Giro del mondo del dottor d. Gio. Francesco Gemelli Careri - Vol. IV/Libro I/III: differenze tra le versioni

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Libro I - Cap. III

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CAPITOLO TERZO.

Viaggio sino alla Città di Canton, con la

descrizione di quella, e d’altre, che nel

cammino s’incontrano.


H
Avendo determinato di passare in Canton, andai Giovedì 11. a parlare al Generale Portoghese, per farmi fare dall’Upù un passaporto, per non aver molestia nel cammino: il qual promise di ottenerlomi.

Venerdì 12. usai la diligenza per avere un Cinese, che mi servisse d’interprete nella strada, e l’ebbi agevolmente per poco prezzo.

Sabato 13. unitamente col Procuratore della Città andai dall’Upù per ispedirmi; ma giugnemmo in tempo, che stava colui ispacciando le lettere per l’Imperadore, le quali erano scritte dalla Città, e Mandarini, per cagion dell’incamminamento del Leone. Fu la sollennità in tal forma. Uscito in pubblico s’assise l’Upù in una sedia con un deschetto avanti coperto di seta, vestito con una veste lunga, alla quale era appiccato un gran collare, che coprivagli le spalle, e lasciava [p. 21 modifica]due ale; più istrumenti, e voci confuse applaudivano alla funzione anche col rimbombo di tre tiri di mortaretti, stando 30. fanti in ala con varie insegne alle mani, e ombrella ben lunga. Si pose in ginocchio l’Upù verso un tavolino, dove stava la borsa delle lettere per l’Imperadore, bassando tre volte la fronte al suolo, il che ripetè altrettante volte, levatosi in ogn’una in piè. Si terminò la cerimonia, correndo fuor la strada coloro che portavan gli strumenti, e l’ ombrella, per farsi la consegna in forma valida delle lettere al tiro d’altri tre mortaretti: le quali avendo ricevute il Corriero, si pose tosto a cavallo, e cominciò a correre; dovendo ogni Mandarino per la sua giuridizione provvederlo di buoni cavalli, senza impedirlo, o rattenerlo. Si assise dopo ciò il Mandarino, e fè aprir le porte, che stavano chiuse, ritirandosi quindi a poco dentro; per lo che non potei allora esser ispedito dall’Upù.

Domenica 14. vi ritornai vestito alla Cinese, e presi congedo da lui; dopo avermi dato il passaporto per le dogane del cammino, percioche io portava robe d’imbarazzo con uno schiavo.

Lunedi 15. avendo tolta una [p. 22 modifica]imbarcazione ben coperta nella poppa, vi feci acconciare il mio letto; e sul tardi m’imbarcai. Tutta la notte remarono coll’Eylau, o Lio Lio. E’ questo un particolar remo, che si usa da’ Cinesi, lungo più degli altri, il quale si pone alla poppa, overo a’ lati, sostenuto per un chiodo, o legato con fune; il remano più persone con destrezza, senza mai cavarlo dall’acqua, come si fa dall’altre nazioni, rivolgendolo dall’uno, e dall’altro lato; moto, che dà impulso, e porta avanti la barca: e fa più uno di questi, che quattro degli altri: dove sono bassi, respingono la barca con legni. Diedesi fondo a mezza notte.

Martedì 16. a buon’ora ci ponemmo alla vela, continuando il cammino per un canale, che lasciavano l’Isole vicine; ben vero v’è altro per lo Mar più spazioso, ove usano i vascelli, e navili grandi, poiche per terra non si può andare più di Oanson. Passate tante Isole, che sembrava chiudessero il cammino, entrammo in un fiume d’acqua dolce, che faceva laghi spaziosi fra l’Isole; ed era largo ben mezzo miglio. Giugnemmo in Oanson, o Anson al parlare de’ Portoghesi, prima delle tredici ore: l’Isole, e paese sono assai vaghe per la verzura [p. 23 modifica]delle piante, e de’ paschi, che porrebbono mantener molte greggi, quasi a paragon della nostra Puglia; ma non ne vedemmo alcuna. Per lo canale trovammo in barche più guardie della Dogana; nondimeno nè per le robe, nè per lo schiavo mi diedero molestia, nè visitarono tampoco la nostra lorgia: a cui per tutto diedi una pezza d’otto.

