Edgar Poe/Parte decima: differenze tra le versioni

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Il vero Villiers non è nelle pagine spirituali, solcate dai barbagli della fede e arroventate dalle fiamme della scienza occulta: non è nè in Isis nè in Asrael nè in Akédysséril. E non è neppure, sebbene, qui, la personalità si affermi con maggior risolutezza, nelle acqueforti della vita: in Le signorine di Bienfilâtre (Guy de Maupassant appare già lì, precorso, per intiero) o nei drammi. Per trovarlo veramente, per rinvenire il filone d'oro puro, un pò soffocato dalla pressione dell'influsso di Poe, maestro d'ogni spiritualità e d'ogni acquafortismo, occorre giungere ai migliori Racconti crudeli, al romanzo L'Eva futura e, sovra tutto, a Tribolato Bonomo.
 
Badiamo. Non bisogna chiedere a queste opere la risata di {{AutoreCitato|Voltaire}} o di Pulcinella: risata di letterato che, dal davanzale della finestra, contempli la piccola verità del mondo esteriore, ma ignori la grande verità racchiusa nel nostro mondo interno e, credendo di mostrarsi benefico verso l'umanità, distrugga con l'acido corrosivo dell'ironia i leggeri veli, distesi dall'illusione innanzi agli occhi degli uomini. Il poeta ride ben diversamente. Il poeta sa, per divina intuizione, che la verità obiettiva si risolve in una menzogna e che ogni velo, interposto fra i nostri sguardi e il mondo, ci aiuta a trovare in noi stessi la verità vera e a sopportare con minor disperato accoramento quelle fallaci: e perciò, appunto, se una furia d'uragano laceri le aeree trame tessute dal desiderio e spinga lui, tremebondo, a cozzare contro le deformi membra di una realtà denudata, cuopre gli urli e nasconde i gemiti della propria anima con le sghignazzate di Swift e le risate di Cervantes e le invettive di Dante. Così Villiers. La sua arma è il sarcasmo, non l'ironia; poichè l'ironia è una pallida fiamma di alcool, ma il sarcasmo è il vivo incendio del rogo, ove si straziano la carne stessa e l'anima del poeta. Oh, si sdilinquisca pure, e frema di godimento, la critica, innanzi alla letteratura ironista, frutto di uno scetticismo privo di luce! Arricci pure la bocca, questa occhialuta signora, davanti ad opere, nelle quali il dolore, non potendo pianger liberamente, ha presa la tragica veste del sarcasmo e la spietata maschera della satira: e, non riuscendo a romper con i molli denti la dura scorza, che protegge la mandorla, tacci di grossolanità gli scrittori poeti! La critica è miope: ma la gloria è presbite.
 
Che cosa rappresenta Tribolato Bonomo, se non la personificazione di un dolore, che può rivelarsi solo, tanto è profondo e squassante, per mezzo della profonda satira, del sarcasmo squassante? Il segreto di un'epoca imbevuta di positivismo, desiderosa, al fisico come al morale, di una tranquillità, che non turbi i falsi orgogli per un falso progresso nè le reali gioie di una laboriosa digestione, adoratrice, nella propria mediocrità, del mediocre idoletto Buonsenso; il recondito pensiero moderno, insomma, ha trovato un tremendo porta-voce nell'accorato poeta: e, pur subendo il destino delle età di transizione, travolte irremissibilmente (uomini e cose) dalla lor nullità verso il nulla, si è accaparrato nella storia, incarnandosi in Bonomo, un posto in piena luce.