Pagina:Catullo e Lesbia.djvu/42: differenze tra le versioni
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amore non c’è è cosa più fiera che il sentirsi padrone di sè: si fanno allora le famose risoluzioni e le più grandi corbellerie; la sicurezza d’esser liberi ci fa sfidare la servitù: povere farfalle, che fidando nelle picciole aluzze, giriamo e rigiriamo attorno al lume, finchè ci lasciamo la vita; Diogeni in ventiquattresimo, che quando più crediamo d’aver il coraggio di trattare sgarbatamente Alessandro, non abbiamo la forza di resistere al primo sguardo di due occhietti maliziosi e al dolce |
amore non c’è è cosa più fiera che il sentirsi padrone di sè: si fanno allora le famose risoluzioni e le più grandi corbellerie; la sicurezza d’esser liberi ci fa sfidare la servitù: povere farfalle, che fidando nelle picciole aluzze, giriamo e rigiriamo attorno al lume, finchè ci lasciamo la vita; Diogeni in ventiquattresimo, che quando più crediamo d’aver il coraggio di trattare sgarbatamente Alessandro, non abbiamo la forza di resistere al primo sguardo di due occhietti maliziosi e al dolce sorriso d’una furba conquistatrice di cuori. |
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Quando l’amicizia di Manlio venne in aiuto del povero innamorato, porgendogli occasione di vedere ed avvicinare la donna amata, che non avea da canto suo trascurato d’adocchiare il giovane provinciale, e scriverne il nome nel libro dei suoi capricci, a lui parve toccare il cielo col dito. La prima parola dell’amor suo fu un complimento, una galanterìa: non potea cominciar meglio per entrar nelle grazie di quella donna. Principia dal lodarle il passerino, il bel passerino, che va a prender l’imbeccata dalle manine di lei, che le si va a nascondere in seno, che le pizzica il dito, che le saltella d’intorno, che le fa tante birichinate.<ref>[[Catullo e Lesbia/Traduzione/Parte prima. Amore ed illusione/1. Al passere di Lesbia - II Ad passerem Lesbiae|Carm. II]].</ref> Le donne galanti hanno sempre qualcuno di codesti capricci: un passerotto, una tortora, un cagnolino. E non senza ragione: quelle povere bestioline son chiamate a fare un gran brutto mestiere senza saperlo; servono di pretesto. Come si fa a dire a una donna che si vede la prima volta: io vi amo, senza lasciare il nostro lato debole troppo scoperto? Una di quelle{{Pt| be-|}} |
Quando l’amicizia di Manlio venne in aiuto del povero innamorato, porgendogli occasione di vedere ed avvicinare la donna amata, che non avea da canto suo trascurato d’adocchiare il giovane provinciale, e scriverne il nome nel libro dei suoi capricci, a lui parve toccare il cielo col dito. La prima parola dell’amor suo fu un complimento, una galanterìa: non potea cominciar meglio per entrar nelle grazie di quella donna. Principia dal lodarle il passerino, il bel passerino, che va a prender l’imbeccata dalle manine di lei, che le si va a nascondere in seno, che le pizzica il dito, che le saltella d’intorno, che le fa tante birichinate.<ref>[[Catullo e Lesbia/Traduzione/Parte prima. Amore ed illusione/1. Al passere di Lesbia - II Ad passerem Lesbiae|Carm. II]].</ref> Le donne galanti hanno sempre qualcuno di codesti capricci: un passerotto, una tortora, un cagnolino. E non senza ragione: quelle povere bestioline son chiamate a fare un gran brutto mestiere senza saperlo; servono di pretesto. Come si fa a dire a una donna che si vede la prima volta: io vi amo, senza lasciare il nostro lato debole troppo scoperto? Una di quelle{{Pt| be-|}} |