Oanson ha sembianza più tosto d’un gran Villaggio, che di Città, per esser senza mura: e le sue case basse sono in gran parte fabbricate di legno, e di paglia. E’ posta la Città lungo il fiume nel piano; perciocchè ne’ luoghi alti non fabbricano i Cinesi, per timor de’ Tifoni. Distendesi in lunghezza più di due miglia; le sue piazze sono grandi con belle botteghe di drappi di seta, di tela, di droghe, di robe da mangiare, e d’altro. Nelle falde, e sommità del monte è guardata da una gran fabbrica, che ha due miglia, e mezzo di giro; la chiamano la Fortezza, avvegnacchè non abbia che cinque piccioli pezzi per le feste, e da non molti Soldati sia guernita: e certamente non la tengono ad altro uso, che per ritrarsi i Naturali in caso d’invasione di nemici; (tenendovi le sentinelle in [p. 24 modifica]alte Torri, per dar l’avviso. E’ governata la Città per un Quaaxù, o Mandarin, al dire de’ Portoghesi, che guarda il canale con nove peciù, o some ben guernite.

Sovente si sogliono trovar barche quivi per passare in Canton, poiche coloro che vengon per terra, e per mare da Macao, abbisognano d’imbarco; ma per mia disgrazia allora io nessuna ve ne ritrovai: e mi fu d’uopo pormi in una grande lorgia, che andava a Seloam metà del cammino. Montato in quella al tramontar del Sole, per lo buon vento, a mezza notte demmo fondo presso a detto luogo; il cammino si fè per placido canale fra verdeggianti prati di riso; questo però è più picciolo del nostro, roscio, e forte.

Mercoledì 17. andai vedendo Seolam per curiosità: e trovai una gran selva abitata, per cagione delli tanti alberi; le case erano di pietra, o di mattoni, ma basse a loro maniera. Contenevano l’abitazioni più di tre miglia di giro: oltre a tante quantità di barche, che stavano per lo canale, e facevan quasi altra Città. Comanda quivi un Mandarino.

All’opposta riva del canale vi era [p. 25 modifica]altra Città detta Santa molto più grande, e con migliori edifici, governata d’altro Mandarino con lo distretto. Si pagarono sol sei carlini della moneta di Napoli per questa seconda barca. Noto ciò per far comprendere con quanta convenienza si viaggi per la Cina.

Noleggiai Giovedì 18. altra lorgia migliore delle due, poichè questa teneva camere, e galerie a’ lati coperte con ogni agio; partimmo a mezzo dì per Canton. Venivan meco più Cinesi, i quali sperimentai molto attenti, e cortesi verso di me: ed era quivi un Cuoco per dar da mangiare a’ passaggieri, il quale apparecchiava alla Cinese.

Benche la corrente del fiume fusse contraria, avanzammo col buon vento sempre fra belli campi, e popolazioni; vedendosi sopra alti monti bellissime Torri. In questi fiumi, e canali si pescano quantità di pesci, gamberi, e frutta di mare, spezialmente infinità d’ostriche, delle cui scorze fannosi invetriate per uso delle finestre. Il fiume, per dove andavamo, si giva partendo in vari rami a destra, et a sinistra, rendendo per le sue acque facile la comunicazion delle genti, mentre si dilata, e impicciolisce alle [p. 26 modifica]volte per render intrigato il passo. Al cader del Sole lasciammo a destra Lunvan, ed a sinistra Citaun, Potaúun, ed altre magnifiche Terre, che ad ogni due miglia si vedevano: in ciascuna delle quali miravamo otto, dodici, e quindeci alte Torri, secondo la grandezza del luogo, di spaziosa fabrica, ben forti, e con loro balestriere, che la vigilanza Cinese si fabbricò in caso d’attacco nemico; acciocchè ritirati i Cittadini con loro averi, si difendessero, avvertiti da coloro, che quivi stanno a guardia: la qual cosa è solamente in quei luoghi, dove non è fortezza per ritirarsi.

Venerdì 19. entrammo nel porto di Canton prima di nascere il Sole, essendo rimasi la notte sull’ancora a vicinanza di quella Città. Quivi si congiungono il canal salso, e’l dolce (per dove andammo) e fanno quella Isola: alla punta della quale è Macao, lontano 150. miglia da Canton; perciocchè il cammino non si fà per dritto, avendo noi fatto un mezzo cerchio per le ritorte vie del fiume. Fui in una barchetta alla dogana, che stava in una barca molto grande con più camere per servigio degli ufficiali; i quali riconosciuto il passaporto dell’Upù [p. 27 modifica]liberaronmi con cinque grani di diritto, senza che aprissero la valige; pagandosi alla lorgla intorno a sei reali di Spagna.

