Divina Commedia/Paradiso/Canto II: differenze tra le versioni

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{{opera
{{paradiso}}
|NomeCognome=Dante Alighieri
'''Paradiso - CANTO II'''
|TitoloOpera=Divina Commedia
----
|NomePaginaOpera=Divina Commedia
|AnnoPubblicazione=
|TitoloSezione=[[Divina Commedia/Paradiso|Paradiso]]<br /><br />Canto secondo
}}
{{capitolo
|CapitoloPrecedente=Canto primo
|NomePaginaCapitoloPrecedente=Divina Commedia/Paradiso/Canto I
|CapitoloSuccessivo=Canto terzo
|NomePaginaCapitoloSuccessivo=Divina Commedia/Paradiso/Canto III
}}
''Canto secondo, ove tratta come Beatrice e l'auttore pervegnono al cielo de la Luna, aprendo la veritade de l'ombra ch'appare in essa; e qui comincia questa terza parte de la Commedia quanto al proprio dire.''
<poem>
O voi che siete in piccioletta barca, <br>
O voi che siete in piccioletta barca,
desiderosi d'ascoltar, seguiti <br>
desiderosi d'ascoltar, seguiti
dietro al mio legno che cantando varca, <br>
dietro al mio legno che cantando varca, {{r|3}}
tornate a riveder li vostri liti: <br>
non vi mettete in pelago, ché forse, <br>
perdendo me, rimarreste smarriti. <br>
L'acqua ch'io prendo già mai non si corse; <br>
Minerva spira, e conducemi Appollo, <br>
e nove Muse mi dimostran l'Orse. <br>
Voialtri pochi che drizzaste il collo <br>
per tempo al pan de li angeli, del quale <br>
vivesi qui ma non sen vien satollo, <br>
metter potete ben per l'alto sale <br>
vostro navigio, servando mio solco <br>
dinanzi a l'acqua che ritorna equale. <br>
Que' glorïosi che passaro al Colco <br>
non s'ammiraron come voi farete, <br>
quando Iasón vider fatto bifolco. <br>
La concreata e perpetüa sete <br>
del deïforme regno cen portava <br>
veloci quasi come 'l ciel vedete. <br>
Beatrice in suso, e io in lei guardava; <br>
e forse in tanto in quanto un quadrel posa <br>
e vola e da la noce si dischiava, <br>
giunto mi vidi ove mirabil cosa <br>
mi torse il viso a sé; e però quella <br>
cui non potea mia cura essere ascosa, <br>
volta ver' me, sì lieta come bella, <br>
«Drizza la mente in Dio grata», mi disse, <br>
«che n'ha congiunti con la prima stella». <br>
Parev' a me che nube ne coprisse <br>
lucida, spessa, solida e pulita, <br>
quasi adamante che lo sol ferisse. <br>
Per entro sé l'etterna margarita <br>
ne ricevette, com' acqua recepe <br>
raggio di luce permanendo unita. <br>
S'io era corpo, e qui non si concepe <br>
com' una dimensione altra patio, <br>
ch'esser convien se corpo in corpo repe, <br>
accender ne dovria più il disio <br>
di veder quella essenza in che si vede <br>
come nostra natura e Dio s'unio. <br>
Lì si vedrà ciò che tenem per fede, <br>
non dimostrato, ma fia per sé noto <br>
a guisa del ver primo che l'uom crede. <br>
Io rispuosi: «Madonna, sì devoto <br>
com' esser posso più, ringrazio lui <br>
lo qual dal mortal mondo m'ha remoto. <br>
Ma ditemi: che son li segni bui <br>
di questo corpo, che là giuso in terra <br>
fan di Cain favoleggiare altrui?». <br>
Ella sorrise alquanto, e poi «S'elli erra <br>
l'oppinïon», mi disse, «d'i mortali <br>
dove chiave di senso non diserra, <br>
certo non ti dovrien punger li strali <br>
d'ammirazione omai, poi dietro ai sensi <br>
vedi che la ragione ha corte l'ali. <br>
Ma dimmi quel che tu da te ne pensi». <br>
E io: «Ciò che n'appar qua sù diverso <br>
credo che fanno i corpi rari e densi». <br>
Ed ella: «Certo assai vedrai sommerso <br>
nel falso il creder tuo, se bene ascolti <br>
l'argomentar ch'io li farò avverso. <br>
