Pagina:Rivista italiana di numismatica 1892.djvu/215: differenze tra le versioni

CandalBot (discussione | contributi)
Bot: modifica fittizia Pywikibot
Etichetta: Riletta
 
Stato della paginaStato della pagina
-
Pagine SAL 75%
+
Pagine SAL 100%
Intestazione (non inclusa):Intestazione (non inclusa):
Riga 1: Riga 1:
{{RigaIntestazione||{{Sc|il bimetallismo a venezia nel medio evo}}|203}}
{{RigaIntestazione||{{Sc|il bimetallismo a venezia nel medio evo}}|203|riga=si}}
Corpo della pagina (da includere):Corpo della pagina (da includere):
Riga 1: Riga 1:
prezioso per le notizie commerciali e monetario del secolo XIV che è "La pratica della mercatura del Pegolotti<ref>{{Sc|{{AutoreCitato|Francesco Balducci Pegolotti|Francesco Balducci Pegolotti}}}}, ''La pratica della Mercatura'', Lisbona e Lucca, 1766.</ref>;" In più capitoli di quell’opera sono ragguagliati a 24 soldi di grossi il ducato di Venezia ed il fiorino di Firenze, monete che tenute uguali per il peso e la bontà servivano comò moneta universale nei commerci coi paesi lontani. Verso la metà del secolo XIV, per rimediare ad altri inconvenienti monetari, sui quali torna inutile fermarsi, il grosso fu elevato al valore di 4 soldi, o, per esprimermi più esattamente, il valore del soldo fu diminuito sino ad un quarto del grosso. Questo mutamento portò una notevole alterazione nel modo di valutare la lira di grossi, giacché il grosso si divideva in 32 piccoli, e quindi la lira di grossi era valutata 32 lire di piccoli, mentre i 240 grossi effettivi ed i loro equivalenti 10 ducati, erano arrivati al valore di 48 lire di piccoli. Siccome la coniazione del grosso erasi in quest’epoca rallentata, poi arrestata, ne venne per conseguenza che si formarono due differenti qualità di lire di grossi, secondo che si prendeva per base il ducato ovvero il piccolo. Infatti numerando 32 piccoli per grosso, 7680 piccoli, ossia 32 lire di piccoli, formavano una lira di grossi ''in argento'': ma se invece si prendevano i 10 ducati equivalenti alla lira di grossi, si aggiungeva a 48 lire di piccoli ''in oro'', perchè ogni grosso era stato colla nuova disposizione valutato 16 piccoli più di prima. Ne venne quindi un singolare fenomeno: due lire di eguale origine e con eguale suddivisione, ma di differente valore, di cui una aveva ideale il grosso, di minore intrinseco del reale; l’altra aveva il piccolo maggiore dell’{{Pt|ef-|}}
prezioso per le notizie commerciali e monetarie del secolo XIV che è “La pratica della mercatura del Pegolotti<ref>{{Sc|{{AutoreCitato|Francesco Balducci Pegolotti|Francesco Balducci Pegolotti}}}}, ''La pratica della Mercatura'', Lisbona e Lucca, 1766.</ref>.„ In più capitoli di quell’opera sono ragguagliati a 24 soldi di grossi il ducato di Venezia ed il fiorino di Firenze, monete che tenute uguali per il peso e la bontà servivano comò moneta universale nei commerci coi paesi lontani. Verso la metà del secolo XIV, per rimediare ad altri inconvenienti monetarî, sui quali torna inutile fermarsi, il grosso fu elevato al valore di 4 soldi, o, per esprimermi più esattamente, il valore del soldo fu diminuito sino ad un quarto del grosso. Questo mutamento portò una notevole alterazione nel modo di valutare la lira di grossi, giacchè il grosso si divideva in 32 piccoli, e quindi la lira di grossi era valutata 32 lire di piccoli, mentre i 240 grossi effettivi ed i loro equivalenti 10 ducati, erano arrivati al valore di 48 lire di piccoli. Siccome la coniazione del grosso erasi in quest’epoca rallentata, poi arrestata, ne venne per conseguenza che si formarono due differenti qualità di lire di grossi, secondo che si prendeva per base il ducato ovvero il piccolo. Infatti numerando 32 piccoli per grosso, 7680 piccoli, ossia 32 lire di piccoli, formavano una lira di grossi ''in argento'': ma se invece si prendevano i 10 ducati equivalenti alla lira di grossi, si aggiungeva a 48 lire di piccoli ''in oro'', perchè ogni grosso era stato colla nuova disposizione valutato 16 piccoli più di prima. Ne venne quindi un singolare fenomeno: due lire di eguale origine e con eguale suddivisione, ma di differente valore, di cui una aveva ideale il grosso, di minore intrinseco del reale: l’altra aveva il piccolo maggiore dell’{{Pt|ef-|}}