Andai nella casa de’ Padri Spagnuoli di S. Francesco, che assistono per la missione in Canton, e nel suo Borgo; tenendovi due ben’ornate Chiese con la carità, che loro somministra la Maestà del Re delle Spagne; mi riceverono con molta cortesia, non lasciando d’insospettirsi dei mio arrivo, come di cosa insolita.

Per intelligenza di ciò è da sapere, che la Città di Macao per sua povertà da lungo tempo addietro non avendo avuto Pastore, parve alla Sede Apostolica deputar nella Cina, Tunchin, e Cocincinna Vicari Apostolici, a’ quali ubidissero tutti i Missionarj, e Cattolici. Ed in effetto destinati i Clerici Francesi del Collegio di S. German di Parigi, a questi prestarono giuramento d’ubbidienza i Padri suddetti Francescani, Agostiniani, e Domenicani Spagnuoli, che mantiene la pietà del Rè delle Spagne in Cina. Quattro anni sono, stimandosi necessaria l’assistenza del Pastore, scrisse la Città di Macao al Re di Portogallo, che interponesse i suoi uficj appresso Sua Santità per esser [p. 28 modifica]provveduta quella Chiesa del suo Vescovo, offerendo di mantenerlo con una convenevole assistenza; per lo che venne il Prelato in Macao, il quale pretendendo esser di sua giuridizione Canton, ed altri luoghi della Cina, vuol, che i riferiti Missionarj debbiano ubbidire a sè, e non a’ Vicari Apostolici, che suppone esser stati rivocati. Ma perciocchè questi han prestato giuramento d’ubbidire a’ Vicari, dicono, che non possono soggiacere al Vescovo, se colui non mostra la rivocazione. Sopra questi punti ogni dì vi son monitorj, e citazioni, i quali non sol distolgono quei buoni Religiosi dal servigio di Dio, e dalle missioni, ma gli allontanano dall’affetto fraterno, che devono portarsi un l’altro; poiche tutti ne sono in partiti, i riferiti dalla parte de’ Vicarj, e per contrario i Padri Gesuiti da quella del Vescovo: differenze ben note alla Corte Romana, mentre se n’attende il rimedio per riparare a gli scandali, che ne possono sorgere a’ Cristiani Cinesi.

Essendo io giunto in tempo di tali disturbi, fermamente si persuasero tutti, che io era inviato da S. Santità per prender informazion segreta, chi facendomi Frate [p. 29 modifica]Carmelita Scalzo, e chi Prete; e quantunque io procurassi, con narrar loro il vero togliere da questi sospetti i Padri Francescani, dicendo loro, ch’io era Napoletano, che per sola mia curiosità viaggiava: e che Sua Santità non mi avea dato nè pure un baiocco per far tal viaggio: e ch’il meno che io voleva sapere era delle loro Missioni; nondimeno ciò non gli ritrasse dalla forte impressione concepita, rispondendomi, che da che s’aperse il camino della Cina, non mai s’era veduto Italiano secolar, non che Napoletano colà capitare. Alla fine dissi loro, che registrassero le mie valige, che volentieri lor darei le chiavi per disingannarsi, che non tengo tali istruzzioni; però tutto fu in vano, mentre tanto i Padri Gesuiti, quanto i Francescani facevan consiglio sopra il mio arrivo.

