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Ferdinando Jacoli
 
Intorno ad uno scritto di Raimondo Montecuccoli
 
Il Cimone, anno IV, nr. 1, gennaio 1893
 
 
 
 
E’ strano che ai moltissimi e celebri scrittori a me noti, che di proposito, ed estesamente trattarono del più illustre dei nostri Frignanesi, cioè del Principe Raimondo Montecuccoli, e fra i quali mi basti il citare il Foscolo, il Grassi e Cesare Campori , che ricercarono tutto ciò che al grande guerriero si riferisce; è strano, ripeto, sia rimasto incognito uno scritto del medesimo, stampato mentre ei viveva in un libro, che, sebbene non comune, pure non può dirsi una rarità.
 
Ai cultori della storia delle scienze matematiche non è ignoto il nome del Gesuita P. Mario Bettini Bolognese (nato nel 1582, morto nel 1657), autore di alcuni strani componimenti letterari, e di alcune voluminose opere di matematica, le quali benché non manchino di qualche interesse, pure sono ripiene di quelle ampollosità proprie del XVII secolo; e chi volesse avere di esse opere maggiore conoscenza può vedere quanto ne scrive il comm. Pietro Riccardi nella sua applauditissima Biblioteca Matematica Italiana .
 
L’opera principale del Bettini è quella intitolata Apiaria universae philosophia mathematicae etc. stampata la prima volta in due volumi in foglio a Bologna nel 1641; alla quale più tardi cioè nel 1654 il Bettini fece susseguire un terzo, che fu anche, poco dopo, ristampato a parte col titolo Recreationum mathematicorum apiaria novissima duodecim; o per meglio dire ad esso terzo volume fu affisso un nuovo frontispizio; gherminella ben nota ai passati e presenti editori .
 
E’ in questo terzo volume che si trova lo scritto del Montecuccoli.
Difatti prima di tutto in esso, dopo le carte preliminari, havvi un bel ritratto inciso in rame di Raimondo, seguito da un pomposo elogio dello stesso, ritratto ed elogio sui quali ritorneremo più oltre.
 
A pagina 10 sotto il titolo di Praelibamenta / militaria, si legge quanto segue: “Ad Apiarium Primum, in quo varia praelibamenta mathematica proponuntur, iure suo spectant etiam praelibamenta mathematica partim militaria, partim Stereometrica, quae sunt in Auctuarijs sequentibus ad Apriarium hoc Primum.
 
Quatuor praelibamenta militaria, quae hic priore loco ponuntur impetrata sunt ab Excellentiss. & Illustriss. Comite Raimundo Montecuculo, qui quantus sit in theorica, & pratica militari, apparet ex indicatis in primo aditu huius voluminis, ubi quae ab eo praeclare, ac fortiter gesta tantum auctoritatis afferunt etiam hisce praelibamentis, ut vix aliquid melius expeti, aut expectari possit ab ullo alio nostri aevi scriptore de re militari. Paucis hic habes & singularia & non passim apud alios vulgata, & quae satis esse possent pro prolixioribus scriptionibus, quae hoc aevi prodierunt & quae non distinguunt, ac seducunt a reliqua militari eam, quae Mathematicis opibus opus habet, ac utitur scientiis, qualis haec est, quam apponimus hic spectantem ad nostrum negotium scientificum Mathematicum. Circum quam distinctionem leges quae mox apponemus in sequenti Epistola, in qua, & plura alia indicantur circa militarem universam.
 
Obtulit rogantibus Excellentiss. Comes haec praelibamenta militaria etiam latine a se scribenda, sed nobis satius visum est pro militibus vulgato idiomate vulgare non vulgaria haec militaria, exemplo etiam Doctorum aliquorum, qui militaria quae habent (inter alia Mathematica latine scripta) italico idiomate prodiderunt. Deniq: ut scriptio etiam Italica ad utrasq: Indias penetret, quo iam pridem Apiaria penetrarunt”.
Fa seguito al riportato passo la lettera che qui ritengo conveniente trascrivere:
 