La spera ottava vi dimostra molti <br>
lumi, li quali e nel quale e nel quanto <br>
notar si posson di diversi volti. <br>
Se raro e denso ciò facesser tanto, <br>
una sola virtù sarebbe in tutti, <br>
più e men distributa e altrettanto. <br>
Virtù diverse esser convegnon frutti <br>
di princìpi formali, e quei, for ch'uno, <br>
seguiterieno a tua ragion distrutti. <br>
Ancor, se raro fosse di quel bruno <br>
cagion che tu dimandi, o d'oltre in parte <br>
fora di sua materia sì digiuno <br>
esto pianeto, o, sì come comparte <br>
lo grasso e 'l magro un corpo, così questo <br>
nel suo volume cangerebbe carte. <br>
Se 'l primo fosse, fora manifesto <br>
ne l'eclissi del sol, per trasparere <br>
lo lume come in altro raro ingesto. <br>
Questo non è: però è da vedere <br>
de l'altro; e s'elli avvien ch'io l'altro cassi, <br>
falsificato fia lo tuo parere. <br>
S'elli è che questo raro non trapassi, <br>
esser conviene un termine da onde <br>
lo suo contrario più passar non lassi; <br>
e indi l'altrui raggio si rifonde <br>
così come color torna per vetro <br>
lo qual di retro a sé piombo nasconde. <br>
Or dirai tu ch'el si dimostra tetro <br>
ivi lo raggio più che in altre parti, <br>
per esser lì refratto più a retro. <br>
Da questa instanza può deliberarti <br>
esperïenza, se già mai la provi, <br>
ch'esser suol fonte ai rivi di vostr' arti. <br>
Tre specchi prenderai; e i due rimovi <br>
da te d'un modo, e l'altro, più rimosso, <br>
tr'ambo li primi li occhi tuoi ritrovi. <br>
Rivolto ad essi, fa che dopo il dosso <br>
ti stea un lume che i tre specchi accenda <br>
e torni a te da tutti ripercosso. <br>
Ben che nel quanto tanto non si stenda <br>
la vista più lontana, lì vedrai <br>
come convien ch'igualmente risplenda. <br>
Or, come ai colpi de li caldi rai <br>
de la neve riman nudo il suggetto <br>
e dal colore e dal freddo primai, <br>
così rimaso te ne l'intelletto <br>
voglio informar di luce sì vivace, <br>
che ti tremolerà nel suo aspetto. <br>
Dentro dal ciel de la divina pace <br>
si gira un corpo ne la cui virtute <br>
l'esser di tutto suo contento giace. <br>
Lo ciel seguente, c'ha tante vedute, <br>
quell' esser parte per diverse essenze, <br>
da lui distratte e da lui contenute. <br>
Li altri giron per varie differenze <br>
le distinzion che dentro da sé hanno <br>
dispongono a lor fini e lor semenze. <br>
Questi organi del mondo così vanno, <br>
come tu vedi omai, di grado in grado, <br>
che di sù prendono e di sotto fanno. <br>
Riguarda bene omai sì com' io vado <br>
per questo loco al vero che disiri, <br>
sì che poi sappi sol tener lo guado. <br>
Lo moto e la virtù d'i santi giri, <br>
come dal fabbro l'arte del martello, <br>
da' beati motor convien che spiri; <br>
e 'l ciel cui tanti lumi fanno bello, <br>
de la mente profonda che lui volve <br>
prende l'image e fassene suggello. <br>
E come l'alma dentro a vostra polve <br>
per differenti membra e conformate <br>
a diverse potenze si risolve, <br>
così l'intelligenza sua bontate <br>
multiplicata per le stelle spiega, <br>
girando sé sovra sua unitate. <br>
Virtù diversa fa diversa lega <br>
col prezïoso corpo ch'ella avviva, <br>
nel qual, sì come vita in voi, si lega. <br>
Per la natura lieta onde deriva, <br>
la virtù mista per lo corpo luce <br>
come letizia per pupilla viva. <br>
Da essa vien ciò che da luce a luce <br>
par differente, non da denso e raro; <br>
essa è formal principio che produce, <br>
conforme a sua bontà, lo turbo e 'l chiaro».
 
