Giro del mondo del dottor d. Gio. Francesco Gemelli Careri - Vol. IV/Libro I/V: differenze tra le versioni

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Libro I - Cap. V

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CAPITOIO QUINTO.

Cammino necessario di Terra per imbarcarsi,

con la descrizione del gran Canale

della Cina.


D
I buon’ora i miei servidori ferono venir Sabato 10. tre sedie in Convento, una per me, e due per loro; sono quelle ben leggiere, come fatte di canna anche le stanghe; perche devono portarsi per una scoscesa montagna. Non è [p. 46 modifica]credibile la velocità con cui andavano i facchini senza posare, fuor che tre volte in una giornata di 30. miglia; facendo di trotto cinque miglia per ora, senza la delicatezza delle corregge, in vece di cui portan sopra il collo un duro legno a traverso, che taglia lor la carne; usano nondimeno alcuni un collaretto di cuojo, per ripararsi.

Il cammino era quasi una continua fiera per le tante mercatanzie, che trasportavansi da infiniti facchini, e per le sedie, che passavano; poiche in Cina dovendosi portar tutte le merci per fiumi, e non essendo comunicabili li due di Nanyunfù, e Nanganfù (che tirano il più gran commercio dell’Imperio) si conducono per terra 30. miglia; per lo qual trasporto le persone servono di bestie, caricandosi ben bene le spalle; potendo con verità dire, che in quella giornata ne incontrai più di 30. m.

Per dar da mangiare a tanta gente il cammino è una continua popolazione di Villaggi, e d’osterie, nelle quali desinano quei facchini per un grano della moneta di Napoli. La campagna (dove è coltivabile) è un campo di riso, che di tutti tempi matura, senza rimanervi [p. 47 modifica]oziosa la terra. Desinai à mezzo dì in un’Osteria: ed appresso per lo caldo riposai in altra. Quantunque la montagna per due miglia di salita, et altrettante di scesa fosse precipitosa, la feci nondimeno in sedia; perciòche i facchini, che mi portavano, eran ben forti: et io mi stava alquanto infermo. Aprì il passo a questo monte un tal Vùen, mentre era Mandarin di Nanganfù, anche con l’aiuto di quello di Nanyunfù, che tagliò similmente per la sua parte l’impraticabile monte; per mercè del cui beneficio vi ferono i Cinesi a que’ due Mandarini una Pagode nel mezzo con le loro statue, adorandoli sicome Idoli. Smontata la montagna dopo due miglia giunsi in Nanganfù, tre ore prima che si facesse notte; alloggiai nella Casa de’ Padri Riformati Spagnuoli; e benche non vi stesse il padre, essendo andato fuora per la Diocese di sua Missione; i Serventi nondimeno mi complimentarono con grand’attenzione, et umiltà.

Niuna Missione di quante ne sono in Cina, è miglior di quella, che vi mantiene la pietà del nostro Monarca delle Spagne: il quale dopo aver speso da mille pezze d’otto a porre un [p. 48 modifica]Missonario in Cina, l’assiste puntualmente con altre 140. l’anno; pagando per 20. Soggetti a’ Padri Riformati, quando non vi assistono più che dodici.

Il somigliante egli fà a Padri Domenicani, et Agostiniani Spagnuoli, i quali colà ancor vanno per la parte di Manila. Il denaro ch’avanza loro a capo dell’anno, l’impiegano poi a far nuove Chiese, o adornar le fatte; poiche le più belle, che vedonsi in Canton, Nanyunfù, e Nanganfù, sono de’ Padri Spagnuoli, che le mantengono con molto decoro.

Se bene i Padri Gesuiti in Pekin, Canceufù, et in altre Città tengono rendite di case, e di campi, vivono nondimeno con molta strettezza, mentre non son bene assistiti da Portogallo; avendomi eglino medesimi raccontato, che l’anno passato non si ripartirono che 25. Taes per Missionario, che sono 31. pezze d’otto; che non possono bastare un’anno per mantenere quattro, o cinque famigli a questi, che non hanno rendite: mentre quelli di Pekin la passano bene. Postomi in sedia andai passeggiando la Città (ch’è la prima dalla parte della Provincia di Kiamsij, dividendo il monte le due Provincie). La medesima è a destra del [p. 49 modifica]fiume lunga un miglio, oltre i suoi Borghi; essendovi nell’opposta riva altre molte villate. Le case generalmente son di pietre, di mattoni, e di legno, basse, e mal fatte: le strade strette, e le botteghe non molto ricche; avvegnache vi sia molto traffico per terra, e per acqua; perche per render agiati a bastanza gl’infiniti abitanti, bisognerebbe che il fiume corresse oro.