Canton, o Kuanceou in lingua Cinese è la capitale della Provincia di Kuantun, posta in gr. 23. e 5. min, di latitudine. Non potendo per la sua grandezza esser governata da un solo Governatore, la divisero per una muraglia da Levante a Ponente in due, vecchia, o Keucin, e nuova detta Sincin, anche con la divisione de’ suoi Borghi compresi nella [p. 30 modifica]medesima. In questa Città amministrano giustizia due Governatori chiamati Cixenes, con piccioli Mandarini lor suggetti, con Capitani, Officiali, Scrivani, et altri Ministri di giustizia: Un Cifù, ò Reggente per lo governo politico è superiore a questi due Governatori, ch’esercita la sua carica con due Aiutanti detti Vùful, e Sanfù, di man destra l’uno, di sinistra l’altro: Il ViceRè detto Fùyùen, che governa la Provincia, è sopra tutti. Ben vero per lo passato esercitava quella carica una famiglia con titolo di Regulo; ma questo Imperadore sono dieci anni che l’estinse, per sospetto di fellonia, facendogli recidere il capo. Sopra questo ViceRè comanda un Tsuntò, o Vicario generale di due Provincie, che dimora in una Città delle due capitali, o dove li piace; oggidì risiede in Ciaozuinsù. Questo per lo politico è superiore a’ ViceRè, e per lo militare Giudice privativo, poiche egli solo dà gli ordini a’ Soldati, il che non possono fare i ViceRè, per non tener autorità.

Per lo criminale vi è nella Provincia un Ganciasù, che gastiga i delitti. Per l’esazzione de’ tributi Imperiali un [p. 31 modifica]Tesoriere detto Pusinsù:

Per lo militare subordinati al Tsuntò vi sono due Generali, un comanda la milizia Tartaresca detto Cianchiun, d’ugual potestà al ViceRè; mentre tocca dentro la Città Timpano Cinese, (ch’è un Tamburo di rame) con tredici colpi, sicome usasi dal ViceRè; conoscendosi in Cina l’autorità, e dignità de’ Ministri dalla quantità di quelli. L’altro Gcnerale comanda la Milizia del Paese per la custodia della Città, però subordinato al ViceRè: questo è detto Titù. Tengono i Generali sotto il lor comando, Mastro di Campo, o Zumpin; Sargente maggiore, o Futian; Capitani detti Secupe, et Alfieri, ò Pazun.

Sono nella Città altri Tribunali, et in ciaschuno sei Scrivani de’ sei Gran Consigli della Corte Imperiale, per ispacciar cjascuno gli affari appartenenti a quei Consigli; de’ quali si ragionerà al lor luogo.

Le Città riferite, e suoi Borghi sono sì popolati, che con malagevolezza vi si passa in sedia. Dicono i Padri Missionarj, che faccia tutto questo corpo di Città, e Borghi, quattro milioni, et altritanti la Provincia; ma a gli Europei [p. 32 modifica]parrà favola, per non esser avvezzo il lor orecchio ad udir sì gran numero; credano pure quel che vogliono, ch’io scrissi quanto mi riferirono Padri degni di fede, ch’in ciò non han veruno interesse. Le case sono basse, di pietra, o di mattoni, senza finestre alla strada, e tutte quasi eguali; perciocchè i Cinesi le fanno sù d’una medesima pianta: e sì ancor le Città corrispondonsi nella simetria. Le Città tengono quattro porte principali per Levante, Ponente, Mezzo dì, e Settentrione; pigliando i Borghi dalle medesime la denominazione. Se la Città sarà grande vi aggiungono dell’altre porte, ma le quattro sudette non han da mancare. Le strade son lunghissime, e dritte; le botteghe ricche di Sete, e di Droghe, e d’altre mercatanzie del Paese, spezialmente nella Città nuova, perche nella vecchia dove risiede il ViceRè con Tribunali, e Milizie già dette, non vi è gran cosa; per altro la Città, e Borghi sono un continuo Bazar, o Fiera, per le tante botteghe, che vi sono.

I Palagi del ViceRè, e degli altri Ministri son grandi assai, e tutt in un piano con loro Tribunali; perche non han vaghezza alcuna, poiche sono Cortili [p. 33 modifica]dentro Cortili con gli appartamenti, e camere all’intorno, che ricevono da quelli lume: Nella Città vecchia vi è una bella strada di più arcate di pietre ben lavorate. Sopra le mura della Città non tengono in ordine Cannoni, ma pochi Falconetti per le Feste.

Sabato 20. vennero alcuni Padri Missionarij a farmi favore a casa.

Domenica 21. assisterono nella nostra Chiesa tutti i Cristiani Cinesi, che mi edificarono per la loro gran modestia.

Lunedi 22. mi fei tagliare altr’abito alla Cinese di Città più decente.