Illustrissimo signore
 
Conforme alla richiesta di V. S. Illustriss. le trasmetto qui annesse, per saggio, alcune cosette militari Matematiche, le quali non sono punto volgari, ne communi, ma sono però corroborate dall’autorità de gl’ingegni più assottigliati, & autenticate dalla prattica più moderna. Concernono la fortificazione, e l’artiglieria, materie nella milizia le principali, intorno a cui s’aggiri la Matematica; sono poche in numero, e molte in sostanza, perché regolano tutte le proporzioni d’ogni sorte di fortificazione, e d’ogni sorte d’artiglieria. Io havrei potuto mandarle in questo genere qualche cosa toccante le battaglie, ma poiché questa parte è la più cospicua di tutta l’Arte della guerra, unicamente propria del Capitano, io mi vi sono affaticato intorno con particolar cura in questo campo della Germania, nella quale la frequenza de’ combattimenti campali gli ha appresso tutto il mondo acquistato il grido di vera scuola de’ fatti d’arme; e ne ho scritto un trattato intero e compito, il quale non può essere mutilato, ma a suo tempo, & in miglior congiuntura si potrà poi communicare; insieme con altre cose totalmente nuove pur di fortificazione, e d’artiglieria, le quali per essere Invenzioni fuori dell’uso commune, non posson’uscire nude, ma voglion’essere accompagnate dall’Induzione di molte ragioni fondamentali, che le sostengano, e dalla dimostrazione oculare di molte figure, il che moltiplicherebbe troppo il volume, contro a quello, che V. S. desidera. E le bacio con ogni affetto le mani.
 
Di Hohenech li 15 Luglio 1652.
Di V. S. Illustriss. Affettionatiss. Serv. Raimondo Montecuccoli
 
Segue immediatamente lo scritto del Montecuccoli intitolato Saggi matematici militari. Questo breve scritto si compone di quattro Saggi, dei quali il primo riflette la fortificazione in generale, il secondo la fortificazione di un campo, il terzo, molto breve, dimostra che nell’attaccare una piazza gli approcci dritti sono migliori che obliqui e finalmente il quarto tratta dei generi d’artiglierie e sue specie; il tutto corredato di opportune figure incise in legno .
 
Non è qui luogo, né lo potrei fare con competenza, di analizzare lo scritto del Montecuccoli. L’importanza del medesimo sta specialmente nell’essere forse questo uno dei primi lavori del medesimo e certamente il primo reso di pubblica ragione .
Il volume del Bettini non solamente contiene lo scritto del Montecuccoli del quale ho tenuto parola, ma anche alcuni altri di un frignanese ommesso dal diligentissimo Tiraboschi nella sua Biblioteca Modenese, ed intorno al quale pochissime sono le notizie che si hanno, per cui quelle non indifferenti che nel volume del Bettini si trovano, tornano opportunissime e preziose.
 
Intendo parlare di D. Valente Gandolfi Canonico della Ducale Chiesa di S. Marco in Venezia, nativo di Gaiato.
 
Il primo a menzionarlo, fu Apostolo Zeno nelle annotazioni alla Biblioteca dell’Eloquenza Italiana del Fontanini, e precisamente all’annotazione riferentesi al seguente libro del celebre Protomedico Jacopo Grandi pur di Gaiato: Risposta di Jacopo Grandi Medico Professore di Notomia in Venezia, e Accademico della Crusca ad una lettera del Sig. Dottor Alessandro Pini etc., in Venezia, MDXLXXXVI etc. . Lo Zeno nella cennata annotazione fornisce notizie intorno al Grandi, che furono riprodotte dal Tiraboschi nella Biblioteca Modenese all’articolo riferentesi a detto illustre Medico. Credo opportuno di riferire il seguente passo di Apostolo Zeno: “Il Grandi meriterebbe che più a lungo fermassi il ragionamento sopra di lui, se la brevità che mi sono prefissa in queste annotazioni mel permettesse, avendone avute sicure informazioni dal signor dottor Giuseppe Grandi suo nipote, di non minor valore nella sua professione, che il defunto suo zio, il quale nacque in Gaiato luogo fertile e civile nel Frignano nel ducato di Modena, ai XXVII di Giugno nel 1646. Fatti i suoi primi studj in Bologna, si portò in Venezia, dove sotto la disciplina di don Valente Gandolfi, suo zio materno, e canonico della chiesa ducale di san Marco, il che di rado ad un forestiero concedesi, imparò a fondo la greca e latina lingua” .
 
