Mastro Titta, il boia di Roma/Capitolo II: differenze tra le versioni

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Don Giovanni avea già più volte osservato dei brutti ceffi che si aggiravano nei dintorni della sua casina; ma non avea fatto caso.
La sua villetta era ben munita di solide imposte: aveva un alano che latrava da far spavento, al menomominimo rumore; possedeva delle buone armi; e vicino ad essa sorgeva un fabbricato rustico, abitato da due famiglie di contadini alle sue dipendenze, delle quali facevan parte alcuni robusti giovanotti. Credeva quindi di non aver a temere sorpresa alcuna.
Or avvenne che, essendosi ammalata in città una sua sorella, vecchia zitellona, dalla quale sperava ereditare, le mandò per ingraziarsela a prestarle cure la nipote e la serva. Quest'ultima veramente l'avrebbe trattenuta volentieri presso di sé. Ma trattandosi alla fin fine di pochi giorni si rassegnò a privarsene.