Nuova Cronica/Libro secondo: differenze tra le versioni

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Racconta del sito della provincia di Toscana.
 
Quando per noi s'è detto della prima edificazione della città di Firenze e di quella di Pistoia, si è convenevole e di necessità che si dica dell'altre città vicine di Toscana quello che n'avemo trovato per le croniche di loro principii e cominciamenti brievemente, per tornare poi a nostra materia. Narreremo in prima del sito della provincia di Toscana. Toscana comincia da la parte di levante al fiume del Tevero, il quale si muove nell'alpi di Pennino de la montagna chiamata Falterona, e discende per la contrada di Massa Tribara, e dal Borgo San Sipolcro, e poi la Città di Castello, e poi sotto la città di Perugia, e poi appresso di Todi, istendendosi per terra di Sabina e di Roma, e ricogliendo in sé molti fiumi, entra per la città di Roma infino in mare ove fa foce di costa a la città di Ostia, presso a Roma a XX miglia; e la parte di qua dal fiume, che si chiama Trastibero, e il Portico di Santo Pietro di Roma è della provincia di Toscana. E da la parte del mezzogiorno si ha Toscana il mare detto Terreno, che colle sue rive batte la contrada di Maremma, e Piombino, e Pisa, e per lo contado di Lucca e di Luni infino a la foce del fiume della Magra, che mette in mare a la punta della montagna del Corbo di là da Luni e di Serrezzano, da la parte di ponente. E discende il detto fiume della Magra delle montagne di Pennino di sopra a Pontriemoli, tra la riviera di Genova e 'l contado di Piagenza in Lombardia, ne le terre de' marchesi Malaspina. Il quarto confine di Toscana di verso settentrione sono le dette alpi Apennine, le quali confinano e partono la provincia di Toscana da Lombardia e Bologna e parte di Romagna; e gira la detta provincia di Toscana VIIc miglia. Questa provincia di Toscana ha più fiumi: intra gli altri reale e maggiore si è il nostro fiume d'Arno, il quale nasce di quella medesima montagna di Falterona che nasce il fiume del Tevero che va a Roma. E questo fiume d'Arno corre quasi per lo mezzo di Toscana, scendendo per le montagne de la Vernia, ove il beato santo Francesco fece sua penitenzia e romitaggio, e poi passa per la contrada di Casentino presso a Bibbiena e a piè di Poppio, e poi si rivolge verso levante, vegnendo presso a la città d'Arezzo a tre miglia, e poi corre per lo nostro Valdarno di sopra, scendendo per lo nostro piano, e quasi passa per lo mezzo de la nostra città di Firenze. E poi uscito per corso del nostro piano, passa tra Montelupo e Capraia presso a Empoli per la contrada di Greti e di Valdarno di sotto a piè di Fucecchio, e poi per lo contado di Lucca e di Pisa, raccogliendo in sé molti fiumi, passando poi quasi per mezzo la città di Pisa ove assai è grosso, sicché porta galee e grossi legni; e presso di Pisa a V miglia mette in mare; e il suo corso è di spazio di miglia CXX. E del detto fiume d'Arno l'antiche storie fanno menzione: {{AutoreCitato|Publio Virgilio Marone|Vergilio}} nel VII libro dell'{{TestoCitato|Eneide|Eneidos|Eneide/Libro_settimo}} parlando della gente che fu in aiuto al re Turno incontra Enea di Troia con questi versi: «Sarrastris populos, equa rigat equora Sarnus»; e Paulo Orosio raccontando in sue storie del fiume d'Arno disse che quando Anibal di Cartagine, tornando di Spagna in Italia, passò le montagne d'Apennino, vegnendo sopra i Romani, ove si combattéo in su·lago di Perugia col valente consolo Flamineo da cui fu sconfitto, in quel luogo dice che passando Anibal l'alpi Apennine, per la grande freddura che v'ebbe, discendendo poi in su i paduli del fiume d'Arno sì perdé tutti gli suoi leofanti, che non ne gli rimase se none uno solo, e la maggiore parte de' suoi cavagli e bestie vi moriro; e egli medesimo per la detta cagione vi perdé uno de' suoi occhi del capo. Questo Anibal mostra per nostro arbitrare ch'egli scendesse l'alpi tra Modona e Pistoia, e paduli fossono per lo fiume d'Arno da piè di Firenze insino di là da Signa: e questo si pruova, che anticamente tra Signa e Montelupo nel mezzo del corso del fiume d'Arno, ove si ristrigne in piccolo spazio tra rocce di montagne, aveva una grandissima pietra che si chiamava e chiama Golfolina, la quale per sua grandezza e altezza comprendeva tutto il corso del fiume d'Arno, per modo che 'l facea ringorgare infino assai presso ov'è oggi la città di Firenze, e per lo detto ringorgamento si spandea l'acqua del fiume d'Arno, e d'Ombrone, e di Bisenzo per lo piano sotto Signa, e di Settimo, e di Prato, e di Micciole, e di Campi, infino presso a piè de' monti, faccendo paduli. Ma e' si truova, e per evidente sperienzia si vede, che la detta pietra Golfolina per maestri con picconi e scarpelli per forza fu tagliata e dibassata, per modo che 'l corso del fiume d'Arno calò e dibassò, sicché i detti paduli scemaro e rimasero terra guadagnabile. Bene racconta Tito Livio quasi per simili parole, dicendo che 'l passo, e dove s'acampò Anibal, fu tra la città di Fiesole e quella d'Arezzo. Avisiamo che passasse l'alpi a Pennino per la contrada di Casentino, e paduli poteano simile essere tra l'Ancisa e 'l piano di Fegghine, e potea essere o nell'uno luogo o nell'altro, però che anticamente il fiume d'Arno avea in più luogora rattenute e paduli; ma dove che·ssi fosse, assai avemo detto sopra il nostro fiume d'Arno, per trarre d'ignoranza e fare avisati i presenti moderni viventi di nostra città, e gli strani che sono e saranno. Lasceremo di ciò, e diremo in brieve de la potenzia che anticamente avea la nostra provincia di Toscana, che si confà a la nostra materia.
 
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