Sentenza Tribunale penale di Perugia - Vicenda Federconsorzi: differenze tra le versioni

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- Secondo quanto previsto dalla legge fallimentare, i commissari governativi conservarono la gestione della società, cercando di adottare strategie volte al contenimento delle uscite.
 
Peraltro essi rilevarono immediatamente e segnalarono al Presidente Greco la necessità di acquisire liquidità e di operare in modo da non depauperare l’ingente patrimonio, soprattutto per ciò che riguardava le numerose società controllate, che in assenza di adeguati interventi sarebbero andate incontro a gravissime difficoltà, correlate alla riduzione o all’interruzione dell’attività della controllante.
 
In tale prospettiva i tre commissari formularono numerose istanze tendenti ad ottenere l’autorizzazione alla vendita di vari cespiti e all’erogazione di alcuni finanziamenti infra gruppo .
 
L’atteggiamento del Presidente Greco fu però quasi sempre di netta chiusura.
 
Non è un caso che in un verbale dei commissari governativi, datato 21-11-1991, si facesse riferimento a difficoltà crescenti nei rapporti con gli organi della procedura
Il dott. Greco autorizzò esclusivamente un finanziamento di venti miliardi di lire in favore della società Fedital, ex Polenghi Lombardo, ma solo perché il Tribunale di Milano stava per dichiararne il fallimento, e di seguito autorizzò la vendita della relativa partecipazione, che fu aggiudicata ad una società controllata dal noto finanziere Cragnotti.
 
Nel frattempo, avendo avuto risonanza negli ambienti finanziari la notizia dell’ammissione di Federconsorzi alla procedura di concordato, si mostrava da parte di molti interesse per la sorte dei beni e delle partecipazioni della società.
 
Inoltre si attendeva, soprattutto da parte delle associazioni, una risposta al problema, sollevato dallo stesso Ministro Goria, riguardante la creazione della nuova società destinata a prendere il posto di Federconsorzi.
 
In tale quadro furono elaborati vari progetti.
Alcuni di questi risultarono puramente velleitari o tutt’al più rivolti all’acquisizione di singoli cespiti.
 
Un solo progetto parve caratterizzato da una strategia complessiva: esso, denominato Fiordaliso, venne elaborato nel novembre 1991 dal noto finanziere Roveraro, amministratore della merchant bank “AKROS” e vicino ad ambienti di ispirazione cattolica.
 
Secondo una sommaria enunciazione il progetto contemplava in primo luogo una sollecita chiusura della procedura di concordato con la creazione di una società cui i maggiori creditori avrebbero dovuto conferire i propri crediti ad un valore convenzionale del 40% e che avrebbe dovuto garantire il pagamento dei crediti privilegiati nonché di quelli chirografari al 40%, acquisendo nel contempo tutte le attività, da liquidare poi in tempi opportuni; in secondo luogo prevedeva la creazione di una nuova holding con capitale controllato al 51% dai produttori agricoli, cui affidare attività di distribuzione e produzione.
 
Un piano siffatto, mai giunto ad una definitiva elaborazione, non ebbe peraltro alcuna pratica attuazione .
 
Tra la fine del 1991 e l’inizio del 1992 iniziò a predisporre un progetto anche il prof. Pellegrino Capaldo, all’epoca presidente del prestigioso Banco di S.Spirito, prossimo a fondersi con il Banco di Roma e con la Cassa di Risparmio di Roma nella nuova Banca di Roma .
Il Capaldo ebbe modo di parlare e confrontarsi anche con il Roveraro.
 
E non è affatto improbabile, come si vedrà, che qualche spunto del progetto Fiordaliso, fosse stato tenuto presente dall’abile finanziere.
 
Certo è che egli si rivolse all’Avv. Mario Casella, professionista milanese assai esperto di procedure concorsuali e consulente abituale dell’istituto del Capaldo.
 
Costui conferì al Casella, che si avvalse altresì della collaborazione dell’Avv. Maugeri, l’incarico di studiare la fattibilità di un piano destinato a coinvolgere il ceto creditorio nel rilievo in massa di tutte le attività di Federconsorzi, ciò da cui nelle dichiarate intenzioni sarebbero dovuti derivare una forte riduzione dei tempi della procedura concorsuale ed un buon risultato sul versante del recupero del credito vantato nei confronti di Federconsorzi.
 
Ovviamente tutto sarebbe dipeso in primo luogo dal voto favorevole dei creditori nell’adunanza fissata per il mese di gennaio.
 