Il gran canale della Cina che rende navigabile sì vasto Imperio da un capo sino all’altro per lo gran tratto di circa mille, e ottocento miglia sempre per fiume, e canali (benche io fatta vi avessi una giornata di cammino per terra da Nanyanfù a Nanganfù) fu fatto d’ordine del Principe Tartaro Xiçu, o Cublay; poiche avendo i Tartari occidentali quattrocento, e più anni sono conquistata la Cina, stabilirono nella Città di Pekin la lor Sede, per governare più agiatamente i loro Stati della Tartaria occidentale, (che comincia dalla Provincia di Pekin, e si stende sino al Mogol, e alla Persia al Mar Caspio) e perciocche le Provincie Settentrionali non potevano somministrar le provvisioni necessarie per lo mantenimento di quella gran Corte; per [p. 50 modifica]l’incertezza che s’incontrava nella navigazione a farle venire dalle Provincie Meridionali, per cagion delle calme, e tempeste, impiegò infinità di persone, che con immense spese, e maravigliosa industria aprirono a traverso di più Provincie un canale di 3500. stadj Cinesi di lunghezza, che sono 330. m. Italiane.

Questo Canale in diversi luoghi, tanto per iscemar la corrente dell’acque, quanto per render quelle più profonde, tiene settantadue incluse. Elle hanno grosse porte, fatte di legno, che si chiudono la notte, ed apronsi il giorno, per far passare le barche. Si passano generalmente con facilità; non però di meno, ve ne sono alcune, che son malagevoli, e pericolose a passare, spezialmente quella, che chiamano Tien-Ficha, cioè a dire la Regina, e Padrona del Cielo, per esprimere con questi termini iperbolici la sua altezza straordinaria. Quando le barche vanno contra la corrente, e sono giunte al basso di questa inclusa, per più funi son tirate da 400. e 500. persone, impiegandovi capi grossi ligati a colonne di pietra, quando quelle venisser meno; assicurate in tal modo, al suono d’un tamburo cominciano tutti pian piano a [p. 51 modifica]trarre la barca, e poi affrettandosi, mentre quella stà nella violenza della corrente, per porla in un tratto al sicuro, e nell’acqua morta; scendono però con sollecitudine, ma con più periglio, legando le medesime con corde per la poppa, che danno lentamente, mentre altri con lunghi legni ferrati riparano, che non urtino a’ lati.

Questo Canal comincia dalla Città di Tum-ceu, lontano otto miglia da Pekin; vi è un fiume, di cui si siegue la corrente sin a tanto, che quello entra in un’altro fiume presso al Mare, che si rimonta per alcuni giorni. S’entra appresso in un Canale fatto a mano: e dopo aver navigato 70. miglia trovasi una Pagode, detta Fuèn-xiù-miaò, cioè a dire, Tempio dello Spirito, che divide l’acque; perche qui l’acque non son contrarie, ma si scende, servendosi de’ soli rami i Barcaroli. Queste acque vengono da un lago dalla parte d’Oriente per un Canale, che i Cinesi aprirono in una montagna (rattenendo il corso naturale del fiume) e con tal simetria, e livello, e proporzione le condussero in questa Pagode, che quando sono incontro alla medesima, corrono la metà per Settentrione, e [p. 52 modifica]l’altra metà per Mezzo dì.

Il Canale passa in alcuni luoghi per entro le Città, in altri lungo le mura. Egli traversa una parte della Provincia di Pekin, tutta quella di Xàntum, e dopo esser entrato in quella di Nankin, si scarica in questo rapido fiume, che i Cinesi chiamano giallo: in cui si naviga meno di due giorni: e dopo si entra in un’altro fiume, che si rimonta per un miglio, alla fin del quale si trova un Canale, che i Cinesi aprirono alla riva meridionale di questo ultimo fiume, che corre verso la Città di Hoàingan; quindi passa per più Città, finche giunto alla Villa di Yam-ceu, quivi presso si scarica dentro il gran fiume Kian, mezza giornata lontano dalla Città di Nankin. Certamente l’opra fu grande, e maravigliosa più che le antiche tutte, che si raccontano de’ Romani, o de’ Persiani, o degli Assirj, a d’altre antiche Monarchie.