Pagina:Zibaldone di pensieri I.djvu/182: differenze tra le versioni

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{{ZbPagina|50}} A quello che ho detto nel 3. pensiero avanti al presente si aggiunga che le parole nuove si devono anche cavare dalle radici che sono nella propria lingua, e questa è una fonte principalissima e dalla quale Dante che passa pel creatore della lingua derivò una grandissima, e forse la massima parte delle voci ch’egli introdusse. E i derivati da questa fonte serbando com’è naturale il colore nativo della lingua più che qualunque altro, se son fatti con giudizio, vengono a formare il miglior genere di voci nuove che si possano creare ec. ec. Ma questa fonte è tanto più scarsa quanto meno sono le radici cioè quanto la lingua è meno ricca, onde la lingua francese cedendo in questo senza paragone all’italiana non è dubbio che di voci nuove secondo il bisogno, che non alterino la fisonomia della lingua ma consuonino ec. dev’essere molto più atta a produrne la lingua italiana che la francese. E infatti questa che passa per ricchissima in vocaboli delle arti e scienze ec. è infatti poverissima, giacchè questi vocaboli non li piglia dal suo fondo, ma di peso dalle altre lingue come dalla greca onde disdicono e stuonano manifestamente col resto della lingua e l’alterano e imbastardiscono, e ciò perchè non sono lingue di uno stesso genere ma diversissime, il cui genio anche nelle pure voci non ha che fare con quello della francese, all’opposto della latina rispetto all’italiana principalmente. Ora questa ricchezza tanto è loro quanto nostra, perchè è chiaro che non trattandosi di ricchezza αὐτόχJων ma di roba presa altrove, tutti possono prenderla egualmente e colla stessa spesa, massime noi italiani, ai quali non è niente più difficile da στερεοτυπία di fare stereotipia, di quello che ai francesi stéréotypie ec. ec. e di formar nuovi composti greci com’è questo ec. che è ricchezza fittizia, non propria, ascita, misera, comune a tutti, e dannosa. Oltracciò i derivati dalle proprie radici sono subito di noto significato, e intesi da tutti, così in massima parte dalla lingua latina (dalla quale già non si dee prendere quello che non sarebbe comunemente inteso) ma questi altri non si capiscono da nessuno se non ci mettete la spiegazione etimologica ec. ovvero se non li mettete nel vocabolario col loro significato, quando non sieno appoco appoco passati in uso, ma ciò non può esser successo senza il detto massimo inconveniente nel principio.
Ma questa fonte è tanto piú scarsa quanto meno sono le radici cioè quanto la lingua è meno ricca; onde la lingua francese, cedendo in questo senza paragone all’italiana, non è dubbio che di voci nuove, secondo il bisogno, che non alterino la fisonomia della lingua, ma consuonino ec. dev’essere molto piú atta a produrne la lingua italiana che la francese. E infatti questa che passa per ricchissima in vocaboli delle arti e scienze ec., dev’essere molto più atta a produrne la linguq italiana che la francese. E infatti questa, che passa per ricchissima, in vocaboli delle arti e delle scienze ec. è infatti poverissima, giacché questi vocaboli non li piglia dal suo fondo, ma di peso dalle altre lingue come dalla greca; onde disdicono e stuonano manifestamente col resto della lingua e l’alterano e imbastardiscono, e ciò perché non sono lingue di uno stesso genere ma diversissime, il cui genio anche nelle pure voci non ha che fare con quello della francese, all’opposto della latina rispetto all’italiana principalmente. Ora questa ricchezza tanto è loro quanto nostra, perché è chiaro che non trattandosi di ricchezza αὐτόχθων ma di roba presa altrove, tutti possono prenderla egualmente e colla stessa spesa, massime noi italiani, ai quali non è niente piú difficile da στερεοτυπία di fare stereotipia, di quello che ai francesi ''stéréotypie'' ec. ec. e di formar nuovi composti greci com’è questo ec., che è ricchezza fittizia, non propria, ascita, misera, comune a tutti, e dannosa. Oltracciò i derivati dalle proprie radici sono subito di noto significato, e intesi da tutti, così in massima parte dalla lingua latina (dalla quale già non si dee prendere quello che non sarebbe comunemente inteso): ma questi altri non si capiscono da nessuno se non ci mettete la spiegazione etimologica ec. ovvero se non li mettete nel vocabolario col loro significato, quando non sieno appoco appoco passati in uso, ma ciò non può esser successo senza il detto massimo inconveniente nel principio.




{{ZbPensiero|x}}Anche la stessa negligenza e noncuranza e sprezzatura e la stessa inaffettazione può essere affettata, risaltare ec. Anche la semplicità la naturalezza la spontaneità. V. p.160.


{{ZbPensiero|x}}Anche la stessa negligenza e noncuranza e sprezzatura e la stessa inaffettazione può essere affettata,

{{ZbPensiero|x}}Dolor mio nel sentire a tarda notte seguente al giorno di qualche festa il canto notturno de’ villani passeggeri. Infinità del passato che mi veniva in mente, ripensando ai Romani così caduti dopo tanto romore e ai tanti avvenimenti ora passati ch’io paragonava dolorosamente con quella profonda quiete e silenzio della notte, a
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