Il risultato non era scontato, data la moltitudine dei creditori e la reazione a suo tempo manifestata dalle banche estere, restie ad accettare qualsivoglia abbattimento del proprio credito .
 
Inoltre vi era il problema di Agrifactoring.
 
Tale società era la massima creditrice di Federconsorzi ed in epoca pressoché coeva aveva fatto richiesta di ammissione alla procedura di concordato preventivo, avendo fatalmente risentito della crisi della propria cliente.
 
Anche con riguardo ad essa le banche estere si erano dolute del mancato pagamento dei crediti, individuando nella BNL, espressione del Ministero del Tesoro, il socio di riferimento.
La grave situazione, tale da poter determinare perfino una tempesta monetaria, si sbloccò con la congiunta iniziativa assunta da B.N.L., Banco di Santo Spirito ed Efibanca di postergare i propri crediti verso Agrifactoring , così assicurando agli altri creditori una ben più corposa percentuale di realizzo a scapito delle proprie chances.
 
Le medesime banche si ripromettevano peraltro di conseguire anche l’utile risultato del voto favorevole nel concordato Federconsorzi.
 
6 - Nel gennaio 1992, prima della data fissata per l’assemblea, il commissario giudiziale prof. Nicola Picardi depositò una relazione particolareggiata , redatta dallo stesso e dal coadiutore generale Avv. Ludovico Pazzaglia.
 
In essa, accanto ad una panoramica sulla storia di Federconsorzi e sulle cause del dissesto, si dava conto delle attività e delle passività della società in concordato alla data del 30 novembre 1991.
 
A tal fine il prof. Picardi si era avvalso delle consulenze svolte da una serie di esperti, cui nel mese di settembre era stato conferito dal Presidente Greco l’incarico di procedere per -gruppi omogenei di cespiti- alla ricognizione dei beni che componevano l’imponente patrimonio e ad una valutazione estimativa degli stessi, da utilizzarsi ai fini del prosieguo della procedura.
 
Fra l’altro era stato nominato un coordinatore, individuato nella persona del dott. Enrico De Santis, che in una relazione di sintesi, denominata relazione unica di stima, avrebbe dovuto formulare le conclusioni tratte dalle relazioni redatte per i rispettivi settori da ciascuno degli esperti.
 
In base al lavoro di questi ultimi rifluito nella relazione unica di stima il valore globale delle attività era risultato pari a 4.800 miliardi di lire circa, derivanti da cespiti immobiliari (valutati dall’ing. Perrone e dall’ing. Micheloni ) per 921 miliardi di lire, da partecipazioni in società quotate e non quotate in borsa (valutate dal dott. Ferrucci e dal dott. Del Maro ) per 1.020 miliari di lire, da partecipazioni bancarie (valutate dal prof. Ferri ) per 415 miliardi di lire, da crediti (valutati dalla prof.ssa Misucci ) per 2.325 miliardi di lire e da poste minori.
 
A fronte di tutto ciò il prof. Picardi ritenne di ispirarsi a cautela ancora maggiore di quella professata dai singoli esperti, e nel valutare le attività ritenne di operare un ulteriore abbattimento in varia guisa distribuito, così da giungere alla somma di 3.939 miliardi di lire circa.
 
Quanto alle passività il commissario giudiziale le indicò in 4.410 miliardi di lire per i crediti chirografari e in 275 miliardi per quelli privilegiati.
 
Nel corso dell’assemblea furono raggiunte le maggioranze necessarie.
 
A favore del concordato votò la stessa Agrifactoring, che vantava un ingente credito, qualificato solo in minima parte come privilegiato.
 
Subito dopo iniziò il procedimento di omologa.
 
Nel contempo vennero autorizzate altre vendite di cespiti immobiliari e di partecipazioni.
 
Non tutte andarono a buon fine, anche se in concreto le vendite effettuate assicurarono nel loro complesso un introito superiore al valore di stima dei relativi beni.
 
La circostanza che il prof. Capaldo stesse elaborando nell’interesse di un gruppo di creditori un suo progetto venne ufficialmente a conoscenza degli organi della procedura.
 
Lo stesso Capaldo infatti aveva chiesto al Presidente Greco di poter visionare dei documenti ed era stato invitato a rivolgersi ai commissari governativi.
 
Costoro incaricarono quindi uno di loro, il dott. Locatelli, di tenere i contatti con il Capaldo, autorizzando altresì la struttura di Federconsorzi a consegnare al richiedente la documentazione di cui avesse avuto bisogno .
 