Nel riportato passo è da avvertire la indicazione che D. Valente Gandolfi era zio materno di Jacopo Grandi, e canonico della Chiesa Ducale di S. Marco, il che di rado ad un forestiero concedesi.
Nel volume del Bettini e precisamente nella dedica di esso al Cardinale Gio. Girolamo Lomellino, dedica che vien fatta da Francesco Tedeschi Protonotario Apostolico, Patrizio Romano, Bolognese e Ferrarese, è inserito uno scritto laudatorio di detto Cardinale Lomellino, che devesi alla penna di D. Valente Gandolfi. Ciò apparisce fin dal principio di detta dedica la quale incomincia nel modo che segue: “Quod Mihi nuper, Eminentissime ac Reverendissime Princeps, perillustris, & admodum Reverendus Canonicus Gandulphius (vir graecis, & latinis literis instructissimus, ac fide constantiae in amicitia mihi semper admirandus, & peramandus) Venetijs in suis ad me literis praedixit, id singulari Dei providentia mihi (ut vulgo dicitur) in sinum inciditi, scilicet singularia aliqua capita singularis publicae tuae administrationis, quam in hac Bononiensi ditione publica cum laude strenuus exerces, ad absentes, & posteros transmittere; quae quidem amico dolo subducta e diario nonneminis mihi peramici, hic aptissime collocanda censeo in fronte scientificae huius Apologiae” .
Nel testo dell’opera del Bettini, e precisamente da pag. 145 a 157 si trova inserito uno scritto pure del Gandolfi intitolato “Scholion II / Honorariae in Luna decarchiae Bettinianis Maecenatibus”. A questo titolo è sottoposta una figura incisa in legno, rappresentante la Luna, la di cui superficie è divisa nel seguente modo. Al centro è segnato un piccolo circolo, nel quale leggesi Regia Regio, il rimanente poi in dieci settori eguali nei quali leggonsi i nomi: Carissima, Fachinetta, Farnesia, Ghigia, Mandruccia, Montecucola, Petramellara, Rosetta, Tedesca, Zeccadora. Eccone la spiegazione quale la dà il Gandolfi: “Opinor, miraris, amice Lector, dum figuram hinc lunarem intueris, ac vides novis in Luna spectaculis interscriptas lineares illas divisiones, et scire anes, quid, et quorsum illae sint. In hocce Scholio tuae obsequimur aventiae. Quoniam enim in Apiarijs, et in Aerario Mathematico huius Authoris non raris exemplis prodit sibi valde probari etiam in Mathematicis Moralia, et inter curiosa etiam utilia; hic nos pariter ideam secuti, quam nobis non semel aperuit Apiarus noster hic scriptor, panegiricum hocce Scholion amicae posteritati transmittimus, quo lucubrationum Bettinianarum beneficis Pretectoribus in argentea Lunae lamina, coelesti scilicet, et incorruptibili corpore, grati animi monumentum inciditur, donec auferatur Luna perennaturum. Meritissimis celsioris regionis Decemviris lunaris orbis singulis Decarchiae distribuuntur iure astronomico, quo iam pridem a Langreno Cosmographo Regio, et ab alijs Astronomis adscriptus est Bettinus inter literarios Lunae possessores.
 
Poeticis olim huius Authoris fontibus irrigata, et eiusdem musis amice umbrantia Galliarum regia Lilia locum in Lunae meditullio, ubi: Regia Regio, ut illustrius e centro rutilet regiorum liliorum aurum in Lunae argento.
Est autem in hocce honorario Lunae circulo id commodi, ad tollendus omnes in praecessione controversias, quod, ut in peripheria ubique principium, sic hic ubique praecessio est. Nos vero in indicandis literarijs hisce Decarchijs, ordinem etiam literarum, scilicet abecedarium sortiemur; incolumi tamen suo cuique honorario iure a nobis reverenter et permisso, et intacto” .
 
Seguono le dieci Lunaris decarchiae precedute dalla Regio regia Lunaris, le quali non son altro che ampollosi, e veramente secentisti elogi delle famiglie e di alcuni soggetti ad esse appartenuti, che protessero il Bettini e specialmente lo aiutarono per la pubblicazione delle sue opere; e la maggior parte di questi elogi sono tolti da passi di dediche, o di altri scritti del Bettini.
 
