Pagina:La fine di un regno (Napoli e Sicilia) I.djvu/198: differenze tra le versioni

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Al dibattimento assistettero i consoli d’Austria, di Francia, del Piemonte e dell’Inghilterra, anzi quest’ultimo fece dichiarare fuori causa, per difetto di mente, due inglesi implicati nel processo e che furono difesi dal giovane avvocato Diego Tajani. Gli altri difensori furono {{Wl|Q63346669|Francesco La Francesca}}, Raffaele Carelli, Edoardo Petrelli. La difesa più coraggiosa la fece il La Francesca, il quale dicendo ad un certo punto, "''il massacro di Sapri, che, per ischerno, dicesi conflitto''„, fu interrotto dal tenente colonnello del 6° cacciatori, Ghio, il quale ad alta voce esclamò: "''Mo le farria zumpà a capa pe l’aria a stu f....''„<ref>Ora gli farei saltare la testa in aria a questo f. . .</ref> — L’avvocato Petrelli trovò modo di fare nella sua difesa l’apologia del governo borbonico e delle autorità presenti. Il processo si chiuse con sette condanne a morte e nove all’ergastolo.
Al dibattimento assistettero i consoli d’Austria, di Francia, del Piemonte e dell’Inghilterra, anzi quest’ultimo fece dichiarare fuori causa, per difetto di mente, due inglesi implicati nel processo e che furono difesi dal giovane avvocato {{Wl|Q3707254|Diego Tajani}}. Gli altri difensori furono {{Wl|Q63346669|Francesco La Francesca}}, Raffaele Carelli, Edoardo Petrelli. La difesa più coraggiosa la fece il La Francesca, il quale dicendo ad un certo punto, "''il massacro di Sapri, che, per ischerno, dicesi conflitto''„, fu interrotto dal tenente colonnello del 6° cacciatori, Ghio, il quale ad alta voce esclamò: "''Mo le farria zumpà a capa pe l’aria a stu f....''„<ref>Ora gli farei saltare la testa in aria a questo f. . .</ref> — L’avvocato Petrelli trovò modo di fare nella sua difesa l’apologia del governo borbonico e delle autorità presenti. Il processo si chiuse con sette condanne a morte e nove all’ergastolo.


Pochi giorni prima dello sbarco di Sapri, il Comitato liberale aveva cercato di organizzare una piccola dimostrazione in piazza San Ferdinando, vicino alla Reggia. Alla riunione in casa di {{Wl|Q3759799|Gennaro de Filippo}} intervenne anche {{Wl|Q736977|Giuseppe Fanelli}}, mazziniano ardente, ammessovi per insistenza di {{Wl|Q22069453|Giuseppe Lazzaro}}, cognato suo. Si trovò presente anche {{Wl|Q106798332|Teodoro Pateras}}, il quale era stato a Venezia nel 1848 e tornato a Napoli, aveva aperto un piccolo negozio di abiti manifatturati, tra il vico D’Aflitto e il vico Conte di Mola, a Toledo. Il Fanelli pregò, scongiurò di non tentar nulla prima di altri cinque o sei giorni, perchè era per compiersi un fatto rivoluzionario della maggior gravità, ed il Comitato gli prestò fede. Di vivaci e violenti polemiche, e di atroci accuse di tradimento e di codardia fu cagione questo infelice tentativo di Sapri, dopo che il {{AutoreCitato|Giovanni Nicotera|Nicotera}} e i suoi amici tornarono in libertà nel 1860; e il Fanelli e il Pateras furono fatti segno alle maggiori accuse, come quelli che, essendo a parte dello sbarco, nulla fecero di quanto avevano promesso al Pisacane. Di quei casi scrisse con copia di documenti e onestà di storico, otto anni dopo, {{AutoreCitato|Giacomo Racioppi|Giacomo Racioppi}}, e prima di allora non se ne sapeva nulla con precisione. I fogli del tempo si limitarono a riprodurre le monche notizie del ''Giornale Ufficiale'', che non pubblicò neppure i nomi dei capi dell’impresa, solo constatando, con viva soddisfazione, che ''30 morti eran restati sul terreno a Sanza, fra i quali il loro capo'' e {{Pt|attri-|}}
Pochi giorni prima dello sbarco di Sapri, il Comitato liberale aveva cercato di organizzare una piccola dimostrazione in piazza San Ferdinando, vicino alla Reggia. Alla riunione in casa di {{Wl|Q3759799|Gennaro de Filippo}} intervenne anche {{Wl|Q736977|Giuseppe Fanelli}}, mazziniano ardente, ammessovi per insistenza di {{Wl|Q22069453|Giuseppe Lazzaro}}, cognato suo. Si trovò presente anche {{Wl|Q106798332|Teodoro Pateras}}, il quale era stato a Venezia nel 1848 e tornato a Napoli, aveva aperto un piccolo negozio di abiti manifatturati, tra il vico D’Aflitto e il vico Conte di Mola, a Toledo. Il Fanelli pregò, scongiurò di non tentar nulla prima di altri cinque o sei giorni, perchè era per compiersi un fatto rivoluzionario della maggior gravità, ed il Comitato gli prestò fede. Di vivaci e violenti polemiche, e di atroci accuse di tradimento e di codardia fu cagione questo infelice tentativo di Sapri, dopo che il {{AutoreCitato|Giovanni Nicotera|Nicotera}} e i suoi amici tornarono in libertà nel 1860; e il Fanelli e il Pateras furono fatti segno alle maggiori accuse, come quelli che, essendo a parte dello sbarco, nulla fecero di quanto avevano promesso al Pisacane. Di quei casi scrisse con copia di documenti e onestà di storico, otto anni dopo, {{AutoreCitato|Giacomo Racioppi|Giacomo Racioppi}}, e prima di allora non se ne sapeva nulla con precisione. I fogli del tempo si limitarono a riprodurre le monche notizie del ''Giornale Ufficiale'', che non pubblicò neppure i nomi dei capi dell’impresa, solo constatando, con viva soddisfazione, che ''30 morti eran restati sul terreno a Sanza, fra i quali il loro capo'' e {{Pt|attri-|}}