Pagina:Novellette e racconti.djvu/241: differenze tra le versioni

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intrattenerlo e renderlo di buono umore. Poscia chiedendogli licenza di variare i divertimenti, volle che fossero narrate alcune storie da quelle delle sue femmine che aveano miglior garbo nel narrare, e vedendo Abaza che il principe prendea diletto nel- l’ udire quelle ingegnose novelle, cominciò aneli’ ella, quando venne la volta sua, a raccontare in tal forma: Signore, io sono ora per narrare alla Maestà vostra una storia, i cui strani ravvolgimenti fanno del pari orrore alla umanità ed ali’ amore. Un ricco mercatante di Agra avea un figliuolo ch’ egli desiderava di rendere felice ; gli scelse sposa che gli parve degna di lui, e la simpatìa de’giovani amanti fece fra poco vedere la buona e giusta elezione fatta dal padre. Tutti e tre si sarebbero goduti di una stabile fortuna, se un visir, uomo malvagio, il quale di altro non si curava che di appagare i desiderj di un padrone per farlo ’ dormire fra le morbidezze, non avesse spiccata a forza la giovane sposa dal padre e dal suo amante per donarla come schiava al Sultano. Il principe di così raro tesoro possessore, se ne innamorò di subito ; ma non potò mai tanto fare, che dell’ amor suo avesse corrispondenza : la sua schiava, a poco a poco presso di lui resa dal dolore più morta che viva , altro non facea che desiderare quetlo sposo, a cui era stata rapita, ne rispondea a’ vezzi del suo signore, con altro, che colla più fredda ritrosia. Finalmente cotesto sposo che l’a- dorava, ritrovò la via di penetrare nella prigione dell’amata donna (imperciocché non vi ha cosa che non sia possibile ad amore), e si godea del bene del vedere e dell’ ascoltare colei, a cui avea egli consacrata la vita ; quando il geloso Sultano gli colse tutti e due insieme. Non si può dire quale accesa collera gli entrasse nell’ animo, vedendo in tal modo dispregiati il suo potere e l’amore : non volle giustificazioni udire, ne altro considerando in colesti due sposi, che una schiava infedele ed uno sfacciato che avea il suo serraglio violato, sguainò il pugnale tagrificò P uno e l’altro alla sua vendetta. Io confesso
intrattenerlo e renderlo di buono umore. Poscia chiedendogli licenza di variare i divertimenti, volle che fossero narrate alcune storie da quelle delle sue femmine che aveano miglior garbo nel narrare, e vedendo Abaza che il principe prendea diletto nel- l’udire quelle ingegnose novelle, cominciò aneli’ ella, quando venne la volta sua, a raccontare in tal forma: Signore, io sono ora per narrare alla Maestà vostra una storia, i cui strani ravvolgimenti fanno del pari orrore alla umanità ed ali’ amore. Un ricco mercatante di Agra avea un figliuolo ch’egli desiderava di rendere felice; gli scelse sposa che gli parve degna di lui, e la simpatìa de’ giovani amanti fece fra poco vedere la buona e giusta elezione fatta dal padre. Tutti e tre si sarebbero goduti di una stabile fortuna, se un visir, uomo malvagio, il quale di altro non si curava che di appagare i desiderj di un padrone per farlo’ dormire fra le morbidezze, non avesse spiccata a forza la giovane sposa dal padre e dal suo amante per donarla come schiava al Sultano. Il principe di così raro tesoro possessore, se ne innamorò di subito; ma non potò mai tanto fare, che dell’amor suo avesse corrispondenza: la sua schiava, a poco a poco presso di lui resa dal dolore più morta che viva, altro non facea che desiderare quetlo sposo, a cui era stata rapita, ne rispondea a’ vezzi del suo signore, con altro, che colla più fredda ritrosia. Finalmente cotesto sposo che l’a- dorava, ritrovò la via di penetrare nella prigione dell’amata donna (imperciocché non vi ha cosa che non sia possibile ad amore), e si godea del bene del vedere e dell’ascoltare colei, a cui avea egli consacrata la vita; quando il geloso Sultano gli colse tutti e due insieme. Non si può dire quale accesa collera gli entrasse nell’animo, vedendo in tal modo dispregiati il suo potere e l’amore: non volle giustificazioni udire, ne altro considerando in colesti due sposi, che una schiava infedele ed uno sfacciato che avea il suo serraglio violato, sguainò il pugnale tagrificò P uno e l’altro alla sua vendetta. Io confesso