Pagina:La leggenda di Tristano, 1942 – BEIC 1854980.djvu/368: differenze tra le versioni

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Versione delle 16:14, 25 ott 2021

8 Quando Tristano si sente fedito, si dicea piagnendo a la reina: «gentil madonna, io sono a tal partito!». Ysotta, che di lagrime non fina, di fasciallo non ebe il core ardito; anzi piagnendo dicea: «tapina!», messer Tristan da lei si dipartia e al castello Dinasso se ne giá. 9 Po’ che e’ fu al castello arrivato, puòsesi in letto e incominciò a gridare: «o me dolente lasso isventurato ! or sono io morto e non posso altro fare: ché lo re Marco m’ha si inaverato ch’altri che Iddio non mi può aiutare». Dinasso e Sagramor pien di dolore, sempre piagnevan cogl’occhi e col core. 10 Dinasso e Sagramor ficion venire molti maestri e medici a Tristano; ma la fedita è si sconcia — al ver dire — che niuno promette farlo sano; e cominciò alor forte a putire, siché abandonan lo baron sovrano, se non Dinasso e Sagramor amico, che non l’abandonò coni’io vi dico. 11 Quando il re Marco senti la novella, come Tristano era presso a la morte, andonne a la reina, e si favella; «or sarò io sicur nella mia corte né come prima vera la novella». Dice parlando con parole accorte: «Reina, or ti diparti da Tristano, che tanto hae il tuo amor tenuto in mano».