Da Lucrezio (libro secondo): differenze tra le versioni

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| Nome e cognome del traduttore = Ugo Foscolo
| Anno di traduzione = XIX secolo
| URL della versione cartacea a fronte =Indice:Foscolo - Poesie,1856.djvu
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''De rerum natura'', libro II<ref>Traduzione dal verso 352 al 367.</ref><ref>Dobbiamo alla cortesia del signor Gregorio Gori la comunicazione di questo squarcio di traduzione foscoliana tolta da un foglio autografo da lui posseduto. — Il {{AutoreCitato|Luigi Carrer|Carrer}} pubblicò anche il principio del ''{{TestoCitato|Il paradiso perduto|Paradiso perduto}}'' del {{AutoreCitato|John Milton|Milton}}, come traduzione del Foscolo; ma noi non l'abbiamo accolto in questo volume, perché quei pochi versi, seppure sono del nostro poeta, ci sembrano soltanto un primo abbozzo.</ref>
 
 
<poem>
. . . . . . . . .
 
Ché sovente dinanzi ai simulacri
Splendidi degli Dei cade immolato
Sulle fumanti-incenso are il vitello,
E dal petto gli sgorga un caldo fiume
{{R|5}}Di sangue. Intanto va l'orbata madre
Pei verdi campi errando (e impresse lascia
Del bipartito pié l'orme sul suolo),
Con gli occhi ricercando i luoghi intorno
Tutti quanti, se mai veder potesse
{{R|10}}Il suo figlio perduto; e soffermata
Empie il bosco frondoso di lamento.
Riede frequente a visitar le stalle,
Trafitta dal desio del suo giovenco.
Non l'erbe liete di rugiada, o i teneri
{{R|15}}Salci, non d'alto le fonti cadenti
Ponno il cuore allettarle, e l'improvvisa
Piaga sanar; né la beltà può d'altri
Vitelli gai pei fioriti paschi
Sviarla, e il duolo ristorar: cotanto
{{R|20}}Un che di proprio e al suo cor noto cerca!
</poem>
 
{{Sezione note}}