Pagina:La leggenda di Tristano, 1942 – BEIC 1854980.djvu/385: differenze tra le versioni

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Versione delle 16:15, 25 ott 2021

Cap. LXI. «si chiama Galeotto lo Bruno, [figliuolo delj principe sire.» Accolgo da P la sicura integrazione; invero, nel terzo periodo di questo capitolo è detto che il sire era Brunor. Cap. LXII. «Ora dice [lo conto di] Galeotto ched egli.» Il Parodi, «o. dice G.», ma in nota avverte che il ms. legge diete lo chonto G. L’inizio del quinto periodo giustifica la nostra lezione (d**=intorno a). Cap. LXIII. «compiangendosi di tanto sollazzo» (—dolendosi). Il Parodi, con R, «compagandosi» (cioè, com’egli spiega, appagandosi), Ma non c’è dubbio che la lezione di P, da noi seguita, è la vera; superfluo ricordare il noto verso del 2® canto dell’/w/’. Il lungo tratto che va da «E tanto durò lo primo assalto che madonna Isotta» a «si conosce bene del’aventure» è cosi imbrogliato che il Parodi non s’attenta a correggerlo (del resto, egli non ne aveva il dovere). Noi abbiamo soppresso alcune «e» e un verbo «ee»; abbiamo corretto «vide» in «vede»; abbiamo iniziato l’ultimo periodetto con «E pensa bene» anziché con «e si come si muta lo suo colore»; abbiamo inserito la preposizione dopo «si puote vedere» («lo suo» è pleonasmo frequente in simili costrutti). Contribuiscono, mi pare, a dar luce al passo, l’espunzione di «si» prima di «porá» e l’integrazione di «sofferire» giustificata da una frase consimile che ricorre poco piú oltre. — L’altro inciso, in parentesi quadra, di questo lungo capitolo LXIII [ma io di ciò non temo] è in P. Cap. LXVI. Costrutto piú genuino (non sto a darne esempio) è quello da noi tratto da P «Laonde ne fue grande damaggio nel suo reame di si alto principe morire» che non quello dato dal Parodi «nel suo reame di lui. Si alto p. morio». Cap. LXVII. Evidente mi sembra la svista di R (seguito dal Parodi) e di P «per queste cose la reina si la farae distruggere». Abbiamo corretto francamente «lo re», come abbiamo integrato con «a» la frase «lo faranno tutto loro podere». — Abbiamo poi espunto «v’» nella frase «Noi non v’andiamo bene», e «di fiore» nella frase «si avea uno fiore di fiore di lis» (nell’ultima parte di questo stesso cap. abbiamo la frase esatta). Cap. LXXIII. «Ed io non prendendo guardia al dono dar lui.» Il Parodi, con R, al dono da lini (P, a llui); credo di aver corretto bene (=tion guardandomi dal fargli il d.). Cap. LXXIV. «e T. che molta ira hae trapassata quella notte con grande doglia.» Forse è da correggere «che ’n molta i... nott’e» (oppure: «che molt’airafto]»).