tornate a riveder li vostri liti:
[[Category:La Divina Commedia| ]]
non vi mettete in pelago, ché forse,
perdendo me, rimarreste smarriti. {{r|6}}
 
L'acqua ch'io prendo già mai non si corse;
Minerva spira, e conducemi Appollo,
e nove Muse mi dimostran l'Orse. {{r|9}}
 
Voialtri pochi che drizzaste il collo
per tempo al pan de li angeli, del quale
vivesi qui ma non sen vien satollo, {{r|12}}
 
metter potete ben per l'alto sale
vostro navigio, servando mio solco
dinanzi a l'acqua che ritorna equale. {{r|15}}
 
Que' glorïosi che passaro al Colco
non s'ammiraron come voi farete,
quando Iasón vider fatto bifolco. {{r|18}}
 
La concreata e perpetüa sete
del deïforme regno cen portava
veloci quasi come 'l ciel vedete. {{r|21}}
 
Beatrice in suso, e io in lei guardava;
e forse in tanto in quanto un quadrel posa
e vola e da la noce si dischiava, {{r|24}}
 
giunto mi vidi ove mirabil cosa
mi torse il viso a sé; e però quella
cui non potea mia cura essere ascosa, {{r|27}}
 
volta ver' me, sì lieta come bella,
"Drizza la mente in Dio grata", mi disse,
"che n' ha congiunti con la prima stella". {{r|30}}
 
Parev'a me che nube ne coprisse
lucida, spessa, solida e pulita,
quasi adamante che lo sol ferisse. {{r|33}}
 
Per entro sé l'etterna margarita
ne ricevette, com'acqua recepe
raggio di luce permanendo unita. {{r|36}}
 
S'io era corpo, e qui non si concepe
com'una dimensione altra patio,
ch'esser convien se corpo in corpo repe, {{r|39}}
 
accender ne dovria più il disio
di veder quella essenza in che si vede
come nostra natura e Dio s'unio. {{r|42}}
 
Lì si vedrà ciò che tenem per fede,
non dimostrato, ma fia per sé noto
a guisa del ver primo che l'uom crede. {{r|45}}
 
Io rispuosi: "Madonna, sì devoto
com'esser posso più, ringrazio lui
lo qual dal mortal mondo m' ha remoto. {{r|48}}
 
Ma ditemi: che son li segni bui
di questo corpo, che là giuso in terra
fan di Cain favoleggiare altrui?". {{r|51}}
 
Ella sorrise alquanto, e poi "S'elli erra
l'oppinïon", mi disse, "d'i mortali
dove chiave di senso non diserra, {{r|54}}
 
certo non ti dovrien punger li strali
d'ammirazione omai, poi dietro ai sensi
vedi che la ragione ha corte l'ali. {{r|57}}
 
Ma dimmi quel che tu da te ne pensi".
E io: "Ciò che n'appar qua sù diverso
credo che fanno i corpi rari e densi". {{r|60}}
 
Ed ella: "Certo assai vedrai sommerso
nel falso il creder tuo, se bene ascolti
l'argomentar ch'io li farò avverso. {{r|63}}
 
La spera ottava vi dimostra molti
lumi, li quali e nel quale e nel quanto
notar si posson di diversi volti. {{r|66}}
 
Se raro e denso ciò facesser tanto,
una sola virtù sarebbe in tutti,
più e men distributa e altrettanto. {{r|69}}
 
Virtù diverse esser convegnon frutti
di princìpi formali, e quei, for ch'uno,
seguiterieno a tua ragion distrutti. {{r|72}}
 
Ancor, se raro fosse di quel bruno
cagion che tu dimandi, o d'oltre in parte
fora di sua materia sì digiuno {{r|75}}
 
esto pianeto, o, sì come comparte
lo grasso e 'l magro un corpo, così questo
nel suo volume cangerebbe carte. {{r|78}}
 