Nel frattempo i commissari avevano conferito ad un gruppo di tre esperti, avv. Lucio Ghia, prof.ssa Maria Martellini e prof. Mario Sica, l’incarico di esaminare bilanci e contabilità di Federconsorzi con riferimento agli anni che avevano preceduto il commissariamento.
Successivamente avevano ritenuto opportuno rivolgere formale istanza al G.D., affinché autorizzasse il conferimento dell’incarico .
 
Il commissario giudiziale aveva però espresso parere negativo, segnalando da un lato come egli stesso avesse sottolineato in una propria nota la necessità di un accertamento tecnico-contabile, peraltro rimesso dal G.D. alla fase dell’omologa, e dall’altro come l’iniziativa dei commissari finisse per determinare una duplicazione di spese.
 
Il G.D. aveva assunto un provvedimento interlocutorio, chiedendo ai commissari chiarimenti.
 
Costoro, nel ribadire la necessità dell’accertamento, con nota del 17-4-1992 avevano prospettato l’eventualità dell’integrazione della commissione con un esperto nominato direttamente dagli organi della procedura.
 
Finalmente, con provvedimento del 5-5-1992, il G.D. autorizzò il conferimento dell’incarico e, a seguito di istanza del commissario giudiziale prof. Picardi, il successivo 12-5-1992 dispose che la commissione fosse integrata da un esperto all’uopo nominato, individuato nel prof. Francesco Carbonetti , il quale di fatto prese il posto dell’avv. Ghia, che rinunciò all’incarico.
 
'''7''' - Nel maggio del 1992 i commissari si trovarono ad approvare il bilancio relativo all’esercizio precedente.
 
Poiché risultava la perdita del capitale, essi si posero in concreto il problema se convocare o meno l’assemblea competente a disporre la messa in liquidazione della società.
 
Da un lato vi era chi, come il Locatelli, in base alla giurisprudenza milanese, riteneva che si trattasse di un adempimento inutile, stante la pendenza della procedura di concordato preventivo, avente funzione liquidatoria ; dall’altro vi era chi come il prof. Gambino, sapendo di precedenti di segno opposto del Tribunale di Roma, riteneva opportuno procedere alla formale messa in liquidazione .
 
Alla fine i tre commissari, pur manifestando il convincimento della non necessità della convocazione dell’assemblea, preferirono cautelarsi formulando un’istanza diretta al Presidente Greco, nella quale essi chiedevano comunque un parere al Giudice, instando in subordine per l’autorizzazione alla messa in liquidazione .
 
Detta istanza, che reca la data del 27-5-1992, fu presentata contestualmente all’approvazione del bilancio.
 
Essa fu altresì seguita da una lettera al Ministro di pari data, con la quale i tre commissari segnalavano di aver richiesto al Tribunale conferma della non necessità della messa in liquidazione e contestualmente rimettevano il mandato, asserendo che il loro compito si era ormai esaurito .
 
==8== - Nella stessa fatidica data del 27-5-1992 l’Avv. Casella a nome di un gruppo di creditori, costituito essenzialmente dalle maggiori banche, inviò agli organi della procedura una lettera nella quale esponeva per la prima volta ufficialmente le linee guida del piano ideato dal prof. Capaldo .
 
Secondo quanto indicato nella lettera si prospettava la costituzione da parte dei soggetti creditori di Federconsorzi di una nuova società con capitale di 30 miliardi di lire, ripartito tra i soci in proporzione dei rispettivi crediti e con possibilità di partecipazione di altri creditori, disponibili a cedere il loro credito e a sottoscrivere in denaro congrui aumenti di capitale.
 
Per conto della costituenda società si offriva di acquistare in massa tutti i beni della Federconsorzi al prezzo complessivo di 2.150 miliardi di lire, somma da pagarsi in tre rate nell’arco di diciotto mesi, offrendosi peraltro adeguate garanzie e prevedendosi la possibilità di compensazione con somme spettanti in base a riparti parziali.
Si assicurava il soddisfacimento integrale dei creditori fino a 20 milioni di lire e in varie percentuali di quelli fino ad un miliardo di lire.
 
Mentre sui giornali cominciò un dibattito sulla congruità dell’offerta di acquisto in massa, il Ministro Goria si trovò costretto a nominare un nuovo commissario governativo, che fu individuato nel dott. Mario Piovano, il quale si insediò alla metà di giugno del 1992, con la promessa di una provvisoria collaborazione, nella fase di passaggio, del dott. Cigliana.
Fu peraltro deciso che i commissari uscenti curassero per il periodo di loro spettanza la relazione quadrimestrale al Ministro.
 
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