Pagina:Arienti, Giovanni Sabadino degli – Le porretane, 1914 – BEIC 1736495.djvu/14: differenze tra le versioni

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incominciando in persona del papa a propone certe cose in salute de li communi Stati cristiani, diceva: — Lo effecto de la nostra congregazione, fratelli miei e figliuoli in Cristo, si è che ve dobiate amare l’uno l’altro insieme e avere pietosamente recomandato li nostri populi e lassare le arme e guerre fra voi, e quelle prendere solamente in defensione de la cristiana fede, che da quelli infideli e rabidi turchi è tuttavia afflicta e cruciata. Questo mio proponimento non essendo da voi cum altro animo abrazzato, perdereti alfin la grazia de questo mondo e la gloria del cielo, e andereti a l’infernali regni, dove eternamente sarete tormentati. Si che, benedicti figliuoli, affectuosamente intendete le mie parole e sequite el mio consiglio. — E avendo decte queste e molte altre simile parole in nome del papa, sputando tuttavia tondo, in nome poi de l’imperatore, de cui avea abito indosso, respondea: — Padre sancto, voi diceti molto bene, e sarebbe ben facto se facessi quello che dice Vostra Sanctitá, quando altri però vel credesse, e non lo abiate a male. Ma volete voi che a le vostre persuasione se creda? Cominciate prima, come bon pastore, dare exemplo a noi. E se questo exemplo non darete, io intendo quanto per me goldere il mio reame senza paura de turchi né de inferno. Nel quale me rendo certo sia bon stare, perché questa nocte ad in somnio essendomeli cum mio grande piacere trovato, giocai ala balla cum molti signori e baroni, e poi cavalcai sopra belli e sfogiati corsieri, che Cicilia, Puglia, Calabria e la Iberia simile non ebbeno mai. E ultimamente, giocando e dandome piacere cum le piú belle e zucherate donne del mondo, vidi Lucifero, che uno palmo aveva li denti fuori della boca, uscire de uno superbo palazzo per montare a cavallo. A cui volendo per reverenzia correre a tenere la staffa, me fu decto non li andassi, perché me devorarebbe. Pur senza paura alcuna li andai; e lui, facendome le piú sbudellate feste e pecerlecche del mondo, me dixe: — Figliuol mio, tu sii adesso e per sempre el ben venuto. — E, montato poi a cavallo, andò per il suo regno, abitato da infinita gente. Poi, volendome io partire per andare a mangiare, me fu decto da un gentil scudiero: — Dove vai, imperatore cristiano? Tu pòi ben tu ancora mangiare quivi. —


incominciando in persona del papa a propone certe cose in salute de li communi Stati cristiani, diceva: — Lo elTecto de la nostra
congregazione, fratelli miei e figliuoli in Cristo, si è che ve dobiate amare l’uno l’altro insieme e avere pietosamente recomandato li nostri populi e lassare le arme e guerre fra voi, e quelle
prendere solamente in defensione de la cristiana fede, che da
quelli infideli e rabidi turchi è tuttavia afflicta e cruciata. Questo mio proponimento non essendo da voi cum altro animo abrazzato, perdereti alfin la grazia de questo mondo e la gloria del
cielo, e andereti a l’infernali regni, dove eternamente sarete tormentati. Si che, benedicti figliuoli, affectuosamente intendete le
mie parole e sequite el mio consiglio. — E avendo decte queste e
molte altre simile parole in nome del papa, sputando tuttavia tondo,
in nome poi de l’imperatore, de cui avea abito indosso, respondea: — Padre sancto, voi diceti molto bene, e sarebbe ben facto
se facessi quello che dice Vostra Sanctitá, quando altri però vel
credesse, e non lo abiate a male. Ma volete voi che a le vostre
persuasione se credai* Cominciate prima, come bon pastore, dare
exemplo a noi. E se questo exemplo non darete, io intendo
quanto per me goldere il mio reame senza paura de turchi né
de inferno. Nel quale me rendo certo sia bon stare, perché
questa nocte ad in somnio essendomeli cum mio grande piacere trovato, giocai ala balla cum molti signori e baroni, e poi
cavalcai sopra belli e sfogiati corsieri, che Cicilia, Puglia, Calabria e la Iberia simile non ebbeno mai. E ultimamente, giocando
e dandome piacere cum ie piú belle e zucherate donne del mondo,
vidi Lucifero, che uno palmo aveva li denti fuori della boca,
uscire de uno superbo palazzo per montare a cavallo. A cui
volendo per reverenzia correre a tenere la staffa, me fu decto
non li andassi, perché me devorarebbe. Pur senza paura alcuna
li andai; e lui, facendome le piú sbudellate feste e pecerlecche
del mondo, me dixe: — Figliuol mio, tu sii adesso e per sempre
el ben venuto. — E, montato poi a cavallo, andò per il suo regno, abitato da infinita gente. Poi, volendome io partire per
andare a mangiare, me fu decto da un gentil scudiero: — Dove
vai, imperatore cristiano? Tu pòi ben tu ancora mangiare quivi. —