magdeburghesi sperando di essere d’un giorno all’altro soccorsi da Gustavo ricusarono di rendersi alle domande, e alle minaccie del Generale Austriaco, il quale assaltò, prese ed abbandonò al sacco, ed alle fiamme l’infelice Città, di cui dicesi, che scampasse appena dal ferro e dal fuoco qualche centinajo d’abitanti. Per l’eccidio di Magdeburgo, narrato particolarmente da infiniti scrittori di quel tempo, acquistarono egualmente biasimo e il Tilly che l’espugnò, e Gustavo, che non accorse alla difesa: l’uno per aver comandato o permesso il crudele saccheggio, e l’incendio, fu riguardato come un nuovo Attila, e l’altro rischiò di perdere la stima, che già s’era acquistata, e quella, che pareva dover acquistare. Gustavo sentì il biasimo, che gli era dato, e per ovviare alle conseguenze, che ne poteva temere alienando gli animi de’ Protestanti, che l’avevano atteso come liberatore, fece pubblicare un’apologia, nella quale mostrò, che i Magdeburghesi troppo confidati nel soccorso straniero, che aspettavano, avean trascurato di agire per sé stessi, come poteano fare ancora; ed espose le circostanze, che lo avevano ritardato nella sua spedizione . Intanto vedendo, che troppo tardi, e inutilmente sarebbesi portato alle porte d’una Città deserta, e ridotta in cenere, come si suol dire, benché molti edifizi, e le Chiese specialmente rimanessero illese, si voltò contro Berlino, e costrinse con tal sorpresa l’Elettor Giorgio Guglielmo a far con lui accordo ed alleanza, con tai termini a un dipresso, che si era fatto al Duca di Pomerania.
 
Tilly non sapendo come opporsi ai progressi degli Svezzesi, si rivolse con maggior forza contro quella Città già messa al bando dell’Imperio, perché non aveva pagate le contribuzioni imposte da Ferdinando II, e perché non riceveva come Arcivescovo e Sovrano l’Arciduca Leopoldo suo figlio. I Magdeburghesi sperando di essere d’un giorno all’altro soccorsi da Gustavo ricusarono di rendersi alle domande, e alle minaccie del Generale Austriaco, il quale assaltò, prese ed abbandonò al sacco, ed alle fiamme l’infelice Città, di cui dicesi, che scampasse appena dal ferro e dal fuoco qualche centinajo d’abitanti.
 
Per l’eccidio di Magdeburgo, narrato particolarmente da infiniti scrittori di quel tempo, acquistarono egualmente biasimo e il Tilly che l’espugnò, e Gustavo, che non accorse alla difesa: l’uno per aver comandato o permesso il crudele saccheggio, e l’incendio, fu riguardato come un nuovo Attila, e l’altro rischiò di perdere la stima, che già s’era acquistata, e quella, che pareva dover acquistare. Gustavo sentì il biasimo, che gli era dato, e per ovviare alle conseguenze, che ne poteva temere alienando gli animi de’ Protestanti, che l’avevano atteso come liberatore, fece pubblicare un’apologia, nella quale mostrò, che i Magdeburghesi troppo confidati nel soccorso straniero, che aspettavano, avean trascurato di agire per sé stessi, come poteano fare ancora; ed espose le circostanze, che lo avevano ritardato nella sua spedizione . Intanto vedendo, che troppo tardi, e inutilmente sarebbesi portato alle porte d’una Città deserta, e ridotta in cenere, come si suol dire, benché molti edifizi, e le Chiese specialmente rimanessero illese, si voltò contro Berlino, e costrinse con tal sorpresa l’Elettor Giorgio Guglielmo a far con lui accordo ed alleanza, con tai termini a un dipresso, che si era fatto al Duca di Pomerania.
 
Mentre verso l’Occidente e ’l Settentrione della Germania si andavan rinforzando l’unione e il partito Svezzese, la lega Cattolica, e il partito Imperiale crescevano ne’ circoli meridionali. Un corpo di truppe, che Ferdinando aveva mandate in Italia contro i Francesi, dopo la pace conchiusa in Cherasco a 6 d’Aprile del 1631, tornava in Germania sotto il comando del Principe di Furstemberg. Molti Principi Protestanti avevano poco innanzi stipulata in Lipsia una Convenzione, per cui promettevano reciprocamente di star neutrali, e lasciar l’Imperatore, e il Re di Svezia guerreggiare tra loro, e distruggersi, o indebolirsi l’un l’altro. Il Furstemberg passando per la Svevia e la Franconia costrinse que’ Principi a romper l’accordo. Tilly, e Pappenheim, che sotto lui comandava nella Sassonia, voleva obbligare l’Elettor Gian Giorgio I a rinunziare anch’esso a quella convenzione.