Martedì 23. andai nella Città vecchia a restituir la visita al Padre Commissario di S. Francesco. Vi trovai una buona Chiesa, e Convento: questi son stati fabbricati venti anni fa dal Regolo (che disgraziatamente fè morire l’Imperatore) perciòche quel Signore stimando molto i Padri Riformati, non sol fè loro fabbricar la Chiesa, e’l Convento, ma agevolò ancor la compra d’una casa ricaduta all’Imperadore, la quale ebbero nel Borgo i Padri à buon prezzo per fondare altra Chiesa, e Convento, dove allora io dimorava.

Mercoledì 24. andai dal Padre [p. 34 modifica]Turcotti Superiore de’ Padri della Compagnia à restituirli la visita: questo buon Religioso essendo Milanese passò a spese della Corona di Spagna per la parte del Mexico a Manila, e mandato alla Missione di Ternati, ivi fu fatto prigioniero col Presidio dagli Olandesi, che lo condussero in Batavia, dove ottenuta la libertà, si trasferì in Macao sotto la protezzione della Corona di Portogallo. Quivi fu impiegato nella Missione di Canton; però tanto la Chiesa, quanto il Convento son poveri, et in mal stato.

Andai Giovedì 25. a visitare Mr. Sese Cherico Missionario Francese del Collegio di S. German di Pariggi.

I Padri Agostiniani Spagnuoli sono due anni, che comprarono case per far la Chiesa, la quale non ancora avevan cominciata, come ne anche i Padri della Compagnia Francesi residenti in Pekin, che tengono la casa vicino a quelli.

Mirasi presso a Canton altra Città natante sopra l’onde del canale in barche, poiche in ogn’una vivono le famiglie intere co’ loro animali, e volatili, essendovene tal’una lunga quanto una galea, coperta di tavole, ò canne, overo foglie di fichi con 11. e 12. camere [p. 35 modifica]separate per la lunghezza, alle quali si hà la comunicazione per una Galeria di tavole, che quelle tutte per ambi i lati tengono.

In Cina una persona civile non può dar un passo à piè, ma è necessario per non cadere nel dispregio de’ Cinesi, andare in sedia, la quale s’hà a buon prezzo, e di miglior bontà delle Napoletane. Non usano però corregge, ma un legno inchiodato a traverso per le due stanghe, il qual pongonsi su le spalle, ma ignude, che non può loro far che male, tagliando la carne. Per un carlino della moneta di Napoli porteranno i Cinesi la sedia sei miglia.

Determinandomi di passare in Pekin, parlai al Padre Superiore del Convento, dove io alloggiava, per provedermi di Fante sicuro. Costui per la subordinazion, che tiene alli Padri della Compagnia, secretamente lo fe sapere al Padre Turcotti per udirne il suo volere; il qual per esser un buon Lombardo rispose, che mi lasciassero andare; quando se fosse stato Portoghese sicuramcnte m’avrebbe imbarazzato il viaggio. Non lasciò però di maggiormente insospettir tutt’i Missionarij questa mia determinazione, [p. 36 modifica]e tener fermamente, ch’io era Inviato Pontificio per prender informo secreto de’ disturbi della Cina, poiche vedevano ch’io passava alla Corte. Io crederò che questo lor sospetto m’agevolasse il passo, che per altro è ben difficile, perche i Padri Portoghesi non vogliono, che vada Europeo alla Corte senza lor consentimento.

Passato l’uficio sudetto mi procurò il Padre Superiore un Conduttor Cinese Cristiano, il quale di matura età, acconciossi per un Taes al mese, (sono 15. carlini della moneta di Napoli) dandoli quattro pezze d’otto per caparra, acciòche provedesse sua Casa; Egli poi dopo tre giorni venne a dirmi, che era conosciuto, e teneva Parenti alla Corte, e che perciò non poteva farmi la cucina, et altri somiglianti bassi servigj, per cui farebbe d’uopo, ch’io prendessi altro, che egli averebbe cura di far il Maggiordomo, e accomodar le vetture per lo viaggio; soffersi tal’importunità per la lealtà di lui, essendomene mallevadori i Padri. Presi dunque un Fante Cristiano di 18. anni per far la cucina, e gli altri servigi bassi, alla ragione d’una pezza d’otto il mese, a chi fei comprare tutti [p. 37 modifica]gli arredi di casa, anche i lampioni, che facevan mestieri per lo cammino. Consignai le mie valige al Padre Superiore, lasciando medesimamente lo Schiavo in Convento.