Sentenza Tribunale penale di Perugia - Vicenda Federconsorzi: differenze tra le versioni

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- Approfondendo l’esame, va rilevato come in pendenza di procedura si fossero profilati vari progetti di acquisizione del patrimonio o di parte di esso.
 
Per vero in molti casi si trattò di tentativi meritevoli solo di articoli di giornale e di qualche pettegolezzo, in altri di interessamento per singoli cespiti dal valore strategico, come la partecipazione in B.N.A.
 
Solo Roveraro elaborò il piano complessivo di cui s’è detto, peraltro mai giunto ad un’elaborazione esecutiva .
Sta di fatto che il predetto ha riferito di aver parlato delle sue intenzioni con il prof. Capaldo fin da epoca anteriore al commissariamento e di averlo poi più volte contattato, consegnandogli perfino i documenti che contenevano il suo progetto.
D’altro canto il Sen. Andreotti ha nel corso della sua deposizione dichiarato di aver segnalato al Roveraro il ruolo del Capaldo, quale promotore di una cordata.
 
Ma il Roveraro ha aggiunto di essere rimasto sorpreso alla notizia che il Capaldo avesse poi presentato un suo progetto.
Dall’insieme di tali elementi, in realtà in parte dissonanti, si trae conferma del fatto che il prof. Capaldo costituiva un punto di riferimento per Federconsorzi e per la politica e si evince altresì che il predetto si stava da tempo interessando della definizione della procedura e della sorte del patrimonio dell’ente.
Né sarebbe potuto essere diversamente.
 
Non si trattava infatti solo di risolvere il problema di Federconsorzi, ma anche di trovare un rimedio alla crisi di Agrifactoring, posta in liquidazione e parimenti ammessa al concordato preventivo.
 
Tanto Federconsorzi quanto Agrifactoring annoveravano tra i creditori le banche estere, prima di tutto giapponesi, che stavano reagendo assai duramente alla prospettiva di veder falcidiate le proprie pretese creditorie.
 
In particolare vi era il rischio che le banche estere da un lato creassero problemi a livello internazionale e dall’altro non votassero a favore dei due concordati all’adunanza dei creditori.
In tale contesto si colloca l’operazione di postergazione dei crediti vantati da Banca Nazionale del Lavoro, Banco di S. Spirito ed Efibanca nei confronti di Agrifactoring, operazione che migliorava le prospettive di realizzo delle banche estere, ma di fatto riduceva al minimo quelle dei citati istituti, presupponendo al tempo stesso un meccanismo che consentisse ad essi di ottimizzare la realizzazione dei crediti verso Federconsorzi.
Il patrimonio di quest’ultima era stato del resto fin dall’inizio indicato come sufficiente all’erogazione di una percentuale superiore al 70%.
 
Ben si comprende dunque che la cessione dei beni, cui la procedura tendeva, potesse essere intesa dai maggiori creditori come strumento privilegiato di soddisfacimento delle loro pretese.
Pare allora del tutto inverosimile che il prof. Capaldo, direttamente coinvolto dal proprio ruolo di presidente del Banco di S. Spirito, di consulente strategico di Federconsorzi, di esponente di primo piano del mondo bancario -con significative aderenze politiche-, se ne fosse stato con le mani in mano in attesa degli eventi, mentre deve necessariamente ritenersi che fin dall’inizio, una volta apertasi la procedura di concordato, egli avesse operato in modo da assicurarne il buon fine, cioè quello che avrebbe potuto garantire il miglior risultato, tanto da accettare perfino la cennata postergazione.
 
In sintesi la procedura di concordato, voluta dal Ministro, in precedenza consigliatosi con il prof, Capaldo, peraltro consulente di Federconsorzi e a conoscenza delle relative problematiche, trovò fin dall’inizio la piena disponibilità del Presidente del Tribunale, dott. Greco, ad assicurarne l’ulteriore corso, anche a costo di non dare rilievo al mancato rispetto di alcune condizioni essenziali, ciò che veniva incontro altresì alle esigenze di quanti auspicavano una completa cessio bonorum e dunque prima di tutti dello stesso Capaldo.
 
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