Se 'l primo fosse, fora manifesto
ne l'eclissi del sol, per trasparere
lo lume come in altro raro ingesto. {{r|81}}
 
Questo non è: però è da vedere
de l'altro; e s'elli avvien ch'io l'altro cassi,
falsificato fia lo tuo parere. {{r|84}}
 
S'elli è che questo raro non trapassi,
esser conviene un termine da onde
lo suo contrario più passar non lassi; {{r|87}}
 
e indi l'altrui raggio si rifonde
così come color torna per vetro
lo qual di retro a sé piombo nasconde. {{r|90}}
 
Or dirai tu ch'el si dimostra tetro
ivi lo raggio più che in altre parti,
per esser lì refratto più a retro. {{r|93}}
 
Da questa instanza può deliberarti
esperïenza, se già mai la provi,
ch'esser suol fonte ai rivi di vostr'arti. {{r|96}}
 
Tre specchi prenderai; e i due rimovi
da te d'un modo, e l'altro, più rimosso,
tr'ambo li primi li occhi tuoi ritrovi. {{r|99}}
 
Rivolto ad essi, fa che dopo il dosso
ti stea un lume che i tre specchi accenda
e torni a te da tutti ripercosso. {{r|102}}
 
Ben che nel quanto tanto non si stenda
la vista più lontana, lì vedrai
come convien ch'igualmente risplenda. {{r|105}}
 
Or, come ai colpi de li caldi rai
de la neve riman nudo il suggetto
e dal colore e dal freddo primai, {{r|108}}
 
così rimaso te ne l'intelletto
voglio informar di luce sì vivace,
che ti tremolerà nel suo aspetto. {{r|111}}
 
Dentro dal ciel de la divina pace
si gira un corpo ne la cui virtute
l'esser di tutto suo contento giace. {{r|114}}
 
Lo ciel seguente, c' ha tante vedute,
quell'esser parte per diverse essenze,
da lui distratte e da lui contenute. {{r|117}}
 
Li altri giron per varie differenze
le distinzion che dentro da sé hanno
dispongono a lor fini e lor semenze. {{r|120}}
 
Questi organi del mondo così vanno,
come tu vedi omai, di grado in grado,
che di sù prendono e di sotto fanno. {{r|123}}
 
Riguarda bene omai sì com'io vado
per questo loco al vero che disiri,
sì che poi sappi sol tener lo guado. {{r|126}}
 
Lo moto e la virtù d'i santi giri,
come dal fabbro l'arte del martello,
da' beati motor convien che spiri; {{r|129}}
 
e 'l ciel cui tanti lumi fanno bello,
de la mente profonda che lui volve
prende l'image e fassene suggello. {{r|132}}
 
E come l'alma dentro a vostra polve
per differenti membra e conformate
a diverse potenze si risolve, {{r|135}}
 
così l'intelligenza sua bontate
multiplicata per le stelle spiega,
girando sé sovra sua unitate. {{r|138}}
 
Virtù diversa fa diversa lega
col prezïoso corpo ch'ella avviva,
nel qual, sì come vita in voi, si lega. {{r|141}}
 
Per la natura lieta onde deriva,
la virtù mista per lo corpo luce
come letizia per pupilla viva. {{r|144}}
 
Da essa vien ciò che da luce a luce
par differente, non da denso e raro;
essa è formal principio che produce, {{r|147}}
 
conforme a sua bontà, lo turbo e 'l chiaro".
</poem>
 
===== Voci correlate =====
{{wikipediaargomento|Paradiso_-_Canto_secondo|Paradiso - Canto secondo}}
{{capitolo
|CapitoloPrecedente=Canto primo
|NomePaginaCapitoloPrecedente=Divina Commedia/Paradiso/Canto I
|CapitoloSuccessivo=Canto terzo
|NomePaginaCapitoloSuccessivo=Divina Commedia/Paradiso/Canto III
}}
 
[[en:The Divine Comedy/Paradiso/Canto II]]