La sesta decarchia è la Montecucola: il Gandolfi a proposito di essa scrive: “Huiusce Decarchiae Princeps est excellentis. ac Illustris. Comes Raimundus Montecucolus Imperiali Equitatus Generalis, etc. Cuius praerogativas bellicas, et litterarias transtulimus in huiusce tomi exordia, ibi huc pertinentia legito. Meritis munificae protectionis in hunc tertium tomum et quintae, quae apparatur, Apiariorum editionis tributum est; ut, qui equestrium agminum strenuus est ductor in bellis, litterarium etiam agmen huiusce tertij tomi litteratissimus heros in fronte operis producat ad posteros. Ibi pro hic. lege” .
Da questo apparisce senza alcun dubbio che l’elogio di Raimondo Montecuccoli premesso al volume del quale tengo parola è pure lavoro del Gandolfi, al quale viene in tal modo a spettare la gloria di esser stato forse il primo biografo del celebre Generale Frignanese.
Importantissima poi è la sottoscrizione dello scritto del Gandolfi, la quale è del seguente tenore: “Valens Gandulfus Basilicae Ducalis S. Marci Venetiarum Canonicus, Illustriss. et Excelletiss. Co. Raimundi Montecucoli Patria, et obsequij voluntate subditus, et P. Bettino addictissimus praecedens Schol. 2 honorarium concinnavit” .
 
Da essa risulta che certamente il Gandolfi era Frignanese, dicendosi della patria stessa di Raimondo Montecuccoli. Un altro breve scritto del Gandolfi si trova nell’ultima parte del volume Bettiniano, intitolata Defensione , ma per lo scopo nostro non ha importanza, e basti l’averlo accennato.
 
Lorenzo Gigli il noto cronografo Frignanese nel suo Dizionario degli uomini illustri del Frignano, narra del Gandolfi quanto segue: “Canonico Valente Gandolfi dottor in legge e zio materno del Dott. Giacomo Grandi. Sacerdote versato in ogni genere di letteratura sagra e profana, e peritissimo della lingua Greca ed Ebraica. Era ornato di tale bontà di costumi, saviezza di tatto, dignità d’aspetto, prudenza, maturità di consiglio, che in Venezia, dove ancor giovanetto andò ad abitare, era riguardato con stima ed affetto particolare anche dalla stessa Veneta Nobiltà. Onde non ostante l’esser egli straniero, e di natali civili bensì, ed onorati, ma non nobile, ottenne per mezzo di molti Gentiluomini suoi buoni amici un Canonicato nella ducal Basilica di S. Marco di quella città. E appunto come Canonico di San Marco viene egli menzionato col titolo di Reverendissimo nel suo privilegio del dottorato nell’una, e nell’altra legge more nobilium in carta pergamena scritto, e foderato di velluto cremisino a nome del Collegio de’ Giuristi dell’Università di Padova da Mons. Alessandro Mantovani come Vicario Generale del Vescovo di Padova, cui compete il Gius di spedire tali Privilegi, sotto li 19 febbraio del 1661 con queste parole: Reverendissimus D. Valentem Gandulfum Mutinensem Canonicum ducalis Basilicae D. Marci Venetiarum quondam per illustris D. Antonii filium. E benché differisse tre anni ad entrar a possesso di questo Canonicato, facendogli potente remora la foresità e specialmente il difetto di nobiltà per esser quell’insigne Collegiata composta tutta di Gentiluomini di primaria Nobiltà secondo i loro statuti; finalmente poi superato in quel triennio con legittimi mezzi ogni ostacolo in riguardo de’ molti segnalati suoi meriti, e virtù personali, ne prese e continuò... il possesso con comune soddisfazione, e contento sempre maggiore e di tutta la Collegiata e della città” .
 
Non ho potuto rinvenire alcuna altra notizia relativa al Gandolfi, solamente in seguito a ricerche praticate nell’Archivio della Basilica di S. Marco in Venezia dal M. R. Canonico E. Celestino Pittoni, attuale Archivista ho avuto la comunicazione seguente, relativa alla epoca della morte del Gandolfi:
 
Basilica Metropolitana Patriarcale di S. Marco in Venezia. Certifico io sottoscritto sacrista di detta Basilica che nel Registro Morti n. IV di questa Basilica esiste l’atto seguente.
Addì 17 Giugno 1675.
 
Il M. R. Signor D. Valente Dottore Canonico Gandolfi d’anni 67 circa morì di febre in giorni 40 circa.
 
p. uso anagrafico
In fede di che
Dalla Sacrestia di S. Marco
3 Novembre 1891.
 
D. Carlo Menegazzi di pr. m. col sig. parr.
 
Ho avvertito che l’elogio di Raimondo Montecuccoli che si trova nel volume del Bettini appartiene al Gandolfi, e che ad esso elogio è anteposto un bel ritratto di Raimondo inciso in rame. Questo stesso ritratto è quello che è prefisso alla edizione di Bologna senza data dell’elogio di Raimondo Montecuccoli pronunciato dal Paradisi nell’occasione della apertura degli Studi nella Università di Modena nell’anno 1775.
Confrontando il ritratto del Montecuccoli che si trova nel volume del Bettini con quello dell’elogio del Paradisi, risulta evidentemente che ambidue sono ricavati dalla stessa lastra incisa, colla sola differenza, che quello del volume del Bettini presenta maggiore freschezza, mentre per l’altro dell’elogio del Paradisi la lastra venne evidentemente ritoccata. Ambedue portano sotto di esso la bella divisa di una spada e di una penna intrecciate, col motto In Utrumque paratus.
 
E’ osservabile che mentre nell’edizione del suo elogio il Paradisi si servì del ritratto stesso del Bettini, non faccia poi menzione alcuna dello scritto del Montecuccoli inserito nello stesso volume.
 
Finalmente un’ultima osservazione, o meglio congettura, che a me però sembra molto probabile. Io credo che il Bettini non fosse direttamente in relazione col Montecuccoli, e che la lettera di Raimondo datata da Hohenech li 15 luglio 1652, che precede i Saggi Matematici inseriti nel volume Bettiniano, sia stata diretta o al Valente Gandolfi, o piuttosto al di lui nipote Jacopo Grandi, il quale, si sa, fu in relazione assai stretta col Montecuccoli. Purtroppo non ci sono rimaste, o se pur rimasero, giacciono nascoste in qualche archivio pubblico, o collezione privata, le lettere che corsero fra questi due valentuomini, lettere che riuscirebbero altamente interessanti, per la Storia del Frignano, specialmente se è vero, e non vi è nessuna ragione per dubitare quanto narra il P. Niccolò Pedrocchi nella sua Storia di Fanano. Il Pedrocchi parlando delle Memorie istoriche del Frignano di Alessio Magnani scrive: “Il medesimo Grandi (Jacopo) uomo di singolare erudizione e celebre nella Repubblica letteraria scopersegli ancora molti altri abbagli, in occasione che gli trasmise (il Magnani) le sue memorie istoriche del Frignano a Venezia circa il 1673, acciò le facesse giungere in mano del sig. Generale Montecuccoli, i quali sbagli presi aveva in molti luoghi di sue memorie”.
 
Avvertasi inoltre che precisamente ai primi dell’anno 1652, anno in cui fu scritta da Raimondo la surriferita lettera che precede i Saggi matematici militari, egli si trovava a Venezia, ed invero il Campori scrive: “Una lettera che Giovan Pietro Codebò scriveva da Venezia il 3 di febbraio del 1652, avvisava che colà trovavasi allora Raimondo, e che lo si diceva venuto per tener compagnia ad una brigata d’amici suoi che intraprendevano un viaggio per l’Italia; e vi era chi pensava aspirasse a prender servigio nelle truppe della repubblica: cosa invero che mai non sarà passata per la mente a quel generale. Lo scopo vero, e forse unico che in quel viaggio si proponeva Raimondo, non era altro a giudicio mio, se non quello di rivedere la patria, i parenti, il duca Francesco e i principi estensi coi quali aveva militato in Germania e in Italia, e ancora di godersi gli spassi del famoso carneval di Venezia”
Certamente in questa occasione il Montecuccoli si sarà trovato assieme ai suoi compatrioti Valente Gandolfi e Jacopo Grandi, che dimoravano a Venezia, e forse allora avrà loro promesso lo scritto pubblicato poco dopo dal Bettini.
 
Pongo fine al mio scritto lieto che mi sia stato concesso di indicare agli studiosi uno scritto di Raimondo Montecuccoli, che può dirsi sconosciuto, ed in pari tempo tratto dall’oblio il nome di un altro valentissimo frignanese quale fu il Gandolfi, il quale per esser stato forse il primo biografo del Montecuccoli stesso, meritava a mio credere di non rimanere ignorato.
 
Venezia novembre 1892.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Note